F.TRIPELEFF
LA VENDETTA DI PAPA GIUSEPPE
1992 - MILLELIRE STAMPA ALTERNATIVA
Il concistoro che nel 19... elesse papa col nome di
Giuseppe XIII l'allora Arcivescovo di Genova, il vecchio
Cardinale Gianbattista Taralli, detto familiarmente Gio-
batta, fu una gran sorpresa per tutti. Ma specialmente
per lo stesso Arcivescovo. Il Cardinal Taralli infatti non
aveva mai avuto alcuna mira al pontificato. Solo pochi
anni prima gli era stato dato l'arcivescovato di Genova
a degna conclusione di una lunga e operosa vita passa-
ta nella diplomazia vaticana. Già nei primi anni del '900,
quand'era ancora un giovane seminarista, Gianbattista
Taralli era stato notato dall'allora vescovo di Sarzana, un
prelato aperto e liberale che aveva apprezzato la sua in-
telligenza viva e netta, coadiuvata da una personalità
decisa e temperata da un carattere schietto e cordiale.
Nonostante le umilissime origini il giovane Taralli veni-
va infatti da una tra le più povere famiglie di contadini
della Vai di Magra, una zona già di per sè ben povera
e depressa " il vescovo lo aveva scelto come suo se-
gretario personale, scatenando alcune gelosie e rivalse
ben poco cristiane. La scelta peró era stata estrema-
mente felice. il giovane e robusto don Giobatta, come
era allora conosciuto, si era rivelato un collaboratore ca-
pace e intraprendente, spesso indispensabile, in piena
sintonia con il pensiero coraggiosamente modernista del
suo vescovo che si era perfino posto in urto col reazio-
nario Pio X su molte questioni sia di dottrina che di politi-
ca pastorale.
Il vescovo era poi riuscito a farlo mandare a Roma a stu-
diare all' Università Gregoriana, inizio indispensabile ad
ogni carriera ecclesiastica. Nonostante fosse stato ar-
ruolato durante la guerra del '15-18. servendo in trincea
come soldato semplice, riuscì a laurearsi più che brillan-
temente con una tesi in diritto canonico internazionale e
fu immediatamente assorbito dal servizio diplomatico
vaticano. Benchè le sue capacità fossero subito indivi-
duate e apprezzate, il giovane Monsgnor Taralli dovet-
te, come si suol dire, "far la gavetta" e passó molti anni
con incarichi subalterni sia a Roma che in varie nuncia-
ture all'estero. Gradualmente emerse come uno dei di-
plomatici vaticani più competenti, più attivi e più affidabili
del periodo tra le due guerre. Tuttavia non ricevette allo-
ra posti prestigiosi, più che altro per la mancanza di ap-
poggi adeguati e in parte, forse. per le sue troppo umili
origini. Ma anche Monsignor Taralli tendeva a non briga-
re, e tantomeno ad asservìlirsi per far carriera, alle varie
eminenze vaticane più o meno grige.
Non che fosse un fatalista, o un timido, o tanto meno un
debole. Anzi, era capace di far valere e sue ragioni e
non gli piaceva di certo farsi pestare i piedi. Quando era
necessario, sapeva essere essere energico e intransigente e
non si vergognava di nulla. Ma era uno di quei rari uomi-
ni che sono modesti con se stessi e che badano princi-
palmente a fare il loro dovere, senza secondi fini. Duran-
te l'ultimo conflitto, come Pro-Nuncio nella neutrale Sviz-
zera, aveva saputo organizzare e mantenere continua-
mente operante tutta una vasta rete di canali nascosti
per lo smistamento degli innumerevoli rifugiati che per
varie ragioni dovevano fuggire, individualmente o a
schiere, dai paesi occupati. Per la stessa rete passavano
pure rifornimenti a formazioni partigiane, notizie segrete,
fondi ancor più segreti, contatti extra-diplomatici anche
tra cancellerie nemiche. Insomma, il non più giovane e
ormai tondeggiante Pro-Nuncio Taralli aveva giocato a
far l'agente 007 in sottana da prete, con un'astuzia e un
coraggio " ed una disinvoltura " che avevano spesso
messo in sacco non solo i servizi segreti elvetici, ma pu-
re quelli nazisti ed anche quelli alleati. il tutto con una bo-
nomia ed una piacevolezza di modi troppo spesso disar-
manti.
A guerra finita, il Vaticano aveva riconosciuto il valore
della sua opera diplomatica, pur senza pubblicizzarla
troppo data l'estrema delicatezza che ancora permeava
molte di quelle operazioni, e gli aveva affidato una delle
sedi più prestigiose e difficili, la Nunciatura in Francia.
Qui, un altro Taralli era emerso: l'uomo colto, l'uomo di
lettere, il diplomatico raffinato, dall'arguzia fine e dalla
versatile capacità dialettica. Aveva sempre avuto la giu-
sta mano nell'intervenire senza adombrare la delicata
suscettibilità del governo e la vanità delle troppe perso-
nalità di rilievo nel firmamento politico della Quarta Re-
pubblica. In più di un'occasione, come decano del cor-
po diplomatico accreditato a Parigi, era riuscito a sugge-
rire alcune soluzioni prudenti per sbloccare situazioni
incresciose o poco diplomatiche. Una volta, con accor-
tezza e tatto nel far tempestivamente pervenire l'informa-
zione adatta alla persona adatta, era riuscito a scongiu-
rare una grave crisi politica che avrebbe seriamente im-
barazzato lo stesso Presidente della Repubblica, I fran-
cesi gli erano stati riconoscenti e avevano insistito pres-
so il Vaticano per un cappello cardinalizio per il Nuncio,
ottenendolo. Lo avevano pure eletto corrispondente
esterno della Acadèmie Française, un onore che pochis-
simi altri stranieri avevano ricevuto.
Ormai anziano e cardinalato, si era ritirato dal servizio at-
tivo ed era stato nominato Arcivescovo nell'antica e pre-
stigiosa sede di Genova, dove intendeva chiudere i suoi
giorni. In poco tempo si era dimostrato un Arcivescovo
popolare, e non solo tra i cattolici praticanti. Senza per
nulla essere uno di quei prelati progressisti ed impegna-
ti, era riuscito a conquistarsi le simpatie anche dell'am-
ministrazione comunista della città , e specialmente della
zona rossa del porto dove il suo buon senso, l'equanimi-
tà , la sua disponibilità per tutti, ma anche la sua arguzia
e bonomia erano molto apprezzate. Il Cardinal Giobatta
si era così conquistato l'affetto dei suoi genovesi. Non
avendo ambizioni ed essendo riuscito a tenersi ben al di
fuori dagli intrighi ecclesiastici e dalle lotte intestine che
infestavano il soglio di Pietro, era in genere stimato an-
che dai suoi colleghi cardinali, I suoi rapporti con Roma
erano cordiali ma non ossequiosi e ci teneva ad agire
con una certa autonomia. Siccome non dava fastidio a
nessuno, veniva lasciato fare.
Alla morte del papa regnante, il Cardinale di Genova si
era unito al corteo degli altri cardinali che erano subito
corsi a Roma da tutto il mondo per le esequie solenni pri-
ma, e per il concistoro subito dopo. Immediatamente di-
vampó la pubblica corsa ad individuare i papabili. Lun-
ghe liste di vecchi cardinali senescenti vennero propo-
ste dalla stampa, motivando le possibili scelte con ragio-
ni più o meno attendibili e talvolta fantasiose. Il Cardinal
Segretario di Stato, il Cardinal Capo del Santo Uffizio, il
Cardinal Vicario di Roma, il Cardinal Arcivescovo di Tori-
no, quello di Palermo, perfino il Patriarca di Alessandria
d'Egitto vennero tutti presentati come scelte possibili,
anzi quasi sicure. il nome del Cardinale di Genova non
venne peró mai fatto. Ma soprattutto veniva fatto il nome
del Cardinal Pecorini, Arcivescovo di una delle più gran-
di metropoli italiane, abbastanza giovane d'età rispetto
ai suoi colleghi e che aveva avuto grande influenza in
curia.
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Per anni, infatti l'allora Monsignor Pecorini era stato una
figura eminente tra i collaboratori del vecchio pontefice.
Aveva fatto una carriera molto rapida, dovuta alle sue
non indifferenti doti di diplomatico e di lavoratore inde-
fesso e a una non indifferente ambizione. il Cardinal Ta-
ralli lo conosceva piuttosto bene, non tanto come perso-
na ma come funzionario con cui era stato in contatto
d'ufficio per più di una volta. Mentre ammirava le sue in-
dubbie qualità di lavoro, la sua intelligenza e la sua vasta
conoscenza dei problemi politici e religiosi, si sentiva più
a disagio nel dover giudicare l'aria ascetica un po' trop-
po affettata, l'impegno sociale un po' troppo sbandiera-
to, una puntigliosità pei dettagli che non escludeva peró
una certa disinvoltura nel riciclare problemi e responsa-
bilità verso altri. Insomma, v'era una certa mancanza di
chiarezza e semplicità che ad occhi meno generosi di
quelli del Cardinal Giobatta avrebbero forse potuto far
pensare ad una tendenza all'intrigo e al sotterfugio. Di
origine aristocratica, faceva pure vita mondana, fre-
quentando scrittori e artisti d'avanguardia, eminenti in-
dustriali e banchieri, anche attori ben noti del teatro e
della televisione. Come per molte altre personalità vati-
cane di rilievo, pettegolezzi e dicerie su Monsignor Pe-
corini, alcune tuttaltro che caritatevoli, erano fioriti a
dozzine, ma Taralli non se ne era mai preoccupato gran-
chè. Da molti Pecorini era stato visto come un possibile
delfino del vecchio papa e molti si erano perció affrettati
ad accodarsi sotto la coda della nuova stella nascente.
Quasi all'improvviso era stato nominato Arcivescovo in
una sede prestigiosa nel meridione d'Italia. sede che tra-
dizionalmente richiedeva il cardinalato. Molti, moltissimi,
avevano interpretato ció come una necessaria esperien-
za pastorale per integrare una carriera finora essenzial-
mente burocratica. Era stato fatto cardinale solo nell'ulti-
missimo concistoro di pochi mesi prima e questo forse,
insieme all'età non ancora canonica, poneva ora qual-
che perplessità giornalistica sulla sua papabilità .
Il Cardinal Taralli aveva comunque già deciso per un
suo candidato solido e di fiducia e, senza troppi proble-
mi, si apprestó a partecipare al suo primo e probabil-
mente ultimo conclave. Neppure un mese prima, infatti,
il suo medico gli aveva dato una assai brutta notizia. V'e-
ra un male incurabile, che non lasciava scampo. Al mas-
simo aveva un anno di vita o poco più. Non particolar-
mente turbato, il Cardinale gli aveva imposto il più asso-
luto silenzio e con massima riservatezza aveva comin-
ciato a prepararsi personalmente per concludere il suo
viaggio terreno. Era stato grato che il Signore gli avesse
concesso, prima di morire, l'alto privilegio di concorrere
all'elezione del nuovo successore di Pietro e con sereni-
tà si era messo in viaggio per Roma. Aveva qui ritrovato
molti amici e colleghi tra i cardinali riuniti da tutti i paesi
del mondo e gli era tornata specialmente gradita que-
st'ultima occasione di rivedere alcune persone care o
che stimava particolarmente. La stima e l'affetto erano
reciproci, tanto è vero che nella prima votazione segreta
del conclave, il suo nome era venuto fuori una mezza
dozzina di volte, un omaggio personale che il Cardinal
Taralli aveva anche gradito.
Pure nella seconda votazione vi erano stati voti per lui,
con sua sorpresa, ed ancor più nella terza. Ritiratisi i car-
dinali nella prima nottata nelle cellette segregate intorno
alla Cappella Sistina, iniziarono consultazioni febbrili e
trattative più o meno segrete. Una delegazione di quat-
tro eminenti cardinali, guidata dal potentissimo Settima-
ni, Segretario del SantUffizio, considerato il decano tra
i cardinali della Curia, arrivó sul tardi nella celletta del
Cardinal Taralli. Il Cardinal Settimani, da quell'uomo
sgarbato che era, entró subito in argomento senza mez-
zi termini:
— Taralli, noi curiali abbiamo deciso che voteremo in
blocco per lei. Con noi ci sono tutti i latino-americani, gli
spagnoli e due terzi degli italiani. Per lei voteranno di
certo tutti i francesi e almeno cinque dei nord-americani.
Quindi è fatta.
Il Cardinal Giobatta, dopo un primo stupore, gli rispose
sorridendo che non era possibile. V'erano delle ragioni
ben precise, oltre ai suoi sentimenti personali, che pre-
cludevano una sua scelta. Ma l'altro l'interruppe:
— Lo sappiamo benissimo. Lei è malato e non le rimane
forse molto da vivere.
— Come lo sapete? chiese Taralli
Il Cardinal Settimani si tolse un foglio di tasca e lesse l'e-
saffa diagnosi del suo male. Era il foglio stesso che il
Cardinal Giobatta aveva visto in mano al prafessor Bigli
a Genova solo un mese prima. Trattenendo l'indignazio-
ne, sbottó:
— Come fate ad avere quel foglio? Da chi l'avete avuto?
— Non ha molta importanza, ormai. Lei deve capire, Ta-
ralli che abbiamo bisogno di un papa di transizione per
poter preparare il terreno per il futuro pontificato. Natu-
ralmente non puó essere una transizione troppo lunga,
ma v'è bisogno di un uomo capace e attivo tino alla fine.
Soprattutto di una persona degna. Lei è indubbiamente
il migliore. Si deve sacrificare. per il bene della Chiesa.
E lei lo sa ancor meglio di me, Avremo in lei un buon
Papa.
— E chi è, di grazia, l'uomo per cui io dovrei fare da
ponte?
— Pecorini rispose il vecchio Settimanì a muso duro.
— Ma... ma questa è bella. Mi è sempre parso che lei
e Pecorini non vedeste esattamente a quattr occhi. Co-
me mai questi ripensamenti?
— Siamo qui per eleggere un papa, non per indagare
su rivalse personali. Ormai la maggioranza è raggiunta
e al primo scrutinio di domani si arriverà all'elezione.
Perció dobbiamo prepararci. C'è molto da fare e da de-
cidere.
Ma Taralli rifiutó e mise i quattro curiali alla porta. Si chiu-
se nella sua cella e si mise a pregare, più che altro per
calmare l'indignazione che gli ribolliva nel petto. Si an-
notó poi che, appena a Genova, doveva prendere il
prof. Bigli per la pelle del fondo della schiena. Non am-
metteva questo genere di cose.
Ben presto vi fu tutta una processione di cardinali alla
sua porta. Quelli francesi, tutti suoi amici, avevano sapu-
to e venivano a riferire che avrebbero votato per lui com-
pattamente, insieme coi pochi cardinali africani ed asiati-
ci. Vennero altri, italiani e stranieri, amici o solo colleghi,
individualmente o a gruppi. A tutti rispose di no, cortese-
mente ma fermamente. Ma fu il Cardinal di Santiago, il
vecchio e venerando Torrelèon y Camisa, che molto
aveva fatto per il giovane Taralli nel Cile degli anni '20
e con cui si era formata una sana e serena amicizia, che
la spuntó:
— Ma Giobatta. pensaci. Un'occasione cosi non ci capi-
terà più. Pensa a quante cose sì possono fare, anzi pos-
siamo fare, perchè noi ti sosterremo. in un anno. il coltel-
lo dalla parte del manico ce l'hai tu. per un anno intero,
e magari di più. Se non ci vai tu, ci metteranno qualcun
altro vecchio e barbogio, che veramente sarà un papa
di transizione e nulla più. Tu, invece, pensa quello che
potresti fare. Ricordati di quanto abbiam discusso insie-
me, di quando pensavamo alle riforme da fare, alle nuo-
ve impostazioni da dare, al nuovo spirito da infondere.
Devi aver coraggio. Pensaci e vedrai che ne vale la pe-
na, anche per un anno solo.
Giobatta ci pensó e diventó così il nuovo papa Giu-
seppe.
figura eminente tra i collaboratori del vecchio pontefice.
Aveva fatto una carriera molto rapida, dovuta alle sue
non indifferenti doti di diplomatico e di lavoratore inde-
fesso e a una non indifferente ambizione. il Cardinal Ta-
ralli lo conosceva piuttosto bene, non tanto come perso-
na ma come funzionario con cui era stato in contatto
d'ufficio per più di una volta. Mentre ammirava le sue in-
dubbie qualità di lavoro, la sua intelligenza e la sua vasta
conoscenza dei problemi politici e religiosi, si sentiva più
a disagio nel dover giudicare l'aria ascetica un po' trop-
po affettata, l'impegno sociale un po' troppo sbandiera-
to, una puntigliosità pei dettagli che non escludeva peró
una certa disinvoltura nel riciclare problemi e responsa-
bilità verso altri. Insomma, v'era una certa mancanza di
chiarezza e semplicità che ad occhi meno generosi di
quelli del Cardinal Giobatta avrebbero forse potuto far
pensare ad una tendenza all'intrigo e al sotterfugio. Di
origine aristocratica, faceva pure vita mondana, fre-
quentando scrittori e artisti d'avanguardia, eminenti in-
dustriali e banchieri, anche attori ben noti del teatro e
della televisione. Come per molte altre personalità vati-
cane di rilievo, pettegolezzi e dicerie su Monsignor Pe-
corini, alcune tuttaltro che caritatevoli, erano fioriti a
dozzine, ma Taralli non se ne era mai preoccupato gran-
chè. Da molti Pecorini era stato visto come un possibile
delfino del vecchio papa e molti si erano perció affrettati
ad accodarsi sotto la coda della nuova stella nascente.
Quasi all'improvviso era stato nominato Arcivescovo in
una sede prestigiosa nel meridione d'Italia. sede che tra-
dizionalmente richiedeva il cardinalato. Molti, moltissimi,
avevano interpretato ció come una necessaria esperien-
za pastorale per integrare una carriera finora essenzial-
mente burocratica. Era stato fatto cardinale solo nell'ulti-
missimo concistoro di pochi mesi prima e questo forse,
insieme all'età non ancora canonica, poneva ora qual-
che perplessità giornalistica sulla sua papabilità .
Il Cardinal Taralli aveva comunque già deciso per un
suo candidato solido e di fiducia e, senza troppi proble-
mi, si apprestó a partecipare al suo primo e probabil-
mente ultimo conclave. Neppure un mese prima, infatti,
il suo medico gli aveva dato una assai brutta notizia. V'e-
ra un male incurabile, che non lasciava scampo. Al mas-
simo aveva un anno di vita o poco più. Non particolar-
mente turbato, il Cardinale gli aveva imposto il più asso-
luto silenzio e con massima riservatezza aveva comin-
ciato a prepararsi personalmente per concludere il suo
viaggio terreno. Era stato grato che il Signore gli avesse
concesso, prima di morire, l'alto privilegio di concorrere
all'elezione del nuovo successore di Pietro e con sereni-
tà si era messo in viaggio per Roma. Aveva qui ritrovato
molti amici e colleghi tra i cardinali riuniti da tutti i paesi
del mondo e gli era tornata specialmente gradita que-
st'ultima occasione di rivedere alcune persone care o
che stimava particolarmente. La stima e l'affetto erano
reciproci, tanto è vero che nella prima votazione segreta
del conclave, il suo nome era venuto fuori una mezza
dozzina di volte, un omaggio personale che il Cardinal
Taralli aveva anche gradito.
Pure nella seconda votazione vi erano stati voti per lui,
con sua sorpresa, ed ancor più nella terza. Ritiratisi i car-
dinali nella prima nottata nelle cellette segregate intorno
alla Cappella Sistina, iniziarono consultazioni febbrili e
trattative più o meno segrete. Una delegazione di quat-
tro eminenti cardinali, guidata dal potentissimo Settima-
ni, Segretario del SantUffizio, considerato il decano tra
i cardinali della Curia, arrivó sul tardi nella celletta del
Cardinal Taralli. Il Cardinal Settimani, da quell'uomo
sgarbato che era, entró subito in argomento senza mez-
zi termini:
— Taralli, noi curiali abbiamo deciso che voteremo in
blocco per lei. Con noi ci sono tutti i latino-americani, gli
spagnoli e due terzi degli italiani. Per lei voteranno di
certo tutti i francesi e almeno cinque dei nord-americani.
Quindi è fatta.
Il Cardinal Giobatta, dopo un primo stupore, gli rispose
sorridendo che non era possibile. V'erano delle ragioni
ben precise, oltre ai suoi sentimenti personali, che pre-
cludevano una sua scelta. Ma l'altro l'interruppe:
— Lo sappiamo benissimo. Lei è malato e non le rimane
forse molto da vivere.
— Come lo sapete? chiese Taralli
Il Cardinal Settimani si tolse un foglio di tasca e lesse l'e-
saffa diagnosi del suo male. Era il foglio stesso che il
Cardinal Giobatta aveva visto in mano al prafessor Bigli
a Genova solo un mese prima. Trattenendo l'indignazio-
ne, sbottó:
— Come fate ad avere quel foglio? Da chi l'avete avuto?
— Non ha molta importanza, ormai. Lei deve capire, Ta-
ralli che abbiamo bisogno di un papa di transizione per
poter preparare il terreno per il futuro pontificato. Natu-
ralmente non puó essere una transizione troppo lunga,
ma v'è bisogno di un uomo capace e attivo tino alla fine.
Soprattutto di una persona degna. Lei è indubbiamente
il migliore. Si deve sacrificare. per il bene della Chiesa.
E lei lo sa ancor meglio di me, Avremo in lei un buon
Papa.
— E chi è, di grazia, l'uomo per cui io dovrei fare da
ponte?
— Pecorini rispose il vecchio Settimanì a muso duro.
— Ma... ma questa è bella. Mi è sempre parso che lei
e Pecorini non vedeste esattamente a quattr occhi. Co-
me mai questi ripensamenti?
— Siamo qui per eleggere un papa, non per indagare
su rivalse personali. Ormai la maggioranza è raggiunta
e al primo scrutinio di domani si arriverà all'elezione.
Perció dobbiamo prepararci. C'è molto da fare e da de-
cidere.
Ma Taralli rifiutó e mise i quattro curiali alla porta. Si chiu-
se nella sua cella e si mise a pregare, più che altro per
calmare l'indignazione che gli ribolliva nel petto. Si an-
notó poi che, appena a Genova, doveva prendere il
prof. Bigli per la pelle del fondo della schiena. Non am-
metteva questo genere di cose.
Ben presto vi fu tutta una processione di cardinali alla
sua porta. Quelli francesi, tutti suoi amici, avevano sapu-
to e venivano a riferire che avrebbero votato per lui com-
pattamente, insieme coi pochi cardinali africani ed asiati-
ci. Vennero altri, italiani e stranieri, amici o solo colleghi,
individualmente o a gruppi. A tutti rispose di no, cortese-
mente ma fermamente. Ma fu il Cardinal di Santiago, il
vecchio e venerando Torrelèon y Camisa, che molto
aveva fatto per il giovane Taralli nel Cile degli anni '20
e con cui si era formata una sana e serena amicizia, che
la spuntó:
— Ma Giobatta. pensaci. Un'occasione cosi non ci capi-
terà più. Pensa a quante cose sì possono fare, anzi pos-
siamo fare, perchè noi ti sosterremo. in un anno. il coltel-
lo dalla parte del manico ce l'hai tu. per un anno intero,
e magari di più. Se non ci vai tu, ci metteranno qualcun
altro vecchio e barbogio, che veramente sarà un papa
di transizione e nulla più. Tu, invece, pensa quello che
potresti fare. Ricordati di quanto abbiam discusso insie-
me, di quando pensavamo alle riforme da fare, alle nuo-
ve impostazioni da dare, al nuovo spirito da infondere.
Devi aver coraggio. Pensaci e vedrai che ne vale la pe-
na, anche per un anno solo.
Giobatta ci pensó e diventó così il nuovo papa Giu-
seppe.
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Non fu peró così facile. Vi furono molte transazioni, nomi
furono fatti per i diversi uffici, richieste vennero presenta-
te e stipulate. Perfino Pecorini venne a parlamentare.
Non chiese poi quel gran che. Ma un suo noto partigia-
no fece una richiesta strana. Chiese che i dossier perso-
nali riguardanti alcuni cardinali fossero tolti dall'archivio
segreto vaticano e ritornati agli interessati. Tra i quattro
nomi fatti v'era quello di Pecorini. E pure quello di Setti-
mani. A Taralli la proposta non piacque ma l'altro aveva
alcune forti possibilità di pressione. Inoltre era ormai tar-
di, tutti erano stanchi e volevano riposare, sapendo che
domani sarebbe stata una giornata campale. Si giunse
ad un compromesso: i dossier sarebbero stati ritirati dal-
l'archivio e il nuovo papa li avrebbe conservati lui stesso,
nella sua cassaforte personale, dove nessuno poteva
avere accesso. In tal modo erano fuori dalla portata di
mano di chiunque, e in curia le mani sono notoriamente
lunghissime. Il nuovo papa si impegnó solennemente a
non utilizzarli e a non discriminare quei cardinali in base
alle informazioni contenute nei dossier. Sapendolo vera-
mente una persona d'onore, ci si dovette accontentare
di questa soluzione.
Il pontificato di papa Giuseppe fu ben diverso da quello
che molti si erano aspettati all'inizio. Inoltre il Signore gli
estese il termine di lavoro e non solo un anno passó, ma
ben più d'uno. Se qualcuno si stesse rodendo le mani
dall'impazienza, ció non turbó minimamente la serenità
di papa Giuseppe, indaffarato com'era ad aprire le vetu-
ste finestre per dar aria al Vaticano e alla chiesa. Ma ció
esula dai limiti della nostra storia. Va invece ricordato
che subito dopo la sua elezione, il nuovo papa fece di-
scretamente venire il prof. Bigli a Roma e gli diede un'e-
nergica lavata di capo. Ma il primario riuscì a dimostrare
la sua perfetta buona fede. Si appuró così che il foglio
con la diagnosi del male era stato asportato dall'ufficio
del medico. I sospetti si appuntarono su una persona re-
sidente nella stessa città dove Pecorini era Arcivescovo.
Ma non v'erano prove. Inoltre, sempre nei suoi primissi-
mi giorni da papa, Giuseppe XIII andó personalmente
nell'archivio segreto del Vaticano e dall'archivista capo
si fece consegnare alcuni dossiers privati. Naturalmente
li lesse, prima di riporli nella sua cassaforte. il caso di
Settimani non era gran che, ma sufficiente perchè potes-
se essere delicatamente premuto per fare da fronte, vo-
lente o nolente, nelle trattative sia per questa che per la
prossima elezione.
Il caso Pecorini era ben più serio. V'era stato uno scan-
dalo, di natura molto privata, ed aveva messo in luce
una lunga serie di contatti con giovani funzionari vatica-
ni, attivisti dell'azione cattolica, un attore straniero non
molto noto, giovinastri romani, perfino delle guardie sviz-
zere. Il precedente pontefice, che non avrebbe battuto
ciglio su questioni di letto ma che era ferocemente mo-
nogamo e di inclinazione "giusta", non aveva tollerato
tale promiscuità e il tipo di persone che v'erano mmi-
schiate. Vi erano stati diversi allontanamenti e tacite de-
mozioni ma, con molta fatica ed estrema riservatezza,
tutto era stato tenuto perfettamente coperto, perfino ne-
gli ambienti vaticani. Il responsabile, avendo ormai per-
so la fiducia del papa, era stato allontanato con la pro-
mozione all'arcivescovato. Anche in Vaticano quasi nes-
suno era al corrente del fatto, che era uno dei segreti
meglio protetti per ben ovvie ragioni. Ma finchè quel
dossier esisteva, le ambizioni papali di Pecorini erano in
serio pericolo.
Papa Giuseppe tenne fede alla sua promessa, perchè
era veramente un uomo d'onore. Richiuse i dossier nella
sua cassaforte e non li usó mai. Cercó un successore di
sua scelta, peró, e lo trovó nella persona di Monsignor
Sveltini, romano di Roma, energico amministratore. Ma
Sveltini gli premorì e non vi fu più tempo per trovarne un
altro di quello stampo e di prepararlo adeguatamente.
Infatti, la salute di papa Giuseppe andava deteriorando-
si, il suo male si ripresentó, anche se non subito in forma
grave. Nessuno lo seppe. O almeno, quasi nessuno. Al
Pontefice venne riferito, in forma molto riservata, che il
Cardinal Pecorin aveva ripreso contatti con diversi car-
dinali e pare che stesse brigando per un'eventuale suc-
cessione. Aveva infatti cominciato a viaggiare all'estero.
in Europa e in America, e molti prelati italiani e stranieri
cominciavano a visitarlo nella sua arcidiocesi. Papa Giu-
seppe si insospettì. "Son stato fregato già una volta" si
disse "è meglio controllare". Guardó nella sua cassafor-
te privata e subito s'accorse che uno dei quattro dossier
era sparito, esattamente quello di Pecorini. Papa Taralli
era un gran brav'uomo, ma quando s'infuriava era terri-
bile. S'infurió, nello strettissimo cerchio dei suoi collabo-
ratori personali, ma fu inutile. Non si potè mai appurare
come qualcuno fosse riuscito a penetrare fin negli ap-
partamenti papali. "Me l'ha fatta anche stavolta" si dice-
va il papa, e non riusciva a darsi tregua.
Or accadde che in quei giorni papa Giuseppe ricevette
Madame Colbert. La signora era una vecchia conoscen-
za del papa, sin dal periodo della sua Nunciatura a Pari-
gi. Era la nuora di uno dei maggior accademici di Fran-
cia, il vecchio e onoratissimo Colbert, filosofo e scrittore
di fama mondiale. Per affinità elettiva, Lèonard Colbert
era divenuto amico intimo del Nuncio Taralli, in cui ave-
va trovato un uomo congeniale, di pari cultura, e una di
quelle poche persone oneste e rette, la cui amicizia ri-
schiara tutta una vita. Era stato Colbert a fornire al Nun-
cio la serie d'informazioni con cui poter discretamente
evitare il più grande scandalo politico della Quarta Re-
pubblica e Monsignor Taralli gliene era sempre stato rico-
noscente. Era anzi diventato un intimo di casa Colbert,
dove fin quando era rimasto a Parigi ogni settimana era
invitato a cena. Cècile, la vedova dell'unico figlio, ucciso
dai tedeschi durante la lotta partigiana, e madre del ni-
potino Jean-Luc, teneva casa per il grande suocero, a
cui la legava un affetto filiale. Intelligente e sensibile, Cè-
cile aveva sofferto moltissimo per l'uccisione brutale del
marito, reagendo con una intensità rabbiosa e indiscri-
minata che le stava rovinando il carattere e la personali-
tà . Furono i colloqui con l'umanissimo Monsignor Taralli
che le ridiedero una prospettiva più equilibrata e porta-
rono all'accettazione della sua situazione e alla rinascita
della fiducia nella vita. Le piacevano l'innato buon senso
dell'intelligente prelato, la gioiosità della sua visione di vi-
ta e la sua religiosità schietta e personale.
Gradualmente Cècile si riavvicinó alla religione e diven-
ne per lei un'abitudine confessarsi con Monsignor Taral-
li. Quando questi fu trasferito a Genova, decisero di non
rompere quel rapporto così importante per entrambi, co-
sicchè Cècile veniva appositamente in Italia due o tre
volte all'anno. Neppure l'elezione al papato troncó il rap-
porto e papa Giuseppe trovava sempre volentieri il tem-
po per confessare M.me Colbert e per sentire le notizie
della famiglia, I Colbert erano ospiti privilegiati in Vatica-
no, infatti, anche se il vecchio Lèonard non era ormai più
in grado di viaggiare.
Ma la visita di Cècile fu stavolta diversa dalle altre. Il pa-
pa si accorse subito che era accaduto qualcosa, veden-
do la donna insolitamente pallida e tesa. Andandole in-
contro nel suo studio privato dove era stata fatta entrare,
le chiese premurosamente:
— Che c'è, Cècile? Vi vedo turbata.
— Santità , dovete scusarmi. Questa volta non sono ve-
nuta solo per confessarmi, ma anche per chiedere aiuto.
— Lèonard? chiese ansiosamente il pontefice.
— No, Jean-Luc.
— Lèlou? esclamó papa Giuseppe, ricordandosi il ra-
gazzino sveglio ed intelligente con cui aveva passato
tanti pomeriggi a far parole incrociate, poi a correggere
compiti di greco, ed infine a parlare di filosofia e di politi-
ca. Come molti uomini intelligenti e sensibili che non si
sono fatti una famiglia, Giobatta Taralli aveva un debole
per i giovani, specie per quelli intelligenti e con una spic-
cata personalità . Molti figli e figlie dei suoi amici erano
stati da lui sostenuti e incoraggiati, talvolta con aiuti prati-
ci ed appoggi oltre che con sincera amicizia. Ma Lèlou
era il suo preferito e su di lui aveva riversato il suo affetto
avuncolare di nonno mancato. Il ragazzo era indubbia-
mente dotato, con la stessa vivacità di mente e genialità
di Lèonard Colbert e l'intelligenza e fierezza della ma-
dre. L'affetto era ricambiato, perchè Jean-Luc aveva tro-
vato nel vecchio prelato italiano un interlocutore valido
che gli poteva tener testa nelle discussioni, ma che pure
gli poteva tener mano nei suoi entusiasmi giovanili, con
una comprensione e una bonomia spesso rari nelle ge-
nerazioni più adulte. Ma a 24 anni, Lèlou non era ormai
più un ragazzo.
— Che è successo a Lèlou? Venga, Cècile, si segga qua
e mi dica tutto.
— Voi sapete, Santità , che dopo l'Ecole Supèrieure, ha
vinto all'inizio di quest'anno una borsa per studiare
Scienze Politiche alla Columbia University, a New York.
è un'ottima borsa di studio e gli dà molti soldi, troppi for-
se. Noi ne eravamo così contenti ed anche orgogliosi,
specialmente suo nonno. Ma New York... è una città
troppo grande e vi si puó trovare di tutto. lo allora non
sapevo che Jean-Luc avesse delle tendenze... beh, che
era omosessuale disse Cècile facendosi forza.
— Neppur io le disse il papa Ma cosa c'entra? S'è mes-
so nei guai? E come?
— Ricatto. L'essere libero e indipendente a New York gli
ha dato alla testa e ha perso il controllo. Ha cominciato
a frequentare degli ambienti tuttaltro che belli, e s'è la-
sciato intrappolare. Porta un nome famoso, purtroppo,
ben conosciuto anche al di là dell'Atlantico. In America
lo scandalo sarebbe solo di curiosità . In Francia, peró,
avrebbe ben altre ripercussioni, in politica, all'Acadè-
mie, nel mondo universitario, all'Elisèe anche. Non sa-
rebbe solo il disonore, ma la morte per papà Colbert.
Non sopravviverebbe al colpo.
— Ma come lo ricattano? Cosa vogliono? chiese il vec-
chio papa.
— Hanno delle fotografie... orrende, in cui Jean-Luc è ri-
tratto in atteggiamenti osceni, con altri uomini, lo non sa-
pevo che il mio ragazzo potesse cadere così in basso.
Non sapevo neppure che si facessero tali cose. Eppure
le ho viste coi miei occhi. Cècile si fermó guardando in
terra, affranta. Il papa la incoraggió dolcemente:
— E poi?
— il ragazzo ha pagato tutto quel che poteva, a New
York. Ma hanno chiesto di più, sempre di più. Tre mesi
fa, è arrivata una busta all'Acadèmie, con tre di quelle
foto. Per fortuna la segretaria, che è nostra amica da an-
ni, le ha portate subito da me. Poi è arrivata la richiesta
di soldi, molti, troppi per me. Non siamo così ricchi. Ho
venduto le azioni, ho venduto le mie perle, senza dire
nulla a papà Colbert naturalmente, e ho spedito il tutto
a New York, come hanno chiesto. Ma la settimana scor-
sa Jean-Luc ha ricevuto questa, e fece vedere una lette-
ra di ricatto in inglese in cui era indicata una grossa cifra
in dollari.
La minaccia questa volta era di mandare le foto alla
stampa francese, specialmente quella di destra.
— Potrei vendere la casa in Bretagna, ma come farei a
dirlo a papà Colbert? e poi, chi ci assicura che non conti-
nueranno a chiedere, a chiedere ancora? il ragazzo è
rovinato, ora. Ed è anche disperato, e parla di uccidersi.
Ma io non posso perderlo, non posso. è tutto quello che
ho e si mise a piangere silenziosamente.
— Calmatevi, Cècile. Forse potremo fare qualcosa. Anzi,
faremo qualcosa, e subito. Non vi posso lasciare in que-
sta situazione. Dov'è Jean-Luc ora?
— E' qui a Roma, con me.
— Perchè non è venuto?
Santità , si vergogna. Non vuole vedere nessuno. Non
è più lui, credetemi.
Papa Giuseppe sospiró e poi disse:
— Mandatemelo lo stesso, domattina sul presto e fissó
un appuntamento. Poi inizió la confessione e si fermó
più a lungo a confortare la donna e raccomandare fidu-
cia e prudenza.
furono fatti per i diversi uffici, richieste vennero presenta-
te e stipulate. Perfino Pecorini venne a parlamentare.
Non chiese poi quel gran che. Ma un suo noto partigia-
no fece una richiesta strana. Chiese che i dossier perso-
nali riguardanti alcuni cardinali fossero tolti dall'archivio
segreto vaticano e ritornati agli interessati. Tra i quattro
nomi fatti v'era quello di Pecorini. E pure quello di Setti-
mani. A Taralli la proposta non piacque ma l'altro aveva
alcune forti possibilità di pressione. Inoltre era ormai tar-
di, tutti erano stanchi e volevano riposare, sapendo che
domani sarebbe stata una giornata campale. Si giunse
ad un compromesso: i dossier sarebbero stati ritirati dal-
l'archivio e il nuovo papa li avrebbe conservati lui stesso,
nella sua cassaforte personale, dove nessuno poteva
avere accesso. In tal modo erano fuori dalla portata di
mano di chiunque, e in curia le mani sono notoriamente
lunghissime. Il nuovo papa si impegnó solennemente a
non utilizzarli e a non discriminare quei cardinali in base
alle informazioni contenute nei dossier. Sapendolo vera-
mente una persona d'onore, ci si dovette accontentare
di questa soluzione.
Il pontificato di papa Giuseppe fu ben diverso da quello
che molti si erano aspettati all'inizio. Inoltre il Signore gli
estese il termine di lavoro e non solo un anno passó, ma
ben più d'uno. Se qualcuno si stesse rodendo le mani
dall'impazienza, ció non turbó minimamente la serenità
di papa Giuseppe, indaffarato com'era ad aprire le vetu-
ste finestre per dar aria al Vaticano e alla chiesa. Ma ció
esula dai limiti della nostra storia. Va invece ricordato
che subito dopo la sua elezione, il nuovo papa fece di-
scretamente venire il prof. Bigli a Roma e gli diede un'e-
nergica lavata di capo. Ma il primario riuscì a dimostrare
la sua perfetta buona fede. Si appuró così che il foglio
con la diagnosi del male era stato asportato dall'ufficio
del medico. I sospetti si appuntarono su una persona re-
sidente nella stessa città dove Pecorini era Arcivescovo.
Ma non v'erano prove. Inoltre, sempre nei suoi primissi-
mi giorni da papa, Giuseppe XIII andó personalmente
nell'archivio segreto del Vaticano e dall'archivista capo
si fece consegnare alcuni dossiers privati. Naturalmente
li lesse, prima di riporli nella sua cassaforte. il caso di
Settimani non era gran che, ma sufficiente perchè potes-
se essere delicatamente premuto per fare da fronte, vo-
lente o nolente, nelle trattative sia per questa che per la
prossima elezione.
Il caso Pecorini era ben più serio. V'era stato uno scan-
dalo, di natura molto privata, ed aveva messo in luce
una lunga serie di contatti con giovani funzionari vatica-
ni, attivisti dell'azione cattolica, un attore straniero non
molto noto, giovinastri romani, perfino delle guardie sviz-
zere. Il precedente pontefice, che non avrebbe battuto
ciglio su questioni di letto ma che era ferocemente mo-
nogamo e di inclinazione "giusta", non aveva tollerato
tale promiscuità e il tipo di persone che v'erano mmi-
schiate. Vi erano stati diversi allontanamenti e tacite de-
mozioni ma, con molta fatica ed estrema riservatezza,
tutto era stato tenuto perfettamente coperto, perfino ne-
gli ambienti vaticani. Il responsabile, avendo ormai per-
so la fiducia del papa, era stato allontanato con la pro-
mozione all'arcivescovato. Anche in Vaticano quasi nes-
suno era al corrente del fatto, che era uno dei segreti
meglio protetti per ben ovvie ragioni. Ma finchè quel
dossier esisteva, le ambizioni papali di Pecorini erano in
serio pericolo.
Papa Giuseppe tenne fede alla sua promessa, perchè
era veramente un uomo d'onore. Richiuse i dossier nella
sua cassaforte e non li usó mai. Cercó un successore di
sua scelta, peró, e lo trovó nella persona di Monsignor
Sveltini, romano di Roma, energico amministratore. Ma
Sveltini gli premorì e non vi fu più tempo per trovarne un
altro di quello stampo e di prepararlo adeguatamente.
Infatti, la salute di papa Giuseppe andava deteriorando-
si, il suo male si ripresentó, anche se non subito in forma
grave. Nessuno lo seppe. O almeno, quasi nessuno. Al
Pontefice venne riferito, in forma molto riservata, che il
Cardinal Pecorin aveva ripreso contatti con diversi car-
dinali e pare che stesse brigando per un'eventuale suc-
cessione. Aveva infatti cominciato a viaggiare all'estero.
in Europa e in America, e molti prelati italiani e stranieri
cominciavano a visitarlo nella sua arcidiocesi. Papa Giu-
seppe si insospettì. "Son stato fregato già una volta" si
disse "è meglio controllare". Guardó nella sua cassafor-
te privata e subito s'accorse che uno dei quattro dossier
era sparito, esattamente quello di Pecorini. Papa Taralli
era un gran brav'uomo, ma quando s'infuriava era terri-
bile. S'infurió, nello strettissimo cerchio dei suoi collabo-
ratori personali, ma fu inutile. Non si potè mai appurare
come qualcuno fosse riuscito a penetrare fin negli ap-
partamenti papali. "Me l'ha fatta anche stavolta" si dice-
va il papa, e non riusciva a darsi tregua.
Or accadde che in quei giorni papa Giuseppe ricevette
Madame Colbert. La signora era una vecchia conoscen-
za del papa, sin dal periodo della sua Nunciatura a Pari-
gi. Era la nuora di uno dei maggior accademici di Fran-
cia, il vecchio e onoratissimo Colbert, filosofo e scrittore
di fama mondiale. Per affinità elettiva, Lèonard Colbert
era divenuto amico intimo del Nuncio Taralli, in cui ave-
va trovato un uomo congeniale, di pari cultura, e una di
quelle poche persone oneste e rette, la cui amicizia ri-
schiara tutta una vita. Era stato Colbert a fornire al Nun-
cio la serie d'informazioni con cui poter discretamente
evitare il più grande scandalo politico della Quarta Re-
pubblica e Monsignor Taralli gliene era sempre stato rico-
noscente. Era anzi diventato un intimo di casa Colbert,
dove fin quando era rimasto a Parigi ogni settimana era
invitato a cena. Cècile, la vedova dell'unico figlio, ucciso
dai tedeschi durante la lotta partigiana, e madre del ni-
potino Jean-Luc, teneva casa per il grande suocero, a
cui la legava un affetto filiale. Intelligente e sensibile, Cè-
cile aveva sofferto moltissimo per l'uccisione brutale del
marito, reagendo con una intensità rabbiosa e indiscri-
minata che le stava rovinando il carattere e la personali-
tà . Furono i colloqui con l'umanissimo Monsignor Taralli
che le ridiedero una prospettiva più equilibrata e porta-
rono all'accettazione della sua situazione e alla rinascita
della fiducia nella vita. Le piacevano l'innato buon senso
dell'intelligente prelato, la gioiosità della sua visione di vi-
ta e la sua religiosità schietta e personale.
Gradualmente Cècile si riavvicinó alla religione e diven-
ne per lei un'abitudine confessarsi con Monsignor Taral-
li. Quando questi fu trasferito a Genova, decisero di non
rompere quel rapporto così importante per entrambi, co-
sicchè Cècile veniva appositamente in Italia due o tre
volte all'anno. Neppure l'elezione al papato troncó il rap-
porto e papa Giuseppe trovava sempre volentieri il tem-
po per confessare M.me Colbert e per sentire le notizie
della famiglia, I Colbert erano ospiti privilegiati in Vatica-
no, infatti, anche se il vecchio Lèonard non era ormai più
in grado di viaggiare.
Ma la visita di Cècile fu stavolta diversa dalle altre. Il pa-
pa si accorse subito che era accaduto qualcosa, veden-
do la donna insolitamente pallida e tesa. Andandole in-
contro nel suo studio privato dove era stata fatta entrare,
le chiese premurosamente:
— Che c'è, Cècile? Vi vedo turbata.
— Santità , dovete scusarmi. Questa volta non sono ve-
nuta solo per confessarmi, ma anche per chiedere aiuto.
— Lèonard? chiese ansiosamente il pontefice.
— No, Jean-Luc.
— Lèlou? esclamó papa Giuseppe, ricordandosi il ra-
gazzino sveglio ed intelligente con cui aveva passato
tanti pomeriggi a far parole incrociate, poi a correggere
compiti di greco, ed infine a parlare di filosofia e di politi-
ca. Come molti uomini intelligenti e sensibili che non si
sono fatti una famiglia, Giobatta Taralli aveva un debole
per i giovani, specie per quelli intelligenti e con una spic-
cata personalità . Molti figli e figlie dei suoi amici erano
stati da lui sostenuti e incoraggiati, talvolta con aiuti prati-
ci ed appoggi oltre che con sincera amicizia. Ma Lèlou
era il suo preferito e su di lui aveva riversato il suo affetto
avuncolare di nonno mancato. Il ragazzo era indubbia-
mente dotato, con la stessa vivacità di mente e genialità
di Lèonard Colbert e l'intelligenza e fierezza della ma-
dre. L'affetto era ricambiato, perchè Jean-Luc aveva tro-
vato nel vecchio prelato italiano un interlocutore valido
che gli poteva tener testa nelle discussioni, ma che pure
gli poteva tener mano nei suoi entusiasmi giovanili, con
una comprensione e una bonomia spesso rari nelle ge-
nerazioni più adulte. Ma a 24 anni, Lèlou non era ormai
più un ragazzo.
— Che è successo a Lèlou? Venga, Cècile, si segga qua
e mi dica tutto.
— Voi sapete, Santità , che dopo l'Ecole Supèrieure, ha
vinto all'inizio di quest'anno una borsa per studiare
Scienze Politiche alla Columbia University, a New York.
è un'ottima borsa di studio e gli dà molti soldi, troppi for-
se. Noi ne eravamo così contenti ed anche orgogliosi,
specialmente suo nonno. Ma New York... è una città
troppo grande e vi si puó trovare di tutto. lo allora non
sapevo che Jean-Luc avesse delle tendenze... beh, che
era omosessuale disse Cècile facendosi forza.
— Neppur io le disse il papa Ma cosa c'entra? S'è mes-
so nei guai? E come?
— Ricatto. L'essere libero e indipendente a New York gli
ha dato alla testa e ha perso il controllo. Ha cominciato
a frequentare degli ambienti tuttaltro che belli, e s'è la-
sciato intrappolare. Porta un nome famoso, purtroppo,
ben conosciuto anche al di là dell'Atlantico. In America
lo scandalo sarebbe solo di curiosità . In Francia, peró,
avrebbe ben altre ripercussioni, in politica, all'Acadè-
mie, nel mondo universitario, all'Elisèe anche. Non sa-
rebbe solo il disonore, ma la morte per papà Colbert.
Non sopravviverebbe al colpo.
— Ma come lo ricattano? Cosa vogliono? chiese il vec-
chio papa.
— Hanno delle fotografie... orrende, in cui Jean-Luc è ri-
tratto in atteggiamenti osceni, con altri uomini, lo non sa-
pevo che il mio ragazzo potesse cadere così in basso.
Non sapevo neppure che si facessero tali cose. Eppure
le ho viste coi miei occhi. Cècile si fermó guardando in
terra, affranta. Il papa la incoraggió dolcemente:
— E poi?
— il ragazzo ha pagato tutto quel che poteva, a New
York. Ma hanno chiesto di più, sempre di più. Tre mesi
fa, è arrivata una busta all'Acadèmie, con tre di quelle
foto. Per fortuna la segretaria, che è nostra amica da an-
ni, le ha portate subito da me. Poi è arrivata la richiesta
di soldi, molti, troppi per me. Non siamo così ricchi. Ho
venduto le azioni, ho venduto le mie perle, senza dire
nulla a papà Colbert naturalmente, e ho spedito il tutto
a New York, come hanno chiesto. Ma la settimana scor-
sa Jean-Luc ha ricevuto questa, e fece vedere una lette-
ra di ricatto in inglese in cui era indicata una grossa cifra
in dollari.
La minaccia questa volta era di mandare le foto alla
stampa francese, specialmente quella di destra.
— Potrei vendere la casa in Bretagna, ma come farei a
dirlo a papà Colbert? e poi, chi ci assicura che non conti-
nueranno a chiedere, a chiedere ancora? il ragazzo è
rovinato, ora. Ed è anche disperato, e parla di uccidersi.
Ma io non posso perderlo, non posso. è tutto quello che
ho e si mise a piangere silenziosamente.
— Calmatevi, Cècile. Forse potremo fare qualcosa. Anzi,
faremo qualcosa, e subito. Non vi posso lasciare in que-
sta situazione. Dov'è Jean-Luc ora?
— E' qui a Roma, con me.
— Perchè non è venuto?
Santità , si vergogna. Non vuole vedere nessuno. Non
è più lui, credetemi.
Papa Giuseppe sospiró e poi disse:
— Mandatemelo lo stesso, domattina sul presto e fissó
un appuntamento. Poi inizió la confessione e si fermó
più a lungo a confortare la donna e raccomandare fidu-
cia e prudenza.
- Barabino
- Bannato
- Messaggi: 17014
- Iscritto il: 08/07/2001, 2:00
- Località: Un non-luogo vicino a Grosseto...
- Contatta:
La mattina dopo il giovane Jean-Luc Colbert fu fatto en-
trare a far colazione con il papa. Non vi furono reprimen-
de, perchè era abbondantemente chiaro quanto la lezio-
ne fosse già andata a segno. Si trattava ora di organizza-
re l'operazione di salvataggio. Dal ragazzo venne a sa-
pere che il tutto era cominciato in una certa sauna a New
York, frequentata da diplomatici, da funzionari delle Na-
zioni Unite, da agenti di borsa, da funzionari di banche
private, gente ricca e importante cioè. Costava molto,
per selezionare la clientela, ma lui aveva disponibilità di
danaro e imprudentemente aveva lasciato sapere il suo
nome. Il proprietario, un irlandese, Paddy Donovan, gli
si era fatto amico e lo aveva introdotto in un ambiente
ancor più esclusivo e riservato, in un edificio accanto, al
numero 347 di East 43rd Street. (il papa prese un ap-
punto dell'indirizzo e del nome). La parola d'ordine per
farsi ammettere era Springtime - Mi manda Paddy. Vi
era andato due o tre volte. Vi si facevano orgie tra uomi-
ni, usando poppers per eccitarsi (il papa si fece spiegare
cosa fossero). Jean-Luc non sapeva quando o come le
foto fossero state scattate. Lui non si era mai accorto di
nulla.
Papa Giuseppe chiese di vedere le foto e il ragazzo im-
pallidì.
— Non è certo per curiosità , credimi. Ma devo vedere
se veramente possono servire per un ricatto. Spesso
una vittima vi vede molto di più di quanto veramente ci
sia. Quando ci si sente in colpa, non si è sempre obiettivi
nel valutare. Su, tirale fuori. Lo so che le hai con te.
Con visibile sforzo il ragazzo diede al vecchio papa tre
foto. Era facilmente riconoscibile su tutte e tre, in due di
esse veniva sodomizzato, da un uomo bianco e da un
negro rispettivamente nudi, e mentre si faceva sottopor-
re a un rapporto orale da un altro giovane nella terza
foto.
Sommessamente, quasi tra sè e sè, il papa commentó:
— Non c'è dubbio, sono troppo esplicite.
Poi, rivolto al ragazzo, che sedeva rigido per la vergo-
gna e l'imbarazzo:
— Peró, ció che qui mi delude un poco, Lèlou, è il fatto
che da queste foto sembra che tu stia solo subendo, mai
facendo. Non me lo sarei immaginato, conoscendoti.
Mah! "La carne è debole", dicono, anche se a me è
sempre parso che chi dice così di solito ha la carne mol-
to più forte dello spirito. Lasciamele comunque, vedre-
mo cosa si puó fare. Non ti preoccupare per il ricatto. A
quello ci penseremo noi. Ora va, e non peccare più, co-
me disse Gesù all'adultera. Vangelo di Giovanni, capito-
lo ottavo. Dovresti leggertelo. E il brano famoso del "Chi
è senza peccato".
E citando a memoria disse:
— "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra su
Di lei. Ma quelli, udito ció, se ne andarono tutti, comin-
ciando dai più vecchi (e qui il papa ammiccó sorriden-
do) e Gesù restó solo con la donna. Allora alzatosi le dis-
se. Dove sono, donna, quelli che ti accusavano? Nessu-
no ti ha condannata. E nemmeno io ti condanneró. Va
e non peccare più". Vedi, Lèlou, se non ti condanna Lui,
non lo posso certo fare io, il tuo vecchio amico Taralli,
che ti vuol sempre bene. E poi, ora hai forse più bisogno
di essere consolato che condannato, e gli fece una ca-
rezza. Il ventiquattrenne Jean-Luc si mise a piangere.
Rincuorato e congedato il ragazzo, il papa chiese al suo
segretario di far venire quel pomeriggio il commendator
Cerutti, che era stato suo collaboratore al tempo della
Pro-Nunziatura in Svizzera e che aveva richiamato in
servizio da quando era stato eletto papa. Ufficialmente,
Cerutti ricopriva il posto di ispettore dei servizi di sorve-
glianza, ma veniva spesso usato dal pontefice per incari-
chi particolari e confidenziali. Era ancora un uomo abba-
stanza giovane, che si era mantenuto in allenamento e
non dimostrava i suoi anni. Gli fu esposto il caso e il com-
mendatore disse che si poteva fare. Aveva pure il con-
tatto adatto, un investigatore di New York con cui aveva
già lavorato per alcuni problemi di traffico di valuta. Sa-
rebbe costato non poco, peró, perchè le informazioni in
America erano care. Il papa gli confermó che era una
faccenda privata e che si sarebbe accollato lui tutti gli
oneri, qualunque essi fossero. il papa gli lasció le foto e
l'appunto con l'indirizzo.
— Ah, dimenticavo. La parola d'ordine per entrare in
quella casa è "Summertime - Mi manda Paddy". Mi rac-
comando ancora, Cerutti, massima discrezione. Appena
sa qualcosa me lo faccia subito sapere. Priorità assoluta
Lei sa come fare.
E congedó anche Cerutti.
Alcune settimane passarono e a salute di papa Giusep-
pe peggioró. Ma il vecchio pontefice non smise di lavo-
rare, dato che aveva ancora tante, tantissime cose da si-
stemare. Un giorno peró il suo segretario gli disse che
Cerutti era appena tornato da New York e chiedeva dì
vederlo, il papa lo fece venire nella prima pausa disponi-
bile tra due udienze. il commendatore entró e si inchinó
a baciare l'anello con un storcimento strano, come se
fosse in pena.
— Come è andata, Cerutti? Mi dica in fretta, che non ho
molto tempo. Ho un'udienza colla delegazione filippina
tra poco.
— Tutto bene, Santità . E stato tutto molto più facile del
previsto. Quel Paddy Donovan, come tutti gli irlandesi,
sembra essere un buon cattolico. Sì, insomma, quando
gli si è fatto capire che il papa era un amico di famiglia
dei Colbert ed era interessato a far finire questa storia,
ha subito ridato indietro i rullini delle negative. Sono qui
in questa cartella, con un resoconto delle spese e di tutto
il resto. Ha anche promesso che ridarà indietro i soldi ai
Colbert. E ha chiesto una benedizione papale per lui e
la sua famiglia...
— Col cavolo! sbottó papa Giuseppe, prendendo la car-
tella che gli era porta. Cattolici così mi rovinano la reputa-
zione. Ma cosa l'è capitato, Cerutti? Sembra tutto storto.
Su, si sieda qui.
— Non mi posso sedere, Santità . Ho dovuto fare tutto il
viaggio aereo in piedi. Mi fa ancora un male.
Poi, data la lunga domestichezza, se non la familiarità ,
che aveva da anni con Giobatta Taralli, si lasció scap-
pare:
— Lei m'ha fatto un bello scherzo, Santità , col darmi la
parola d'ordine sbagliata.
— Mio Dio, cos'è mai successo? Mi racconti, su, Cerutti.
Il commendatore tentó di divagare, ma il papa insistette
e alla fine venne fuori tutta la storia. Senza reticenze, co-
me il papa aveva richiesto.
trare a far colazione con il papa. Non vi furono reprimen-
de, perchè era abbondantemente chiaro quanto la lezio-
ne fosse già andata a segno. Si trattava ora di organizza-
re l'operazione di salvataggio. Dal ragazzo venne a sa-
pere che il tutto era cominciato in una certa sauna a New
York, frequentata da diplomatici, da funzionari delle Na-
zioni Unite, da agenti di borsa, da funzionari di banche
private, gente ricca e importante cioè. Costava molto,
per selezionare la clientela, ma lui aveva disponibilità di
danaro e imprudentemente aveva lasciato sapere il suo
nome. Il proprietario, un irlandese, Paddy Donovan, gli
si era fatto amico e lo aveva introdotto in un ambiente
ancor più esclusivo e riservato, in un edificio accanto, al
numero 347 di East 43rd Street. (il papa prese un ap-
punto dell'indirizzo e del nome). La parola d'ordine per
farsi ammettere era Springtime - Mi manda Paddy. Vi
era andato due o tre volte. Vi si facevano orgie tra uomi-
ni, usando poppers per eccitarsi (il papa si fece spiegare
cosa fossero). Jean-Luc non sapeva quando o come le
foto fossero state scattate. Lui non si era mai accorto di
nulla.
Papa Giuseppe chiese di vedere le foto e il ragazzo im-
pallidì.
— Non è certo per curiosità , credimi. Ma devo vedere
se veramente possono servire per un ricatto. Spesso
una vittima vi vede molto di più di quanto veramente ci
sia. Quando ci si sente in colpa, non si è sempre obiettivi
nel valutare. Su, tirale fuori. Lo so che le hai con te.
Con visibile sforzo il ragazzo diede al vecchio papa tre
foto. Era facilmente riconoscibile su tutte e tre, in due di
esse veniva sodomizzato, da un uomo bianco e da un
negro rispettivamente nudi, e mentre si faceva sottopor-
re a un rapporto orale da un altro giovane nella terza
foto.
Sommessamente, quasi tra sè e sè, il papa commentó:
— Non c'è dubbio, sono troppo esplicite.
Poi, rivolto al ragazzo, che sedeva rigido per la vergo-
gna e l'imbarazzo:
— Peró, ció che qui mi delude un poco, Lèlou, è il fatto
che da queste foto sembra che tu stia solo subendo, mai
facendo. Non me lo sarei immaginato, conoscendoti.
Mah! "La carne è debole", dicono, anche se a me è
sempre parso che chi dice così di solito ha la carne mol-
to più forte dello spirito. Lasciamele comunque, vedre-
mo cosa si puó fare. Non ti preoccupare per il ricatto. A
quello ci penseremo noi. Ora va, e non peccare più, co-
me disse Gesù all'adultera. Vangelo di Giovanni, capito-
lo ottavo. Dovresti leggertelo. E il brano famoso del "Chi
è senza peccato".
E citando a memoria disse:
— "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra su
Di lei. Ma quelli, udito ció, se ne andarono tutti, comin-
ciando dai più vecchi (e qui il papa ammiccó sorriden-
do) e Gesù restó solo con la donna. Allora alzatosi le dis-
se. Dove sono, donna, quelli che ti accusavano? Nessu-
no ti ha condannata. E nemmeno io ti condanneró. Va
e non peccare più". Vedi, Lèlou, se non ti condanna Lui,
non lo posso certo fare io, il tuo vecchio amico Taralli,
che ti vuol sempre bene. E poi, ora hai forse più bisogno
di essere consolato che condannato, e gli fece una ca-
rezza. Il ventiquattrenne Jean-Luc si mise a piangere.
Rincuorato e congedato il ragazzo, il papa chiese al suo
segretario di far venire quel pomeriggio il commendator
Cerutti, che era stato suo collaboratore al tempo della
Pro-Nunziatura in Svizzera e che aveva richiamato in
servizio da quando era stato eletto papa. Ufficialmente,
Cerutti ricopriva il posto di ispettore dei servizi di sorve-
glianza, ma veniva spesso usato dal pontefice per incari-
chi particolari e confidenziali. Era ancora un uomo abba-
stanza giovane, che si era mantenuto in allenamento e
non dimostrava i suoi anni. Gli fu esposto il caso e il com-
mendatore disse che si poteva fare. Aveva pure il con-
tatto adatto, un investigatore di New York con cui aveva
già lavorato per alcuni problemi di traffico di valuta. Sa-
rebbe costato non poco, peró, perchè le informazioni in
America erano care. Il papa gli confermó che era una
faccenda privata e che si sarebbe accollato lui tutti gli
oneri, qualunque essi fossero. il papa gli lasció le foto e
l'appunto con l'indirizzo.
— Ah, dimenticavo. La parola d'ordine per entrare in
quella casa è "Summertime - Mi manda Paddy". Mi rac-
comando ancora, Cerutti, massima discrezione. Appena
sa qualcosa me lo faccia subito sapere. Priorità assoluta
Lei sa come fare.
E congedó anche Cerutti.
Alcune settimane passarono e a salute di papa Giusep-
pe peggioró. Ma il vecchio pontefice non smise di lavo-
rare, dato che aveva ancora tante, tantissime cose da si-
stemare. Un giorno peró il suo segretario gli disse che
Cerutti era appena tornato da New York e chiedeva dì
vederlo, il papa lo fece venire nella prima pausa disponi-
bile tra due udienze. il commendatore entró e si inchinó
a baciare l'anello con un storcimento strano, come se
fosse in pena.
— Come è andata, Cerutti? Mi dica in fretta, che non ho
molto tempo. Ho un'udienza colla delegazione filippina
tra poco.
— Tutto bene, Santità . E stato tutto molto più facile del
previsto. Quel Paddy Donovan, come tutti gli irlandesi,
sembra essere un buon cattolico. Sì, insomma, quando
gli si è fatto capire che il papa era un amico di famiglia
dei Colbert ed era interessato a far finire questa storia,
ha subito ridato indietro i rullini delle negative. Sono qui
in questa cartella, con un resoconto delle spese e di tutto
il resto. Ha anche promesso che ridarà indietro i soldi ai
Colbert. E ha chiesto una benedizione papale per lui e
la sua famiglia...
— Col cavolo! sbottó papa Giuseppe, prendendo la car-
tella che gli era porta. Cattolici così mi rovinano la reputa-
zione. Ma cosa l'è capitato, Cerutti? Sembra tutto storto.
Su, si sieda qui.
— Non mi posso sedere, Santità . Ho dovuto fare tutto il
viaggio aereo in piedi. Mi fa ancora un male.
Poi, data la lunga domestichezza, se non la familiarità ,
che aveva da anni con Giobatta Taralli, si lasció scap-
pare:
— Lei m'ha fatto un bello scherzo, Santità , col darmi la
parola d'ordine sbagliata.
— Mio Dio, cos'è mai successo? Mi racconti, su, Cerutti.
Il commendatore tentó di divagare, ma il papa insistette
e alla fine venne fuori tutta la storia. Senza reticenze, co-
me il papa aveva richiesto.
- Barabino
- Bannato
- Messaggi: 17014
- Iscritto il: 08/07/2001, 2:00
- Località: Un non-luogo vicino a Grosseto...
- Contatta:
La mattina dopo il giovane Jean-Luc Colbert fu fatto en-
trare a far colazione con il papa. Non vi furono reprimen-
de, perchè era abbondantemente chiaro quanto la lezio-
ne fosse già andata a segno. Si trattava ora di organizza-
re l'operazione di salvataggio. Dal ragazzo venne a sa-
pere che il tutto era cominciato in una certa sauna a New
York, frequentata da diplomatici, da funzionari delle Na-
zioni Unite, da agenti di borsa, da funzionari di banche
private, gente ricca e importante cioè. Costava molto,
per selezionare la clientela, ma lui aveva disponibilità di
danaro e imprudentemente aveva lasciato sapere il suo
nome. Il proprietario, un irlandese, Paddy Donovan, gli
si era fatto amico e lo aveva introdotto in un ambiente
ancor più esclusivo e riservato, in un edificio accanto, al
numero 347 di East 43rd Street. (il papa prese un ap-
punto dell'indirizzo e del nome). La parola d'ordine per
farsi ammettere era Springtime - Mi manda Paddy. Vi
era andato due o tre volte. Vi si facevano orgie tra uomi-
ni, usando poppers per eccitarsi (il papa si fece spiegare
cosa fossero). Jean-Luc non sapeva quando o come le
foto fossero state scattate. Lui non si era mai accorto di
nulla.
Papa Giuseppe chiese di vedere le foto e il ragazzo im-
pallidì.
— Non è certo per curiosità , credimi. Ma devo vedere
se veramente possono servire per un ricatto. Spesso
una vittima vi vede molto di più di quanto veramente ci
sia. Quando ci si sente in colpa, non si è sempre obiettivi
nel valutare. Su, tirale fuori. Lo so che le hai con te.
Con visibile sforzo il ragazzo diede al vecchio papa tre
foto. Era facilmente riconoscibile su tutte e tre, in due di
esse veniva sodomizzato, da un uomo bianco e da un
negro rispettivamente nudi, e mentre si faceva sottopor-
re a un rapporto orale da un altro giovane nella terza
foto.
Sommessamente, quasi tra sè e sè, il papa commentó:
— Non c'è dubbio, sono troppo esplicite.
Poi, rivolto al ragazzo, che sedeva rigido per la vergo-
gna e l'imbarazzo:
— Peró, ció che qui mi delude un poco, Lèlou, è il fatto
che da queste foto sembra che tu stia solo subendo, mai
facendo. Non me lo sarei immaginato, conoscendoti.
Mah! "La carne è debole", dicono, anche se a me è
sempre parso che chi dice così di solito ha la carne mol-
to più forte dello spirito. Lasciamele comunque, vedre-
mo cosa si puó fare. Non ti preoccupare per il ricatto. A
quello ci penseremo noi. Ora va, e non peccare più, co-
me disse Gesù all'adultera. Vangelo di Giovanni, capito-
lo ottavo. Dovresti leggertelo. E il brano famoso del "Chi
è senza peccato".
E citando a memoria disse:
— "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra su
Di lei. Ma quelli, udito ció, se ne andarono tutti, comin-
ciando dai più vecchi (e qui il papa ammiccó sorriden-
do) e Gesù restó solo con la donna. Allora alzatosi le dis-
se. Dove sono, donna, quelli che ti accusavano? Nessu-
no ti ha condannata. E nemmeno io ti condanneró. Va
e non peccare più". Vedi, Lèlou, se non ti condanna Lui,
non lo posso certo fare io, il tuo vecchio amico Taralli,
che ti vuol sempre bene. E poi, ora hai forse più bisogno
di essere consolato che condannato, e gli fece una ca-
rezza. Il ventiquattrenne Jean-Luc si mise a piangere.
Rincuorato e congedato il ragazzo, il papa chiese al suo
segretario di far venire quel pomeriggio il commendator
Cerutti, che era stato suo collaboratore al tempo della
Pro-Nunziatura in Svizzera e che aveva richiamato in
servizio da quando era stato eletto papa. Ufficialmente,
Cerutti ricopriva il posto di ispettore dei servizi di sorve-
glianza, ma veniva spesso usato dal pontefice per incari-
chi particolari e confidenziali. Era ancora un uomo abba-
stanza giovane, che si era mantenuto in allenamento e
non dimostrava i suoi anni. Gli fu esposto il caso e il com-
mendatore disse che si poteva fare. Aveva pure il con-
tatto adatto, un investigatore di New York con cui aveva
già lavorato per alcuni problemi di traffico di valuta. Sa-
rebbe costato non poco, peró, perchè le informazioni in
America erano care. Il papa gli confermó che era una
faccenda privata e che si sarebbe accollato lui tutti gli
oneri, qualunque essi fossero. il papa gli lasció le foto e
l'appunto con l'indirizzo.
— Ah, dimenticavo. La parola d'ordine per entrare in
quella casa è "Summertime - Mi manda Paddy". Mi rac-
comando ancora, Cerutti, massima discrezione. Appena
sa qualcosa me lo faccia subito sapere. Priorità assoluta
Lei sa come fare.
E congedó anche Cerutti.
Alcune settimane passarono e a salute di papa Giusep-
pe peggioró. Ma il vecchio pontefice non smise di lavo-
rare, dato che aveva ancora tante, tantissime cose da si-
stemare. Un giorno peró il suo segretario gli disse che
Cerutti era appena tornato da New York e chiedeva dì
vederlo, il papa lo fece venire nella prima pausa disponi-
bile tra due udienze. il commendatore entró e si inchinó
a baciare l'anello con un storcimento strano, come se
fosse in pena.
— Come è andata, Cerutti? Mi dica in fretta, che non ho
molto tempo. Ho un'udienza colla delegazione filippina
tra poco.
— Tutto bene, Santità . E stato tutto molto più facile del
previsto. Quel Paddy Donovan, come tutti gli irlandesi,
sembra essere un buon cattolico. Sì, insomma, quando
gli si è fatto capire che il papa era un amico di famiglia
dei Colbert ed era interessato a far finire questa storia,
ha subito ridato indietro i rullini delle negative. Sono qui
in questa cartella, con un resoconto delle spese e di tutto
il resto. Ha anche promesso che ridarà indietro i soldi ai
Colbert. E ha chiesto una benedizione papale per lui e
la sua famiglia...
— Col cavolo! sbottó papa Giuseppe, prendendo la car-
tella che gli era porta. Cattolici così mi rovinano la reputa-
zione. Ma cosa l'è capitato, Cerutti? Sembra tutto storto.
Su, si sieda qui.
— Non mi posso sedere, Santità . Ho dovuto fare tutto il
viaggio aereo in piedi. Mi fa ancora un male.
Poi, data la lunga domestichezza, se non la familiarità ,
che aveva da anni con Giobatta Taralli, si lasció scap-
pare:
— Lei m'ha fatto un bello scherzo, Santità , col darmi la
parola d'ordine sbagliata.
— Mio Dio, cos'è mai successo? Mi racconti, su, Cerutti.
Il commendatore tentó di divagare, ma il papa insistette
e alla fine venne fuori tutta la storia. Senza reticenze, co-
me il papa aveva richiesto.
Non era stato difficile contattare Paddy Donovan ed un
paio di telefonate avevano chiarito l'incidente. Si trattava
solo di andare a riprendere i rullini delle negative e l'ap-
puntamento era proprio nella famosa casa al numero
347 di East 43rd Street. Cerutti disse che sapeva già la
parola d'ordine e infatti, presentatosi a quell'indirizzo,
una casa dignitosa dalle parti delle Nazioni Unite, era
stato ricevuto da un omone nerboruto con i capelli lun-
ghi e il labbro pendulo, che sedeva in portineria. Quan-
do aveva detto: Summertime - Mi manda Paddy, vi era
stato uno sguardo un po' strano. Poi gli era stato chiesto
di specificare: Springtime o Summertime? Cerutti aveva
precisato che si trattava di "Summertime". Al che l'uo-
mo aveva scrollato le spalle e Cerutti lo aveva sentito di-
re nel citofono del suo sgabuzzino da portiere:
— Eddy, c'è qui uno per un "Summertime". Me lo devo
sbrigar io. Vieni giù tu in portineria. E manda su Jack e
Ruby.
Poi era stato fatto accomodare in una, stanza al primo
piano, senza finestre dove c'era soltanto un lettino orto-
pedico. Dopo un poco erano entrati tre uomini tutti nudi.
Uno era l'uomo di prima, gli altri erano due grossi negri,
uno giovane ed uno di mezza età . Tutti e tre avevano tre
immense proboscidi da far paura e senza parlare lo ave-
vano preso e, nonostante le sue proteste e il tentativo di
liberarsi, l'avevano completamente spogliato. Quando
avevano visto la pistola che portava sotto l'ascella, si
erano incattiviti e l'avevano anche malmenato un poco
nel legarlo sul lettino dove poi l'avevano... violentato.
— Cerutti, siamo tra uomini. Diciamo pane al pane e vi-
no al vino. Gliel'hanno messo in quel posto, vero?
— Certo, tutti e tre in fila, uno dopo l'altro, a turno, men-
tre gli altri due mi tenevano fermo. Poi han cominciato
col "fist fucking".
— E che cosa è?
— Santità , non so come tradurlo in italiano. lo l'ho sem-
pre sentito in inglese. Comunque, vuoi dire che mi han-
no infilato un braccio intero su per il sedere.
— UN BRACCIO INTERO? E come si fa?
— Si fa, Santità , si fa. Si copre il braccio con uno strato
di vaselina e poi, adagio adagio, lo si caccia su, fino al
gomito.
— FINO AL GOMITO? il papa era esterefatto. Aveva
sempre pensato di essere stato un uomo di mondo e di
sapere certe cose, ma questa proprio non l'aveva mai
sentita.
— Santità , non so se vuol proprio sentire tutti questi parti-
colari. L'udienza coi filippini...
— Non si preoccupi dei filippini, Cerutti. Vada avanti. Fi-
no al gomito, ha detto? E fa male?
— Certo che fa male. E bisogna star fermi e quieti, se no
fa ancor più male.
— Ma perchè gliel'hanno fatto? Non capisco proprio.
M'ha detto che tutto era andato bene e che quell'irlan-
dese le voleva ridare i rullini. Una vendetta, forse?
— No, un caso. Solo un caso. Adesso le spiego. Il primo
aveva finito e il secondo si stava preparando il braccio
con la vaselina, quando è entrato Donovan. Ha fatto su-
bito fermar tutto. Ha mandato via quei tre satanassi tutti
nudi e m'ha aiutato a mettermi in piedi e a vestirmi. Non
finiva più di scusarsi. Ma la colpa era stata mia, anzi,
sua, Santità . Pare che in quella casa si siano specializza-
ti in tutti i gusti. C'è della gente che è masochista e vuole
solo essere...
— Imbracciata, forse? suggerì il papa.
— Beh, sì ha già capito. Altri pagano per essere frustati
o peggio. La parola d'ordine per entrare solamente nella
casa, nel primo girone cioè, è Springtime. Infatti il ragaz-
zo conosceva solo quella. Me l'ha spiegato Donovan. In-
vece, Summertime è per un trattamento di "fist fucking",
fatto dal portiere, dall'uomo delle pulizie e dal garagista.
Nessuno chiede mai nulla. Nè nome nè altro. Basta la
parola d'ordine, I clienti, pare, vogliono così E son clien-
ti importanti, che pagano fior di dollari. Ma, dato che lei,
Santità , mi aveva detto Summertime come parola d'ordi-
ne, io ho chiesto, e insistito, per un Summertime, che ho
debitamente avuto. E' stata un 'esperienza anche questa,
devo dire, Probabilmente lei, Santità si è confuso i nomi
delle stagioni. C'è una canzone, abbastanza nota, che
si chiama Summertime.
— E vero, ho proprio sbagliato io. Ora ricordo bene che
Jean-Luc mi aveva detto Springtime. No, le canzoni io
non le conosco. è che io non son tanto bravo con l'ingle-
se, purtroppo. Cerutti, ne sono desolato, mi creda. Anzi,
sono imbarazzato. Non so come potró mai scusarmi.
Quel che le ho fatto passare è inscusabile.
— Non si preoccupi, Santità , ci ha già pensato Donovan.
Per scusarsi, m'ha aperto un conto in banca, a New
York. Peró mi fa ancora male. M'ha anche fatto visitare
dal suo medico privato. Sembra che non vi sia altro che
i muscoli indolenziti. Nessun 'altra conseguenza di rilie-
vo. Se non l'orgoglio ferito. Per modo di dire, cioè.
— Non scherzi troppo su queste cose. . Guardi come
l'han ridotto. Comunque ci penseró anch'io a farle avere
una ricompensa e un indennizzo adeguato. Mi sento in
debito, naturalmente. E, dopo un attimo, peró, fino al go-
mito...!!! Ma mi dica un po', Cerutti, e le altre stagioni al-
lora?
Cerutti gliele spiegó. Ma papa Giuseppe, avviandosi al-
l'udienza coi filippini, continuó a pensare all'affare del
gomito.
Proprio il giorno dopo, per combinazione, il papa ebbe
un colloquio con un alto prelato americano che gli sotto-
pose una situazione molto delicata. Venendo in Italia, gli
era stata indirettamente affidata una lettera da portare al
Cardinal Pecorini da parte del Cardinal Patrick O'Dean,
Arcivescovo di New York. Per puro caso era venuto pe-
ró a conoscenza del contenuto della missiva, che tratta-
va di diverse transazioni e richieste per il "dopo-Taralli".
il prelato era stato scandalizzato dal fatto che si potesse
mercanteggiare così cinicamente, come se il papa fosse
già morto e Pecorini fosse ormai già eletto, ed era pronto
a dare la lettera nelle mani di papa Giuseppe. Cosa che
avvenne. Anche il papa non gradì molto che lo trattasse-
ro da vecchia carcassa. Anche se era indebolito dal ma-
le, era tutt'altro che defunto. Avrebbe preferito che i suoi
cardinali avessero almeno la delicatezza di cominciare
la compravendita della successione dopo la sua morte,
non prima. Ma forse era pretendere troppo. Quella sera,
solo nel suo studio, lesse la missiva e s'accorse che
O'Dean stava giocando di grosso. Esigeva molte cose,
tra cui il controllo dell'istituto per le Opere di Religione,
in pratica la banca vaticana, per un suo protetto. Inoltre,
v'erano diverse clausole che, se applicate, avrebbero la-
sciato una larga fascia d'autonomia amministrativa ai ve-
scovi americani, e a O'Dean in particolare. Dal tono del-
la lettera sembrava inoltre che Pecorini fosse in sostanza
quasi d'accordo sulle richieste.
Tuttavia, l'accordo doveva essere concluso personal-
mente e Pecorini era invitato a venire negli Stati Uniti per
un colloquio privatissimo. Naturalmente sarebbe stato
prudente venire sotto un altro pretesto o, se il tempo
stringeva, dato che lo stato di salute di Sua Santità stava
peggiorando di giorno in giorno (e qui papa Giuseppe
fece le corna), sarebbe stato opportuno arrivare in Ame-
rica in stretto incognito, senza farlo sapere ad alcuno.
Un indirizzo veniva dato, su un foglio separato, dove i
due cardinali si sarebbero potuti incontrare senza dar
nell'occhio.
— Signore, perdonatemi, disse sottovoce papa Giusep-
pe quando lesse questo paragrafo, ma non posso pro-
prio sprecare quest'occasione che sembra mi abbiate
inviato apposta.
Andó a prendere la cartella che Cerutti gli aveva portato
il giorno prima e ricopió su un foglio di carta bianco l'in-
dirizzo:
347 East 43rd Street
parola d'ordine:
Wintertime - mi manda Paddy
Ma poi ci ripensó su un momento e cambió foglio. Ri-
scrisse l'indirizzo con una sola variante:
347 East 43rd Street
parola d'ordine:
Summertime - mi manda Paddy
"Tre braccia saran più che sufficienti" pensó "E' inutile
esagerare". Inserì il foglio nella busta, al posto dell'indi-
rizzo originale, e la sigilló. L'avrebbe fatta proseguire
l'indomani al suo destinatario a mezzo di quello stesso
prelato. "Forse riuscirà a sedersi sul seggio di San Pie-
tro" si disse "ma almeno ci si siederà scomodo". L'in-
domani diede ordine di togliere per sempre l'ampio e
soffice cuscino dal trono papale.
p.s.
Vi saranno certamente persone, golose o solamente curio-
se, che ora si precipiteranno a Manhattan all'indirizzo succi-
tato. Ma invano: al numero 347 East della 43.a Strada non
troveranno che un dignitoso palazzo d'uffici. L'indirizzo è
fasullo, infatti, come è fasulla tutta la storia narrativi sin qui.
V'era pur stato detto nella Premessa' che si trattava di una
vicenda grottesca, ridicola, incongrua, assolutamente im-
probabile. Eppure vi saranno sicuramente persone che in
questa storia vorranno vedervi chissà che, chissà chi... La
natura umana è quella che è, purtroppo.
Una piccola precisazione per chi non ne fosse mai stato al
corrente: il cosiddetto 'fist fucking" è tuttora praticato non
solo negli Stati Uniti ma anche, sembra, in varie altre parti
del mondo, nonostante sia sempre stato sconsigliato dalle
autorità competenti. Ha una certa sua popolarità special-
mente, anche se non esclusivamente, in certi ambienti sa-
domasochisti di ceti sociali molto diversi tra loro. Per puro
caso un giorno all'esterefatto autore, che mai ne aveva so-
spettato l'esistenza, capitó di osservarlo — solo osservarlo,
badate bene — in circostanze abbastanza curiose. Non a
New York peró, ma a New Orleans. Ma non dirà mai come
avvenne.
trare a far colazione con il papa. Non vi furono reprimen-
de, perchè era abbondantemente chiaro quanto la lezio-
ne fosse già andata a segno. Si trattava ora di organizza-
re l'operazione di salvataggio. Dal ragazzo venne a sa-
pere che il tutto era cominciato in una certa sauna a New
York, frequentata da diplomatici, da funzionari delle Na-
zioni Unite, da agenti di borsa, da funzionari di banche
private, gente ricca e importante cioè. Costava molto,
per selezionare la clientela, ma lui aveva disponibilità di
danaro e imprudentemente aveva lasciato sapere il suo
nome. Il proprietario, un irlandese, Paddy Donovan, gli
si era fatto amico e lo aveva introdotto in un ambiente
ancor più esclusivo e riservato, in un edificio accanto, al
numero 347 di East 43rd Street. (il papa prese un ap-
punto dell'indirizzo e del nome). La parola d'ordine per
farsi ammettere era Springtime - Mi manda Paddy. Vi
era andato due o tre volte. Vi si facevano orgie tra uomi-
ni, usando poppers per eccitarsi (il papa si fece spiegare
cosa fossero). Jean-Luc non sapeva quando o come le
foto fossero state scattate. Lui non si era mai accorto di
nulla.
Papa Giuseppe chiese di vedere le foto e il ragazzo im-
pallidì.
— Non è certo per curiosità , credimi. Ma devo vedere
se veramente possono servire per un ricatto. Spesso
una vittima vi vede molto di più di quanto veramente ci
sia. Quando ci si sente in colpa, non si è sempre obiettivi
nel valutare. Su, tirale fuori. Lo so che le hai con te.
Con visibile sforzo il ragazzo diede al vecchio papa tre
foto. Era facilmente riconoscibile su tutte e tre, in due di
esse veniva sodomizzato, da un uomo bianco e da un
negro rispettivamente nudi, e mentre si faceva sottopor-
re a un rapporto orale da un altro giovane nella terza
foto.
Sommessamente, quasi tra sè e sè, il papa commentó:
— Non c'è dubbio, sono troppo esplicite.
Poi, rivolto al ragazzo, che sedeva rigido per la vergo-
gna e l'imbarazzo:
— Peró, ció che qui mi delude un poco, Lèlou, è il fatto
che da queste foto sembra che tu stia solo subendo, mai
facendo. Non me lo sarei immaginato, conoscendoti.
Mah! "La carne è debole", dicono, anche se a me è
sempre parso che chi dice così di solito ha la carne mol-
to più forte dello spirito. Lasciamele comunque, vedre-
mo cosa si puó fare. Non ti preoccupare per il ricatto. A
quello ci penseremo noi. Ora va, e non peccare più, co-
me disse Gesù all'adultera. Vangelo di Giovanni, capito-
lo ottavo. Dovresti leggertelo. E il brano famoso del "Chi
è senza peccato".
E citando a memoria disse:
— "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra su
Di lei. Ma quelli, udito ció, se ne andarono tutti, comin-
ciando dai più vecchi (e qui il papa ammiccó sorriden-
do) e Gesù restó solo con la donna. Allora alzatosi le dis-
se. Dove sono, donna, quelli che ti accusavano? Nessu-
no ti ha condannata. E nemmeno io ti condanneró. Va
e non peccare più". Vedi, Lèlou, se non ti condanna Lui,
non lo posso certo fare io, il tuo vecchio amico Taralli,
che ti vuol sempre bene. E poi, ora hai forse più bisogno
di essere consolato che condannato, e gli fece una ca-
rezza. Il ventiquattrenne Jean-Luc si mise a piangere.
Rincuorato e congedato il ragazzo, il papa chiese al suo
segretario di far venire quel pomeriggio il commendator
Cerutti, che era stato suo collaboratore al tempo della
Pro-Nunziatura in Svizzera e che aveva richiamato in
servizio da quando era stato eletto papa. Ufficialmente,
Cerutti ricopriva il posto di ispettore dei servizi di sorve-
glianza, ma veniva spesso usato dal pontefice per incari-
chi particolari e confidenziali. Era ancora un uomo abba-
stanza giovane, che si era mantenuto in allenamento e
non dimostrava i suoi anni. Gli fu esposto il caso e il com-
mendatore disse che si poteva fare. Aveva pure il con-
tatto adatto, un investigatore di New York con cui aveva
già lavorato per alcuni problemi di traffico di valuta. Sa-
rebbe costato non poco, peró, perchè le informazioni in
America erano care. Il papa gli confermó che era una
faccenda privata e che si sarebbe accollato lui tutti gli
oneri, qualunque essi fossero. il papa gli lasció le foto e
l'appunto con l'indirizzo.
— Ah, dimenticavo. La parola d'ordine per entrare in
quella casa è "Summertime - Mi manda Paddy". Mi rac-
comando ancora, Cerutti, massima discrezione. Appena
sa qualcosa me lo faccia subito sapere. Priorità assoluta
Lei sa come fare.
E congedó anche Cerutti.
Alcune settimane passarono e a salute di papa Giusep-
pe peggioró. Ma il vecchio pontefice non smise di lavo-
rare, dato che aveva ancora tante, tantissime cose da si-
stemare. Un giorno peró il suo segretario gli disse che
Cerutti era appena tornato da New York e chiedeva dì
vederlo, il papa lo fece venire nella prima pausa disponi-
bile tra due udienze. il commendatore entró e si inchinó
a baciare l'anello con un storcimento strano, come se
fosse in pena.
— Come è andata, Cerutti? Mi dica in fretta, che non ho
molto tempo. Ho un'udienza colla delegazione filippina
tra poco.
— Tutto bene, Santità . E stato tutto molto più facile del
previsto. Quel Paddy Donovan, come tutti gli irlandesi,
sembra essere un buon cattolico. Sì, insomma, quando
gli si è fatto capire che il papa era un amico di famiglia
dei Colbert ed era interessato a far finire questa storia,
ha subito ridato indietro i rullini delle negative. Sono qui
in questa cartella, con un resoconto delle spese e di tutto
il resto. Ha anche promesso che ridarà indietro i soldi ai
Colbert. E ha chiesto una benedizione papale per lui e
la sua famiglia...
— Col cavolo! sbottó papa Giuseppe, prendendo la car-
tella che gli era porta. Cattolici così mi rovinano la reputa-
zione. Ma cosa l'è capitato, Cerutti? Sembra tutto storto.
Su, si sieda qui.
— Non mi posso sedere, Santità . Ho dovuto fare tutto il
viaggio aereo in piedi. Mi fa ancora un male.
Poi, data la lunga domestichezza, se non la familiarità ,
che aveva da anni con Giobatta Taralli, si lasció scap-
pare:
— Lei m'ha fatto un bello scherzo, Santità , col darmi la
parola d'ordine sbagliata.
— Mio Dio, cos'è mai successo? Mi racconti, su, Cerutti.
Il commendatore tentó di divagare, ma il papa insistette
e alla fine venne fuori tutta la storia. Senza reticenze, co-
me il papa aveva richiesto.
Non era stato difficile contattare Paddy Donovan ed un
paio di telefonate avevano chiarito l'incidente. Si trattava
solo di andare a riprendere i rullini delle negative e l'ap-
puntamento era proprio nella famosa casa al numero
347 di East 43rd Street. Cerutti disse che sapeva già la
parola d'ordine e infatti, presentatosi a quell'indirizzo,
una casa dignitosa dalle parti delle Nazioni Unite, era
stato ricevuto da un omone nerboruto con i capelli lun-
ghi e il labbro pendulo, che sedeva in portineria. Quan-
do aveva detto: Summertime - Mi manda Paddy, vi era
stato uno sguardo un po' strano. Poi gli era stato chiesto
di specificare: Springtime o Summertime? Cerutti aveva
precisato che si trattava di "Summertime". Al che l'uo-
mo aveva scrollato le spalle e Cerutti lo aveva sentito di-
re nel citofono del suo sgabuzzino da portiere:
— Eddy, c'è qui uno per un "Summertime". Me lo devo
sbrigar io. Vieni giù tu in portineria. E manda su Jack e
Ruby.
Poi era stato fatto accomodare in una, stanza al primo
piano, senza finestre dove c'era soltanto un lettino orto-
pedico. Dopo un poco erano entrati tre uomini tutti nudi.
Uno era l'uomo di prima, gli altri erano due grossi negri,
uno giovane ed uno di mezza età . Tutti e tre avevano tre
immense proboscidi da far paura e senza parlare lo ave-
vano preso e, nonostante le sue proteste e il tentativo di
liberarsi, l'avevano completamente spogliato. Quando
avevano visto la pistola che portava sotto l'ascella, si
erano incattiviti e l'avevano anche malmenato un poco
nel legarlo sul lettino dove poi l'avevano... violentato.
— Cerutti, siamo tra uomini. Diciamo pane al pane e vi-
no al vino. Gliel'hanno messo in quel posto, vero?
— Certo, tutti e tre in fila, uno dopo l'altro, a turno, men-
tre gli altri due mi tenevano fermo. Poi han cominciato
col "fist fucking".
— E che cosa è?
— Santità , non so come tradurlo in italiano. lo l'ho sem-
pre sentito in inglese. Comunque, vuoi dire che mi han-
no infilato un braccio intero su per il sedere.
— UN BRACCIO INTERO? E come si fa?
— Si fa, Santità , si fa. Si copre il braccio con uno strato
di vaselina e poi, adagio adagio, lo si caccia su, fino al
gomito.
— FINO AL GOMITO? il papa era esterefatto. Aveva
sempre pensato di essere stato un uomo di mondo e di
sapere certe cose, ma questa proprio non l'aveva mai
sentita.
— Santità , non so se vuol proprio sentire tutti questi parti-
colari. L'udienza coi filippini...
— Non si preoccupi dei filippini, Cerutti. Vada avanti. Fi-
no al gomito, ha detto? E fa male?
— Certo che fa male. E bisogna star fermi e quieti, se no
fa ancor più male.
— Ma perchè gliel'hanno fatto? Non capisco proprio.
M'ha detto che tutto era andato bene e che quell'irlan-
dese le voleva ridare i rullini. Una vendetta, forse?
— No, un caso. Solo un caso. Adesso le spiego. Il primo
aveva finito e il secondo si stava preparando il braccio
con la vaselina, quando è entrato Donovan. Ha fatto su-
bito fermar tutto. Ha mandato via quei tre satanassi tutti
nudi e m'ha aiutato a mettermi in piedi e a vestirmi. Non
finiva più di scusarsi. Ma la colpa era stata mia, anzi,
sua, Santità . Pare che in quella casa si siano specializza-
ti in tutti i gusti. C'è della gente che è masochista e vuole
solo essere...
— Imbracciata, forse? suggerì il papa.
— Beh, sì ha già capito. Altri pagano per essere frustati
o peggio. La parola d'ordine per entrare solamente nella
casa, nel primo girone cioè, è Springtime. Infatti il ragaz-
zo conosceva solo quella. Me l'ha spiegato Donovan. In-
vece, Summertime è per un trattamento di "fist fucking",
fatto dal portiere, dall'uomo delle pulizie e dal garagista.
Nessuno chiede mai nulla. Nè nome nè altro. Basta la
parola d'ordine, I clienti, pare, vogliono così E son clien-
ti importanti, che pagano fior di dollari. Ma, dato che lei,
Santità , mi aveva detto Summertime come parola d'ordi-
ne, io ho chiesto, e insistito, per un Summertime, che ho
debitamente avuto. E' stata un 'esperienza anche questa,
devo dire, Probabilmente lei, Santità si è confuso i nomi
delle stagioni. C'è una canzone, abbastanza nota, che
si chiama Summertime.
— E vero, ho proprio sbagliato io. Ora ricordo bene che
Jean-Luc mi aveva detto Springtime. No, le canzoni io
non le conosco. è che io non son tanto bravo con l'ingle-
se, purtroppo. Cerutti, ne sono desolato, mi creda. Anzi,
sono imbarazzato. Non so come potró mai scusarmi.
Quel che le ho fatto passare è inscusabile.
— Non si preoccupi, Santità , ci ha già pensato Donovan.
Per scusarsi, m'ha aperto un conto in banca, a New
York. Peró mi fa ancora male. M'ha anche fatto visitare
dal suo medico privato. Sembra che non vi sia altro che
i muscoli indolenziti. Nessun 'altra conseguenza di rilie-
vo. Se non l'orgoglio ferito. Per modo di dire, cioè.
— Non scherzi troppo su queste cose. . Guardi come
l'han ridotto. Comunque ci penseró anch'io a farle avere
una ricompensa e un indennizzo adeguato. Mi sento in
debito, naturalmente. E, dopo un attimo, peró, fino al go-
mito...!!! Ma mi dica un po', Cerutti, e le altre stagioni al-
lora?
Cerutti gliele spiegó. Ma papa Giuseppe, avviandosi al-
l'udienza coi filippini, continuó a pensare all'affare del
gomito.
Proprio il giorno dopo, per combinazione, il papa ebbe
un colloquio con un alto prelato americano che gli sotto-
pose una situazione molto delicata. Venendo in Italia, gli
era stata indirettamente affidata una lettera da portare al
Cardinal Pecorini da parte del Cardinal Patrick O'Dean,
Arcivescovo di New York. Per puro caso era venuto pe-
ró a conoscenza del contenuto della missiva, che tratta-
va di diverse transazioni e richieste per il "dopo-Taralli".
il prelato era stato scandalizzato dal fatto che si potesse
mercanteggiare così cinicamente, come se il papa fosse
già morto e Pecorini fosse ormai già eletto, ed era pronto
a dare la lettera nelle mani di papa Giuseppe. Cosa che
avvenne. Anche il papa non gradì molto che lo trattasse-
ro da vecchia carcassa. Anche se era indebolito dal ma-
le, era tutt'altro che defunto. Avrebbe preferito che i suoi
cardinali avessero almeno la delicatezza di cominciare
la compravendita della successione dopo la sua morte,
non prima. Ma forse era pretendere troppo. Quella sera,
solo nel suo studio, lesse la missiva e s'accorse che
O'Dean stava giocando di grosso. Esigeva molte cose,
tra cui il controllo dell'istituto per le Opere di Religione,
in pratica la banca vaticana, per un suo protetto. Inoltre,
v'erano diverse clausole che, se applicate, avrebbero la-
sciato una larga fascia d'autonomia amministrativa ai ve-
scovi americani, e a O'Dean in particolare. Dal tono del-
la lettera sembrava inoltre che Pecorini fosse in sostanza
quasi d'accordo sulle richieste.
Tuttavia, l'accordo doveva essere concluso personal-
mente e Pecorini era invitato a venire negli Stati Uniti per
un colloquio privatissimo. Naturalmente sarebbe stato
prudente venire sotto un altro pretesto o, se il tempo
stringeva, dato che lo stato di salute di Sua Santità stava
peggiorando di giorno in giorno (e qui papa Giuseppe
fece le corna), sarebbe stato opportuno arrivare in Ame-
rica in stretto incognito, senza farlo sapere ad alcuno.
Un indirizzo veniva dato, su un foglio separato, dove i
due cardinali si sarebbero potuti incontrare senza dar
nell'occhio.
— Signore, perdonatemi, disse sottovoce papa Giusep-
pe quando lesse questo paragrafo, ma non posso pro-
prio sprecare quest'occasione che sembra mi abbiate
inviato apposta.
Andó a prendere la cartella che Cerutti gli aveva portato
il giorno prima e ricopió su un foglio di carta bianco l'in-
dirizzo:
347 East 43rd Street
parola d'ordine:
Wintertime - mi manda Paddy
Ma poi ci ripensó su un momento e cambió foglio. Ri-
scrisse l'indirizzo con una sola variante:
347 East 43rd Street
parola d'ordine:
Summertime - mi manda Paddy
"Tre braccia saran più che sufficienti" pensó "E' inutile
esagerare". Inserì il foglio nella busta, al posto dell'indi-
rizzo originale, e la sigilló. L'avrebbe fatta proseguire
l'indomani al suo destinatario a mezzo di quello stesso
prelato. "Forse riuscirà a sedersi sul seggio di San Pie-
tro" si disse "ma almeno ci si siederà scomodo". L'in-
domani diede ordine di togliere per sempre l'ampio e
soffice cuscino dal trono papale.
p.s.
Vi saranno certamente persone, golose o solamente curio-
se, che ora si precipiteranno a Manhattan all'indirizzo succi-
tato. Ma invano: al numero 347 East della 43.a Strada non
troveranno che un dignitoso palazzo d'uffici. L'indirizzo è
fasullo, infatti, come è fasulla tutta la storia narrativi sin qui.
V'era pur stato detto nella Premessa' che si trattava di una
vicenda grottesca, ridicola, incongrua, assolutamente im-
probabile. Eppure vi saranno sicuramente persone che in
questa storia vorranno vedervi chissà che, chissà chi... La
natura umana è quella che è, purtroppo.
Una piccola precisazione per chi non ne fosse mai stato al
corrente: il cosiddetto 'fist fucking" è tuttora praticato non
solo negli Stati Uniti ma anche, sembra, in varie altre parti
del mondo, nonostante sia sempre stato sconsigliato dalle
autorità competenti. Ha una certa sua popolarità special-
mente, anche se non esclusivamente, in certi ambienti sa-
domasochisti di ceti sociali molto diversi tra loro. Per puro
caso un giorno all'esterefatto autore, che mai ne aveva so-
spettato l'esistenza, capitó di osservarlo — solo osservarlo,
badate bene — in circostanze abbastanza curiose. Non a
New York peró, ma a New Orleans. Ma non dirà mai come
avvenne.