tempo fa, qui
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la vita di Zanoni incroció quella di Gilda Pedone, porno star
(gh gh gh).
il testo che segue è crudo, molto crudo.
come la foto -inedita- che documenta quell'incontro).

***
GILDA NON DEVE MORIRE.
Zanoni riuscì, dopo un lungo doloroso tentativo, a scollare le ciglia le une dalle altre, impiastricciate com'erano da una passata collosa di moccio.
troppo sonno, e troppo chimico.
si riprese pian piano, accorgendosi subito di non poter muovere braccia e gambe.
cos'era successo?
pensó con orrore al fatto che forse fosse caduto giù per le scale, e mentre da una parte questo gli fece presagire un futuro bloccato su una sedia a due ruote, dall'altra immaginó anche una pimpi disperata che scuotendogli i pettacci della giacca gli urlava contro: "l'hai fatto per me? l'hai fatto per me? hai aperto un'assicurazione sulla vita a mio vantaggio e poi ti sei lanciato a volo d'angelo giù per e scale sperando così, ammmmore, di arricchirmi?"
che cazzo di pensieri.
ruotó il capo, tentó di tossire ma non ci riuscì.
poi si rese conto, sentendo la peluria della fune che gli correva intorno ai polsi, di essere legato.
"checcazz" pensó, ma non terminó la frase perchè una luce potente gli arrivó sul viso come una secchiata d'acqua gelida.
"bene-nenenenene" qualcuno squittì.
una silouette scura e imponente gli si paró davanti.
"ecco qui il nostro Nano Peloso" disse l'ombra.
nel cervello di Zanoni squilló furioso un campanello d'allarme.
sollevó le ginocchia contro al petto, in un moto automatico di difesa.
"mi riconoshi, Zanotto?"
il corpo si scostó di un paio di passi e fu allora che Zanoni sentì letteralmente l'anima schizzargli via dalle orecchie, e una larga pozza di urina gli si sciolse sotto al sedere.
*
Il faccione largo e malamente truccato scese verso di lui, per poi fermarsi davanti al suo naso.
"sciao, Zanutto", sibiló la donna.
era lei.
dopo anni, dopo fughe e ricerche, lei era riuscita a trovarlo.
prima di scivolare in uno svenimento salvifico, Zanoni riuscì soltanto a pensare
"Gilda Pedone.
Sono morto, e questo è l'inferno".
*
Pimpi era accanto a lui e stava spalmando di marmellata una fetta biscottata, era d'estate e il profumo del mare giungeva a loro con teneri refoli di vento.
il mare.
il profumo.
la marmellata.
l'odore di salsedine, di pesce, di ventriglia e stomaci putridi di pesce marcio e ribollente sotto al sole.........
Zanoni urló.
Era soltanto un sogno, quell'immagine estiva di lui e la Pimpi sotto al sole.
Lui era adesso legato.
Drogato.
solo.
Spalancó gli occhi e le sue orecchie fischiarono la marcia di radetzky.-
Gilda Pedone era in piedi davanti a lui, due dita a separare labbra crude e carnose come il resto di un gatto dopo il passaggio di una ruota di camion.
Gli stava mostrando la figa.
"Allora, Zanetti? ti fa davvero così schifo? la mia "asola"? la mia gattina puccettosa e tenera?"
Zanoni non poteva parlare.
La sua bocca era piena di tessuto.
Gilda protese due salsicciotti a forma di dita, e gli fece scivolare via dalle labbra un paio di culottes lercie e mollicce.
Zanoni non riuscì a trattenere un conato violento di bile e vomito, quando si accorse che l'indumento aveva lasciato lunghi fili di poltiglia vaginale tra la sua bocca gonfia e il cavallo di quella sorta di mutanda gigante.
"Era per non farti urlare durante il trasporto" ghignó la Pedone.
"...dove... dove mi trovo...?"
"in paradiso" cinguettó la Montagnetta di Carne.
si spinse in avanti, spiaccicandogli sul muso la pucchiacchia ribollente, e per l'ennesima volta Zanoni perse i sensi.
*
Era notte.
O forse no, ma tutto quelo che Zanoni riusciva a intravedere attraverso gli occhi gonfi di botte e lacrime, era deforme e scuro.
adesso si trovava disteso su un letto alto di piumoni e lenzuola, i polsi e le caviglie stretti in nodi e giri di fune, nudo come un palloncino da party.
dolorosamente chinó la testa, e i tra gli inguini notó il pene rattrappito e terrorizzato.
guardó meglio.
gli sembró di scivolare dentro una vasca di follia e terrore.
con la perizia di una maestra calligrafa, quella donna aveva dipinto con un pennellino di martora occhi e naso e bocca e orecchie sul suo glande, aveva pettinato i peli del suo pube sollevandoli come a formare un covone ipertricotico.
una musica invase la stanza.
gli occhi di Zanoni si colmarono di lacrime, e il suo cuore di disgusto.
una vecchia incisione, ruotando sotto la puntina di un grammofono, riempì la stanza di quella marcetta odiosa.
"gioviiiine-zzà ! giooo-vine-zzà ! primaverrà di belleee-e-e-e-zzà ! della vita- nell' asprezza- il tuo canto squilla e va!"
Gilda Pedone comparve all'improvviso a suo fianco.
"piccolo... piccolo tenero nano pelosho"
prese tra le dita il suo sesso.
poi scese a stringergli i testicoli con quelle manone forti da camallo.
"shalve o popolo d'Eroi-i-i! salve a patria immorta-a-le! son rinati i figli tuo-o-o-i! con la fè nell' idea-a-a-le!"
Zanoni scosse la testa da ogni parte, tentando di schiacciare le orecchie contro il cuscino, per impedire che quella musica, quelle paroe gli scivolassero dentro al cervello e glielo facessero esplodere di rabbia e disgusto.
"piccolo, caro, supponente nano peloso comunista del cazzo" mormoró rabbiosa Gilda Pedone, fissando Zanoni negli occhi.
"io sarei una cozza, sì?" urló, strizzandogli le palle e strattonando furiosamente.
Zanoni ricordó un natale di tanti, tantissimi anni prima, nel salone di casa, al mattino presto, ancora in pigiama, a fissare l'albero svettante. il resto della famiglia dormiva, e lui era padrone di quella visione.
"io sarei una fallita, sì?"
altro strattone.
Zanoni ripensó alla Pimpi, ripensó alle corse in moto er la città , lei stretta contro di lui e la morbidezza di quelle tette amate sulla schiena.
"io sarei un cesso, sì?"
Gilda Pedone si sputó sul palmo della mano, uno scaracchio poltiglioso e caldissimo, che poi si spalmó platealmente sulla vagina.
Ruotó su se stessa, e Zanoni capì in quell'istante che la sua vita stava per terminare, che più di quella musica a torturargli l'anima, più della sua condizione di prigioniero senza scampo, più di tutto quello che stava per accadere era il termine di ogni suo rapporto possibile col sesso, con la carne, col corpo, con l'erotismo,, con la sanità mentale.
Gilda Pedone tenne per un attimo il guazzabuglio di clitoride, labbra, utero prolasso, uretra protrudente, mucillagini e cisti a qualche centimetro dalla faccia di Zanoni, prima di lasciarsi cadere giù nel 69 più sconvolgente e rivoltante della storia.

L'urlo di Zanoni era un vento refrigerante sulla topa.
Gilda lo guardó, oltre le sue tette sudate e oltre il cespuglio intricato del suo pube.
"Mangiami, piccolo riottoso schifosissimo nano peloso" gorgoglió Gilda, la Grande Gilda, per poi lasciare che quel carico di carne palpitante e schiumante tappasse per sempre le fauci di superZeta.
*
aaaaaAAAAAAAAAAAAggggggggaaaaaAAAAAAAAAAAArrrrrrrrrrrrrrrrggghhhhhAAAAAAAahhhhhhhhhh!
Pimpi saltó giù dal letto, ruotando su se stessa e assumendo la posizione di una testa di cuoio, le braccia tese sul materasso e le mani strette intorno ad una pistola immaginaria.
Zanoni stava ancora urlando, gli occhi spalancati, la bocca distorta in una smorfia di disgusto pazzo, la lingua in preda ad un'epilessia frenetica
che sguazzava nell'aria e leccava qualcosa di demoniaco ed invisibile.
aaaaarhgGHHHHHHHHAaaaaargggggghhhhhhHHHHHHHHHHAaaaaaaaaaahhhhhAAAAAAHhhhhhargh!
Pimpi rimase così, spaventata, a fissarlo.
Poi Zanoni pian piano smise di urlare, il suo corpo si rilassó lentamente e lui ansimó a lungo, prima di poter mormorare qualcosa, ruotando la testa verso pimpi.
"mio... mio dio..."
Pimpi si tiró su, scivoló sotto le coperte e lo fissó negli occhi.
"Fabrizio. Il forum. Ti fa. Male."
Gli giró le spalle.
singhiozzó.
Zanoni si terse la fronte da un fiume di sudore.
Le andó vicino.
"Hai ragione, pimpi."
lei senza voltarsi aprì un timido sorriso pieno di comprensione e tenerezza.
"Domani", sussurró lui, scivolando dentro un sonno privo di altri incubi, "domani cancelleró alcuni mie post. Sono stato cattivo".
"anzi" -concluse, mentre la mano di pimpi carezzava la sua sotto le coltri, -"...anzi, vedró di prendermi una lunga, lunga vacanza".
pimpi sorrise.
buio.
HB