racconti erotici: fantasia e realtà 

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Poldotoma
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà 

#301 Messaggio da Poldotoma »

docu ha scritto:
15/07/2022, 7:49
Se parti magari ti vengo dietro …
:lol:
Idem, chissà...
Coito ergo sum.

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Amed22
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà 

#302 Messaggio da Amed22 »

Poldotoma ha scritto:
15/07/2022, 11:35
docu ha scritto:
15/07/2022, 7:49
Se parti magari ti vengo dietro …
:lol:
Idem, chissà...
docu ha scritto:
15/07/2022, 7:49
Se parti magari ti vengo dietro …
:lol:
Provo ad abbozzare qualcosa, liberi di stopparmi se l'idea non è di vostro gradimento

La ragazza dagli occhi a mandorla.

Era una torrida giornata d'estate e i giardinieri Marco ed Emanuel si dirigevano come tutte le mattine presso uno dei giardini facente parte delle ville che regolarmente si occupano di curare. I due sono emigrati qualche tempo fa dal Brasile e svolgono questo lavoro grazie ad un loro parente che si è occupato di introdurli in Italia. Nonostante siano stranieri, Marco ed Emanuel parlano bene l'italiano infatti, per anni in Brasile hanno lavorato come custodi in una villa di una ricca signora toscana. Questa li aveva scelti non solo perché grazie alla loro costituzione corpulenta sarebbero stati perfetti per proteggere la villa dai furti ma anche per far si che la ricca nobil donna, tuttavia anziana, si potesse concedere una bella vista su quei maschi bruni dal fisico massiccio.

Da qualche tempo i due si occupavano del giardino di casa Neri, per la precisione da circa 4 mesi, essendo quest’ultimo ricco di una variegata vegetazione. I tutto quest’arco di tempi non solo ebbero l’occasione di conoscere il padrone di casa Neri, Fabrizio, ma anche la sua famiglia che per i due era qualcosa di insolito. La moglie di questo infatti proveniva dalla Cina profonda e la figlia era un connubio che mischiava la rudezza dei tratti italiani con la delicatezza delle forme cinesi. Maiko la chiamarono i due. La giovane Maiko Neri, che da qualche giorno ha compiuto il suo 25esimo compleanno.

Quel giorno i nostri due protagonisti arrivarono come al solito di buon ora presso casa Neri. Senza esitazione, il custode aprì i cancelli ai due che si diressero a velocità spedita presso una zona di vegetazione prospiciente la piscina di recente costruzione. I due cominciarono a tirare furori dal furgoncino gli attrezzi necessari alla potatura di quelle piante. I due mostravano una certa fretta nel voler terminare il lavoro. Infatti i due, dopo tanto tempo erano stati invitati ad una festa di connazionali che a detta loro sarebbe stata piena di donne e ragazze anche un po’ particolari, provenienti proprio dal Brasile. Per Marco ed Emanuel era una manna dal cielo, perché raramente potevano concedersi il lusso di andare a donne, a causa del lavoro che spesso li sfiancava.

Erano quasi le 10 del mattino, quando Marco sente dei rumori provenire da oltre la vegetazione, era Maiko che si apprestava a sdraiarsi a bordo piscina per completare la sua abbronzatura che come al solito non comprendeva le parti del corpo ricoperte dal costume da bagno. Dunque era necessario togliersi un pezzo alla volta il costume in modo da creare un’abbronzatura il più uniforme possibile. Si inizia dalla parte più semplice, la schiena e le chiappe, bastava infatti sdraiarsi di pancia, slacciare il bikini e togliere il pezzo sotto. Marco a quel punto per un attimo si fermo a guardare da una piccola fessura che si apriva tra le siepi. Maiko mostrava un culetto tondo e dolce più che mai che contrastava fortemente, grazie al suo pallore, con la pelle già bronzata. Emanuel richiamò immediatamente Marco, perche altrimenti non avrebbero mai concluso il lavoro, al che lo stesso Marco tirò a se per un braccio Emanuel indicandogli proprio il punto dove poter vedere meglio quella delizia. Marco sapeva infatti che Emanuel era uno stimatore delle giovani ragazze anche un po’ inesperte, ma quello che avrebbero scoperto dopo lo avrebbe sicuramente lasciato in uno stato di estasi totale.

I due non si concedevano una scopata da mesi ormai e questo non solo li portò ad arrestarsi completamente dal proprio lavoro, ma anche a rumoreggiare pesantemente dietro le siepi. I due a quel punto cominciarono a mostrare un erezione fuori dal comune. I due sicuramente erano quello che si può chiamare il maschio alfa per eccellenza, un corpo forte e robusto, la pelle scura, ma soprattutto un grosso cazzone a tratti ricurvo. Nel frattempo Maiko era caduta in un torpore che l’aveva fatta rilassare sino ad addormentarsi in quella posizione. Sicuramente si sarebbe ustionata quel dolce culetto privo di crema, tanto che Emanuel, quello dei due che ora fremeva di più, usci con fare sommesso verso la siepe con l’intento di svegliare la giovane ed avvertirla in qualche modo della cosa. Marco non ebbe neanche il tempo di accorgersi di ciò che stava accadendo, ragion per cui si affretto nel seguire Emanuel che già si ritrovava con i pantaloni da lavoro slacciati ad afferrare la sua grossa erezione che svettava su quella dolcezza. Si perché prima di rovinare tutto svegliando la ragazza, quel fustone di Emanuel voleva spararsi un bel segone liberatorio. Marco a quel punto non ci penso un attimo, del resto una delle sue passioni era anche quella di veder godere gli altri. La scena che si palesa davanti a noi e chiara; Due maschi non poco attrezzati che questa volta armeggiano con tutt’altro tipo di attrezzi, davanti a quella meraviglia che avrebbe potuto costargli il posto di lavoro ma anche il soggiorno in Italia

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Gargarozzo
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Il panettone del cazzo

#303 Messaggio da Gargarozzo »

“Ma che panettone del cazzo!”, gridò Luisella, allenatrice della squadra femminile della Solbiatese.
Le piaceva il calcio quasi quanto la figa, era un’allenatrice che praticava molto turnover nel proprio letto, solo la portiera aveva respinto i suoi assalti.
Non le piaceva quel panettone “sa di sperma!”, ripeteva con convinzione ideologica a Gianfranca, l’ala destra in quel momento indaffarata a leccarle il culo; Gianfranca annuiva, perché le leccava il culo anche metaforicamente, ed infatti era titolare fissa, la sua lingua era marroncina ma borchiata d’oro.
Il culo di Luisella non era un brutto culo, il suo meglio lo aveva dato nel precedente millennio ma rimaneva il culo di uno sportiva e se i suoi gusti sessuali fossero stati un po' piú elastici avrebbe reso felici molti cazzi di Solbiate Arno.
Gianfranca era una biondina niente male, di certo più figa che brava a calcio, guardandola in viso Cesare Lombroso avrebbe sentenziato che aveva anche una certa faccia da porca, Gianfranca era bisessuale ma per un po’ aveva detto “arrivederci!” al cazzo, come quei fumatori che sanno che non smetteranno mai.
Mentre la lingua piacevolmente rasposa (e deliziosamente borchiata) della Gianfranca rinfrancava le emorroidi di Luisella dallo scoramento per quel panettone, uno stupratore di nome Ugo, loro dirimpettaio, le ascoltava appoggiando lo stetoscopio contro il muro, indovinandone i movimenti, le leccate, gli strusciamenti e gli ardori omosessuali. Bestemmiava molto Ugo, non credeva molto in Dio ma non lo riteneva un motivo sufficiente per non infierire su di una figura metafisica in emorragia di fedeli, bestemmiava Ugo e il suo cuore era leggero mentre spiava il suono delle lesbiche, il suo cazzo era duro e sporco, il suo cuore era arido e il suo cervello malato già studiava il modo per stuprarle senza pietà.
Amava crearsi dei films mentali in anticipo, con tutti i dettagli più sordidi, possiamo convenire che era veramente un pezzo di merda, ma cosa dobbiamo dire, è un personaggio immaginario e grazie a questo non minaccerà mai direttamente la virtù di voi lettori.
Parleremo del film che si stava facendo in testa per tre ragioni, la prima è che una rapida digressione etero di certo non dispiacerà agli sbuffanti omofobi di cui trabocca la platea di lettori colti; la seconda, è che, sia pur in questa finzione narrativa, vi posso anticipare che il nostro Ugo NON stuprerà le due assatanate tribadi, quindi il racconto non sarà che un’astrazione innocua all’interno di un racconto; la terza ragione è che non siamo dei moralisti e non giudicheremo Ugo, casomai lo giudicheranno i giudici del premio Strega quando questo scritto arriverà alle loro prestigiose scrivanie.
Ugo immaginava questo: indossato un travestimento da dottore (beh: lo era! Per questo aveva lo stetoscopio con cui ascoltava i suoni saffici) si fingeva svenuto di fronte allo zerbino della casa dell’allenatrice Luisella, che in passato aveva bussato alla porta di Ugo per chiedergli, trafelata, se aveva un barattolo di marmellata di nespole o di nutella giapponese.
Al chinarsi non si sa se pietoso o scocciato, ma di certo inevitabile dell’attempata leccasorche quell’ignobile rappresentante della medicina avrebbe tirato fuori dalle mutande uno straccio imbevuto di cloroformio e l’avrebbe proditoriamente premuto con forza sul nasino della sua vittima, poi l’avrebbe trasportata nel suo appartamento, attendendo l’arrivo di una delle tante giocatrici di cui pullulava quell’alcova del lesbismo.
Con cura maniacale (in tutti i sensi!) avrebbe perquisito tutti gli anfratti dell’appartamento, avrebbe annusato perizomi usati di tutti i colori dell’arco cromatico, avrebbe sfogliato la rivista dell’ArciLesbica mangiando biscotti e ascoltando musica country con la tranquillità del criminale che pregusta porcate su donne indifese, poi avrebbe trovato finalmente i dildi e i vibratori, se ne sarebbe infilato uno del culo cantando una canzone dei Genesis (anche i maniaci possono capirne di musica, sapete) e poi avrebbe iniziato a spogliare Luisella, a leccarle la passera laddove tante giovani lingue s’erano aggrovigliate per trovare sapori e concedere piaceri, avrebbe goduto come un verme di quel corpo inerme, stupendosi di non trovare un culo vergine bensì un buco largo e spazioso, poi Luisella si sarebbe svegliata, imbavagliata e spaventatissima, umiliata dal trovarsi ignuda, al proprio domicilio, mentre uno stronzo reazionario dotato di cazzo indossava le sue ciabatte e la sua vestaglia; poi avrebbe bussato qualcuno, negli occhi di Luisella il maniaco avrebbe letto la vergogna e l’indignazione, e la consapevolezza che il peggio doveva ancora venire, e chissà che altro… senonché, mentre pensava a queste porcate, Ugo iniziò a sentirsi male, “cosa mi succede?”, pensò, col cazzo ancora duro, iniziò a barcollare e vedere nero, ancora non smetteva di menarselo, chissà forse avrebbe anche potuto salvarsi, ma la dedizione a quella sega era incrollabile, non poteva smettere capite?, e quindi non praticò nessuna manovra di buonsenso, il segaiolo vinse sul medico, la porcaggine trionfò sull’autoconservazione: morì così, come un coglione fedele peró alla propria ossessione, con la cappella paonazza che – ad essere proprio fisionomisti - ricordava le fattezze di un famoso allenatore di calcio, tranne voi lettori (grazie al vostro araldo di queste gesta 8) ) nessuno avrebbe mai saputo che la sua morte era giunta mentre pregustava orribili efferatezze sessuali, due venditori di folletto aspiratutto lo trovarono nudo e pensarono che a casa sua uno può morire anche senza mutande, al funerale la figlia fece un discorso che strappò prima le lacrime e poi gli applausi, pazienza se da degna figlia di tal padre, mentre ne pronunciava l’elogio pensava al sesso più turpe, rivaleggiando col padre in perversione: immaginava di far sesso con l’inerme cadavere paterno, con la madre legata e costretta a guardare, di alzarsi ogni tanto per frustare quest’ultima, dandole della troia vegana, della comunista, della spoileratrice di finali di serie TV. Questa era la figlia di quel padre, indifferente alla sua morte, nella vita quotidiana non aveva neanche gusto nel vestirsi, era una frustrata con la casa piena di canarini, ed avrebbe ereditato tutto il patrimonio faticosamente accumulato dal padre in truffe legalizzate, marchette alle cliniche private, inutili espianti di organi, evasioni fiscali, traffici con innominabili mercati neri della medicina ayurvedica!
Lo spirito di Ugo, che ancora aleggiava mellifluo in questo malato mondo di cui era stato un indiscusso testimonial, leggeva però i pensieri immorali di cotanta figlia e se ne compiaceva beato con diabolica protervia, si compiaceva non sapendo ancora nulla del proprio destino metafisico: da lì poco, sarebbe ancora esistito, sarebbe finito all’inferno o anche, pagando il dovuto, in paradiso? Non lo sapremo mai, ma anche sticazzi dopotutto.
Così come Luisella, tra un 69 e l’altro non avrebbe mai saputo che crudele destino aveva evitato per poco, e dire che invecchiando era diventata una rompiballe, sapeva solo lamentarsi di tutto, delle cagate dei piccioni sulle statue delle femministe e dei panettoni (a suo dire) con troppi canditi, leccava fighe tutto il giorno, ma che cazzo voleva?
“Che panettone del cazzo!”, ripeteva incazzata, e già le colava la figa sulla faccia compiaciuta della Gianfranca.
Amicus Plato,
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Gargarozzo
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Tutte le volte

#304 Messaggio da Gargarozzo »

Tutte le volte che cerco di dare una svolta alla mia vita, il destino, Dio, il caso, il fato ignorante, capitan Harlock o chi volete voi, interviene sempre per farmi tornare alla situazione di partenza: quel mattino avevo deciso di diventare molto ricco, e per cominciare avevo scelto di cimentarmi in una colazione raffinata, la sera prima avevo comprato tutto il necessario e in quel momento, dopo una bagno nello champagne stavo godendomi un “petit dejeuner” degno di Trimalchione.
…il deus ex machina al contrario anche stavolta fu la telefonata improvvisa del mio peggior amico, Cipolla Gufobiondo dalla Cappadocia, che interruppe la mia raffinatissima baldoria con qualche bestemmia in turco degna di Emma Bonino, poi iniziò a raccontarmi disperato i dettagli del corpo orribile di un trans che l’aveva lasciato dopo tre quarti di mese di convivenza e connivenza nel crimine, del mese passato in galera con particolari molto precisi, e poi – ridendo – iniziò con la parte più raccapricciante, ossia di come era tornato ad ascoltare musica metal, lo diceva con voce estasiata mentre io addentavo la mia fetta biscottata al caviale neozelandese ed intanto scoreggiavo dalla disperazione: mi levai dal cazzo, lasciando appesa la cornetta, chissà per quanto tempo avrebbe continuato a parlare da solo, avevo bisogno di una troia QUI e ORA, come diceva quella vecchia volpe di Osho Rajneesh.
Non avevo molta voglia di camminare come non ne ho, ora, di portare per le lunghe questo racconto, quindi pussai all’appartamento sotto casa, dove la mia ex escorteggiava assieme a qualche sua parente acquisita grazie a me e grazie ai suoi ex mariti.
Non m’interessava rinvangare il passato quindi chiesi un paio di recensioni della sua concorrenza, un po’ per farla incazzare e un po’ per fare l’esatto contrario, non era molto sveglia la meretrice oppure era una finta tonta, lascio all’uditorio questa preziosa valutazione, 10 minuti di macchina ed arrivai al posto, mi bevetti il porto portabile che avevo nel taschino del gilet (non sono mai riuscito a togliermi l’ansia della scopata, manco per andare a puttane) e bussai, mi aprì una ragazza carina anche se un po’ sfregiata dall’acido, la cicatrice le dava personalità ed il corpo – vestito – mi pareva perfetto, “vediamo se lo è anche nudo” pensai, pagai in anticipo le rose come l’educazione sentimentale impone, tirai fuori il cazzo come l’esigenza chiede, la zoccoletta rise come sapendo che quella è la sfacciataggine di chi sotto sotto è un introverso, senza aggiungere altro mi espose le sue grazie e io senza più indugiare la resi partecipe delle mie disgrazie.
Il percorso metafisico proseguì con un pompino magistrale, la mia prima sborrata avviene quasi sempre così, le chiesi di indossare un paio d’occhiali per poterli ricoprire di sperma (sennò godo solo a metà), la sborrata uscì molto copiosa e dagli occhiali si trovò un’alveo lungo la cicatrice che solcava il viso della mia musa del momento.
Grazie all’aiutino il mio Gulliver (citaz.) era ancora in piedi, e iniziai a prenderle a schiaffi il culo con la cappella, niente male quel culo, proprio niente male l’intero pacchetto aziendale, la ragazza (che diceva di chiamarsi Anastasia, e vagamente ricordava la Romanoff) era anche simpatica, gradevole, non s’era messa un ettolitro di profumo come tante sue colleghe più attempate, per un attimo pensai che non sarebbe male se tra gambe avesse avuto un cazzo, scacciai per un po’ il pensiero per godermi di nuovo il presente come mi insegnava il farabutto Osho: iniziai a spingere con gentilezza, anche se la musica che “Anastasia” aveva messo in sottofondo era molto allegrotta, si cosparse di vaselina il suo ingresso posteriore, si atteggiò un po’ a verginella per farmelo rizzare di più ed in effetti era come quelle finte di Garrincha, sempre le stesse eppure con me funzionano sempre.
Il binario funzionò molto bene, la buona Anastasia sapeva muovere bene il culo e madre natura prima di mandarla in strada e di farle incontrare quello che l'aveva sfregiata era stata molto buona con lei, ero praticamente certo che sarei tornato presto da lei e se fosse capitata qualche anno prima forse avrei anche rischiato di innamorarmene, le sborrai il secondo proiettile nel culo e poi iniziai a farmi una sigaretta mentre lei iniziò a parlare, di cose passate sue ma con ironia, aprì due birrette, una se la versò addosso e non me lo feci dire due volte,buttai la cicca e leccai tutta la schiuma tra quelle tettine, seguii il fiume fino alla foce e leccai la patonza per dieci minuti buoni, poi decidemmo entrambi che ero che ci entrasse il cazzo, sono quelle cose che si sa che succedono anche se la fantasia aiuta a variare il percorso, e poi non mi va di deludere Theinvoker (anche se dice di non leggermi).
Qua potevo anche finirla col sesso e passare il tempo restante a farci compagnia con due chiacchiere o con un po’ di hashish, ma era il giorno giusto per variare il menù e le chiesi se aveva una cintura fallica per farmi sentire una vera donna, sorpresa ma non più di tanto sorrise quel tanto per farmela piacere ancora di più, sono quei dettagli gli unici che poi ricordo a distanza di anni, le chiesi di essere delicata all’inizio ma vigorosa nel prosieguo, mi prese per i capelli, mi chiamò Troia con una pronuncia che mi fece rabbrividire dal piacere, mentre mi inculava selvaggiamente e il sacco dei testicoli dondolava avanti e indietro, frustandole la figa.
Sborrai ancora una volta, non copiosamente come la prima volta (non sono Mandrake) ma quasi come la seconda, e più della terza.
Le pagai un supplemento, ci facemmo un bicchiere di rhum, le promisi di portarla una volta a mangiare il poke in centro, ci facemmo una doccia e ci salutammo allegramente.
Stavo uscendo e squillò il cellulare, mi massaggiai l’attrezzo e mi dissi che stavolta non avrei risposto, ma alla fine non ero capace di non rispondere ad un amico che pure definivo “il mio peggior amico”, come una Geppy Cucciari dell'orrido Gufobiondo di Cappadocia iniziò a raccontarmi cose e particolari ma con la testa ero rimasto nel letto con Anastasia e questo, ad essere onesti, non accadeva tutte le volte.
Amicus Plato,
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El Diablo
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Re: Il panettone del cazzo

#305 Messaggio da El Diablo »

Gargarozzo ha scritto:
05/09/2022, 11:52
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“Ma che panettone del cazzo!”, gridò Luisella, allenatrice della squadra femminile della Solbiatese.
Le piaceva il calcio quasi quanto la figa, era un’allenatrice che praticava molto turnover nel proprio letto, solo la portiera aveva respinto i suoi assalti.
Non le piaceva quel panettone “sa di sperma!”, ripeteva con convinzione ideologica a Gianfranca, l’ala destra in quel momento indaffarata a leccarle il culo; Gianfranca annuiva, perché le leccava il culo anche metaforicamente, ed infatti era titolare fissa, la sua lingua era marroncina ma borchiata d’oro.
Il culo di Luisella non era un brutto culo, il suo meglio lo aveva dato nel precedente millennio ma rimaneva il culo di uno sportiva e se i suoi gusti sessuali fossero stati un po' piú elastici avrebbe reso felici molti cazzi di Solbiate Arno.
Gianfranca era una biondina niente male, di certo più figa che brava a calcio, guardandola in viso Cesare Lombroso avrebbe sentenziato che aveva anche una certa faccia da porca, Gianfranca era bisessuale ma per un po’ aveva detto “arrivederci!” al cazzo, come quei fumatori che sanno che non smetteranno mai.
Mentre la lingua piacevolmente rasposa (e deliziosamente borchiata) della Gianfranca rinfrancava le emorroidi di Luisella dallo scoramento per quel panettone, uno stupratore di nome Ugo, loro dirimpettaio, le ascoltava appoggiando lo stetoscopio contro il muro, indovinandone i movimenti, le leccate, gli strusciamenti e gli ardori omosessuali. Bestemmiava molto Ugo, non credeva molto in Dio ma non lo riteneva un motivo sufficiente per non infierire su di una figura metafisica in emorragia di fedeli, bestemmiava Ugo e il suo cuore era leggero mentre spiava il suono delle lesbiche, il suo cazzo era duro e sporco, il suo cuore era arido e il suo cervello malato già studiava il modo per stuprarle senza pietà.
Amava crearsi dei films mentali in anticipo, con tutti i dettagli più sordidi, possiamo convenire che era veramente un pezzo di merda, ma cosa dobbiamo dire, è un personaggio immaginario e grazie a questo non minaccerà mai direttamente la virtù di voi lettori.
Parleremo del film che si stava facendo in testa per tre ragioni, la prima è che una rapida digressione etero di certo non dispiacerà agli sbuffanti omofobi di cui trabocca la platea di lettori colti; la seconda, è che, sia pur in questa finzione narrativa, vi posso anticipare che il nostro Ugo NON stuprerà le due assatanate tribadi, quindi il racconto non sarà che un’astrazione innocua all’interno di un racconto; la terza ragione è che non siamo dei moralisti e non giudicheremo Ugo, casomai lo giudicheranno i giudici del premio Strega quando questo scritto arriverà alle loro prestigiose scrivanie.
Ugo immaginava questo: indossato un travestimento da dottore (beh: lo era! Per questo aveva lo stetoscopio con cui ascoltava i suoni saffici) si fingeva svenuto di fronte allo zerbino della casa dell’allenatrice Luisella, che in passato aveva bussato alla porta di Ugo per chiedergli, trafelata, se aveva un barattolo di marmellata di nespole o di nutella giapponese.
Al chinarsi non si sa se pietoso o scocciato, ma di certo inevitabile dell’attempata leccasorche quell’ignobile rappresentante della medicina avrebbe tirato fuori dalle mutande uno straccio imbevuto di cloroformio e l’avrebbe proditoriamente premuto con forza sul nasino della sua vittima, poi l’avrebbe trasportata nel suo appartamento, attendendo l’arrivo di una delle tante giocatrici di cui pullulava quell’alcova del lesbismo.
Con cura maniacale (in tutti i sensi!) avrebbe perquisito tutti gli anfratti dell’appartamento, avrebbe annusato perizomi usati di tutti i colori dell’arco cromatico, avrebbe sfogliato la rivista dell’ArciLesbica mangiando biscotti e ascoltando musica country con la tranquillità del criminale che pregusta porcate su donne indifese, poi avrebbe trovato finalmente i dildi e i vibratori, se ne sarebbe infilato uno del culo cantando una canzone dei Genesis (anche i maniaci possono capirne di musica, sapete) e poi avrebbe iniziato a spogliare Luisella, a leccarle la passera laddove tante giovani lingue s’erano aggrovigliate per trovare sapori e concedere piaceri, avrebbe goduto come un verme di quel corpo inerme, stupendosi di non trovare un culo vergine bensì un buco largo e spazioso, poi Luisella si sarebbe svegliata, imbavagliata e spaventatissima, umiliata dal trovarsi ignuda, al proprio domicilio, mentre uno stronzo reazionario dotato di cazzo indossava le sue ciabatte e la sua vestaglia; poi avrebbe bussato qualcuno, negli occhi di Luisella il maniaco avrebbe letto la vergogna e l’indignazione, e la consapevolezza che il peggio doveva ancora venire, e chissà che altro… senonché, mentre pensava a queste porcate, Ugo iniziò a sentirsi male, “cosa mi succede?”, pensò, col cazzo ancora duro, iniziò a barcollare e vedere nero, ancora non smetteva di menarselo, chissà forse avrebbe anche potuto salvarsi, ma la dedizione a quella sega era incrollabile, non poteva smettere capite?, e quindi non praticò nessuna manovra di buonsenso, il segaiolo vinse sul medico, la porcaggine trionfò sull’autoconservazione: morì così, come un coglione fedele peró alla propria ossessione, con la cappella paonazza che – ad essere proprio fisionomisti - ricordava le fattezze di un famoso allenatore di calcio, tranne voi lettori (grazie al vostro araldo di queste gesta 8) ) nessuno avrebbe mai saputo che la sua morte era giunta mentre pregustava orribili efferatezze sessuali, due venditori di folletto aspiratutto lo trovarono nudo e pensarono che a casa sua uno può morire anche senza mutande, al funerale la figlia fece un discorso che strappò prima le lacrime e poi gli applausi, pazienza se da degna figlia di tal padre, mentre ne pronunciava l’elogio pensava al sesso più turpe, rivaleggiando col padre in perversione: immaginava di far sesso con l’inerme cadavere paterno, con la madre legata e costretta a guardare, di alzarsi ogni tanto per frustare quest’ultima, dandole della troia vegana, della comunista, della spoileratrice di finali di serie TV. Questa era la figlia di quel padre, indifferente alla sua morte, nella vita quotidiana non aveva neanche gusto nel vestirsi, era una frustrata con la casa piena di canarini, ed avrebbe ereditato tutto il patrimonio faticosamente accumulato dal padre in truffe legalizzate, marchette alle cliniche private, inutili espianti di organi, evasioni fiscali, traffici con innominabili mercati neri della medicina ayurvedica!
Lo spirito di Ugo, che ancora aleggiava mellifluo in questo malato mondo di cui era stato un indiscusso testimonial, leggeva però i pensieri immorali di cotanta figlia e se ne compiaceva beato con diabolica protervia, si compiaceva non sapendo ancora nulla del proprio destino metafisico: da lì poco, sarebbe ancora esistito, sarebbe finito all’inferno o anche, pagando il dovuto, in paradiso? Non lo sapremo mai, ma anche sticazzi dopotutto.
Così come Luisella, tra un 69 e l’altro non avrebbe mai saputo che crudele destino aveva evitato per poco, e dire che invecchiando era diventata una rompiballe, sapeva solo lamentarsi di tutto, delle cagate dei piccioni sulle statue delle femministe e dei panettoni (a suo dire) con troppi canditi, leccava fighe tutto il giorno, ma che cazzo voleva?
“Che panettone del cazzo!”, ripeteva incazzata, e già le colava la figa sulla faccia compiaciuta della Gianfranca.
Questo mi ha catturato dalla prima all'ultima parola, complimenti Garga.
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Re: Il panettone del cazzo

#306 Messaggio da cicciuzzo »

El Diablo ha scritto:
06/09/2022, 15:54
Gargarozzo ha scritto:
05/09/2022, 11:52
[Scopri]Spoiler
“Ma che panettone del cazzo!”, gridò Luisella, allenatrice della squadra femminile della Solbiatese.
Le piaceva il calcio quasi quanto la figa, era un’allenatrice che praticava molto turnover nel proprio letto, solo la portiera aveva respinto i suoi assalti.
Non le piaceva quel panettone “sa di sperma!”, ripeteva con convinzione ideologica a Gianfranca, l’ala destra in quel momento indaffarata a leccarle il culo; Gianfranca annuiva, perché le leccava il culo anche metaforicamente, ed infatti era titolare fissa, la sua lingua era marroncina ma borchiata d’oro.
Il culo di Luisella non era un brutto culo, il suo meglio lo aveva dato nel precedente millennio ma rimaneva il culo di uno sportiva e se i suoi gusti sessuali fossero stati un po' piú elastici avrebbe reso felici molti cazzi di Solbiate Arno.
Gianfranca era una biondina niente male, di certo più figa che brava a calcio, guardandola in viso Cesare Lombroso avrebbe sentenziato che aveva anche una certa faccia da porca, Gianfranca era bisessuale ma per un po’ aveva detto “arrivederci!” al cazzo, come quei fumatori che sanno che non smetteranno mai.
Mentre la lingua piacevolmente rasposa (e deliziosamente borchiata) della Gianfranca rinfrancava le emorroidi di Luisella dallo scoramento per quel panettone, uno stupratore di nome Ugo, loro dirimpettaio, le ascoltava appoggiando lo stetoscopio contro il muro, indovinandone i movimenti, le leccate, gli strusciamenti e gli ardori omosessuali. Bestemmiava molto Ugo, non credeva molto in Dio ma non lo riteneva un motivo sufficiente per non infierire su di una figura metafisica in emorragia di fedeli, bestemmiava Ugo e il suo cuore era leggero mentre spiava il suono delle lesbiche, il suo cazzo era duro e sporco, il suo cuore era arido e il suo cervello malato già studiava il modo per stuprarle senza pietà.
Amava crearsi dei films mentali in anticipo, con tutti i dettagli più sordidi, possiamo convenire che era veramente un pezzo di merda, ma cosa dobbiamo dire, è un personaggio immaginario e grazie a questo non minaccerà mai direttamente la virtù di voi lettori.
Parleremo del film che si stava facendo in testa per tre ragioni, la prima è che una rapida digressione etero di certo non dispiacerà agli sbuffanti omofobi di cui trabocca la platea di lettori colti; la seconda, è che, sia pur in questa finzione narrativa, vi posso anticipare che il nostro Ugo NON stuprerà le due assatanate tribadi, quindi il racconto non sarà che un’astrazione innocua all’interno di un racconto; la terza ragione è che non siamo dei moralisti e non giudicheremo Ugo, casomai lo giudicheranno i giudici del premio Strega quando questo scritto arriverà alle loro prestigiose scrivanie.
Ugo immaginava questo: indossato un travestimento da dottore (beh: lo era! Per questo aveva lo stetoscopio con cui ascoltava i suoni saffici) si fingeva svenuto di fronte allo zerbino della casa dell’allenatrice Luisella, che in passato aveva bussato alla porta di Ugo per chiedergli, trafelata, se aveva un barattolo di marmellata di nespole o di nutella giapponese.
Al chinarsi non si sa se pietoso o scocciato, ma di certo inevitabile dell’attempata leccasorche quell’ignobile rappresentante della medicina avrebbe tirato fuori dalle mutande uno straccio imbevuto di cloroformio e l’avrebbe proditoriamente premuto con forza sul nasino della sua vittima, poi l’avrebbe trasportata nel suo appartamento, attendendo l’arrivo di una delle tante giocatrici di cui pullulava quell’alcova del lesbismo.
Con cura maniacale (in tutti i sensi!) avrebbe perquisito tutti gli anfratti dell’appartamento, avrebbe annusato perizomi usati di tutti i colori dell’arco cromatico, avrebbe sfogliato la rivista dell’ArciLesbica mangiando biscotti e ascoltando musica country con la tranquillità del criminale che pregusta porcate su donne indifese, poi avrebbe trovato finalmente i dildi e i vibratori, se ne sarebbe infilato uno del culo cantando una canzone dei Genesis (anche i maniaci possono capirne di musica, sapete) e poi avrebbe iniziato a spogliare Luisella, a leccarle la passera laddove tante giovani lingue s’erano aggrovigliate per trovare sapori e concedere piaceri, avrebbe goduto come un verme di quel corpo inerme, stupendosi di non trovare un culo vergine bensì un buco largo e spazioso, poi Luisella si sarebbe svegliata, imbavagliata e spaventatissima, umiliata dal trovarsi ignuda, al proprio domicilio, mentre uno stronzo reazionario dotato di cazzo indossava le sue ciabatte e la sua vestaglia; poi avrebbe bussato qualcuno, negli occhi di Luisella il maniaco avrebbe letto la vergogna e l’indignazione, e la consapevolezza che il peggio doveva ancora venire, e chissà che altro… senonché, mentre pensava a queste porcate, Ugo iniziò a sentirsi male, “cosa mi succede?”, pensò, col cazzo ancora duro, iniziò a barcollare e vedere nero, ancora non smetteva di menarselo, chissà forse avrebbe anche potuto salvarsi, ma la dedizione a quella sega era incrollabile, non poteva smettere capite?, e quindi non praticò nessuna manovra di buonsenso, il segaiolo vinse sul medico, la porcaggine trionfò sull’autoconservazione: morì così, come un coglione fedele peró alla propria ossessione, con la cappella paonazza che – ad essere proprio fisionomisti - ricordava le fattezze di un famoso allenatore di calcio, tranne voi lettori (grazie al vostro araldo di queste gesta 8) ) nessuno avrebbe mai saputo che la sua morte era giunta mentre pregustava orribili efferatezze sessuali, due venditori di folletto aspiratutto lo trovarono nudo e pensarono che a casa sua uno può morire anche senza mutande, al funerale la figlia fece un discorso che strappò prima le lacrime e poi gli applausi, pazienza se da degna figlia di tal padre, mentre ne pronunciava l’elogio pensava al sesso più turpe, rivaleggiando col padre in perversione: immaginava di far sesso con l’inerme cadavere paterno, con la madre legata e costretta a guardare, di alzarsi ogni tanto per frustare quest’ultima, dandole della troia vegana, della comunista, della spoileratrice di finali di serie TV. Questa era la figlia di quel padre, indifferente alla sua morte, nella vita quotidiana non aveva neanche gusto nel vestirsi, era una frustrata con la casa piena di canarini, ed avrebbe ereditato tutto il patrimonio faticosamente accumulato dal padre in truffe legalizzate, marchette alle cliniche private, inutili espianti di organi, evasioni fiscali, traffici con innominabili mercati neri della medicina ayurvedica!
Lo spirito di Ugo, che ancora aleggiava mellifluo in questo malato mondo di cui era stato un indiscusso testimonial, leggeva però i pensieri immorali di cotanta figlia e se ne compiaceva beato con diabolica protervia, si compiaceva non sapendo ancora nulla del proprio destino metafisico: da lì poco, sarebbe ancora esistito, sarebbe finito all’inferno o anche, pagando il dovuto, in paradiso? Non lo sapremo mai, ma anche sticazzi dopotutto.
Così come Luisella, tra un 69 e l’altro non avrebbe mai saputo che crudele destino aveva evitato per poco, e dire che invecchiando era diventata una rompiballe, sapeva solo lamentarsi di tutto, delle cagate dei piccioni sulle statue delle femministe e dei panettoni (a suo dire) con troppi canditi, leccava fighe tutto il giorno, ma che cazzo voleva?
“Che panettone del cazzo!”, ripeteva incazzata, e già le colava la figa sulla faccia compiaciuta della Gianfranca.
Questo mi ha catturato dalla prima all'ultima parola, complimenti Garga.
Grazie al cazzo 😀
Il sentimento più sincero rimane sempre l'erezione

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Re: Il panettone del cazzo

#307 Messaggio da Gargarozzo »

El Diablo ha scritto:
06/09/2022, 15:54
Gargarozzo ha scritto:
05/09/2022, 11:52
[Scopri]Spoiler
“Ma che panettone del cazzo!”, gridò Luisella, allenatrice della squadra femminile della Solbiatese.
Le piaceva il calcio quasi quanto la figa, era un’allenatrice che praticava molto turnover nel proprio letto, solo la portiera aveva respinto i suoi assalti.
Non le piaceva quel panettone “sa di sperma!”, ripeteva con convinzione ideologica a Gianfranca, l’ala destra in quel momento indaffarata a leccarle il culo; Gianfranca annuiva, perché le leccava il culo anche metaforicamente, ed infatti era titolare fissa, la sua lingua era marroncina ma borchiata d’oro.
Il culo di Luisella non era un brutto culo, il suo meglio lo aveva dato nel precedente millennio ma rimaneva il culo di uno sportiva e se i suoi gusti sessuali fossero stati un po' piú elastici avrebbe reso felici molti cazzi di Solbiate Arno.
Gianfranca era una biondina niente male, di certo più figa che brava a calcio, guardandola in viso Cesare Lombroso avrebbe sentenziato che aveva anche una certa faccia da porca, Gianfranca era bisessuale ma per un po’ aveva detto “arrivederci!” al cazzo, come quei fumatori che sanno che non smetteranno mai.
Mentre la lingua piacevolmente rasposa (e deliziosamente borchiata) della Gianfranca rinfrancava le emorroidi di Luisella dallo scoramento per quel panettone, uno stupratore di nome Ugo, loro dirimpettaio, le ascoltava appoggiando lo stetoscopio contro il muro, indovinandone i movimenti, le leccate, gli strusciamenti e gli ardori omosessuali. Bestemmiava molto Ugo, non credeva molto in Dio ma non lo riteneva un motivo sufficiente per non infierire su di una figura metafisica in emorragia di fedeli, bestemmiava Ugo e il suo cuore era leggero mentre spiava il suono delle lesbiche, il suo cazzo era duro e sporco, il suo cuore era arido e il suo cervello malato già studiava il modo per stuprarle senza pietà.
Amava crearsi dei films mentali in anticipo, con tutti i dettagli più sordidi, possiamo convenire che era veramente un pezzo di merda, ma cosa dobbiamo dire, è un personaggio immaginario e grazie a questo non minaccerà mai direttamente la virtù di voi lettori.
Parleremo del film che si stava facendo in testa per tre ragioni, la prima è che una rapida digressione etero di certo non dispiacerà agli sbuffanti omofobi di cui trabocca la platea di lettori colti; la seconda, è che, sia pur in questa finzione narrativa, vi posso anticipare che il nostro Ugo NON stuprerà le due assatanate tribadi, quindi il racconto non sarà che un’astrazione innocua all’interno di un racconto; la terza ragione è che non siamo dei moralisti e non giudicheremo Ugo, casomai lo giudicheranno i giudici del premio Strega quando questo scritto arriverà alle loro prestigiose scrivanie.
Ugo immaginava questo: indossato un travestimento da dottore (beh: lo era! Per questo aveva lo stetoscopio con cui ascoltava i suoni saffici) si fingeva svenuto di fronte allo zerbino della casa dell’allenatrice Luisella, che in passato aveva bussato alla porta di Ugo per chiedergli, trafelata, se aveva un barattolo di marmellata di nespole o di nutella giapponese.
Al chinarsi non si sa se pietoso o scocciato, ma di certo inevitabile dell’attempata leccasorche quell’ignobile rappresentante della medicina avrebbe tirato fuori dalle mutande uno straccio imbevuto di cloroformio e l’avrebbe proditoriamente premuto con forza sul nasino della sua vittima, poi l’avrebbe trasportata nel suo appartamento, attendendo l’arrivo di una delle tante giocatrici di cui pullulava quell’alcova del lesbismo.
Con cura maniacale (in tutti i sensi!) avrebbe perquisito tutti gli anfratti dell’appartamento, avrebbe annusato perizomi usati di tutti i colori dell’arco cromatico, avrebbe sfogliato la rivista dell’ArciLesbica mangiando biscotti e ascoltando musica country con la tranquillità del criminale che pregusta porcate su donne indifese, poi avrebbe trovato finalmente i dildi e i vibratori, se ne sarebbe infilato uno del culo cantando una canzone dei Genesis (anche i maniaci possono capirne di musica, sapete) e poi avrebbe iniziato a spogliare Luisella, a leccarle la passera laddove tante giovani lingue s’erano aggrovigliate per trovare sapori e concedere piaceri, avrebbe goduto come un verme di quel corpo inerme, stupendosi di non trovare un culo vergine bensì un buco largo e spazioso, poi Luisella si sarebbe svegliata, imbavagliata e spaventatissima, umiliata dal trovarsi ignuda, al proprio domicilio, mentre uno stronzo reazionario dotato di cazzo indossava le sue ciabatte e la sua vestaglia; poi avrebbe bussato qualcuno, negli occhi di Luisella il maniaco avrebbe letto la vergogna e l’indignazione, e la consapevolezza che il peggio doveva ancora venire, e chissà che altro… senonché, mentre pensava a queste porcate, Ugo iniziò a sentirsi male, “cosa mi succede?”, pensò, col cazzo ancora duro, iniziò a barcollare e vedere nero, ancora non smetteva di menarselo, chissà forse avrebbe anche potuto salvarsi, ma la dedizione a quella sega era incrollabile, non poteva smettere capite?, e quindi non praticò nessuna manovra di buonsenso, il segaiolo vinse sul medico, la porcaggine trionfò sull’autoconservazione: morì così, come un coglione fedele peró alla propria ossessione, con la cappella paonazza che – ad essere proprio fisionomisti - ricordava le fattezze di un famoso allenatore di calcio, tranne voi lettori (grazie al vostro araldo di queste gesta 8) ) nessuno avrebbe mai saputo che la sua morte era giunta mentre pregustava orribili efferatezze sessuali, due venditori di folletto aspiratutto lo trovarono nudo e pensarono che a casa sua uno può morire anche senza mutande, al funerale la figlia fece un discorso che strappò prima le lacrime e poi gli applausi, pazienza se da degna figlia di tal padre, mentre ne pronunciava l’elogio pensava al sesso più turpe, rivaleggiando col padre in perversione: immaginava di far sesso con l’inerme cadavere paterno, con la madre legata e costretta a guardare, di alzarsi ogni tanto per frustare quest’ultima, dandole della troia vegana, della comunista, della spoileratrice di finali di serie TV. Questa era la figlia di quel padre, indifferente alla sua morte, nella vita quotidiana non aveva neanche gusto nel vestirsi, era una frustrata con la casa piena di canarini, ed avrebbe ereditato tutto il patrimonio faticosamente accumulato dal padre in truffe legalizzate, marchette alle cliniche private, inutili espianti di organi, evasioni fiscali, traffici con innominabili mercati neri della medicina ayurvedica!
Lo spirito di Ugo, che ancora aleggiava mellifluo in questo malato mondo di cui era stato un indiscusso testimonial, leggeva però i pensieri immorali di cotanta figlia e se ne compiaceva beato con diabolica protervia, si compiaceva non sapendo ancora nulla del proprio destino metafisico: da lì poco, sarebbe ancora esistito, sarebbe finito all’inferno o anche, pagando il dovuto, in paradiso? Non lo sapremo mai, ma anche sticazzi dopotutto.
Così come Luisella, tra un 69 e l’altro non avrebbe mai saputo che crudele destino aveva evitato per poco, e dire che invecchiando era diventata una rompiballe, sapeva solo lamentarsi di tutto, delle cagate dei piccioni sulle statue delle femministe e dei panettoni (a suo dire) con troppi canditi, leccava fighe tutto il giorno, ma che cazzo voleva?
“Che panettone del cazzo!”, ripeteva incazzata, e già le colava la figa sulla faccia compiaciuta della Gianfranca.
Questo mi ha catturato dalla prima all'ultima parola, complimenti Garga.
Grazie, mi è tornata voglia di scrivere e il tuo apprezzamento mi fa particolarmente piacere.
Amicus Plato,
sed magis amica veritas.

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Re: Il panettone del cazzo

#308 Messaggio da Cowboy »

Gargarozzo ha scritto:
06/09/2022, 16:55
El Diablo ha scritto:
06/09/2022, 15:54



Questo mi ha catturato dalla prima all'ultima parola, complimenti Garga.
Grazie, mi è tornata voglia di scrivere e il tuo apprezzamento mi fa particolarmente piacere.
Per quel che vale, i tuoi due racconti son piaciuti parecchio anche a me... 8)

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Re: racconti erotici: fantasia e realtà 

#309 Messaggio da balkan wolf »

Gargarozzo è una garanzia del forum!

Mi piace la forma popolaresca ma in realtà studiata a tavolino e la trama che si sviluppa senza sprechi.

Io sono l’opposto e per questo non funziono. Ormai se voglio riesco a copiare un kafka ma sono totalmente incapace di sviluppare una trama coerente. Sembra sempre il pasto nudo di burroghs e, dopo l’effetto sorpresa, stufa subito.
“Quando il treno dei tuoi pensieri sferraglia verso il passato e le urla si fanno insopportabili, ricorda che c’è sempre la follia. La follia è l’uscita d’emergenza!”
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà 

#310 Messaggio da Gargarozzo »

balkan wolf ha scritto:
07/09/2022, 7:52
Io sono l’opposto e per questo non funziono. Ormai se voglio riesco a copiare un kafka ma sono totalmente incapace di sviluppare una trama coerente. Sembra sempre il pasto nudo di burroghs e, dopo l’effetto sorpresa, stufa subito.
Non sarei cosí severo, il tuo stile secondo me è molto bello e funzionale, anzi direi in molti casi più efficace del mio.
Poi non credo neanche in un "mio stile", vado ad ondate, ieri e l'altro ieri avrei scritto ininterrottamente per ore, di getto.
Suppongo valga anche per te, intendo che la vena non è sempre la stessa, qualche variabile cambia, comunque le cose che scrivi le ho sempre trovate interessanti (spesso anche non condividendole, ma anche sticazzi) e come giá ti dissi, se mi sono iscritto qualche anno fa è anche grazie agli scritti tuoi, di Axel Braun, di Docu, di Apache e di un paio d'altri
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà 

#311 Messaggio da balkan wolf »

Garga invece sono un pollo!

Come comunicazione, dialettica e propaganda ok ma come narratore no.

Esempio pratico di un mio racconto erotico che è figo ma non funziona?

Turismo sessuale a praga , nevrosi e nessun "amore immaginario" contro una frase; la ricchezza dell'esperienza antropologica fatta sull'isolamento e sul divieto umano all'incontro non potrà essere trascurata: non è affare, infatti, di esclusione o indipendenza dal mondo interiore del singolo, ma di cercare, tra tutte le possibilità a disposizione del lato quattro che vive in modo schivo nella realtà diversa del cosmo, di mettersi in accordo con essa. Il fine stesso dell'esistenza, naturalmente, può restare sempre indeterminato. L'avversità verso il senso altrui riempiono questa nozione del mondo l'uno con l'altro, di solito con poco successo, ciò costituisce un elemento quale neppure il pensiero è in grado di prendere atto. Nel senso dell'irresponsabile libertà infinitamente, ormai, definita e giustificata per legge. Riflessioni ottenute per una manciata di corone e mezz’ora di contrazioni addominali.

Dostoevskij va a puttane.

Non sono un vero scrittore ma il gigi sabani della letteratura! 😂

Ps

Nel caso non fosse abbastanza palese è ironia sul fatto che nel romanzo russo anche incularsi una troia diventa un affare complicatissimo e cervellotico.
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Chiacchiere sessuali in mezzo al sesso

#312 Messaggio da Gargarozzo »

Capitolo 1

Ero nudo nel letto, ancora vestita Simona me lo prese in mano e mi chiese:"Mi hai mai immaginata a leccarmi la figa con mia sorella?"
Il mio cazzo adorava le parole di Simona, non avevo mai conosciuto una donna dalle domande così dirette e penetranti, mi scopava letteralmente il cervello, ed era l'unico motivo per cui stavo con lei nonostante fisicamente mi fosse quasi indifferente.
Le scopate erano fantasiose e condite di perversione verbale, sono un intellettuale del cazzo sotto più punti di vista che centimetri di cazzo.
In verità, come molte donne, Simona aveva ceduto ad un ricatto, un ricatto forse diverso da tanti ricatti impliciti che noi uomini facciamo alle nostre compagne, o non così tanto, forse; forse non così tanto diverso da certi ricatti che ci fanno le nostre compagne (parola di merda quanto omnicomprensiva), oppure sì, tanto diverso.
A Simona avevo buttato giù duro che me lo faceva venire molle, e lei mi aveva risposto che c'era l'amore, ed io avevo ribattuto che per me non era abbastanza, e lei che mi avrebbe dimostrato il suo amore, e diventò quella porca che ho sempre cercato - e mai trovato - tra le belle, le appariscenti, le carine, le pornostar, le prostitute di mestiere. No, nessuna nella mia vita fu porca come Simona, e non ne avevo scopate poche, di sporche.
Simona era porca nelle parole ma anche nei fatti.
Confondeva bugie alle verità, questo è vero.
Fu molto astuta nel raccontarmi le sue puttanate (non male riempire di doppi sensi un racconto che va a senso unico, non dite?).
Beh, astuta... ora non esageriamo. E' che a cazzo duro credo facilmente a tutto, per farmelo venire duro basta solo un po' di sapienza femminile, quella che non tutte le donne hanno (poche, tra le porche che ho scopato). Ho coniato: tante le porche, tante le sporche, poche le vere porche, e poi c'è l'enigma di Simona, di come sia riuscita a incatenarmi il cazzo per tanti anni. Per amore, diceva lei. Ero ateo, non un ateo che spera di restarlo per sempre, ma un ateo che spera che esista una Dea con le tette grandi e il potere di essere ogni giorno una donna diversa. Come tutti voi.
Simona era quello, era spiazzante nella sua perversione eclettica. Sapeva dove fregarmi, dove sedurmi di nuovo, dove farmi credere di comandare, col cazzo duro si crede tutto ripeto, prima ve ne rendete conto e prima smetterete di leggere raccontacci come questo sperando invano di trovarci un'argomentazione per convincere vostra moglie alla porcaggine.
La mia argomentazione fu una minaccia, ma sembrava che Simona lo sapeva già, che la mia minaccia fosse una miccia per un'esplosione potente e duratura nel tempo, un po' come quegli orgasmi che... ci raccontano le donne, chissà se poi è proprio così.
Vedete, è vero che a cazzo duro si crede a tutto, però a un certo punto volli vedere se non ero pazzo, non sperate nella rima che riesce facile a menti semplici come noi cazzoni, sperate solo di mantenere lucidità anche a cazzo duro ogni tanto e allora saprete chiedere di più anche alla porca della vostra vita: andò a finire che Simona, in modi che a noi comuni mortali non è dato sapere, convinse la sorella all'infrazione suprema dell'incesto e oltretutto a consumarla di fronte a me.
Lì vidi che non c'era bluff nella sua porcaggine, anche se, a posteriori, continuai a dubitare che non fosse una recita, un atto di suprema dedizione, che intimamente si odiava per fare quel che faceva con la propria sorella, che il suo gusto era recitare bene per il suo uomo. Non mi era difficile pensare questo, perché una porca del genere ha il potere di ingigantire il tuo ego, sei il suo schiavo attraverso il suo ego, che probabilmente è localizzato fisicamente nel cazzo e nei coglioni.

Mi disse in seguito, come a togliere l’ultimo velo della vergogna o a convivere con esso:”Ero molto eccitata, perché con mia sorella ci eravamo viste nude innumerevoli volte fin da piccole, ma dovevo rendere sessuale quella normalità, dovevo pensare come un uomo, e desiderare di penetrarla, di riempirla di sperma, di leccarle la figa, mentre già mi chiedevo se nella figa di mia sorella sarebbe entrato il cazzo del mio uomo. C’era un misto di gelosia, repulsione e perversione, mi sentivo antica e moderna, antica perché l’incesto per me è un atto atavico, commesso fin dalla notte dei tempi; moderna, perché mi sentivo all’avanguardia della perversione, non dubito che altre donne del mondo facessero magari nello preciso istante un cunnilinguo alla propria sorella, ma in quante immaginando, soffrendo e un po’ desiderando, per portare ancora oltre il limite, che il cazzo del proprio uomo la riempisse e irrorasse di sperma?
Masturbandomi sentivo che leccavo diversamente, con più lentezza e gusto, iniziavo a chiedermi se quel sapore fosse anche il mio, e allora mi fermavo un attimo, sostituendo la lingua con l’indice della mano sinistra, mentre mi leccavo l’indice destro e trovando l’evidenza della parentela anche nel gusto la mia mano sinistra prendeva vigore nel masturbare mia sorella, l’incesto era una cosa meravigliosa e cercavo avidamente nella mia mente considerazioni ancora più perverse, passai ai fatti e la baciai scambiandoci le lingue che grondavano del nostro liquido dell’amore, poi al suo orecchio le dissi le parole che scendevano dolci in quell’orecchio:”Lui non sa che lo fai perché lo ami anche tu, quindi se non vuoi che vuoto il sacco ora baciami come baceresti lui”
Ricordandomi la scena le chiesi:”E lei, prima di baciarti, cosa ti sussurrò?”
Sorrise:”Sei una troia…” e come un lampo si avventò sul mio cazzo, ricevendo in gola tutta la sborrata.

Capitolo 2

Simona proveniva da una famiglia molto religiosa, verificai anche questa rivelazione. Non fu certo come una rivelazione mistica, ma mi fece piacere e nel pieno del mio ego cazzoriferito decisi che mi sarei scopato tutta la famiglia.
La sorella la scopammo in doppia penetrazione, la madre (è atroce da dire, lo so) la violentammo.
Beh, almeno tecnicamente. Le demmo un po' di sonnifero, e le facemmo di tutto. Simona la sverginò analmente, con lentissima e languida perversione. Non mi bastava mai quel giorno, respiravo affannato, non permisi alla sorella di unirsi a noi ma mi stupì masturbandosi e dandoci idee su come scoparci la madre.
Le permisi solo di leccarle la figa traboccante del mio sperma, mentre la sorella le leccava il culo. La figa no, doveva soffrire.
Per la prima volta nella mia vita immaginai un omicidio, ero così tronfio del mio potere che non mi bastava. Ma Simona mi salvò da quel pensiero pericoloso facendomi sborrare, con una sola domanda, che mi rivolse alzando verso di me lo sguardo poco prima posato sul culo tonico della sorella:"E tua sorella?..."
Con mia sorella non fu facile, la manipolammo per un anno, tutte le idee provenivano da Simona, non avevo mai fantasticato sulla mia carne e Simona godette dell'intuire dell'avermi reso ancora più perverso.
Lei ormai era me, pensavo.
Mi instillò la curiosità per il mio stesso sesso, in tanti modi con cui ora non voglio dilungarmi. Nello stesso giorno, ebbi la mia prima esperienza omosessuale mentre mia sorella mi baciava. Ormai ci drogavamo entrambi da qualche mese, lo facevamo per espandere le nostre sensazioni, una notte ci svegliammo entrambi in mezzo ai ruderi di un vecchio castello di montagna, ci raccontammo lo stesso sogno: un'orgia con spiriti della notte.
Troppo turbati dall'assurdità di avere fatto lo stesso orribile sogno, smettemmo con la droga. Riuscimmo a darci un taglio grazie al sesso, al sesso incestuoso tra di noi e con le due sorelle incestuose.
Casa nostra, in quel periodo, era un andirivieni di ragazzine fresche di età del consenso.

Capitolo 3

Simona sembrava improvvisare tutto, ma ancora oggi sono convinto che fosse la più abile calcolatrice che io abbia mai conosciuto.
Cambiai pelle, iniziai a tatuarmi, e a considerare le nostre conquiste dei mie possedimenti, per scopare con me dovevano tatuarsi, iniziai ad avere schifo verso le ragazze che non avessero almeno un tatuaggio. Qualcosa nel mio cervello aveva raggiunto un grado di perversione che non potevo più comprendere razionalmente, figuriamoci saperlo comunicare a voi, persone che si eccitano con poco.
Ero ormai in mano a Simona, lo ero sempre stato, ma mai così irreversibilmente.
Trovava grande eccitazione nello scopare persone priva di vista, farle scopare con gente deforme, o ancora con loro parenti, per poi rivelare l'incesto.
Non le bastava, voleva vedere negli occhi la consapevolezza, la vergogna e la speranza segreta di trovare una perversione materna che salvasse del senso di colpa.
Si servì di bende, abilmente tolte a persone che avevano scopato senza fiatare, senza sospettare di averlo fatto coi propri congiunti più stretti, la benda veniva tolta un cortissimo istante prima dell'orgasmo ormai inevitabile.
Tante diventarono delle porche come lei, alcune, alcuni, forse impazzirono. Come lei, come me, forse. Quanto sono illusori certi confini, credi di non esserci arrivato e invece li hai già sorpassati da un po'.
Simona un giorno fece una cosa molto difficile, mi convinse di essere mia figlia. Ancora lo credo, a volte. Lavorò molto bene su di me. Si scopò il mio cervello, ripeto.
Simona, invero, era parte di me, ormai irreversibilmente.
Perché Simona l'avevo creata io, nella testa.
Non so come nacque, nè perché. Ho finito col seguire il rasoio di Occam e col darmi la risposta più semplice, avevo bisogno di lei, era ciò che avevo sempre sognato, e lei di me, necessariamente, per esistere. Era un parto della mente, e come lei, l'universo attorno a lei, ogni donna e uomo che mi permise di scopare, i miei e i suoi parenti, ero solo, esistevo solo io, e in fondo neppure quello sapete, perché sì che lo sapete, io sono solamente il personaggio di questo racconto, e quando questo finirà, e sento che non manca molto, finirò per sempre e con me Simona e tutte le scopate così perversamente attuate e raccontate, vi avevo dato degli indizi iniziando con l'abilità oratoria di Simona, indizi che non è detto che abbia fornito volontariamente, chissà se alla fine saprete una volta per tutte se vi ho ingannati, se sono stato ingannato da Simona, se Simona esiste ed è stata ingannata da me, o se ho scritto questo racconto per conto suo, chissà dove andrò a finire quando queste lettere spariranno dal vostro schermo, chissà se vi ho fornito delle idee o se siete voi che volete capire quel state leggendo nel modo in cui sperate...
Forse potrei andare avanti ancora a lungo, fatto sta che mi preme sottolineare la parola FANTASIA, per sgravare l'autore di questo scritto da ogni responsabilità, se non quella di mostrarsi perverso in mezzo a chi distingue tra perverso e non perverso. Nel novero di queste persone appartiene lui stesso, ipocrita come tutti.
Simona direbbe che queste seghe mentali hanno abbassato la tensione e reso troppo consapevoli i lettori, ma lo direbbe per manipolarmi ulteriormente, chissà cosa non farebbe per vivere ancora qualche riga e rendermi schiavo della sua figa (vedete, la rima facile è arrivata).
Poi Simona direbbe che sì, ormai il patto di attendibilità è caduto, chi ancora crede che qui si parli di eventi sessuali ed è disposto a riprendere a immergersi nella finzione scenica, a credere di nuovo a chi (pur personaggio immaginario) l'ha preso per il culo senza tanti complimenti e che ora gli chiede di far finta?
Simona direbbe che lei sì, lo farebbe, perché Simona è una lettrice, Simona sta leggendo questo racconto proprio ora, Simona direbbe che è l'ideatrice, che questo racconto le è stato rubato da un cassetto, che aveva detto che sì, sarebbe stato possibile utilizzarlo ma poi aveva cambiato idea, poi avrebbe detto che no, non è vero che aveva cambiato idea, ma era stata equivocata, e quell'equivoco l'aveva volutamente creato lei, per leggersi e per masturbarsi nel rispecchiarsi in questo racconto perversamente filosofico come solo lei, forse, potrebbe fare tra le persone di questo mondo, qualcuno forse è più perverso di lei, ma nessuno lo è in questo modo, e Simona, che - dopotutto, come tutti - vive nel suo mondo personale per comprendere se quando mondo davvero esiste, e nel farlo cerca l'ultima perversione, ossia la prova definitiva della propria esistenza... Simona, come tutti, quando le cose finiscono in mondo drastico, vedrà se in quello che segue troverà se stessa, o il racconto di un incontro solo immaginato.
Amicus Plato,
sed magis amica veritas.

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Essere perversi

#313 Messaggio da Gargarozzo »

Essere perversi per qualcuno è la stessa cosa che essere innocenti.
Quel qualcuno forse è un perverso che vuole il dominio sul mondo, o un innocente che vuole lo stesso.
Per qualcuno essere perversi esiste solo in opposizione all'ostacolo (o l'aiuto) della morale.
Per altri esiste di per sè, come un gridare muto della natura segreta dell'uomo libero da morali.
Claudio un giorno perse la memoria, e quando si rese conto che non sapere nulla della propria identità poteva significare essere solo temporaneamente un innocente, provò a immaginare tutte le peggiori cose che poteva aver commesso, ci mise un po' di mesi.
Poi pensò che nessuno agisce avendo consapevolezza del male, e quindi pensò che la perversione era pulita e necessaria.
Da allora iniziò ad andare in giro nudo: spoglio di ricordi e di preoccupazione, era ora di spogliarsi dei vestiti.
Quella vista imbarazzò due suore, lui le rincorse e chiese il perché del loro imbarazzo.
Le due suore avevano una malattia orribile, erano divenute incapaci di mentire.
Dissero che erano imbarazzate perché diveniva per loro impossibile evitare pensieri sconci e in conflitto col loro percorso monacale.
Claudio le trascinò nei boschi, con sè.
Le suore non avevano una forte volontà, erano diventate suore per far piacere ad altre persone che volevano sbarazzarsi di loro. S'innamorarono del loro rapitore.
Claudio non era innamorato ma le suore scopavano bene, e queste scopavano bene perché innamorate e perché segretamente blasfeme. Un giorno violarono il segreto bestemmiando all'unisono.
La loro somiglianza cognitiva era così sospetta che Claudio non potè che chiedere:"siete gemelle?"
Risero:"Non vedi quanto siamo diverse?"
Ribattè Claudio:"sarete eterozigoti?"
Risposero le ex suore:"E' il convento che ci ha rese così"
Claudio:"Come vi ha rese, parlanti simultanee?"
Le suore:"No... bisexzigoti"
Al trauma di quella battuta schifosa Claudio ricordò di essere un prete, ricordò malefatte che non era riuscito ad immaginarsi neppure in mesi e mesi, le raccontò alle suore, queste lo montarono con ancora più vigore, Claudio ben presto iniziò a chiedersi se l'orgasmo femminile non fosse più appagante di quello maschile, quando lo condivise con le due suore queste lo spernacchiarono e lo portarono in un night club.
Qui trovarono diverse prostitute vestite da suore, il prete, come se avesse compreso la sua vera vocazione, si diede al porno col nome di Jim Randello, le due ex suore recuperarono la fede e grazie a questo migliorarono nel sesso.
Amicus Plato,
sed magis amica veritas.

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El Diablo
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà 

#314 Messaggio da El Diablo »

:033
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Gargarozzo
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Il prezzo dell'indifferenza

#315 Messaggio da Gargarozzo »

Buongiorno a tutti, mi chiamo Stefano e sono ormai certo di essere omosessuale al 100%.
Nacqui da una famiglia come tante altre e senza nessun aiutino pragmatico-culturale, dai 7-8 anni in avanti mi ricordo che iniziai ad avere questa silenziosa certezza, poi diversi anni più tardi lo sviluppo rese chiaro quello che, agli occhi di alcuni adulti, poteva essere un sospetto non poi così tanto apprezzato, nella società degli anni 80 in cui vivevo.
Per farla breve ebbi subito la mia prima esperienza con un prete spretato, in coerenza col suo dogma un po' antiquato si spretò per parlarmi in confidenza e confessarmi il suo amore. Ero già abbondantemente nell'età del consenso, l'ex prete mi piaceva ma il suo cazzo ancora di più. Lo presi nel culo molte volte e in bocca almeno il triplo delle volte, mi piaceva lo sperma che usciva da quella persona educata e sessualmente normodotato.
Quel mio primo amore fu investito da una femminista isterica, piansi molto al suo capezzale, diedi una carezza al cazzo della salma e poi, seguendo gli insegnamenti di quand'era vivo, andai in galera a trovare l'assassina di colui che mi aveva aperto il cuore e rotto il culo. Feci amicizia con quella bastarda e per rompere i coglioni ai suoi ideali decisi di provare l'eterosessualità nella persona che più mi ripugnava al mondo.
L'aspettai quando le diedero i domiciliari e scopammo come selvaggi già nel parcheggio del penitenziario, l'inserviente disabile di 50 anni si masturbò e sborrò copiosamente sul parabrezza, due colpi di spazzola e ripartimmo con la macchina.
Frida era più bella che maiala, io ero più maiale che eccitato ed il mio cuore era pieno d'odio e di risentimento, volevo rifarmi una verginità per poi renderla un urlo che squarciava il cielo.
Purtroppo le cose si complicarono perché Frida si ostinava a leccare la figa ad una giovane figlia di banchieri, una ragazza davvero graziosa e maggiorenne ma non maggiorata, bensì ingenua e oserei dire incantevole nella sua ingenuità di ragazza viziata e imbambolata.
Questa ragazza di chiamava Paola ma tutti la chiamavano Paolina perché era carina e piccolina, e decisi di renderla mia per consumare la vendetta su Frida.
Contrariamente alle previsioni, con Paolina non mi veniva duro e il mio gesto, previsto dalla scaltra Frida, fu spernacchiato da tutto il paese, anche i genitori di Frida ridevano della mia incapacità. Paolina era come indifferente a questa crudeltà ma a modo suo mi voleva bene, e ma mano che gli ormoni si facevano strada in lei si trasformò da fighetta di legno pregiato quale era a ragazza curiosa e disponibile ad aiutare un amico in propositi che non sospettava.
Paolina presto fu in grado di ricambiare le leccate di Frida e mi invitava e spiarle da un buco nel muro solo un po' coperto da un armadio.
Ero sempre stato indifferente all'omosessualità femminile ma per ripagare le premure di Paolina m'imposi di provare a farmelo piacere. In qualche modo il mio amore mi aiutò dall'aldilà e scese su di me il potere di eccitarmi controvoglia per quei languidi 69.
Fu molto difficile ma il cazzo diventò duro e mi segai applicando la filosofia sulle mie questioni materiali: quando il gioco si fa duro, il cazzo deve adattarsi alle necessità della vita.
Un giorno, ubriaco di vino, entrai nella stanza mentre Frida dormiva, Paolina mi sentì e non si coprì neanche, era diventata una creatura strana che manteneva una misteriosa inconsapevolezza scevra d'ogni senso di colpa: era un po' ritardata forse fatto sta che scopammo finché Frida non si svegliò scoppiando a ridere, e rivelando che il suo obiettivo da tempo era privarmi della mia spocchia da omosessuale.
Offeso dell'animo, le sborrai sugli occhiali, e per nulla pacificato me ne andai sbattendo anche la porta, la sbattuta Paolina rideva come in trance e leccava la sborra dalla faccia dell'amica.
Come potevo vendicarmi? Ormai era una guerra santa, mi compromisi con gente che avrei volentieri evitato e mi posi come ragione di vita l'avviare Frida alla prostituzione, mi finsi sconfitto e debole, le portavo sempre il the coi biscotti a tavola, Paolina come un cagnolino ubbidiente mi faceva un pompino riuscendo al massimo a farmelo venire barzotto.
Per farla breve riuscii a far entrare Frida in un brutto giro che non rifiutò ma che usò per umiliare altri uomini, quel potere la inebriava, cadeva sempre in piedi quella scellerata per la mia somma disperazione.
Mi rassegnai alla sconfitta, nel frattempo Paolina s'era portata in casa un uomo, e senza il minimo pudore scopavano come se io non ci fossi. M'innamorai di lui, avevo pena di Paolina ma doveva essere mio, in qualche maniera lo sedussi, Paolina perse la luce dal viso e andò rapidamente in depressione.
Frida era livida e mi urlò il suo odio, ma quella vittoria mi era indifferente, ero diventato quella persona di merda che il mio defunto amato non avrebbe mai voluto.
Mi consolai avidamente col cazzo e il corpo dell'ex di Paolina, Frida cercò di ammazzare anche noi ma nella fretta sbagliò qualcosa e morì bruciata viva.
Paolina divenne una politica famosa ed ho pietà di cos'è diventata, ho contribuito alla creazione di un mostro senz'anima, ma ero anche io lì, ricordo quell'odore orribile di carne bruciata, da quella nube nera uscì quella persona che oggi alcuni di voi hanno visto su certi manifesti elettorali.
Sono invecchiato in fretta, sono solo da anni e il successo economico mi ha reso solo più diffidente verso il prossimo. Sono una persona inaridita, non che prima fossi uno stinco di santo ma qualcosa di buono forse l'avevo, adesso mi resta solo il sesso comprato, molto appagante ma a volte francamente vuoto. Pateticamente esco dalla cabina elettorale dopo aver votato Paolina, un gesto futile e senza il minimo significato. Sarebbe stato decisamente meglio disegnare l'unica cosa di cui mi sia mai interessato nella vita recente, questa non ve la devo certo spiegare.
Come non ha significato quel che faccio ogni domenica mattina, guardare video lesbo e provare a farmelo duro a forza di masturbare il cazzo molle quasi ai livelli dell'aeriforme, sono atti completamente svuotati di significato, eppure ogni 100 volte accade il miracolo e il cazzo punta verso il cielo, verso l'unica persona che io abbia mai davvero amato.
Amicus Plato,
sed magis amica veritas.

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