prostituzione

Scatta il fluido erotico...

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dostum
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#106 Messaggio da dostum »

Sarà  Clemente?
PREPARIAMOCI AL PEGGIO

AGI) - Roma, 16 mag . - "Dopo cinquant'anni, e' arrivato il momento di ridiscutere la questione prostituzione in Parlamento". Lo ha detto il ministro della Giustizia Clemente Mastella intervendo alla trasmissione 'Porta a Porta', in onda questa sera su Raiuno. Il Guardasigilli auspica di "confrontarsi anche con l'opposizione per valutare una legge che garantisca i cittadini e le loro liberta'. Mastella ha osservato che la questione e' di grande attualita' in molti paesi europei: "C'e' chi ha optato per la regolamentazione - ha detto, - chi ha regolamentato il fenomeno. Io credo che un conto sia regolamentare ed evitare che ci siano sconci sul piano stradale o davanti alle case e un altro e' dare l'idea della legalizzazione, sulla quale francamente non sono d'accordo". Mastella ha invitato tutti a cogliere l'opportunita', dopo il grido d'allarme lanciato dai sindaci, per "riportare l'attenzione sulla questione sicurezza". A tale proposito - ha aggiunto il ministro - "c'e' stato oggi un incontro al ministero dell'Interno con i sindaci delle maggiori citta', dove sicuramente si e' parlato del problema". -
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facciuomo
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#107 Messaggio da facciuomo »

.... e pensare che sta mangiando coi nostri soldi.... :no:

Ogni anno mi portano via una vagonata di denaro.
La probabilità  che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità 

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Scorpio
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#108 Messaggio da Scorpio »

dostum ha scritto:Sarà  Clemente?
PREPARIAMOCI AL PEGGIO

AGI) - Roma, 16 mag . - "Dopo cinquant'anni, e' arrivato il momento di ridiscutere la questione prostituzione in Parlamento". Lo ha detto il ministro della Giustizia Clemente Mastella intervendo alla trasmissione 'Porta a Porta', in onda questa sera su Raiuno. Il Guardasigilli auspica di "confrontarsi anche con l'opposizione per valutare una legge che garantisca i cittadini e le loro liberta'. Mastella ha osservato che la questione e' di grande attualita' in molti paesi europei: "C'e' chi ha optato per la regolamentazione - ha detto, - chi ha regolamentato il fenomeno. Io credo che un conto sia regolamentare ed evitare che ci siano sconci sul piano stradale o davanti alle case e un altro e' dare l'idea della legalizzazione, sulla quale francamente non sono d'accordo". Mastella ha invitato tutti a cogliere l'opportunita', dopo il grido d'allarme lanciato dai sindaci, per "riportare l'attenzione sulla questione sicurezza". A tale proposito - ha aggiunto il ministro - "c'e' stato oggi un incontro al ministero dell'Interno con i sindaci delle maggiori citta', dove sicuramente si e' parlato del problema". -
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l'ho intravisto con lo zapping a Porka a Porka!
Penoso il suo intervento per la ragazza uccisa dall'ombrellata!
Mi sarei aspettato che in un impeto di opportunismo, si fosse dichiarato contro l'indulto!

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dostum
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#109 Messaggio da dostum »

di Remo A. Borzini


Le prime pagine


I - Anche il meretricio ha una sua storia

Non esageriamo. Che il meretricio, in senso lato, sia una delle professioni più antiche, se non la più antica in assoluto, è cosa certa e risaputa, ma voler far coincidere la sua data di nascita con quella del peccato originale è solo un luogo comune. Un'affermazione del genere, tra l'altro, confonde la causa con gli effetti.
Sarebbe poi dimostrato, accettando la premessa, che noi tutti, nessuno escluso, discendiamo da una prostituta; e fin qui nulla di male, trattandosi di una tara troppo stagionata per scandalizzare i moralisti contemporanei, anche i più intransigenti. Rinfacciarci a vicenda la non gradita discendenza potrebbe, d'altro canto, essere assai ridicolo. Ma c'è un'ultima cosa da dire: il meretricio, da noi moderni, è considerato in una moderna accezione, cucita a doppio filo a un concetto di venalità , la venalità dell'operazione-amore. Sarebbe quindi desolante la revisione, alla luce di un presunto tornaconto materiale, di una colpa che tale fu e tale rimane, ma che, per noi posteri, fruisce almeno delle attenuanti della passionalità .
è pur vero che la nostra progenitrice e prima peccatrice non finirebbe poi tanto in basso nella stima comune, se si volesse tener conto che, ai primordi, la prostituzione non andò disgiunta dall'adorazione deistica e che solamente la cultura giudeo-cristiana impose una separazione netta, precisa, tra l'amore sacro e l'amore profano. Ma è altrettanto vero che, a distanza di tempo (e quale distanza) una visione attendibile dell'Eden e delle sue seduzioni risulta del tutto impossibile. è quindi meglio non approfondire, per non rischiare conclusioni equivoche.
Se proprio non è nato con il peccato originale, il meretricio è comunque di origine antichissima e non guasta il ripeterlo. Tanto antica che si perde nella notte dei tempi.
Erodoto c'informa di una scandalosa usanza che avevano i Babilonesi. Le donne dovevano onorare Melitta, dea dell'amore, accoppiandosi con uno sconosciuto. Ciò, stando ai comandamenti, doveva avvenire almeno una volta nella vita, ma pare che le più zelanti, invase da sacro fervore, non si stancassero di ripetere il sacrificio. Il rituale aveva luogo nel tempio e la scelta da parte dell'uomo avveniva con il lancio di una moneta in grembo all'eletta, la quale doveva giacere con lui e considerarsi fortunata. Si pensi a quali lunghe, estenuanti e vergognosissime soste dovessero assoggettarsi, nel sacro recinto, le femmine brutte, prima di trovare un qualunque amatore che le mettesse in stato di grazia. Rito analogo a Eliopoli, in Siria, dove le vergini dovevano subire la deflorazione prematrimoniale da parte di uno straniero. Le donne degli Amoriti erano tenute a fornicare per sette giorni consecutivi prima di sposarsi. La cerimonia avveniva "presso il cancello" per non lasciar dubbi che il vantaggio della situazione era tratto esclusivamente dai passanti, non certo dal futuro sposo. Gli antichi Armeni consacravano alla dea dell'amore le loro giovanissime figlie e la prostituzione templare era talvolta a lunga scadenza. Le puledre dovevano essere molto gentili, generose e premurose verso i loro amanti, ma, a differenza delle Babilonesi, era a esse riservato il diritto di scelta.
A Cipro fu re Cinira a istituire la prostituzione sacra. Nei riti in onore di Afrodite, l'iniziato all'arte della fornicazione doveva portare alla dea una moneta. Riceveva in cambio, dalle sacerdotesse, una focaccia e un fallo. Si trattava di simboli, naturalmente, ma già si delinea il ricorso alla moneta in contropartita dell'amore.
In Siria, e precisamente a Biblo (la Siria l'abbiamo già ricordata per le deflorazioni di Eliopoli) ogni anno, in un giorno fisso, si commemorava Adone, ucciso dal cinghiale e, in segno di lutto, gli abitanti si rasavano la testa. Le donne che non volevano sottoporsi alla tonsura erano costrette a prostituirsi in onore del dio. Anche in questo caso, che tende a farcela apparire come un atto di espiazione, si tratta di prostituzione sacra. Non indaghiamo, perché sarebbe maligno farlo, sulla possibilità che il rifiuto alla tonsura fosse determinato, per certe donne, proprio dal desiderio di subire la pena.
Ma in realtà è sempre assai labile il diaframma tra il sacro e il profano, tra il sacrificio religioso e il fine lucrativo. Incerte, perfino ambigue, le testimonianze degli storici e specie di quelli cristiani che, logicamente, non potevano interamente sottrarsi a una morale che, diventando punto di osservazione, sfocava la visione degli avvenimenti e delle immagini. Giustino ci dice chiaramente che i Ciprioti mandavano le figlie sulla riva del mare per un determinato numero di giorni, prima del matrimonio, affinché si procurassero, con la prostituzione, la dote necessaria. Un metodo poco pulito, ma assai pratico, con il quale il rito di Afrodite ha in comune quelle spume da cui la dea-sgualdrina era nata e nelle quali è sperabile che le spose promesse, tra un sacrificio e l'altro, facessero almeno qualche semicupio.
L'usanza di ricorrere al meretricio per far fronte alle prime spese matrimoniali fu, in passato, abbastanza comune. Fu praticata anche dopo l'avvento del cristianesimo, né si limitò alle terre bagnate dal Mediterraneo. In Giappone, c'informa Tei-ziro, le fanciulle si prostituivano fin dall'età più tenera e pubblicamente. Ciò avvenne fino al secolo scorso e si trattava anche in questo caso di prostituzione dotale. Tutto il mondo è paese, da sempre e indipendentemente dalle religioni, dai meridiani e dai paralleli.
Ma ritorniamo un pochino indietro e cioè al concetto di prostituzione sacra e, prescindendo dalle deformazioni storiche o moralistiche, tentiamo, con il solo ausilio del buon senso, di capirne le origini. Forse non è poi tanto difficile, se si tien conto che le varie dee dell'amore simboleggiavano, in definitiva, la natura e che ogni offerta dei fedeli tendeva a dare un senso e uno stimolo all'accoppiamento, premessa della proliferazione. Così come la natura stessa dava un senso tacito e una significazione spontanea a tutti i fenomeni della continuità della vita, dalla fertilità vegetale, alla riproduzione animale. E perfino al perpetuarsi del tempo sull'arco inestinguibile delle notti e dei giorni. Che poi a queste finalità , confuse con la sacralità e probabilmente dovute a sole forze istintive, si accoppiassero altre credenze o addirittura dei tabù, non è escluso. Un tabù è certamente legato al sangue della deflorazione, che molti popoli primitivi consideravano velenoso e pericoloso. Come era nato questo pregiudizio? Non si sa, ma risulta, per contro, che c'era chi ne traeva profitto. Presso gli Indiani Veda la deflorazione era privilegio di un re o di un prete. In ultima analisi di un ospite. Se ciò non era possibile, (e forse non lo era solo per le ragazze brutte) l'operazione veniva compiuta con le mani o con particolari strumenti. I Nasamoni e gli Augili, antichi popoli libici, ricorrevano a un sistema anche più spiccio, facendo giacere la sposa, la prima notte di matrimonio, con tutti gli ospiti maschi, a turno. In tal modo il pericolo della deflorazione, se c'era, veniva amichevolmente ripartito. L'unione fa la forza ed elimina i rischi personali. Deflorazioni praticate collegialmente avvengono, del resto, ancora ai tempi nostri in tribù australiane, peruviane, presso alcuni popoli dell'Africa Orientale, nelle Indie Occidentali e altrove. Nel Tibet, ai tempi in cui vi capitò Marco Polo, una moglie, per essere una buona moglie, doveva accoppiarsi con molti uomini. I viaggiatori non potevano esimersi dal prodigarsi virilmente e siamo certi che, trovandosi con ragazze carine, lo avranno fatto senza troppi sforzi o complimenti. Marco Polo, dal canto suo, assicura essere il Tibet un simpaticissimo Paese e noi, a distanza di tempo, gli crediamo sulla parola.
Nell'antica Grecia le prostitute erano addirittura al servizio del dio o della dea, quindi specie di sacerdotesse, ma probabilmente questo tipo di meretricio aveva radici lontane, cioè era originario dell'Asia Occidentale, dove le religioni erano basate sul culto della fertilità . Sembra comunque accertato che il meretricio religioso, sviluppatosi enormemente a Efeso, Sparta e Corinto, generò, o degenerò, ben presto nella prostituzione comune. Se è lecito fare un passo indietro, converrà anche aggiungere che la storia non manca di riferimenti a prostitute-maschi in servizio templare. Un meretricio di ripiego per gli dei-sodomiti? O, nel loro nome e con il loro avallo, per utilizzazioni meno liturgiche? Sorvoliamo.
Qual è, infine, il movente della prostituzione, quando questa si stacca definitivamente dal tempio e, quindi, dall'equivoco? Indubbiamente un interesse pecuniario, il quale può andare benissimo d'accordo con gli aspetti sessuali. In molti casi, e non solo in questo tempo, è proprio la vocazione che indirizza l'ambizione. Le condizioni che favoriscono il fenomeno del meretricio nel suo affermarsi e nel successivo suo dilagare sono tante da formare un vero vivaio. Non ultima, specie nella Grecia classica, la malintesa funzione del matrimonio declassato a livello di una fredda e amicale collaborazione tra coniugi per far figli e rafforzare una condizione sociale. Collaborazione senza amore e, di conseguenza, senza quella carica di desiderio erotico che il marito, dal canto suo, pensa bene di deporre fuori casa, in uno dei tanti bordelli. è a questo punto che la citazione di uno dei più illustri legislatori ateniesi, Solone, diviene d'obbligo. Non è lui che li ha inventati i bordelli, ma è lui che li ha organizzati e disciplinati, anticipando in certo qual senso e di ben ventitré secoli, o giù di li, quanto farà poi Crispi in Italia. La legge-solone (antitesi della legge-merlin) dà alle case una fisionomia giuridica, se così si può dire. Le eleva a enti morali e quest'ultima parola non cade qui a sproposito, per solo gusto o paradosso, perché in effetti la provvidenziale istituzione veniva indirettamente a funzionare come valvola di sfogo alla dilagante omosessualità e a un libertinaggio molto più scandaloso. Inoltre, e qui ritroviamo il concetto democratico di ogni provvedimento solonico, dava anche ai meno abbienti la possibilità , con modica spesa, di giacere con una puledra di Venere. L'amore comincia a diventare un genere di consumo. A partecipazione statale, visto che i bordelli (detti dicteria) erano amministrati dallo Stato, come ora, da noi, il monopolio dei tabacchi. E, contemporaneamente, ha origine quell'ipocrisia che sarà destinata a durare nei millenni: considerare la prostituta, alla quale viene chiesta una fetta, piccola o grande che sia, di paradiso, (terrestre) la creatura socialmente disprezzabile, inferiore. E continuamente sotto accusa. Il caso di Frine lo dimostra anche se Iperide, avvocato di grande eloquenza e di indubbia sensibilità erotica, riuscì a capovolgere la situazione in cui la sua cliente era venuta a trovarsi.
Atene è la città dove le prostitute nidificano in maggior numero. I lupanari del Pireo sono famosi. Tutto il Pireo è un lupanare. Le dicteriadi si presentano nude agli utenti perché la nudità , da che mondo è mondo, è sincera e non crea illusioni o, quel che è peggio, disillusioni. Molte case di piacere disponevano di annesse scuole di avviamento. Alle novizie ivi veniva insegnato il mestiere. L'arte l'avrebbero appresa dopo, per loro conto, se ne avevano la stoffa. Sparta, a giudicare dal minor numero dei bordelli, potrebbe sembrare meno licenziosa di Atene. Ma è solo un aspetto. Licurgo è riuscito a demolire i tabù della gelosia, del possesso esclusivo del coniuge. Quindi anche i tabù delle corna. I figli debbono essere forti, perché appartengono allo Stato. Il fine giustifica i mezzi. Se un marito è in malo arnese, si faccia da parte e lasci via libera a un altro maschio, più efficiente. è ovvio che in una società così organizzata, la prostituzione pubblica, cioè extra familiare, non trovava certo condizioni ambientali favorevoli per prosperare.
Oltre alle meretrici accasermate nei bordelli, erano disponibili nella Grecia di allora, come in tutte o quasi le Nazioni moderne, le sgualdrine stradali, dette anche lupae.
E a Roma? I primi secoli della Roma repubblicana hanno una impronta contadina. Culto della famiglia, quindi. è vero che questo culto veniva richiesto più alla moglie che al marito, per il quale una certa tolleranza era in voga anche allora. Ma in sostanza le origini rurali sopravvivevano in una sanità morale che, se non era assoluta, era almeno relativa. I rapporti sessuali erano esaltati. Potrà essere sufficiente ricordare i riti osceni della deductio, processione che seguiva il matrimonio. Gli sposi, con gli amici, si avviavano verso casa tra lazzi, scherzi pesanti, canzoni licenziose e danze allusive. Nella camera nuziale la liturgia erotica raggiungeva il suo acme, con le preghiere rivolte a Giunone e a Cintia, con lo scioglimento, da parte dello sposo, della cintura della sposa, la quale, ormai nuda, va a sedersi sul fallo di pietra della statua di Mutuno Tutuno, presente in camera perché dio della fecondità . La generosa intenzione è quella di evitare al marito la prima fatica coniugale.
Con l'impero cominciò, come si sa, il rilassamento dei costumi. Le conquiste di Roma, la sua espansione nel mondo, un certo boom economico, non potevano avere che conseguenze tali da modificare sostanzialmente le concezioni morali. Emancipazione della donna, la quale se ne vale subito e spesso esageratamente, come avviene per ogni libertà raggiunta di colpo. Il fiorire della prostituzione andò di pari passo con la dissolutezza, in prevalenza di marca patrizia. Siamo alla lascivia. Le pitture oscene, le statue in positure eccitanti non decorano soltanto le case di piacere, ma trovano collocazione nelle ville e perfino nei templi e nelle strade. La copula è esaltata anche dalla letteratura. Il fallo diviene il simbolo nazionale. I bagni pubblici e privati sono un complemento del postribolo. Per gli uomini è ammessa, nei recinti termali, la nudità adamitica, per le donne è prescritto un esiguo bikini che ha la funzione di eccitare, non certo quella di nascondere. Il personale di servizio è scelto tra prostitute e omosessuali. Quando, negli avvisi economici dei nostri quotidiani d'oggi, leggiamo: - ...esperta massaggiatrice, giovane, bella presenza offresi... - con quel che segue, ci sorge il dubbio che il mondo altro non sia che una continua, noiosa ripetizione delle stesse cose, le quali ci sembrano, però, sempre nuove.
Il rapporto erotico, spesso innaturale, trascendeva ormai dai suoi valori comuni e pur sempre umani, per ricorrere, attraverso un rituale ora orgiastico e ora misterioso, a significazioni o addirittura a giustificazioni divine, che mettevano in funzione, oltre agli stimoli della carne, anche quelli, più sottili e più esasperanti, dello spirito. I baccanali descritti da Tito Livio, l'adorazione di Cibele celebrata da eunuchi, almeno inizialmente, il culto di Iside, le cui sacerdotesse, secondo Giovenale, erano delle comuni mezzane, tradivano l'ispirazione religiosa per un fanatismo della sessualità .
L'imperatore Augusto, come in Grecia Solone, cercò di mettere un po' d'ordine nell'artigianato della prostituzione e le dedicò leggi regolamentatrici. Il fatto che venisse disciplinata, dimostra chiaramente che la prostituzione pubblica già esisteva. Infatti le puttane di allora disponevano perfino di una patrona, Flora, che a sua volta era stata sgualdrina della più bella specie. Risale a Roma il primo schedario ufficiale delle prostitute. Alle quali era concessa l'adozione di uno pseudonimo. La storia non ci dice quali furono i nomi d'arte che anticiparono quelli moderni di Wanda, Ivonne, Lola, Marilù eccetera. Sulla scheda era indicata anche la tariffa. Le schedate, nella loro maggioranza, erano costituite da ex schiave. Così come nel casino moderno di bassa tacca, lo erano le ex domestiche. Alle donne del patriziato era inibita l'attività retribuita. Ciò non le privava del diritto all'attività stessa, del quale si valevano largamente, anche se clandestinamente.
I lupanari erano soggetti al controllo dell'oedile una sorta di ispettore al soldo dello Stato. Le pensionanti, per legge, dovevano indossare una divisa e tingersi i capelli in blu o in giallo. Da un censimento ordinato da Traiano, risultò che nella sola Roma le prostitute schedate superavano le trentamila unità . Le non registrate venivano chiamate postribulae e la categoria si divideva in alcune sottospecie: le delcatae e le famosae rappresentavano la élite e sfioravano la rispettabilità . Le doris facevano una grande economia, a giudicare dagli indumenti, che evitavano anche quando non erano in servizio. Le lupae richiamavano i clienti facendo il verso del lupo, in piena notte. Avevano dimora nei pubblici giardini. Nei cimiteri risiedevano, invece, le bustuariae e tra i sepolcri svolgevano la loro attività . Amore e orrore si esaltavano a vicenda. Di giorno le bustuariae, per arrotondare il bilancio, seguivano i funerali. Naturalmente a pagamento. E l'elenco può continuare. Dalle ambulatrices notilucae, alle blitidae, alle gallinae. Le fororiae si potevano incontrare lungo le strade periferiche e avere per pochi sesterzi. Ma la categoria infima era costituita dalle quadrantariae, povere peccatrici per peccatori poveri.
Come si vede, mancavano allora, rispetto alla gerarchia puttaniera di adesso, le motorizzate o volanti, cioè adescatrici in fuoriserie. La ragione è fin troppo evidente, non prestandosi la biga a un traffico del genere.
A Roma, il quartiere malfamato, la Suburra, era posto tra il Celio e l'Esquilino, ma i lupanari erano un po' ovunque. All'esterno erano contrassegnati da segni simbolici, spesso il fallo. Non mancavano le case da appuntamenti. Ma andava molto di moda, specie per i giovani meno abbienti, l'amore all'aria aperta. La statua di Marsia, circondata da un vasto giardino, era riferimento sicuro per chi volesse reperire non una, ma sciami di prostitute. Secondo quella malalingua di Seneca, vi si recava, a sfogare le sue voglie di ninfomane, Giulia, moglie di Tiberio. Anche i templi, con la loro ombra generosa, coprivano illecite e frettolose fornicazioni. Da tutto ciò appare abbastanza chiaro che i costumi dei Romani non erano, in fatto di moralità , del tutto ineccepibili. L'esempio veniva dall'alto. Abbiamo già detto di Marsia, ma non possiamo tacere di Valeria Messalina, figlia di Valerio Messale Barbuto e sposa di Claudio... cornuto. Ella conobbe gli eccessi più scandalosi, più osceni. I suoi amanti furono legioni, sia nel palazzo imperiale che fuori. Si prostituiva nei bordelli più infimi e perfino nelle pubbliche strade. Eliogabalo passò alla storia (non certo quella dei libri di testo) per le sue intemperanze di maniaco sessuale, alle quali amava dare il fasto dello spettacolo, e per essere stato assassinato dalla Guardia pretoriana in una pubblica latrina. Commodo, comodamente bisessuale, riunì a palazzo trecento sgualdrine e trecento invertiti. Una corte di eccezione, con la quale l'imperatore era in orge continue. Della compagnia faceva parte un favorito, di cui la storia non ci tramanda il nome, ma ci dice che era virilmente così dotato da potersi considerare un vero fenomeno da baraccone. Favorito dalla natura, quindi, prima ancora che dall'imperatore.
La immoralità e la lascivia imperiale collezionano altri nomi illustri: Caligola, Ottone, Tito, Domiziano... ma quanti altri personaggi si sottraggono al tardivo appello, non tanto per non aver commesso il fatto, quanto per mancanza di prove? Forse i loro peccati, per furbizia o per scarso istrionismo, non certo per pudicizia, furono meno spettacolari.
Stupirci perché il cristianesimo, all'inizio, non abbia avuto che scarsa influenza sui costumi, equivale a commettere un errore di prospettiva. Cioè vedere con gli occhi di oggi una situazione la cui realtà remota è certamente inafferrabile per la nostra sensibilità moderna. Intanto non va dimenticato che nel primo cristianesimo ritroviamo, ed è naturale, tutte quelle sedimentazioni pagane che la nuova dottrina e la nuova morale non potevano eliminare di colpo. Anche perché gli uomini erano sempre quelli e le conversioni, non per scarso zelo, ma per pigrizia mentale, non consentivano quasi mai un recupero totale e immediato. è evidente che, in tale clima, anche la prostituzione, seppure condannata, trovasse ancora delle possibilità di vita. Possibilità che spesso furono incrementate proprio dai rigori, eccessivi e sproporzionati, adottati per il risanamento della piaga. Non mancarono neppure gli equivoci, come non mancano oggi per chi voglia, come detto sopra, misurare una situazione già allora contraddittoria, con strumenti di nuovo conio. Già il fatto che tra le sante del calendario cristiano figurino ex prostitute, come Santa Pelagia e Santa Venera, e che una di esse, Santa Afra, abbia gestito in Amburgo un lupanare e alla conversione sia giunta per lo zelo degli ecclesiasti che il lupanare frequentavano assiduamente, potrebbe lasciare molti dubbi sulla intransigenza morale dei pastori. E, di conseguenza, generarne altri più preoccupanti sulla condotta del gregge. Dubbi che troverebbero una valida conferma, almeno in apparenza, sapendo che, quando re Enrico II d'Inghilterra promulgò leggi severe sulla gestione dei bordelli (e non siamo agli albori del cristianesimo, si noti, ma nel 1161), la diocesi di Winchester, per collaborare meglio e meglio controllare l'applicazione delle norme, assume in proprio l'esercizio di ben diciotto casini nella sola città di Southwark.
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Mavco Pizellonio
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#110 Messaggio da Mavco Pizellonio »

secondo me, dostum, i tuoi post non li leggi nemmeno tu. :lol:
Il mio stile è vecchio
come la casa di Tiziano
a Pieve di Cadore

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dostum
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#111 Messaggio da dostum »

NOTA SUI COSTUMI E GLI USI DELLE PROSTITUTE

DI BASSO CETO

IN ITALIA NEL PRIMO CINQUECENTO

di

Piergiacomo Petrioli









Abbigliamento:

Le cortigiane d'alto bordo conducono una vita lussuosa e raffinata e si vestono come le gentildonne più altolocate, né è possibile distinguerle, per vestiario, dalle nobili. Mentre più vario e certamente meno costoso e più semplice si presenta l'abbigliamento delle modeste e numerose meretrici da pubblica via, come afferma l'esperta Nanna: (Aretino, p.141) "Il tuo vestire sia schietto e netto; ricami per chi vuole gittar via l'oro e la manifattura, che vale uno stato; e volendosi rivendere, non se ne trova nulla; e il velluto e il raso segnato dai lavori dei cordoni che ci sono suso, è peggio che di cenci". Vi sono anche molte leggi che vietano (spesso invano) l'uso di ricche vesti e preziosi ornamenti alle prostitute: nel 1543 Venezia sancisce con una legge gli abiti delle meretrici: "che alcuna meretrice in questa terra habitante non possi vestir, né in alcuna parte della persona portar oro, argento, et seda, eccetto che le scuffie, qual siano di seda pura. Non possino portar cadenelle, perle, né anelli con pietra, o senza pietra, né alle orecchie, o dove escogitar si possi, tal che in tutto, et per tutto alle ditte siano devedato l'oro, l'argento, et seda, et etiam l'uso delle zoglie di qualunque sorte si in casa, come fuor di casa, et fuora di questa nostra città ".

In genere le comuni prostitute indossano abiti comuni, non molto ricercati e soprattutto "pratici"; una lunga camicia da uomo, sopra la quale mettono un semplice corpetto in panno o velluto; quindi portano un lungo grembiale a gonna, e per biancheria intima normali calze bianche e "braghesse" da uomo (Vecellio, Meretrici de' luoghi pubblici): "Le pubbliche meretrici che stanno nei luoghi infami, non sono negli habiti loro uniformi, perché se bene tutte sono di un esercito medesimo, nondimeno l'inegualità della fortuna fa che non tutte vanno pompose ad un modo. Hanno con tutto ciò in uso un habito che pende più tosto al virile, perché portano giubboni di seta, di tela, o d'altro secondo che ciascuna può havergli più o meno ricchi, et questi sono forniti con frange larghe, et pieni di bombagia, come appunto gli portano i giovani, et più simili al portamento dei Francesi. Su le carni portano la camicia da huomo, accomodata ancora questa di sottigliezza e politezza alle forze che ciascuna ha da spendere, sopra la quale camicia si cingono nelle stagioni calde una traversa, o grembiale di seta, o di tela lunga fino ai piedi, et ne' tempi freddi una vesticciuola foderata sia di panno o di seta, come meglio si può. Le pianelle che elle portano sono più alte di un quarto di braccio, ma ornate di frange, et in gamba usano calzette di seta, o di panno, ricamate colle scarpe alla Romana ai piedi. Portano molte di loro le braghesse come gli huomeni di ormesino e altro, et a questi segni, et altri di tondini d'argento di monili, sono facilmente conosciute".



La foggia dell'abito deve più ammiccare, che mostrare, lasciare intendere e non ostentare le grazie della ragazza, onde risvegliare la curiosità del probabile cliente: (Aretino, p. 142) "Così volendo insegnarti a tener le pocce in seno con un modo che chi le vede fare a lo sportello de la camicia gli affisi il guardo ficcandolo dentro a quel tanto che se ne scorge: facendone più carestia che non ne fanno dovizia alcune, le quali par che le voglino gittar via col farle saltar fuora del petto e del vestimento". Insomma anche il vestito, così come pure l'acconciatura, tenuta spesso a due crocchie di trecce separate che formano come due corni, è un sapiente gioco malizioso: (Lawner, p. 19) "Portano per lo più le chiome bionde finemente intrecciate e sollevate sulla fronte a formare due corni alti quasi mezzo piede, senza alcun sostegno metallico né altro che li tenga a posto se non il loro grazioso intreccio" ; (Aretino, p. 142) "Or s'io ti volesse dire in che forgia ti hai a conciar le trecce, e come trarne fuora una crocchetta che ti focheggi per la fronte o intorno all'occhio, onde si chiuda e apra con la capestraria de la lascivia, bisognaria cicalar fino a notte". Assai comuni e tipici sono anche retini d'oro (come si vede nel ricchissimo esempio del dipinto del Boccaccino, raffigurante una cortigiana, probabilmente ebrea), veli finissimi di seta (gialli): (Larivaille, p. 101 citando il Vecellio) "et si cingono con quei retini di seta, che esse chiamano poste, o pure con veli di seta, et questo per lo più è habito di meretrici".



Particolari sono invece le scarpe, in foggia di alti zoccoli di legno, caratteristici delle prostitute veneziane (Larivaille, p. 100) "calzano zoccoli di legno ricoperti di cuoio alti almeno un piede" alti fino a 50 cm! E così (Larivaille, p. 100) "camminando con portamento grave vanno mostrando il seno".

Alcune, per attirare i clienti, usano anche vestirsi con abiti maschili: (Larivaille, p. 102) "le prostitute che indossano abiti maschili sono tanto numerose da richiedere un ennesimo divieto, a cui risponde l'ennesima trasgressione"; (Aretino, p. 82) "così vestita da ragazzo (che così vestiva quasi sempre)"; (Barzaghi, p. 38) "e donne di malaffare che, per meglio adescare, si travestivano da uomini, nascondendo metà della faccia con i capelli annodati ‘fungo', come erano chiamate queste acconciature"; in una lettera del marzo 1547 l'Aretino ricorda la celebre prostituta Zufolina: (Aretino, Lettere, IV, 365, c. 159) "Due volte la mia sorte bona ha mandato la vostra persona bella in casa mia e d'altri: una, vestita da uomo, essendo donna, e l'altra, vestita da donna, essendo uomo. Voi siete uomo nei casi di drieto e donna nei conti dinanzi. [...] Che più? Sino agli abiti, che vi travasano continuamente il dosso, stanno in forse se la zufolina è zufolone o se il zufolone è zufolina".



Di specifico interesse è il colore di questi abiti. Alcune leggi, promulgate a distinguere le meretrici dalle cosiddette "donne oneste", sanciscono indicazioni "cromatiche" (Larivaille, p. 156): "all'inizio del XVI secolo a ruffiane e mediatori è fatto obbligo di indossare vesti gialle azoché da tutti possino essere cognosciuti". Così le prostitute devono indossare abiti gialli, e tal colore diviene indicativo e caratteristico della professione: (Larivaille, p.98) "Una legge emanata da Cosimo I nel 1546 obbliga le prostitute a portare un velo giallo, o tutt'al più un nastro di stoffa gialla alta almeno un dito, posta in modo da essere sempre e da chiunque visibile".





Luoghi e abitudini:

Generalmente i luoghi dove lavorano le prostitute dozzinali sono i chiassi (bordelli), le stufe (sorta di bagni pubblici, "divisi in sale asciutte riscaldate con fuochi di legna e sale umide riscaldate a vapore, i bagni comprendevano anche altri locali in cui le prostitute avevano modo di esercitare la loro professione" - Lawner, p. 9) e le taverne dove i clienti mangiano, bevono, giocano d'azzardo e possono appartarsi con qualche gentile signorina dietro una tenda, in una stanza nel retrobottega o al primo piano: (Aretino, p.102) "e il primo dì che un oste apre la taverna, senza metterci scritta s'intende che ivi si beve, si mangia, si giuoca, si chiava, si riniega e si inganna"; (Barzaghi, p. 39) "Oltre al gioco, il ridotto, si prestava egregiamente ai liberi amori ed ad altre disonestà ".



Le meretrici attirano i clienti, stando discinte alla finestra, al balcone (a Venezia, per combattere la dilagante omosessualità maschile "le cortigiane venivano incoraggiate a mettersi a petto nudo sul Ponte delle Tette, a Carampane, per adescare i passanti" - Lawner, p. 17), oppure cantano canzonacce a doppio senso, passeggiando davanti all'ingresso dell'osteria: (Larivaille, p. 66); secondo l'uso romano e veneziano le prostitute passeggiano davanti alla porta di casa o dell'osteria, oppure ammiccano dalle finestre socchiuse: (Garzoni, lxxiv, Meretrici, p. 960) "Per questa sola cagione si mostrano alla finestra, fanno l'amor sui balconi, giran d'occhio a chi passa, gestiscono con la mano, accennano col guardo, motteggiano col viso, parlano con la lingua, ridono con la bocca, si storcon con la vita, chiamano, pregano, suadono, gridano che s'entri"; e il poeta Maffio Venier (citato da Barzaghi, p. 51) scrive ad un'amica prostituta: "Ti corri su la porta, su ‘l balcon, / per mostrarla immediate alla contrà ". Ancora: (Vecellio, Meretrici de' luoghi pubblici) "Non si può facilmente descrivere come elle s'acconcino la testa, né si veggono alle finestre, frequentando elle piuttosto la porta et la strada per tirar nella ragna quanti passano. Quivi si trattengono cantando canzonette amorose, ma con poca gratia et conforme alla loro vile conditione, facendosi di più quasi tutte sentire con la voce roca". Si possono trovare anche fra le prostitute d'infimo ordine coloro che adescano passanti stando sedute su uno sgabello, accanto ad un pagliericcio, o sulla porta dell'osteria: (Aretino, p. 24) "e ivi si vedea la buona fanciulla, tutta piena di carità , dispensare la sua dote a sbirri, a barri, a piovani, a staffieri e a ogni sorte di degne persone; e mancatole la robba, tutta pietosa, tutta umile, si siede verbigrazia in mezzo di ponte Sisto sanza pompa alcuna, eccetto la seggiola, la stola e il cagnoletto, e un foglio di carta increspato in cima ad una canna fessa con la quale parea che si facesse vento e che si riparasse dalle mosche".

Talvolta è una vecchia ruffiana (spesso una ex del mestiere) che stando davanti all'ingresso chiama i clienti e li conduce nella taverna in penombra dove può smerciare anche della mercanzia non proprio di primo pelo, come accade al povero Machiavelli: (Larivaille, p. 156 citando Nicolò Machiavelli che entra in un postribolo) "vidi al barlume una donna con uno sciugatoio sul capo et in sul viso che faceva el vergognoso [timido], et stava rimessa in uno canto".

Nell'osteria d'angiporto le prostitute sono in combutta con l'oste stesso che è pure affittacamere e con bravi e bari: (Aretino, p.83) "intanto comparsi due barri con volto di sempliciotti, fattosi pregare un pezzo, pigliate le carte più false che i doppioni mirandolini, balordon balordone tiravano a sé i denari dei convitati, accennandogli io del giuoco avevano in mano, parendomi poco la falsità delle carte".

I bravacci sono spesso compagni e protettori delle prostitute: (Garzoni , cxi, Bravi, p. 1267) "Quindi partendosi vanno per le mura a ritrovar i luoghi pubblici delle meretrici e ruffiane: ove con Laura scherzano un pezzo; con la Betta stanno su la galozza [fanno i galletti]; con la Rosa fanno delle capestrerie [fanno i cretini]; e con la Cieca danno nelle scartate, pigliandole un par di zoccoli e portandole via le scarpette, o dandole de' tartufoli sul capo, de' pizzigotti nelle natiche, de' morsi nelle poppe, e facendola abbaiar come una cagna disperata".



Le prostitute più raffinate, generalmente quelle che hanno una clientela più eletta e nobile, suonano il liuto e cantano (Larivaille, p. 72).

Per quanto concerne i costi delle loro prestazioni, esse variano molto secondo la notorietà della prostituta. Le cortigiane più rinomate (quelle che frequentano la nobiltà ) si fanno pagare anche 30 scudi (Larivaille, p.66), ma in genere (vedi: Catalogo di tutte le principali et più honorate cortigiane di Venetia, Venezia 1566) la tariffa media è da 1 a 5 scudi; fino a giungere per le infime lavoratrici di osterie di bassa lega anche a mezzo scudo (vedi l'anonimo poemetto La tariffa delle puttane di Venegia del 1535, che elenca con precisione prezzi, qualità e specialità di un gran numero di meretrici veneziane).


Nomi adottati da meretrici del XVI secolo:

Essendo il Rinascimento l'epoca di riscoperta ed amore per la cultura classica anche i soprannomi delle meretrici si adeguano, prendendo nomi desunti dalla letteratura e dalla storia greco-latina. Si trovano così negli elenchi molte Damo, Elena, Fillide, Flora, Frine, Imperia, Laura, Lavinia, Lucrezia.

Spesso si usano anche soprannomi derivati dal luogo di provenienza e dalla razza, ad es.: Andalusa, Bergamasca, Bolognese, Lombarda, Mora, Romana, Senese, Spagnola, Todesca, Zingara...
MEGLIO LICANTROPI CHE FILANTROPI

Baalkaan hai la machina targata Sassari?

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#112 Messaggio da nik978 »

leggevo il giornale oggi

credo da indagini varia, salta fuori un taccuino o una cosa simili
ragazze che arrivano atirtare su 100mila euro in 3 mesi (dubito molto resti a loro qualcosa di superiore al minimo..)
e sono tutte sw minorenni..(di parecchio..)

come sempre, la soluzione al problema sta nella regolamentazione....io con otr straniere non vado esattamente per un discorso di racket o cmq di commistioni con personaggi strani
idem per le "in house" (solo italiane o sudamericane..tutte over 30 se possibile...)

ma certe cifre stanno a significare molte cose...
E' la vecchia guardia e i suoi interventi sul darkside sono imprescindibili, affronta il lato oscuro del sesso estremo con l'approccio dostojeschiano dell'uomo che soffre, mitizza e somatizza.UN DEMONE
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#113 Messaggio da lordpinceton »

Speriamo che Visco avvii gli studi di settore anche in questo settore...che almeno i papponi paghino l'Iva...va là ...
"Oh se solo avessi uno scopo nella vita" "Ma che scopo e scopo, una scopata ti ci vuole: gli si guasta qualcosa nella testa alle donne quando restano troppo tempo senza uccello"
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Re: prostituzione

#114 Messaggio da alex84x »

marco1962 ha scritto:Sono sposato,pero' ho trovato fra gli annunci sul giornale le PRESTAZIONI PROFESSIONALI.Mi ha incuriosito quello di una PADRONA 8^REGGISENO.Ci sono andato ed e' stato stupendo dato che cercavo da una vita una donna cosi'.Praticamente in mezzora sono stato schiacciato dalle sue tette enormi e non vedo l'ora di tornarci.Ho qualche senso di colpa.Come devo fare?
PENSA SE TI CAPITA QUESTO!?!?!?
Soffocato dal seno siliconato durante uno strip

--------------------------------------------------------------------------------

Un allegro addio al celibato, in uno strip club americano, si e' trasformato in una tragedia per il futuro sposo. Un ragazzo 32enne, che si godeva le attenzioni della procacissima stripper, ed e' stato infatti soffocato dal suo enorme seno: una decima misura al silicone



http://www.baltazar.it/curiosita-americ ... strip.html
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#115 Messaggio da monteur »

dostum ha scritto:

I - Anche il meretricio ha una sua storia


Erodoto c'informa di una scandalosa usanza che avevano i Babilonesi. Le donne dovevano onorare Melitta, dea dell'amore, accoppiandosi con uno sconosciuto.

e questo dice tutto :DDD :DDD :DDD

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#116 Messaggio da nik978 »

lordpinceton ha scritto:Speriamo che Visco avvii gli studi di settore anche in questo settore...che almeno i papponi paghino l'Iva...va là ...
per me non dovrebbe esistere questa figura..
regolarizzando la prostitutzione ne diminuiribbi drasticamente il numero

oramai dall'est quest ragazzine arrivano ben sapedno che vanno a fare, si sa..polizia etc.lo sanno tutti.
ma mettendosi in affari con persone legate a malavita e chissa' cosa altro, si espongono a rischi enormi..
e si parla di meta' guadagno se va bene..e se va male..violenze.botte..minacce..

questa gente altro che pagare le tasse...ing alera dovrebbe andare..
e poi le ragazze (che comunque si intascano cifre assurde...minorenni maggiorenni etc) pagherebbero le tasse (che non sarebbe un male)
ma il problema principe e' lo sfruttamento
quello fiscale e' secondario..
E' la vecchia guardia e i suoi interventi sul darkside sono imprescindibili, affronta il lato oscuro del sesso estremo con l'approccio dostojeschiano dell'uomo che soffre, mitizza e somatizza.UN DEMONE
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#117 Messaggio da dostum »

CHE GRAN BORDELLO A CHICAGO
Ecco il romanzo dell'Everleigh Club, delle sue tenutarie e dei suoi clienti. Una storia di peccatori e puritani nell'America del '900
di Stefania Vitulli
Sarebbe stata la prima di una serie
di settimane dure, quella, per l'Everleigh
Club. Certo le ragazze, tutte e
trenta, tutte private di un'identità legale
e ribattezzate con lo pseudonimo
scelto dalle loro pari al momento del
definitivo ingresso nella "vita", se ne
stavano buone di sopra, nei loro boudoir,
e trascorrevano il tempo come al
solito, preparandosi per le lunghe notti
di lavoro. I rasoi continuavano a
scorrere rapidi sulle loro braccia nude
e ad andar su e giù e all'interno di
quelle lunghe gambe floride. L'acqua
scorreva nelle vasche e le spugne passavano
e ripassavano quei corpi sfiniti
dalla lussuria con molta più delicatezza
di quanto facessero gli amanti occasionali.
E quelle pillole nere, quelle
minuscole pastiglie magiche che combinate
con il potere protettivo di tre
giorni di bagno bollente erano in grado
di "tenere ogni ragazza lontano dai
guai", venivano saccheggiate di continuo
dagli armadietti dei medicinali.
Tutto sembrava scorrere tranquillo
come al solito, insomma, all'Everleigh,
il bordello più famoso della storia d'America,
nel cuore del distretto di Levee,
il quartiere a luci rosse della Chicago
d'inizio Novecento. Si acconciavano,
quelle testoline, con pinze sanguisuga
o vaporose onde preannuncio
d'abbandono. Dietro le orecchie e in
mezzo ai seni, una goccia di "gasolina",
l'ultima moda in fatto di essenze, se
non ti potevi permettere un'automobile.
Si stringevano corsetti mozzafiato.
Si abbottonavano gonne. Si arrotolavano
calze. Nere. Profumate. Lisce. Molto
più lisce di qualsiasi altra calza di
qualsiasi altra donna che i potenti, facoltosi,
famosi clienti dell'Everleigh
potessero aver lasciato fuori dalla porta,
in cima alla strada che portava diritta
all'inferno. La strada il cui nome
e numero civico a Chicago ogni politico,
giornalista, intellettuale o mercante
libertino conosceva a memoria:
2131-2133 South Dearborn Street. L'indirizzo
dell'Everleigh Club.
Ma che tutto il resto andasse liscio
come quelle calze non era per niente
certo. Le "Scarlet Sisters", Minna e
Ada Everleigh, rispettate tenutarie di
quel bordello di gran fama, che aveva
risollevato le sorti del Levee e nobilitato
almeno una delle sue case, avevano
stabilito regole ferree e una di queste
diceva a chiare, mute lettere: "Nessuna
macchia, tantomeno di sangue, su
questo bordello". Ci avevano attirato
"mogul" dell'industria cinematografica
e attori, senatori e atleti, dignitari
stranieri e icone dell'élite letteraria, al
Levee, le sorelle Everleigh. E non avevano
nessuna intenzione di perdere
quei "boys" dalle tasche piene appena
riconquistati alla perdizione. Ecco perché
si erano organizzate così accuratamente
per far sparire ogni traccia della
notte precedente. La notte in cui
una ragazza tra quelle trenta, in calze
lisce e profumata di gasolina, aveva ucciso
uno dei migliori clienti del Club.
Sarebbe stata la prima di una serie
di settimane dure, quella successiva al
22 novembre 1905, per l'Everleigh
Club. Perché la voce che Marshall
Field jr - figlio ed unico erede di Marshall
Field, fondatore del grande magazzino
omonimo il cui motto era "Date
alla signora ciò che desidera" - non
aveva tentato il suicidio con un revolver
automatico nella sua bella casa dei
quartieri alti, bensì era stato ferito a
morte da una puttana del Levee, ecco,
quella voce cominciava a girare in modo
preoccupante. E poco importa se
Ada Everleigh ci aveva speso la sua
battuta d'ordinanza, prima di far ripartire
il corpo dal bordello ai quartieri
alti, dove lo avrebbe trovato la polizia:
"Siamo una casa di piacere, mica una
camera mortuaria". Sua sorella Minna
aveva riso, sì, ma nel cuore sentiva che
quella morte violenta sarebbe stata l'inizio
della fine per il loro bordello di
gran classe. Per ora i giornali avrebbero
rispettato il casino e il suo nome e si
sarebbero tenuti sulla porta, in attesa
che altri scatenassero lo scandalo. Ma
prima o poi qualcuno avrebbe approfittato
di quello scheletro nell'armadio.
La concorrenza, certo. O quei Riformatori
ossessionati dal sesso, quei predicatori
che, sulle orme del rigorismo
protestante di mezzo millennio prima,
stavano cercando di convertire alla castità
e alla continenza tutta Chicago. Sì,
probabilmente loro sarebbero stati la
rovina dell'Everleigh. Minna se lo sentiva.
La storia dell'Everleigh Club non
è soltanto la storia di una casa d'appuntamenti,
anzi del "Ritz dei bordelli",
il più rispettato e stimato d'America.
E' anche la dimostrazione dell'interdipendenza
tra edonismo e puritanesimo
negli Stati Uniti. La dimostrazione
che vizio e virtù vanno sempre a
braccetto, finché santità non li separi.
Ben lo racconta nel volume appena
uscito negli Usa, "Sin in the second
city. Madams, Ministers, Playboys and
The Battle for America's Soul" (Random
House), la giornalista Karen Abbott,
che nell'introduzione ci tiene a
sottolineare che tutte le persone con
cui verremo a conoscenza nelle pagine
successive sono realmente esistite e
hanno respirato l'aria marcia e carnale
della Chicago degli anni Dieci e Venti
del secolo scorso. Non dagherrotipi
ingialliti, dunque, ma veri ministri della
chiesa, predicatori noti in tutto lo
stato perché avevano come obiettivo la
bonifica spirituale delle anime perdute
della seconda città d'America; vere
"bianche" sopravvissute al commercio
brutale del corpo e agli stupri perché
"salvate" dal raffinato Everleigh Club;
vere maitresses virago come Vic Shaw,
incontestata regina dello sfruttamento
della prostituzione al Levee District
finché il successo delle sorelle Everleigh
non le mangiò il titolo e il fegato.
Certo l'anima, all'Everleigh, la dà per
metà anche la Chicago di quegli anni.
La stessa città che resse il moccolo anche
a May Duignan, la "regina dei bassifondi"
meglio nota come Chicago
May, splendida irlandese dalle pelle
diafana e la chioma fulva, compagna di
Eddie Guerin che rapinò l'American
Express, ma anche sgualdrina capace
di rubare a morsi i brillanti dalle spille
da cravatta. Femmina criminale che
si è appena meritata una biografia redatta
da una sua connazionale, Nuala
O'Faolain, "La vera storia di Chicago
May" (Guanda). La Chicago dell'alba
del Novecento, che necessitò dell'istituzione
di una commissione d'inchiesta
sul vizio - che gli dei la benedicano
poiché era seria e molto bene informata
- senza la quale oggi non sapremmo
che nelle "case" la media dei clienti
per ragazza era ventisei per notte e
in un solo giorno ognuna ne riceveva fino
a quarantacinque. La media delle
libere professioniste non era da meno:
due passeggiatrici, in casa insieme, arrivavano
anche a quattrocento clienti
la settimana. Non c'è da stupirsi se la
commissione stimò in cinque anni la
vita professionale di una prostituta media
- oltre ad attribuirle un reddito intorno
ai ventiseimila dollari, contro i
seimila di un'impiegata - che oltre agli
assalti di clienti d'ogni risma si sottometteva
di continuo ai metodi contraccettivi
più abnormi: spugne imbevute
d'aceto, lavande vaginali al solfato di
zinco, ingestione di iodio e segale cornuta,
inserimento nel corpo di bastoncini,
fili metallici, ferri da calza, ramoscelli.
Altro che gli idillici quadretti di
"Irma la Dolce" e "Mai di domenica".
Chicago era quella: una città che stava
sperimentando un'ondata di brutalità
criminale di violenza inaudita. Il "Tribune"
scriveva: "Sulla città incombe
un regime di terrore, Nessun'altra metropoli
in tempo di pace si è mai conquistata
un tale primato in crimini e
orrori". Chicago cambiava a vista d'occhio,
tanto che i cittadini stentavano a
riconoscerla, sommersa dal diluvio del
flusso migratorio. Arrivavano da Italia
e Germania, Francia e Cina, Russia e
Grecia, e si portavano dietro i loro
mondi, le religioni, le lingue e costruivano
le loro città dentro la città . Ai costanti
resoconti di rapine, stupri e omicidi,
si era aggiunta una nuova minaccia:
la scomparsa, senza avvertimenti
né tracce, di giovani donne immigrate
appena giunte a Chicago con il treno.
Venivano abbordate ai depositi bagagli
da uomini che promettevano loro amore
eterno, protezione, lavoro e un rifugio.
E poco dopo venivano derubate,
stuprate e vendute per cinquanta dollari
alle intraprendenti Madam del Levee
District, che ne facevano delle prostitute
professioniste. Gli annunci di ricerca
di segretarie, impiegate e attrici
venivano letti con sospetto. Le fanciulle
sapevano che persino i taxisti potevano
esser complici di un ratto e condurle
in auto fino alla porta dell'inferno.
I teatrini erano aborriti come luoghi
immorali e non erano più sicure
nemmeno le gelaterie. Il malfamato
Levee District stava per inghiottire
Chicago in un sol boccone. E presto
avrebbe inghiottito l'America tutta, urlavano
i predicatori.
Nessuno stupore che in quella Chicago,
nel quartiere "hardcore" in cui
durante l'annuale festa dei bassifondi
- il First Ward Ball - una bolgia di trentamila
disgraziati affollava le straduzze
traboccanti di puttane e di ladri, e le
dame svenivano a mucchi, spiccasse
come un fiore tra gli escrementi un
bordello come l'Everleigh, in cui le
"butterflies" avevano un medico onesto
in costante servizio attivo solo per
loro, erano ben pagate e dotate di abiti
da gran sera, si rimpinzavano di delicati
bonbon e leggevano Balzac su
ampi e accoglienti divani, ogni notte
un'orchestrina d'archi accompagnava
l'ingresso dei clienti, una fontana sprizzava
profumo, le sputacchiere erano in
oro 18 carati e le trenta opulente stanze
tutte a tema - inclusa quella egizia
decorata con un'effige a grandezza naturale
di Cleopatra - e rimaneva lo spazio
anche per una piccola stazione attrezzata
per far esplodere i fuochi d'artificio.
Nessuno stupore che in quella
Chicago - "un circo vistoso che apre i
battenti con quella puttana a un quarto
di dollaro nel lettino del vicolo", come
scrisse Theodore Dreiser, uno dei
clienti più assidui dell'Everleigh - la
tenutaria più temuta fino all'arrivo delle
"Scarlet Sisters" fosse Madam Vic
Shaw, una dei dieci figli di un minatore
di Londonderry, Nuova Scozia. Fuggita
di casa a tredici anni. Unitasi a
una compagnia di girovaghi a Boston e
infine allo spettacolo di Sam T. Jack
nella West Madison di Chicago. Madam
Vic Shaw, che fece fortuna fuggendo
con un amante milionario e banchiere,
dotato di una famiglia così ansiosa di
evitare lo scandalo del matrimonio con
una minorenne che ben presto giunse
a un ben concordato divorzio. Un accordo
che fruttò a "Vickie" i soldi sufficienti
ad aprire il suo bordello a
South Dearborn Street. Sì, proprio la
stessa strada dell'Everleigh. Una "casa",
quella di Vic Shaw, dove le cavalline
vincenti venivano importate direttamente
da New Orleans, su prezioso
suggerimento dei magnati delle ferrovie
che frequentavano il casino. Una
casa dove la maitresse attraeva maschi
quasi quanto le sue ragazze, perché
era di impareggiabile bellezza e invidiabile
fondoschiena. Parte della fama,
poi, inutile negarlo, era dovuta a quell'ideuzza
che attraeva un gran numero
di spettatori e di denari: gli spettacoli
di "strip-whip", in cui le ragazze salivano
su ring improvvisato, con indosso
corsetto e stivali o più spesso nude e si
frustavano a sangue a vicenda. L'incasso
saliva quando tra le battitrici si esibiva
Lilli Kowalski - "Lill The Whipper"
- che montava sul ring vestita come
una missionaria ma ci dava dentro
come uno scaricatore di porto, tanto
che le cronache da bordello dicono
che frustò, negli anni, oltre un migliaio
di avversarie. Nella casa di Vic Shaw
la tensione non scendeva mai e le ragazze
dell'Everleigh ricevevano ogni
giorno da Madam un nuovo invito: che
passassero alla concorrenza subito, a
lavorare per "Vic Shaw's, the original",
ché la porta per loro era sempre aperta.
Specie da quando le sale del casino
di Vic erano sempre più vuote e i clienti
di riguardo avevano traslocato da
Minna e Ada: "Stanno avendo un certo
successo, ma non durerà ", diceva Vic
delle sorelle Everleigh, "Quelle oche
lesbiche", come le chiamava. Ma durò,
invece, dal 1900 al 1911, totalizzando
una fortuna che oggi ammonterebbe a
venti milioni di dollari. Se il "Chicago
Tribune" le aveva paragonate ad Al
Capone, forse era perché le sorelle
Everleigh avevano un codice molto rigido
per quel che riguardava lo sfruttamento
della prostituzione, inversamente
proporzionale al codice di Vic Shaw:
le ragazze del casino erano impiegate
come altre, risorse umane che costituivano
un vero e proprio investimento.
Perciò il loro valore andava salvaguardato
con pasti sani e abbondanti, un'educazione
appropriata, cure mediche
e paghe generose. Le sorelle volevano
"elevare" la professione, eliminare le
stigmatizzazioni: le puttane dovevano
essere messe in grado di avere lo stesso
livello economico e culturale di chi
si arrogava il diritto di giudicarle. I libri
dei conti li teneva Ada, la più cheta
e la più anziana, che si occupava anche
di reclutare le nuove ragazze ed
era considerata la mente del duo. Minna
invece era così schietta e diretta
che si prese subito in carico la promozione
del locale, la disciplina delle
prostitute e l'adescamento dei clienti.
Era Minna che la sera, prima che arrivassero
i "boys", faceva un ultimo giro
tra le sete dei divani e delle sedie, le
statue delle dee greche nascoste tra i
minuscoli palmizi e i bronzi di Cupido
e Psiche. Aveva una camminata strana,
"tutta curve e dossi e pause e riprese,
come quella di un caterpillar", scriveva
di lei Edgar Lee Masters, un altro
degli affezionati clienti del casino, oltre
che amico delle due sorelle. Amava
guardar fuori e sorvegliare Dearborn
Street, Minna, anche se conosceva a
memoria movimenti e orari dei loschi
traffici che vi si svolgevano. Osservava
i ruffiani, incravattati come dandy e
nascosti da cappelli sbarazzini, che si
aggiravano furtivi nei vicoli, e quella
coppia, che tutti nel Levee conoscevano
bene: Eugene Hustion e sua moglie
Lottie, che preparavano le dosi di cocaina
e morfina in attesa che gli spacciatori
venissero a prenderle per fare
il solito giro. E ogni volta Minna non
poteva fare a meno di trovare divertente
il fatto che Lottie fosse una laureata
che sapeva cinque lingue e nel tempo
libero dipingeva e componeva.
A Minna e Ada quella Chicago del
peccato faceva comodo. Ma ben sapevano
che da qualche anno quella nera
non era più l'unica anima della città . I
Riformatori stavano prendendo piede,
aumentavano di numero e diventavano
sempre più convincenti. La battaglia
contro il Male, incarnato nel sesso, nell'alcool
e nella criminalità veniva combattuta
a colpi di prediche e riprovazione,
in famiglia e in società . Schiere
di uomini onesti, che fino al giorno prima
avevano succhiato la linfa gratificante
dal lavoro, erano pronti ad abbandonare
ogni cosa per la "missione
purificatrice". Il "decano" dei riformatori
di Chicago, Arthur Barrage
Farwell, aveva iniziato la "carriera"
dopo la morte del figlio, nel 1888. La
devozione lo condusse in quasi
vent'anni a rinnegare la professione di
venditore di scarpe per dedicarsi completamente
alla Law and Order League:
"Mr. Farwell è il prototipo dei moderni
riformatori di Chicago" scrisse di
lui il "Tribune", "Grande parlatore,
straordinaria capacità di convincimento
e quegli occhi, quegli occhi che si
annebbiano ogni volta che inizia a parlare
dei guai altrui". E tra i Riformatori
più accaniti c'era quell'Ernest Bell
che aveva aperto nel 1904 la Midnight
Mission e non la smetteva di predicare
contro il vizio e i quartieri come il Levee
e a un certo punto aveva preso a fare
i suoi discorsi di notte, all'aperto,
proprio fuori dall'Everleigh. E quel
Melbourne Boynton che gli dava man
forte, pastore della chiesa Battista di
Lexington Avenue, impegnato quanto
Bell nella guerra al quartiere del vizio.
E Dean Summer, uno dei potenti che
guidava il gregge della cattedrale episcopale
di San Pietro e Paolo e soprattutto
era il presidente della commissione
d'inchiesta sul vizio.
Pareva se lo sentisse già , Minna
Everleigh, in quella settimana di novembre
del 1905, che sei anni dopo il
sindaco Harrison l'avrebbe dovuta
prendere, una decisione: non poteva
chiudere l'intero quartiere, anche se i
Riformatori facevano il diavolo a quattro
a furia di rally e telefonate. Ma
avrebbe trovato un capro espiatorio,
anzi due: le sorelle famigerate, quelle
due "pittate, ossigenate, sgargianti e
fronzolute" tenutarie dell'Everleigh. E
a mezzogiorno del 24 ottobre 1911
avrebbe emesso un ordinanza "storica"
per Chicago, ad effetto immediato,
da consegnare subito al capo della polizia,
in busta chiusa: "Chiudete l'Everleigh
Club". A dimostrazione che
"Bambola" e "Diamond Bertha", anche
se erano capaci di intrattenere il
Principe di Prussia divorando carne
cruda e Theodore Dreiser leggendo
poesie, nulla potevano - almeno in
quel tempo - contro i discorsi di Ernest
Bell, che marciava sul Levee per salvare
anime anche quando veniva bombardato
da uova e meloni marci.
Certo, al fervore puritano si accompagnava,
come spesso succede, anche
una buona dose di ipocrisia. Nelle notti
in cui Ernest Bell predicava davanti
all'Everleigh Club, racconta Karen Abbott,
il casino realizzava gli incassi migliori:
molti dei Riformatori che avevano
appena portato alte le torce nella
processione contro il peccato, andavano
subito dopo a spegnere ben altri
fuochi tra quelle lunghe gambe lisce,
profumate di gasolina.
Reginald Marsh, "Brothel" (foto Corbis/Geoffrey Clements)
Pierre Auguste Renoir, "L'interno di un harem a Montmartre" (foto Corbis)
L'ultimo erede della dinastia si
chiama Marshall Field jr. E anche
lui usava lo stesso motto degli avi:
"Date alla signora ciò che desidera"
In "Sin in the second city", la
giornalista Karen Abbott racconta
il successo di quel locale che provò
a rivoluzionare una intera città
MEGLIO LICANTROPI CHE FILANTROPI

Baalkaan hai la machina targata Sassari?

VE LA MERITATE GEGGIA

deber
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#118 Messaggio da deber »

Silvio72 ha scritto:
armageddom ha scritto: Vuoi scopare, andare a puttane, con i trans, con i cani e con i cammelli ??? Allora cosa ti sposi a fare ???
La penso pure io allo stesso modo, peccato che la maggior parte delle persone che fanno sesso a pagamento sono per lo più coniugate.
Per quanto mi riguarda io sono single, e mi "diletto" a frequentare queste ragazze squillo proprio perchè non ho una relazione sentimentale.
E' chiaro che se un giorno dovessi mettere su famiglia, abbandoneró all'istante il mondo delle prostitute: è una promessa che mi sono fatto e la manterró, perchè per me il concetto di fedeltà  è un valore fondamentale.
Di conseguenza il comportamento di gente sposata che pratica le prostitute non lo giustifico in alcun modo, anzi è da bocciare all'istante.
Io parlo per me: penso che in questo forum siamo tutti parsone adulte e vaccinate e se poi uno crede che sia giusto rivolgersi a queste "professioniste del sesso" nonostante sia coniugato, beh... sarà  una mossa che avrà  ben calcolato, ma che, ripeto, io non condivido minimamente.
Quoto il tuo messaggio perchè mi permette di fare la domanda ma ovviamente tutti sono pregati di partecipare...

...non sono mai andato con una prostituta ma ne ho vista una di bellissima, elegante, provocante e con stile...

...insomma, sono molto tentato a scoparla. Ma in che rischi posso incorrere? Per quanto riguarda la legge....

GRAZIE.

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Pim
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#119 Messaggio da Pim »

si possono scrivere messaggi anche senza quotare, cmq...

deber
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#120 Messaggio da deber »

Pimpipessa ha scritto:si possono scrivere messaggi anche senza quotare, cmq...
Beh, certo.

ma non mi pare di aver offeso nessuno. Mi giustificavo solo per educazione visto che sono nuovo e non conosciuto.

Tu mi sai aiutare?

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