riguardo all' invasione della Russia, prima di Napoleone va registrato il fallimento di Carlo XII inghiottito dalle immensità e dal gelo.
sull' impresa napoleonica, questo è ció che all' inizio del 1812 l' astutissimo zar Alessandro - uno dei più grandi regnanti russi di tutti i tempi - disse all' ambasciatore francese:
"Se l' imperatore Napoleone decide di fare la guerra è possibile, che noi, supposto che volessimo combattere, saremmo sconfitti. Ma ció non significa che dopo egli potrebbe imporci la pace. Anche gli spagnoli sono stati spesso sconfitti, ma non sono stati battuti nè si sono arresi ed essi non sono così lontano da Parigi come invece lo siamo noi e non hanno in loro aiuto il nostro clima nè le risorse che noi possediamo. Noi non correremo alcun rischio; abbiamo spazio a volontà e il nostro esercito permanente è ben organizzato. I soldati di Francia sono valorosi, ma le sofferenze prolungate e il clima difficile ne ridurranno la capacità di resistenza. Il nostro clima e il nostro inverno combatteranno al nostro fianco".
non una delle previsioni dello zar si sarebbe rivelata sbagliata. non a caso Stalin studió a fondo la strategia di Alessandro.
fondamentalmente era un problema di misure, di spazio e tempo. nessun paese grande come la Russia avrebbe mai potuto essere conquistato con armi e risorse logistiche del XVIII, del XIX e del XX secolo. contro un nemico scaltro ed elusivo, che conosceva alla perfezione il territorio. La Russia era resa invincbile dalla sua immensa estensione territoriale che la poneva al riparo da qualsiasi attacco. La sconfitta contro il Giappone del 1905 o contro la Germania nella prima guerra mondiale tolse alla Russia solo aree periferiche senza intaccare il cuore inespugnabile della Siberia.
Quanto a Hitler, disponeva di un esercito meccanizzato molto piccolo, appoggiato da una struttura di supporto che impiegava mezzi di trasporto del secolo precdente: 700000 cavalli e ferrovie. il tentativo era destinato a fallire in partenza.
"Non devo essere io ad insegnarvi che avete nemici ed in gran numero, che non sanno perché lo siano, ma che come cani bastardi di villaggio, si mettono ad abbaiare quando i loro simili lo fanno" (Shakespeare, Enrico VIII)