avevo frainteso la fraseOSCAR VENEZIA ha scritto:La destra sociale era riferita a quello che ho detto io?
Che c'entra ?

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avevo frainteso la fraseOSCAR VENEZIA ha scritto:La destra sociale era riferita a quello che ho detto io?
Che c'entra ?
Tutto è fattibile, ci mancherebbe. Attendo fiducioso.Giulio Tremonti ha scritto:Chi ha la licenza da parecchi anni ha già ammortizzato il suo costo. Si potrebbero immaginare degli indennizzi differenziati che tengano conto del fattore tempo. Si potrebbe regalare una nuova licenza ha chi ne ha già una etc. Non sono problemi insormontabili.anxxur ha scritto:E chi le tra fuori le compensazioni? Lo stato? I comuni che sono alla canna del gas? Una licenza da tassista può ancher valere 2-300.000,00 Euro, voglio proprio vedere. Anche il concetto di "adeguato" fa un po' sorridere. Prevedo parecchio contenzioso...Blif ha scritto:Se lo stato mi dà una licenza nuova a prezzo inferiore, non vedo perché
dovrei continuare a pagarne una vecchia a un privato a un prezzo più alto.
Al limite, mi farà causa per aver violato un accordo commerciale di dubbia legalità
(era davvero lecito vendere una licenza pubblica?).
Comunque, la bozza di decreto parla di compensazioni (art. 22 comma 2, punto 6a).
Per la tua gioiabelnudo ha scritto: nuove licenze nooooooooooooo.
torniamo a capo, protezionismo allargato per accontentare gli invidiosi che non riescono a diventare taxisti.
Libera concorrenza !!!!!!!!!!!!!
da mettersi le mani nei capelli!anxxur ha scritto:Per la tua gioiabelnudo ha scritto: nuove licenze nooooooooooooo.
torniamo a capo, protezionismo allargato per accontentare gli invidiosi che non riescono a diventare taxisti.
Libera concorrenza !!!!!!!!!!!!!:
a) L’incremento del numero delle licenze, ove ritenuto necessario anche in base a un’analisi per confronto nell’ambito di realtà comunitarie comparabili, è accompagnato da adeguate compensazioni da corrispondere una tantum a favore di coloro che sono già titolari di licenza o utilizzando gli introiti derivanti dalla messa all’asta delle nuove licenze, oppure attribuendole a chi già le detiene, con facoltà di vendita o affitto, in un termine congruo oppure attraverso altre adeguate modalità; b) Consentire a un medesimo soggetto di avere la titolarità di più licenze, con la possibilità di essere sostituiti alla guida da chiunque abbia i requisiti di professionalità e moralità richiesti dalla normativa vigente; c) Prevedere la possibilità di rilasciare licenze part time e di consentire ai titolari di licenza una maggiore flessibilità nella determinazione degli orari di lavoro, salvo l’obbligo di garanzia di un servizio minimo per ciascuna ora del giorno; d) Consentire ai possessori di licenza di esercitare la propria attività anche al di fuori dell’area per la quale sono state originariamente rilasciate; e) Consentire una maggiore libertà nell’organizzazione del servizio così da poter sviluppare nuovi servizi integrativi come, ad esempio, il taxi a uso collettivo o altre forme; f) Consentire una maggiore libertà nella fissazione delle tariffe, la possibilità di una loro corretta e trasparente pubblicizzazione, fermo restando la determinazione autoritativa di quelle massime a tutela dei consumatori”.
Ma figuriamoci se voglio fare il giochetto.Painkiller ha scritto:No, presa da sola non servirebbe praticamente a nulla, come qualsiasi altra misura.zio ha scritto:Vorrei dati economici precisi sulla liberalizzazione dei taxi a perugia ad es.
È davvero così fondamentale per il rilancio italiano?
Cmq il potere ci riesce sempre:
Prima ci ha diviso fra berlusconiani e anti.
Adesso fra lavoratori delatori x scontrini e lavoratori conservatori dei benefit acquisiti.
Ma questo giochetto, del dire che bisogna iniziare da un'altra parte è una delle scuse per mantenere i previlegi.
Qualunque cosa va bene, pur di cominciare.
zio, ne abbiamo gia' parlato.zio ha scritto:uno studio di architettura serio sa che pur con i minimi tariffari, la tariffa è davvero esigua rispetto al tempo e alle spese sostenute, soprattutto se è uno studio che da lavoro a molte persone e non uno studio casalingo.
il togliere i minimi provocherà da subito un restringimento dei margini di guadagno e solo nel tempo e lungo periodo darà merito ai migliori di poter portare il costo delle prestazioni ai livelli europei
bocha ha scritto:kat....se ti hanno fatto 5000 euro di trattenute hai una busta paga fotonica!!!!katmandu69 ha scritto:per fortuna mi sbagliavo![]()
mi hanno tolto "solo" un centinaio di euro di conguaglio irpef del mio ricco stipendio.....
sono davvero felice di dare quasi 5000!!!! euro di tasse a questo stato stupendo,guidato da politici capaci e onesti![]()
ha ragione belnudo
STATO LADROOOO
Helmut ha scritto:zio, ne abbiamo gia' parlato.zio ha scritto:uno studio di architettura serio sa che pur con i minimi tariffari, la tariffa è davvero esigua rispetto al tempo e alle spese sostenute, soprattutto se è uno studio che da lavoro a molte persone e non uno studio casalingo.
il togliere i minimi provocherà da subito un restringimento dei margini di guadagno e solo nel tempo e lungo periodo darà merito ai migliori di poter portare il costo delle prestazioni ai livelli europei
Gli studioli monoprofessionali sono un'anomalia italiana.
Per competere é necessario essere multidiscipilnari e grandi, con centinaia di dipendenti.
Ben venga la concentrazione. Credimi, gli architetti e/o ingegneri che ho conosciuto (non italiani) guadagnavano molto di più da dipendenti che con lo studiolo nella mansarda di casa propria.
E lavoravano in contesti molto più professionali che nei progettucoli del comune.
Helmut ha scritto:zio, ne abbiamo gia' parlato.zio ha scritto:uno studio di architettura serio sa che pur con i minimi tariffari, la tariffa è davvero esigua rispetto al tempo e alle spese sostenute, soprattutto se è uno studio che da lavoro a molte persone e non uno studio casalingo.
il togliere i minimi provocherà da subito un restringimento dei margini di guadagno e solo nel tempo e lungo periodo darà merito ai migliori di poter portare il costo delle prestazioni ai livelli europei
Gli studioli monoprofessionali sono un'anomalia italiana.
Per competere é necessario essere multidiscipilnari e grandi, con centinaia di dipendenti.
Ben venga la concentrazione. Credimi, gli architetti e/o ingegneri che ho conosciuto (non italiani) guadagnavano molto di più da dipendenti che con lo studiolo nella mansarda di casa propria.
E lavoravano in contesti molto più professionali che nei progettucoli del comune.
E che ho detto?Helmut ha scritto:zio, ne abbiamo gia' parlato.zio ha scritto:uno studio di architettura serio sa che pur con i minimi tariffari, la tariffa è davvero esigua rispetto al tempo e alle spese sostenute, soprattutto se è uno studio che da lavoro a molte persone e non uno studio casalingo.
il togliere i minimi provocherà da subito un restringimento dei margini di guadagno e solo nel tempo e lungo periodo darà merito ai migliori di poter portare il costo delle prestazioni ai livelli europei
Gli studioli monoprofessionali sono un'anomalia italiana.
Per competere é necessario essere multidiscipilnari e grandi, con centinaia di dipendenti.
Ben venga la concentrazione. Credimi, gli architetti e/o ingegneri che ho conosciuto (non italiani) guadagnavano molto di più da dipendenti che con lo studiolo nella mansarda di casa propria.
E lavoravano in contesti molto più professionali che nei progettucoli del comune.
Adesso arriva Krystal e ti fa il culoCapitanvideo ha scritto:Tratto da Libertarianation.org
“Essendo marito di una farmacista dipendente, mi sono negli anni fatto una cultura, e soprattutto un’idea abbastanza precisa della faccenda. E secondo me è molto semplice: il monopolio delle farmacie è particolarmente odioso (altro che tassisti) e va spezzato il prima possibile.
Cominciamo a mettere le cose in chiaro. Oggi c’è stato un articolo di Filippo Facci sulla questione con qualche imprecisione e discorsi un po’ confusi. E quindi anche se io e Facci siamo più o meno d’accordo sulle conclusioni, è bene mettere le cose in chiaro e in fila una per una.
1) I farmacisti si dividono in “titolari di licenza”, cioé possessori di una farmacia, e dipendenti. I primi sono quasi sempre datori di lavoro dei secondi. Esiste quindi un rapporto di subordinazione ben preciso fra le due figure professionali.
2) Tutti i farmacisti di entrambe le categorie devono essere iscritti all’ordine dei farmacisti della provincia di appartenenza, non importa se titolare o dipendente. Ovvio che il rapporto di subordinazione si trasferisca diretto all’interno dell’ordine. Che tra l’altro, ovviamente non serve a niente, se non ad incassare la quota di iscrizione (ma infatti io mi chiedo: a che serve un ordine per dei dipendenti? può avere senso per dei liberi professionisti, ma per dei dipendenti?) Non parliamo poi della cassa (l’ENPAF) o addirittura dell’ONAOSI, ci sarebbero da fare almeno altri due post a parte.
3) Le licenze sono regolate con la cosiddetta “pianta organica del comune”, che decide il numero massimo di farmacie, la distanza minima tra farmacie nelle varie zone della città, ecc. Quindi, non è che se ti laurei in farmacia e hai i soldi puoi ottenere una licenza: devi aspettare che un titolare che ce l’ha te la venda. Quindi, ti servono tanti, tantissimi soldi, parecchi milioni di euro; e devi aspettare che qualcuno venda (evento molto ma molto raro). Inoltre, se hai una farmacia e vuoi spostarti da un’altra parte della città, difficilmente potrai farlo senza andare a violare le distanze minime. Quindi, tutto bloccato.
4) L’obiettivo di ogni titolare è di passare la farmacia ai figli, naturalmente. Che quindi spesso studiano farmacia. Ma non è detto che siano delle cime e quindi magari non arrivano a laurearsi in tempo prima della dipartita del genitore (eh, è un problemone, sapete?). Ma niente paura. La legge dice che la licenza rimane al figlio che ha 10 anni di tempo per laurearsi.
Naturalmente, il futuro dottore in medicina non può gestire in prima persona la farmacia (e ci mancherebbe), ma può assumere un direttore (dipendente) che gestisca il tutto in attesa della laurea per predestinato. Ci sono stati casi in cui il figlio si è iscritto alla facoltà di farmacia solo dopo aver ereditato. E in 10 anni ci stai largo, vai, qualunque chiorbone si laurea alla fine (eh, sono diritti acquisiti, non si possono mica levare queste cose qui).
Può in effetti succedere che il farmacista non abbia figli; oppure che i figli non siano interessati, e allora può decidere di passare all’incasso e vendere la licenza, che come potrete immaginare costa un bel po’. Ma sono casi rari.
5) Per mettere su una parafarmacia (una delle liberalizzazioni di Bersani) serve almeno un farmacista, ma non serve una licenza. Le parafarmacie possono vendere farmaci da banco (SOP, ovvero farmaci Senza l’Obbligo della Prescrizione medica). Ad esempio, il Moment, l’aspirina, il paracetamolo. Attenzione, deve comunque essere un farmacista a venderti il farmaco, non un commesso qualunque.
6) Idem per la grande distribuzione. Se Coop o Esselunga volessero vendere farmaci, dovrebbero assumere dei farmacisti, usare una porzione del negozio e metterci un banco con dietro un farmacista che vi da i farmaci. Anche per una “semplice” aspirina.
Per difendersi, i farmacisti titolari invece tirano spesso fuori la storiella della grande distribuzione che metterebbe i farmaci sugli scaffali, con le commesse che ve li passano alla cassa. Ma non è vero, pura menzogna propagandistica (ma una menzogna ripetuta tante volte, specialmente in TV, diventa verità).
7) I farmaci di fascia C non sono il moment e l’aspirina, come dice Facci. Come detto, quelli sono farmaci da banco. E i farmaci da banco sono già in vendita presso le parafarmacie perché non serve la ricetta. I farmaci di fascia C invece sono quelli con ricetta ma a totale carico del cliente. Cioè, lo stato non sussidia, non scuce un euro per un farmaco di fascia C (a parte per i grandi invalidi di guerra, che ormai sono rimasti in pochini).
8 ) Come giustamente dice Facci: per il Viagra e il Cialis, moltissime farmacie non chiedono la ricetta per fare più soldi. Nella farmacia dove lavora mia moglie ho assistito più volte a litigi con il cliente che sosteneva “nell’altra farmacia me lo hanno dato, come mai voi chiedete la ricetta?”
9) Poi ci sarebbe da parlare delle farmacie comunali. Farmacie ma di proprietà del comune. Che ovviamente ha un conflitto di interessi grosso come una casa, in quanto regola la pianta organica e possiede farmacie. Ma lasciamo perdere per ora, non mettiamo troppa carne al fuoco. [...]”