il mio capo cinese mi disse una cosa saggia tempo fa:bigtitslover ha scritto:In Cina ci sarebbe un grande spazio per i vini italiani, ma se si aspetta ancora i francesi sbaraglieranno il campo. Non conoscono i formaggi, ma è un gusto troppo diverso rispetto al loro, lo vedo come un tentativo di business troppo azzardato. La piadina romagnola invece sarebbe perfetta secondo me. E non scherzo... A Shanghai c'è l'outlet Foxtown, si proprio quello che c'è anche a Mendrisio, e all'interno fanno anche le piadine... Ci hanno fregato gli svizzeri!
io a voi italiani non vi capisco..siete stati o siete ancora i primi al mondo in un sacco di cose e in cina riuscite ad arrivare sempre per ultimi...ma lo fate apposta???

sta qua l'ho vista adesso..
I cinesi ad Harvard
Scritto da: Fabio Cavalera alle 22:11
Una delle possibili chiavi di lettura del "miracolo" cinese (definizione superficiale e semplicistica, colpa nostra, di noi giornalisti) è la strategia che da un po' di anni viene adottata nella selezione e nella formazione della classe dirigente: i tecnocrati, vale a dire i manager destinati ad occupare i posti di comando nelle grandi aziende, nelle più importanti istituzioni finanziarie, nei centri nevralgici della economia. Due sono i binari utilizzati. Il primo è interno: sono le università di Pechino, di Shanghai, di Guangzhou, i campus dove studio e ricerca sono finalizzati alla crescita e allo sviluppo del Paese. Un progetto condiviso fra mondo del lavoro, mondo accademico e, naturalmente mondo della politica. Il secondo binario è esterno: sono le migliori università americane ed europee (purtroppo l'Italia è un fanalino di coda, non per colpa degli atenei ma delle catene burocratiche e delle scarse risorse che vengono messe a disposizione dei progetti cooperazione). Pechino ormai da tempo favorisce l'espatrio (per fini di studio) dei suoi ragazzi per poi stimolarli al ritorno in posizioni professionali di peso.
Una conferma di questa tendenza si ha dai dati pubblicati dalla agenzia Xinhua che riprende le cifre rese note da Harvard. Nel prestigioso centro universitario Usa la Cina è al secondo posto, dopo il Canada, per numero di giovani non americani iscritti (terza la Corea del Sud, quarta l'India: ennesima dimostrazione di quanto l'Asia e non solo la Cina sia un continente dinamico). Sono 400 su 3913 (il 10, 22 per cento degli immatricolati stranieri).
Qualcuno sosterrà che sono comunque pochi. Non è vero: perchè ad Harvard vi è il numero chiuso e perchè c'è un secondo dato che fa riflettere. Nel 2007 la Cina ha spedito negli Stati Uniti (fonte l'Ambasciata Usa a Pechino) la bellezza di 51.500 giovani, il 40 per cento in più che nel 2006. Tutti a studiare.
Possiamo essere molto critici nei confronti della Cina e del suo regime (e lo siamo a ragion veduta) ma di fronte alla lungimiranza che il Dragone dimostra nella formazione e nella cura dei suoi talenti dobbiamo solo inchinarci. E dobbiamo pure pensare che questa apertura nel campo educativo sarà forse e auspicabilmente la premessa di un vero, seppure lentissimo, cambiamento politico. Ecco il motivo per cui Usa, Inghilterra, Francia, Germania continuano a favorire le iscrizioni dei ragazzi cinesi nelle loro scuole migliori. L'Italia è lì che resta a guardare.