In Italia il fascismo è stato tenuto a battesimo dal liberalismo, le cui responsabilità sono enormi. Dopo averci portato in guerra nel 1915 con un colpo di stato ("il "maggio radioso") i "liberali" hanno entusiasticamente appoggiato il fascismo, come opposizione al socialismo. Gli unici che realmente si opposero furono i socialisti, non a caso l'antagonista su cui si scatenarono gli squadristi; ad esempio gli assalti alle municipalità di Bologna o della stessa Milano (espugnata con la forza), entrambe municipalità dove sindaco e giunta erano socialisti, per non parlare delle sistematiche aggressioni alle sedi sindacali, camere di commercio ecc.
Dopo la marcia su Roma Mussolini fece un governo di coalizione, infarcito di personale "liberale". Quando si presenta alle camere il 16 novembre del 1922 Mussolini ha un partitino (30 deputati), due ministri (Tangorra e Cavazzoni) sono del partito popolare ("liberale"), il "liberale" De Gasperi è seduto davanti a Mussolini, ci sono i "liberali" giolittiani e salandrini (Salandra ci aveva portato in guerra nel 1915 con le "radiose giornate di maggio", un colpo di stato), ministri del partito democratico-sociale (quello dell'antifascista Francesco Saverio Nitti):
https://it.wikipedia.org/wiki/Governo_Mussolini
Mussolini dice "avrei potuto fare di quest'aula un bivacco di manipoli, 300mila giovani ai miei ordini pronti a tutto ma ho deciso di non farlo" e i "liberali" si spellano le mani dagli applausi.
Anche dopo, nelle elezioni del 1924, il "listone" (che stravinse con la legge Acerbo fatta apposta per falsare i risultati) era zeppo di "liberali" che alla Camera non facevano che applaudire Mussolini, nonostante il ritrovamento del cadavere di Matteotti.
I "liberali" erano talmente compromessi col fascismo che dopo la guerra De Gasperi dovette cambiare nome al partito popolare chiamandolo DC.
"Non devo essere io ad insegnarvi che avete nemici ed in gran numero, che non sanno perché lo siano, ma che come cani bastardi di villaggio, si mettono ad abbaiare quando i loro simili lo fanno" (Shakespeare, Enrico VIII)