Helmut ha scritto:dostum ha scritto:Helmuttone invece di prendertela con quel puttaniere di Marx
E invece me la prendo con lui...perchè, oltre ad aver diffuso la più colossale bufala degli ultimi tre secoli, mi fa pensare che sia l'artefice del mio voler non andare più a puttane...

Helmuttone questa tua ossessione X il marxleninismo non ha ragion dessere pensa alla salute dell'Anima!
A) Il corpo, come abbiamo detto, n. 771 e ss., ha bisogno d'essere disciplinato e occorrendo castigato per star sottomesso all'anima: "castigo corpus meum et in servitutem redigo, ne forte cum aliis prà¦dicaverim ipse reprobus efficiar".
Deriva da questo principio la necessità della sobrietà , talvolta anche del digiuno o di qualche esercizio esteriore di penitenza; come pure la necessità , in certe occasioni, massime in primavera, di un regime emolliente onde calmare l'ebollizione del sangue e gli ardori della concupiscenza. Nulla dev'essere trascurato per assicurare il dominio dell'anima sul corpo. -- Via il sonno troppo prolungato; in generale non è bene rimanere a letto il mattino, quando uno è sveglio e non puó più ripigliar sonno.
Nel corpo ogni senso ha bisogno d'essere mortificato.
1115. a) Il santo uomo Giobbe aveva fatto patto cogli occhi di non lasciarli correre su persone che gli potessero cagionar tentazioni: "Pepigi fÅ“dus cum oculis meis, ut ne cogitarem quidem de virgine" 1115-1. L'Ecclesiastico premurosamente raccomanda di non fissar gli occhi sulle giovani e di stornare lo sguardo dalla donna elegante: "perchè molti sono sedotti dalla sua bellezza e la passione vi s'infiamma come il fuoco" 1115-2. Consigli molto ben fondati in psicologia: lo sguardo eccita la fantasia e accende il desiderio, il desiderio poi sollecita la volontà , e se questa consente, il peccato entra nell'anima.
1116. b) La lingua e l'udito si mortificano col riserbo nelle conversazioni. Riserbo che spesso manca anche tra le persone cristiane: l'abitudine di leggere romanzi e di frequentare il teatro fa che si parli troppo liberamente di molte cose che si dovrebbero tacere; si tien dietro volentieri ai piccoli scandali mondani; talora si ride e si scherza su argomenti più o meno scabrosi. Una certa morbosa curiosità fa che si prenda gusto a queste storielle o piacevolezze; la fantasia se ne pasce rappresentandosi minutamente le scene descritte; i sensi si commuovono e spesso la volontà finisce col prendervi colpevole diletto. Ha dunque ragione S. Paolo di biasimare le cattive compagnie come fonte di depravazione: "corrumpunt mores bonos colloquia prava" 1116-1. Ed aggiunge: "Via le parole disoneste, le buffonerie, gli scherzi grossolani, che son tutte cose sconvenienti" 1116-2. L'esperienza infatti dimostra che anime pure furono pervertite dalla morbosa curiosità eccitata da conversazioni imprudenti.
1117. c) Il tatto poi è pericoloso in modo particolare, n. 879.
L'aveva ben capito il Perreyve, il quale scriveva: 1117-1 "più che altro, o Signore, io vi consacro le mani; ve le consacro fino allo scrupolo. Queste mani riceveranno fra tre giorni la consacrazione sacerdotale. Fra quattro giorni, avranno toccato, tenuto, portato il vostro corpo e il vostro sangue. Voglio rispettarle, venerarle come gli strumenti sacri del vostro servizio e dei vostri altari"... Quando infatti si pensa che il mattino si è tenuto tra le mani il Dio d'ogni santità , si è più disposti ad astenersi da tutto ció che potrebbe macchiarne la purità . Grande riserbo dunque verso se stesso; verso gli altri si usino pure le ordinarie cortesie, ma si badi a non metterci alcun sentimento appassionato che tradisca disordinato affetto. A un prete che chiedeva se convenisse toccare il polso a una moribonda, S. Vincenzo rispose: "Bisogna guardarsi bene dall'usare questa pratica, perchè lo spirito maligno se ne potrebbe servire per tentare il vivo e anche la moribonda. Il diavolo in quei momenti fa strale [sic] di ogni legno per assalire un'anima... Non v'immischiate mai di toccar nessuna donna nè nubile nè maritata, sotto qualsiasi pretesto" 1117-2.
1118. B) I sensi interni non sono meno pericolosi degli esterni, e anche quando chiudiamo gli occhi, ricordi importuni e insistenti immaginazioni continuano a perseguitarci. Se ne lamentava S. Girolamo nella solitudine, dove, non ostante l'ardore del sole e la povertà della cella, si vedeva trasportato dalla fantasia in mezzo alle delizie di Roma 1118-1. Onde raccomanda insistentemente di scacciar subito queste immaginazioni: "Nolo sinas cogitationes crescere... Dum parvus est hostis, interfice; nequitia, ne zizania crescant, elidatur in semine" 1118-2. Bisogna soffocar il nemico prima che diventi adulto e schiantar la zizzania prima che cresca; altrimenti l'anima viene invasa e assediata dalla tentazione, e il tempio dello Spirito Santo diventa covo di demoni: "ne post Trinitatis hospitium, ibi dà¦mones saltent et sirenঠnidificent" 1118-3.
1119. A schivare queste pericolose immaginazioni, conviene lasciar la lettura di quei romanzi e di quelle opere teatrali che vivamente e realisticamente descrivono le passioni umane specialmente la passione dell'amore. Coteste descrizioni non fanno che turbar la fantasia e i sensi; e ritornano poi persistentemente dando alla tentazione forma più viva e più seducente e talora strappano il consenso. Ora, come osserva S. Girolamo, la verginità si perde non solo con gli atti esterni ma anche con gli interni: "Perit ergo et mente virginitas" 1119-1.
I Santi ci esortano pure a mortificar le immaginazioni e le fantasie inutili. Infatti l'esperienza insegna che nel vano fantasticare si insinuano presto immagini sensuali e pericolose, onde, chi vuole prevenirle, non deve volontariamente abbandonarcisi. Si riesce così a poco a poco a mettere l'immaginazione al servizio della volontà .
Cosa particolarmente necessaria al sacerdote, che, in virtù della stessa sua professione, riceve confidenze su materie delicate. àˆ vero che ha le grazie particolari del suo stato per non compiacervisi, ma a patto che, uscito dal confessionale, non ritorni volontariamente su ció che ascoltó; altrimenti la sua virtù subirà dura prova, e Dio non si è obbligato a soccorrere gl'imprudenti che vanno a cercare i pericoli: "qui amat periculum in illo peribit" 1119-2.
1120. C) Il cuore ha pur bisogno di essere mortificato quanto la fantasia. àˆ una delle più nobili ma anche delle più pericolose facoltà . Coi voti o col sacerdozio consacriamo il cuore a Dio e rinunziamo alle gioie della famiglia. Ma questo cuore resta aperto agli affetti, e se abbiamo grazie speciali per ben disciplinarlo, sono grazie di combattimento che richiedono da parte nostra vigilanza molta e sforzi molti.
Oltre ai pericoli comuni il sacerdote ne trova di particolari nell'esercizio del ministero. Senz'accorgersene uno si affeziona alle persone a cui si fa del bene; e queste da parte loro si sentono portate ad esprimerci la loro riconoscenza. Quindi mutui affetti, da principio soprannaturali, ma che, se non stiamo in guardia, diventano facilmente naturali, sensibili, invadenti. àˆ cosa facile l'illudersi: "Spesso, dice S. Francesco di Sales, pensiamo di amare una persona per Dio e invece l'amiamo per noi stessi; diciamo di amarla per Dio ma in realtà l'amiamo per la consolazione che proviamo trattando con lei". Un celebre testo, attribuito a S. Agostino, ci mostra i vari gradi onde si passa dall'amore spirituali all'amore carnale: "Amor spiritalis generat affectuosum, affectuosus obsequiosum, obsequiosus familiarem, familiaris carnalem".
1121. A schivare tanta sventura, bisogna esaminarsi ogni tanto e vedere se troviamo in noi qualcuno dei segni caratteristici di amicizia troppo naturale e sensibile. Il P. di Valuy li compendia così 1121-1: "Quando il viso d'una persona comincia a cattivarsi gli occhi o l'indole sua simpatica commuove e fa palpitare il cuore. Saluti teneri, parole tenere, sguardi teneri, regalucci sempre crescenti... Certi scambievoli sorrisi più eloquenti delle parole; un certo fare libero che tende a poco a poco alla familiarità ; favori e riguardi premurosi, offerte di servizio, ecc. Procurarsi conversazioni segrete dove nessun occhio e nessun orecchio dia noia; continuarle a lungo e ripeterle senza motivo. Parlar poco delle cose di Dio e molto di sè e della mutua amicizia. -- Lodarsi, adularsi, scusarsi a vicenda. -- Lagnarsi amaramente degli avvisi dei superiori, degli ostacoli che mettono a quei colloqui, dei sospetti che pare che abbiano... -- Nell'assenza della persona amica provare inquietudine e tristezze. -- Nelle preghiere venir distratti dalla sua memoria, raccomandarla talora a Dio con fervore straordinario, averne l'immagine profondamente scolpita nel cuore, pensarci il giorno, la notte, sognarla anche. -- Informarsi ansiosamente dov'è, che cosa fa, quando ritornerà , se non ha affetto per altri. -- Al suo ritorno sentir trasporti di gioia straordinaria. -- Soffrire una specie di martirio nel doversene di nuovo separare. Studiar mille astuzie per aver l'occasione di rivederla".
Non si confidi troppo sulla pietà delle persone con cui si è legati d'amicizia; perchè quanto più sono sante, tanto più sono attraenti, "quo sanctiores sunt, eo magis alliciunt". D'altra parte queste persone pensano che l'affetto verso un sacerdote non abbia nulla di pericoloso e vi si abbandonano senza timore; bisogna quindi che il sacerdote sappia tenerle a rispettosa distanza.
