soccorsorosso ha scritto:"lasciamo perdere l'oggi perchè ci si vergogna di ricordare quel che maneggiava, per incuria o calcolo, il governo mentre gli assassini di Primavalle guadagnavano la prescrizione:la restituzione alla libertà di Carlo Cicuttini, autore della strage di Peteano, la sotterranea trattativa per la grazia ad Erich Priebke, il carnefice delle Fosse Ardeatine, l'inerzia politico diplomatica per riportare in Italia Delfo Zorzi, responsabile della strage di piazza Fontana.
Otto stragi consumate in Italia, dal 1969 al 1984, Milano 1969, Gioia Tauro 1970, Peteano 1972, Questura di Milano,1973, Brescia 1974,italicus 1974, stazione di Bologna 1980, treno 904, 1984
149 innocenti, 688 feriti che attendono ancora una verità
La menoria puó essere un macigno sul presente e l'ostacolo che ci impedisce di alzare lo sgaurdo sulla strada da percorrere. Del "lavoro del lutto e della memoria" e quindi della "guarigione" bisogna essere degni se si vuole ricevere, da chi solo puó consegnarlo, il dono della riconciliazione.Chi puó perdonare dovrà ancora attendere."
Caro soccorsorosso, per caso ti chiami Giuseppe D´Avanzo e di professione fai il giornalista a Repubblica? Leggete un pà³ qua...
Se la memoria
è solo un veleno
di GIUSEPPE D'AVANZO
di archivio IL DIBATTITO, nato trent'anni dopo dal rogo di Primavalle, è umiliante e fraudolento. Sarebbe meglio chiuderlo prima che si puó. Non ce n'è uno - uno - che ricordi o mostri di sapere che il perdono, anche etimologicamente, è dono. àˆ il dono della riconciliazione. Quel dono non è nella disponibilità di chi fa leggi, di chi governa il Paese o di chi vuole governarlo. Non puó essere "posta" congiunturale di una politica prigioniera dell'"ottica della miserabilità " o "passaggio" in cerca della migliore posizione per affrontare una tornata di voti.
Il perdono è - per le vittime: le sole che possono perdonare - "la barriera insuperabile da superare" perchè perdonare è impossibile e il perdono è sempre illusorio e falso (Jacques Derrida). Chi perdona compie questo passo doloroso e insincero per affidare ad altri quel che egli non riesce più a pensare. Che la storia possa continuare. Che ci possa essere un nuovo inizio. Che si possa lasciare ancora aperto un passaggio verso il futuro. àˆ un lavoro che il dono di riconciliazione, concesso dalle vittime, affida alle generazioni future. Si perdona per rendere possibile agli altri, a coloro che verranno, "il lavoro del lutto e della memoria" e quindi l'espiazione e la guarigione. In questo senso, perdonare diventa una catarsi e riconciliarsi è un passo che, restituendo un nuovo senso al passato, rende ancora possibile il futuro.
Il dibattito di questi giorni, al contrario, vuole soltanto proteggere il presente dei "dibattenti" e quel che ieri loro sono stati, a destra come a sinistra. Lasciamo perdere l'oggi perchè ci si vergogna di ricordare quel che maneggiava, per incuria o calcolo, il governo mentre gli assassini di Primavalle guadagnavano la prescrizione: la restituzione alla libertà di Carlo Cicuttini, autore della strage di Peteano; la sotterranea trattativa per la grazia a Erich Priebke, il vecchissimo carnefice delle Fosse Ardeatine; l'inerzia politico-diplomatica per riportare in Italia Delfo Zorzi, responsabile della strage alla Banca dell'Agricoltura, fuggiasco in Giappone.
àˆ già difficile non tenere a mente questa muffa, ma quel che conta dire è come il passato - in questo dibattito triste - venga trasfigurato con mediocri operazioni cosmetiche.
àˆ necessario, per l'impresa, dimenticare le vittime. Il lungo elenco. I loro nomi. Chi li ricorda davvero? Chi vuole ricordarli davvero? Anche se a nome loro si parla, si rabuffa e ammonisce, appare del tutto irrilevante preoccuparsene o invocare (anche a nome degli altri) il loro perdono con umiltà , pietà , vergogna, incredulità . Nessuno lo fa. Nessuno lo farà . Non il miserabile Achille Lollo come ieri il miserabile Cesare Battisti. Nè chi, accanto ai due, è vissuto o - di loro - è stato amico o complice. Nè chi ne è l'improvvisato "angelo custode". Le vittime sono evocate a comando, secondo necessità e quanto basta per giustificare la propria violenza con la violenza dell'altro perchè incombe l'urgenza di ridefinire il nemico, di chiamarlo allo scoperto. Con le sue responsabilità .
Il nemico è immutabile. Ha la stessa faccia di ieri. Gli stessi modi. La stessa aggressività . La stessa volontà distruttiva. Ancora oggi rappresenta un pericolo. Nulla è mutato. Ascoltate Gianfranco Fini. Appena qualche giorno fa, a Milano. "La sinistra non considera assassini Achille Lollo e gli altri, ma autori di un atto di giustizia. La sinistra che si nutre di odio, e alimenta la violenza non solo verbale, ma fisica". L'indicativo del ministro degli Esteri è un pugno sul tavolo. àˆ avvertimento e allarme. Il "mostro" è ancora vivo e puó ancora colpire.
Pacificazione. Perdono. Riconciliazione. Quale significato possono avere queste formule in un orizzonte dove la memoria non è mai terapeutica, ("un modo di stare meglio con gli altri e con sè"), ma soltanto malattia, veleno, desiderio riattivato, occasione per riproporre ancora la vendetta e l'odio. Si resta smarriti. Sinistra, poi? Quale sinistra? La sinistra istituzionale del partito comunista, quella che per Achille Lollo "era un fascismo democratico più pericoloso di quello autoritario"; quel partito che, negli anni peggiori, fu baluardo contro il terrorismo "nero" e anche "rosso", quando finalmente lo riconobbe come lacerto della sua storia? Fini non gradirebbe per il suo Movimento sociale la stessa semplificazione. Se lo facesse, potrebbe ricordare che "il peso della destra negli episodi di violenza è pari al 95 per cento tra il 1969 e il 1973, all'85 per cento nel 1974 e al 78 per cento nel 1975" o che questa storia di morte ha un inizio e una geografia non il vuoto nero, cupo, indistinto che cancella ogni fattezza e rende tutti uguali. Tutti colpevoli, quindi tutti innocenti.
Il 12 dicembre 1969, con le bombe alla Banca Nazionale dell'Agricoltura, una generazione di italiani, come scrisse Grazia Cherchi, perse la sua innocenza. E quello fu l'inizio. "Morì un pezzo significativo della Prima Repubblica: una parte consistente dell'apparato statale passó consapevolmente nell'illegalità . Si pose come potere criminale continuando a occupare istituzioni vitali ed essendone tollerato" (Marco Revelli). E questo fu l'effetto. Quel che seguì fu che "in quel clima lo squadrismo neofascista lancia l'offensiva più seria mai tentata nell'Italia repubblicana, con protagonisti diversi e con connessioni differenti: dai militanti del Movimento sociale italiano alla nebulosa dei gruppi semiclandestini o clandestini, e sino a uomini variamente presenti all'interno dell'esercito, dei servizi, dei più diversi apparati dello Stato" (Crainz, Il paese mancato). Un bestiario dalle mille figure che nelle otto stragi, consumate in Italia dal 1969 al 1984 (Milano, 1969; Gioia Tauro, 1970; Peteano, 1972; Questura di Milano, 1973; Brescia, 1974, Italicus, 1974, stazione di Bologna, 1980; treno 904, 1984), divoró 149 innocenti e 688 feriti che attendono ancora una verità . Come ancora una verità attende di conoscere chi, all'antifascismo armato e assassino, pagó il prezzo del sangue e del dolore.
La memoria puó essere un macigno sul presente e l'ostacolo che ci impedisce di alzare lo sguardo sulla strada da percorrere. Del "lavoro del lutto e della memoria", e quindi della "guarigione", bisogna essere degni se si vuole ricevere, da chi solo puó consegnarlo, il dono della riconciliazione. Chi puó perdonare dovrà ancora attendere.
(16 febbraio 2005)
http://www.repubblica.it/2005/a/sezioni ... emvel.html
Un pà³ di originalità¡ no?
