Capitanvideo ha scritto:Painkiller ha scritto:
Quale sarebbe la tua forma di governo ideale?
Questa, per esempio, sarebbe avanti di eoni:
http://www.panarchy.org/debellis/sullapanarchia.html
Qui sotto uno stralcio che puo' far capire a grandi linee di cosa si parla: (e' un sogno ovviamente, ma leggendo attentamente, ci si puo' rendere conto di quanto siamo arretrati. Avere almeno la possibilità di scegliere veramente da chi essere governati sarebbe già un passo avanti enorme, mettere in concorrenza i governi insomma.)
Cmq:
La prima cosa da sottolineare più e più volte è il fatto che la Panarchia non è affatto una nuova filosofia politica. Infatti, come affermato in precedenza, la Panarchia è il superamento dell’età della politica caratterizzata dalla manipolazione delle masse e l’avvio dell’età delle persone caratterizzata dalle scelte effettuate da ogni individuo
L’etimologia del termine “politica” ci aiuta a chiarire questo aspetto. La radice di “politica” è “polis” la città-stato della Grecia antica, e il termine era originariamente utilizzato con riferimento all’amministrazione di un territorio specifico, e cioè la “polis”. Le caratteristiche principali della politica sono dunque un territorio specifico unito ad un dominio esclusivo (sovranità) che un certo apparato (i reggenti della città, i signori feudali, la macchina dello stato) ha esercitato e continua a esercitare riguarda ad un territorio specifico.
Ecco perché la Panarchia è totalmente estranea alla politica. Essa si pone oltre il territorialismo (in effetti lo sopprime) e sostiene forme di organizzazione personale e sociale che non sono basate sulla nozione di territorio. L’ispirazione diretta della Panarchia non è una teoria politica precedente ma le idee e pratiche conosciute come “laisssez-faire” “laissez-passer”. Anche quando l’originatore della concezione utilizza l’espressione “economia politica” egli ha semplicemente in mente l’economia basata sulla teoria del laissez-faire.
Questo aspetto riguardante l’erronea attribuzione alla Panarchia di connotazioni e funzioni di tipo politico richiama alla mente, in un certo qual modo, la controversia tra Marx nel ruolo di sostenitore della lotta politica e della conquista del potere politico, e gli Anarchici (in particolar modo gli esponenti della Federazione Jurassiana) che individuarono gli aspetti autoritari insiti in quella strategia ed erano perciò a favore di un processo di auto-emancipazione dei lavoratori attraverso l’azione e la riflessione personale diretta nelle varie sfere della vita.
(si veda: La circulaire de Sonvillier a
http://www.panarchy.org/jura/sonvillier.html).
Coloro che vedono nella Panarchia un nuovo strumento politico sono anche portati a fare uso del termine Panarchismo, forse nell’accezione di una nuova ideologia che supererà tutte le altre ideologie.
Anche in questo caso è necessario essere estremamente franchi ed espliciti. La Panarchia non è affatto una ideologia (come, ad esempio, il Socialismo o il Comunismo) per il semplice motivo che accetta tutte le ideologie a patto che esse siano messe in atto in maniera libera e volontaria, da coloro che le propugnano. Per questo dovremmo essere molto cauti nell’uso del termine Panarchismo che dovrebbe valere solo in riferimento a:
“Quel corpo di conoscenze e idee concernenti le teorie e pratiche di tali comunità (panarchie) volontarie non-territoriali e autonome, considerate come le alternative giuste, pacifiche, amanti della libertà, rispettose della proprietà e promotrici del cambiamento in contrapposizione a qualsiasi tentativo di istituire o continuare a vivere sotto comunità coercitive, uniformi, di tipo territoriale, più o meno centralizzate e fatte passare per comunità ideali o le migliori possibili per tutti, senza tener conto se tutti condividano o no tali visioni.” (John Zube, The Gospel of Panarchy, 1986)
Assodato che la Panarchia non è affatto una ideologia politica (vecchia o nuova), risulta molto appropriata la qualificazione di Panarchia come un “movimento per i diritti civili” espressa da uno dei suoi sostenitori (Dwight Johnson, comunicazione personale, 2009). Infatti, questa formulazione caratterizza e sottolinea molto giustamente lo scopo di base della Panarchia che è quello di avere/godere del diritto civile di scegliere liberamente e volontariamente il governo o l’autogoverno che più ci piace.
Dopo aver evitato le interpretazioni errate e le distorsioni create ad arte qui sopra indicate (la Panarchia come politica e il Panarchismo come ideologia) una persona è pronta a superare anche errori minori quali il restringere la concezione a specifici aspetti con l’esclusione o la compressione di altri.
In questo senso è necessario sottolineare che Panarchia non è soltanto:
- La proposta a favore di molti governi. L’esistenza di molti governi paralleli non territoriali e la scelta volontaria a favore di uno di essi, non esclude affatto la opzione del non-governo o dell’auto-governo. Con la Panarchia le persone non sono obbligate a scegliere un governo per paura di essere relegate in secondo piano o considerate degli esseri stravaganti. A questo riguardo, siamo davanti a una situazione simile a quella affrontata dalla tolleranza religiosa che non fece pressioni sulle persone perché tutti aderissero ad una religione ma si applicò anche ad individui senza fede religiosa.
- La proposta a favore della legge personale. Sostenere l’esistenza sullo stesso territorio di molti sistemi giuridici tra i quali una persona sceglie quello a cui aderire, non dovrebbe far passare sotto silenzio il fatto che la Panarchia poggia fermamente su principi universali sviluppati e affinati nel corso dei secoli e che fanno ora parte della Civiltà Umana. In assenza di principi universali implicitamente accettati da tutti la coesistenza tra diverse panarchie non sarebbe possibile.
- La proposta a favore della extraterritorialità. L’extraterritorialità come è praticata dagli stati territoriali (ad esempio nei confronti dei diplomatici stranieri) significa che alcune persone/alcuni gruppi ricevono un trattamento specifico in base al loro status personale. La Panarchia invece considera l’extraterritorialità solo come un primo passo verso una situazione di completo aterritorialismo, e cioè la fine di qualsiasi potere e pretesa territoriale monopolistici, per tutti e dappertutto.