puntiamo i riflettori su questo gorrini...
DOVE SONO FINITI OLTRE 130 MILIARDI SCOMPARSI DALLE CASSE DELLA MAA? TITOLO: IL TESORO DI GORRINI
L' accusatore di Di Pietro e' stato condannato per 49 miliardi di ammanchi. Ma ora emerge che la somma sottratta e' molto piu' grossa. Cosi' tra cavalli, scommesse, amanti, portaborse e altre elargizioni di denaro... - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Nel giro degli scommettitori dell' Ippodromo di San Siro si favoleggiava di un suo immenso tesoro. Da li' l' ex titolare della Maa Assicurazioni Giancarlo Gorrini, diventato famoso come accusatore dell' ex magistrato di Mani pulite Antonio Di Pietro, avrebbe attinto i tanti miliardi necessari per mantenere la sua scuderia con un centinaio di galoppatori, un ritmo micidiale di perdite al gioco e una dispendiosa corte composta da portaborse, amanti, "cavallari" e personaggi di un qualche potere. Oggi, pero' , quel tesoro sta diventando meno romanzesco e piu' decifrabile: a causa delle ricerche dei commissari liquidatori della Maa, iniziate quasi due anni fa, quando il ministero dell' Industria li incarico' di tentare di salvare la compagnia avviata al dissesto da Gorrini e dal suo ultimo partner, l' immobiliarista Renato Della Valle, noto anche come socio di Silvio Berlusconi nella televisione a pagamento Telepiu' . All' inizio Roberto Pontremoli, che ha impostato il salvataggio della compagnia milanese, poi l' attuale commissario Angelo Caso' (subentrato quando Pontremoli e' stato nominato al vertice dell' Ina), hanno individuato tanti miliardi sottratti illegalmente da Gorrini. Secondo le stime trapelate dalla gestione commissariale, si parla di un tesoro di oltre 130 miliardi di lire, scaturiti da ammanchi di ben 25 30 miliardi all' anno nel periodo ' 88 ' 93, che potrebbero dilatarsi ulteriormente dopo altre verifiche. Sono comunque gia' molto di piu' dei 49 miliardi di cui Gorrini aveva ammesso di essersi appropriato, subendo una condanna a tre anni di carcere dal tribunale. Si tratta di una somma enorme. Che Gorrini spendeva in parte conducendo una vita da nababbo e sborsando almeno quattro cinque miliardi all' anno per mantenere la sua scuderia Lady M. Ma, visto che ai commissari della Maa risulta praticamente nullatenente, puo' aver bruciato da solo ben 130 miliardi? Ci sono stati altri beneficiari occulti? C' e' qualcuno che si nasconde dietro le societa' a cui sono intestate le azioni della Maa, di fatto sempre a disposizione dell' ex re di San Siro? Gorrini, interpellato piu' volte dal Corriere, rifiuta di rispondere. Non chiarisce, cosi, i dubbi sull' immenso tesoro scomparso dalla sua compagnia di assicurazioni e sul suo ruolo nella Milano craxiana e rampante degli anni ' 80. Lascia intatti anche i misteri sui capitali che ha maneggiato dall' inizio. Dagli anni ' 70, quando da semplice assicuratore stipendiato si invento' azionista di maggioranza della Maa, specializzata nel ramo auto. Allora si disse che era passato da dipendente a padrone grazie alla seconda moglie, Marina Vasaturo, figlia del ricco produttore cinematografico noto come Peppino Amato, e grazie al cognato Carlo Pedersoli, in arte l' attore Bud Spencer, marito di un' altra Vasaturo. Ma nell' operazione, secondo ex dirigenti della Maa, sarebbero entrate anche delle societa' dell' immobiliarista Giuseppe Cabassi, deceduto nel ' 92. Nell' 84, sbandierando una cordata rimasta sempre misteriosa, Gorrini tento' addirittura l' acquisto dal gruppo Bonomi della Milano Assicurazioni, che gli avrebbe consentito di diventare un big del settore. Attraverso l' avvocato Pietro Schlesinger offri' 130 miliardi di lire, senza concludere l' affare. E senza mai chiarire da dove sarebbero arrivati tutti quei soldi. Amava parlare soprattutto di cavalli e di scommesse. Nel suo ufficio nella Galleria del Corso a Milano, distaccato dalla sede centrale Maa, trattava gli affari piu' delicati della compagnia (compresi gli acquisti di immobili), teneva i rapporti con la Milano craxiana e democristiana, e riceveva coreografici personaggi del mondo delle corse dei cavalli. Da quell' ufficio muoveva, comunque, una valanga di miliardi. L' ex lavamacchine Osvaldo Rocca fungeva da principale collaboratore e portaborse dell' allora re di San Siro. Si occupava di stringere contatti con quanti potevano servire al suo padrone, a rischio di arresto per il saccheggio della Maa. Al Tribunale di Milano Rocca lo salutavano non pochi magistrati. E aveva ottimi contatti nella Guardia di finanza e nelle forze dell' ordine. Gli apriva molte porte il poter offrire a buon prezzo le auto recuperate dalla Maa dopo i furti. Secondo Di Pietro, fu Rocca, diventato suo amico per la comune passione per la caccia, a procurargli una Mercedes e i famosi 100 milioni in prestito. Gorrini, invece, lo accusa di sapere che provenivano da lui e fa intendere un abuso dell' allora magistrato. Di Pietro precisa di aver restituito a Rocca due tranche da 5O milioni, quindi senza quella quindicina di milioni di interessi annui pretesi per un prestito analogo dalle banche. E ha rigettato qualsiasi collegamento con l' attivita' per conto della compagnia di Gorrini di sua moglie Susanna Mazzoleni, avvocato, impegnata nello studio del padre, legale della Maa da tanti anni. Rapporti amichevoli Gorrini e Rocca, come altri dipendenti della loro compagnia, li avevano con i graduati e con la truppa della sede milanese del Nucleo Valutario della Guardia di finanza, allora ospitato al primo piano della sede centrale della Maa in via Tonale. Nel ' 90 ci fu una prima ispezione delle Fiamme Gialle, che non si accorse dei miliardi sottratti all' assicurazione milanese. Il magistrato Piercamillo Davigo, scoprendo che vi parteciparono finanzieri poi inquisiti nell' inchiesta Mani pulite, da tempo indaga sull' ipotesi che quel controllo possa essere stato addomesticato a suon di mazzette. Nel ' 92 accadde un imprevisto. Un bancario di Torino segnalo' un sospetto di riciclaggio di capitali sporchi dietro la riscossione di assegni miliardari che portavano a prestanomi del padrone della Maa. Il Nucleo Valutario delle Fiamme Gialle, allora comandato dal colonnello Umberto Fava, non uso' i finanzieri della sede milanese e invio' in via Tonale una pattuglia dall' ufficio centrale di Roma. Il caso Maa esplose. Spunto' l' ammanco di oltre 49 miliardi, relativo al biennio ' 91 ' 93, con ipotesi di truffa, appropriazione indebita e falso in bilancio per Gorrini e 23 soggetti interni ed esterni alla compagnia di assicurazione. In pratica dei sinistri assicurativi venivano gonfiati o simulati per consentire di intascare miliardi in contanti e per accumulare fondi neri. Il rapporto arrivo' alla Procura di Milano nel ' 93, dove Di Pietro gia' giganteggiava per il suo attacco alla corruzione politico affaristica scoperta con l' inchiesta Mani pulite. Fu affidato al magistrato Ilio Poppa, che era in una situazione delicata: aveva la moglie avvocato impegnata in pratiche della Maa e che divideva lo studio con Enrico Allegro, legale di Gorrini. Ma ritenne di non rifiutare l' incarico e chiese due volte l' arresto del responsabile degli ammanchi nella Maa. Il giudice delle indagini preliminari Anna Introini, secondo vari colleghi del tribunale milanese "sempre molto attenta ai diritti degli imputati", lo nego' . In seguito Gorrini si assunse tutte le responsabilita' degli ammanchi, scagionando gli altri 23 indagati. I magistrati gli credettero subito. E il processo si concluse rapidamente con una condanna a tre anni e quattro mesi, poi ancora ridotti in appello a tre anni. Da quasi due anni si attende il verdetto definitivo della Cassazione. La sentenza imponeva anche un risarcimento di 10 miliardi alla Maa, che appaiono difficili da riscuotere. L' ex re di San Siro risulterebbe nullatenente. Ha venduto i cavalli della Lady M e non avrebbe intestata nemmeno la sua lussuosa casa milanese in via Tamburini 10, stimata vari miliardi. Tra gli scommettitori di San Siro si sussurra che quel che rimane del suo tesoro l' avrebbe trasferito tra la Francia, dove a Parigi risiede la sua ex moglie Marina, e i soliti paradisi fiscali dal rigido segreto bancario. Il suo tenore di vita, del resto, non sembra da squattrinato. Solo da quando l' opinione pubblica l' ha scoperto con il caso Di Pietro . e si domanda come mai sia a piede libero nonostante il saccheggio della Maa ., Gorrini fa trapelare tra i conoscenti che non ha piu' una lira. "Si lamenta che non ha i soldi nemmeno per farsi operare un male che l' ha colpito alla testa", dice un suo ex collaboratore. Ma allora, dove e' finito il suo favoloso tesoro?


pacini battaglia proprio a proposito di ENI....
cazzo è tutto collegato in "ITAGLIA"....
un unico filo che lega tutto
