Garga hai messo il turbo, adoro.
Comunque l'ultimo racconto è estremamente verosimile, già mi immagino lo splendido parterre di signore del cinema e della tv.
racconti erotici: fantasia e realtà
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà
Litigio durante un funerale estivo
Era alto il sole, e c'era una piacevole brezza estiva benché fosse estate inoltrata. Ci troviamo in un piacevole paesello di collina, con qualche turista ed un'atmosfera conviviale ma non eccessiva.
Al funerale di Pasqualotto Ciancurro, detto Pasquino, c'erano il sentimentalismo e la partecipazione che a volte si crea per un cittadino rispettato e generoso in vita. Era morto anziano, senza particolari dolori, sereno e in pace coi suoi cari.
Quest'atmosfera però venne a turbarsi quando Lucrezia, la seconda moglie, iniziò a fare l'appello dei presenti.
Tra le persone che avevano prenotato, c'era effettivamente qualche assente.
E poi c'erano anche gli assenti giustificati, e coloro che oltre ad essere assenti non avevano prenotato.
Poi nella lista c'erano molti morti e gente che era famosa e quindi si ringraziava la loro assenza e ci si scusava di aver sperato della loro presenza.
Ma il vero litigio iniziò tra i presenti. Luigia salutò Gianna, ma a suo marito Antonio (che era stato suo amante, a insaputa di Gianna) disse senza salutarlo:"ok oggi ci sei, ma alla morte di mio marito dove cazzo eri?"
Antonio che non era uno da mandarla a dire, tirò fuori il cazzo:"ero a infilare questo cazzo nella fregna di tua sorella! A lei hai chiesto perché era assente? Troia!"
Cordelia, la sorella di Luigia, divenne rossa e vomitò dentro alla carrozzina di Filippo, bambino adottato dalle due lesbiche Tetta e Mansarda. Le due limonavano e quando videro il proprio bambino, rubato al mercato nero (con ancora addosso l'etichetta!), si eccitarono e alzandosi le gonne smascherarono le fighe senza mutande e si infilarono le braccia fino al gomito nelle spelonche larghe e già fradicie di umori. Entrambe palestrate, causa assunzione massiccia di testosterone avevano dei critoridi notevoli e nella foga del fisting fecero degli elicotteri di tutto rispetto.
Don Marcello indignato tentò di spegnere la sua marlboro nel culo di Mansarda ma, già ubriaco, mancò il colpo e colpì l'unico occhio sano di nonno Ulisse, che fino ad allora era soprannominato Ciclope e da quel giorno divenne per tutti Polifemo, mentre don Marcello venne soprannominato Ulisse (per via dell'accecamento di Polifemo), ma anche don Nessuno.
Insomma, il resto non lo racconto, ma come potete immaginare il funerale finì bene.
Era alto il sole, e c'era una piacevole brezza estiva benché fosse estate inoltrata. Ci troviamo in un piacevole paesello di collina, con qualche turista ed un'atmosfera conviviale ma non eccessiva.
Al funerale di Pasqualotto Ciancurro, detto Pasquino, c'erano il sentimentalismo e la partecipazione che a volte si crea per un cittadino rispettato e generoso in vita. Era morto anziano, senza particolari dolori, sereno e in pace coi suoi cari.
Quest'atmosfera però venne a turbarsi quando Lucrezia, la seconda moglie, iniziò a fare l'appello dei presenti.
Tra le persone che avevano prenotato, c'era effettivamente qualche assente.
E poi c'erano anche gli assenti giustificati, e coloro che oltre ad essere assenti non avevano prenotato.
Poi nella lista c'erano molti morti e gente che era famosa e quindi si ringraziava la loro assenza e ci si scusava di aver sperato della loro presenza.
Ma il vero litigio iniziò tra i presenti. Luigia salutò Gianna, ma a suo marito Antonio (che era stato suo amante, a insaputa di Gianna) disse senza salutarlo:"ok oggi ci sei, ma alla morte di mio marito dove cazzo eri?"
Antonio che non era uno da mandarla a dire, tirò fuori il cazzo:"ero a infilare questo cazzo nella fregna di tua sorella! A lei hai chiesto perché era assente? Troia!"
Cordelia, la sorella di Luigia, divenne rossa e vomitò dentro alla carrozzina di Filippo, bambino adottato dalle due lesbiche Tetta e Mansarda. Le due limonavano e quando videro il proprio bambino, rubato al mercato nero (con ancora addosso l'etichetta!), si eccitarono e alzandosi le gonne smascherarono le fighe senza mutande e si infilarono le braccia fino al gomito nelle spelonche larghe e già fradicie di umori. Entrambe palestrate, causa assunzione massiccia di testosterone avevano dei critoridi notevoli e nella foga del fisting fecero degli elicotteri di tutto rispetto.
Don Marcello indignato tentò di spegnere la sua marlboro nel culo di Mansarda ma, già ubriaco, mancò il colpo e colpì l'unico occhio sano di nonno Ulisse, che fino ad allora era soprannominato Ciclope e da quel giorno divenne per tutti Polifemo, mentre don Marcello venne soprannominato Ulisse (per via dell'accecamento di Polifemo), ma anche don Nessuno.
Insomma, il resto non lo racconto, ma come potete immaginare il funerale finì bene.
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà
Surreale come sempre, bravo
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà
Contro l'amicizia
Una bella sera il travestito "Svastica Rosa", al secolo Flavio Gnoffo di Scroccapàdula, aveva il cazzo in mano ed iniziò a scrivere invettive contro l'amicizia.
Per la prima volta, un altro maschio gli aveva scritto delle cose oneste sulla sua invadenza, e che loro non erano amici ma Flavio Gnoffo si comportava come se lo fossero.
Flavio pensò "wow, che uomo" mentre si dava il rossetto verde con la mano con cui, poche ore dopo, si sarebbe impugnato il cazzo. Ma alla sera gli salì il livore.
Iniziò a intravedere le proprie contraddizioni, e il suo animo preoccupato si affrettò a cercare nemici fuori di sè; poi il suo animo fuori si sè proseguì a cercare dei complici nella scrittura.
Col cazzo in mano scrisse cattiverie gratuite verso tutte e tutti, sostenendo che nessuno può avere amici perché l'amicizia non esiste ma Dio sì ed è interista.
Eppure, col cazzo in mano ricordò tutte le scopate che con la scusa dell'amicizia si era fatto con uomini e donne, e vecchi e vecchie, e ragazzi e ragazze, e cadaveri d'ambo i sessi, eccetera (sennò arriva la censura).
Quindi sborrò copiosamente sullo schermo del PC per non vedere più tutte le puttanate ipocrite che stava scrivendo, e coi coglioni svuotati pensò che l'altra condizione per la pace interiore era riempirsi lo stomaco: di conseguenza si mangiò la propria merda.
Il giorno dopo, all'ospedale, scoprì drammaticamente di non riconoscere la faccia dei dottori e neanche di nessun'altro: finalmente, era pazzo!
Il resto della sua vita lo impiegò a fingere sarcasticamente di non essere pazzo, quindi proseguì a vestirsi da Svastica Rosa, proseguì ad URLARE sui social e proseguì a fare tutto il contrario di ciò che diceva, proseguì a non farsi nessuna domanda e ad essere arrogante sulle questioni di cui non sapeva un cazzo, ad usare paroloni dette da altri pirloni per sigillare il niente, a voler bene a corrente alternata e a considerare le relazioni e i sentimenti come il livello della benzina. Insomma, come Alex al termine di Arancia Meccanica, proseguì a fare come le persone normali.
Una bella sera il travestito "Svastica Rosa", al secolo Flavio Gnoffo di Scroccapàdula, aveva il cazzo in mano ed iniziò a scrivere invettive contro l'amicizia.
Per la prima volta, un altro maschio gli aveva scritto delle cose oneste sulla sua invadenza, e che loro non erano amici ma Flavio Gnoffo si comportava come se lo fossero.
Flavio pensò "wow, che uomo" mentre si dava il rossetto verde con la mano con cui, poche ore dopo, si sarebbe impugnato il cazzo. Ma alla sera gli salì il livore.
Iniziò a intravedere le proprie contraddizioni, e il suo animo preoccupato si affrettò a cercare nemici fuori di sè; poi il suo animo fuori si sè proseguì a cercare dei complici nella scrittura.
Col cazzo in mano scrisse cattiverie gratuite verso tutte e tutti, sostenendo che nessuno può avere amici perché l'amicizia non esiste ma Dio sì ed è interista.
Eppure, col cazzo in mano ricordò tutte le scopate che con la scusa dell'amicizia si era fatto con uomini e donne, e vecchi e vecchie, e ragazzi e ragazze, e cadaveri d'ambo i sessi, eccetera (sennò arriva la censura).
Quindi sborrò copiosamente sullo schermo del PC per non vedere più tutte le puttanate ipocrite che stava scrivendo, e coi coglioni svuotati pensò che l'altra condizione per la pace interiore era riempirsi lo stomaco: di conseguenza si mangiò la propria merda.
Il giorno dopo, all'ospedale, scoprì drammaticamente di non riconoscere la faccia dei dottori e neanche di nessun'altro: finalmente, era pazzo!
Il resto della sua vita lo impiegò a fingere sarcasticamente di non essere pazzo, quindi proseguì a vestirsi da Svastica Rosa, proseguì ad URLARE sui social e proseguì a fare tutto il contrario di ciò che diceva, proseguì a non farsi nessuna domanda e ad essere arrogante sulle questioni di cui non sapeva un cazzo, ad usare paroloni dette da altri pirloni per sigillare il niente, a voler bene a corrente alternata e a considerare le relazioni e i sentimenti come il livello della benzina. Insomma, come Alex al termine di Arancia Meccanica, proseguì a fare come le persone normali.
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà
Ti elogio per lo stile e per la scelta del tema trattato, tuttavia la mia pignoleria da correttore di bozze old-style mi impone di farti notare due sviste: nella prima parte del racconto hai erroneamente scritto "sua figlia Marcella" anziché "sua nipote Marcella", nella seconda parte del racconto (quella più cupa, caratterizzata da una triste e tetra disillusione) hai scritto "Giangiacomo" anziché "Piergiacomo"Gargarozzo ha scritto: ↑09/06/2025, 12:01Incesto e disincesto
La famiglia Divini era una famiglia un po' porcella. Edmondo, il padre, si svegliava ogni mattina ai pompini della figlia, Marcella, e la moglie Giovanna subito si affrettava a leccarle la figa e il buco del culo, era un rito quotidiano. Il figlio Piergiacomo, ancora piccolo ma ampiamente nell'età del consenso (aspettò di arrivare a quell'età, in modo da poter essere inserito in questo racconto e non mettere nella merda i propri genitori), si faceva della gran seghe e sborrava quasi sistematicamente sul dorso della nonna Carla, che strisciava per terra (era schiava di sua figlia Marcella). La sborra giovanile di suo nipote le curava le piaghe purulente, e il dottor Markome (informato della situazione) approvava e incoraggiava ad insistere con quella cura.
Come direbbe Pippo Baudo, si trattava quindi di una famiglia davvero felice, di quelle che al "mulino bianco" gli fanno un baffo (staliniano).
Ma come sempre accade in questi casi, oscure nuvole iniziavano ad addensarsi all'orizzonte. Quell'oasi di pace e serenità non sarebbe durata a lungo.
Non mi va, infatti, di dire come successe (non ne ho voglia e non sono cazzi vostri) ma, come un fulmine a ciel sereno (anche se le nuvole nere erano all'orizzonte) arrivò la peggiore delle notizie possibili. Sì cari miei, proprio quello che pensate: per quanto orribile fosse scoprirlo, dovettero accettare di non essere parenti. E quindi, Edmondo non era padre di Marcella e tantomeno di Piergiacomo (che quindi non fece in tempo a crescere e ad incularsi il padre), Giovanna neppure, e non era neppure figlia di Carla, che quindi non era nonna di Giangiacomo e tantomeno di Marcella. Per la disperazione di Pippo Baudo, quella non era per niente una famiglia felice: non era più una famiglia e la felicità evaporò come una pozzanghera di sborra in mezzo al deserto del Sahara.
- Gargarozzo
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Re: racconti erotici: fantasia e realtà
grazie mille superTriv, soprattutto delle correzioni!SuperTrivelle ha scritto: ↑10/08/2025, 20:16[Scopri]SpoilerTi elogio per lo stile e per la scelta del tema trattato, tuttavia la mia pignoleria da correttore di bozze old-style mi impone di farti notare due sviste: nella prima parte del racconto hai erroneamente scritto "sua figlia Marcella" anziché "sua nipote Marcella", nella seconda parte del racconto (quella più cupa, caratterizzata da una triste e tetra disillusione) hai scritto "Giangiacomo" anziché "Piergiacomo"Gargarozzo ha scritto: ↑09/06/2025, 12:01Incesto e disincesto
La famiglia Divini era una famiglia un po' porcella. Edmondo, il padre, si svegliava ogni mattina ai pompini della figlia, Marcella, e la moglie Giovanna subito si affrettava a leccarle la figa e il buco del culo, era un rito quotidiano. Il figlio Piergiacomo, ancora piccolo ma ampiamente nell'età del consenso (aspettò di arrivare a quell'età, in modo da poter essere inserito in questo racconto e non mettere nella merda i propri genitori), si faceva della gran seghe e sborrava quasi sistematicamente sul dorso della nonna Carla, che strisciava per terra (era schiava di sua figlia Marcella). La sborra giovanile di suo nipote le curava le piaghe purulente, e il dottor Markome (informato della situazione) approvava e incoraggiava ad insistere con quella cura.
Come direbbe Pippo Baudo, si trattava quindi di una famiglia davvero felice, di quelle che al "mulino bianco" gli fanno un baffo (staliniano).
Ma come sempre accade in questi casi, oscure nuvole iniziavano ad addensarsi all'orizzonte. Quell'oasi di pace e serenità non sarebbe durata a lungo.
Non mi va, infatti, di dire come successe (non ne ho voglia e non sono cazzi vostri) ma, come un fulmine a ciel sereno (anche se le nuvole nere erano all'orizzonte) arrivò la peggiore delle notizie possibili. Sì cari miei, proprio quello che pensate: per quanto orribile fosse scoprirlo, dovettero accettare di non essere parenti. E quindi, Edmondo non era padre di Marcella e tantomeno di Piergiacomo (che quindi non fece in tempo a crescere e ad incularsi il padre), Giovanna neppure, e non era neppure figlia di Carla, che quindi non era nonna di Giangiacomo e tantomeno di Marcella. Per la disperazione di Pippo Baudo, quella non era per niente una famiglia felice: non era più una famiglia e la felicità evaporò come una pozzanghera di sborra in mezzo al deserto del Sahara.
Amicus Plato,
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