Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
diciamo che tra trasformismo e tradimenti per me le parole e le bandiere, fino a prova contraria, servono a dare lustro a chi parla e ben poco a rispettare i principi di quei simboli.
Certo, ci sono simboli migliori e simboli peggiori, fino ad un certo punto mi è bastato, fino a che non ho ritenuto che diventano aggravanti.
Vabbè, ma qui non ho spiegato un bel niente, sono cose correlate e legate alla mia visione personale
Certo, ci sono simboli migliori e simboli peggiori, fino ad un certo punto mi è bastato, fino a che non ho ritenuto che diventano aggravanti.
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
qui si intuisce meglio, grazie.Gargarozzo ha scritto: ↑25/10/2024, 23:03diciamo che tra trasformismo e tradimenti per me le parole e le bandiere, fino a prova contraria, servono a dare lustro a chi parla e ben poco a rispettare i principi di quei simboli.
Certo, ci sono simboli migliori e simboli peggiori, fino ad un certo punto mi è bastato, fino a che non ho ritenuto che diventano aggravanti.
Vabbè, ma qui non ho spiegato un bel niente, sono cose correlate e legate alla mia visione personale
Io provo a vedere cosa c’è e non cosa manca, anche nelle parole e nell’uso dei simboli.
Certo che si può vedere che manca un generoso disinteresse alla propria immagine. Si parla correttamente per non avere problemi o non sembrare buzzurri. Ma io vedo anche che qualche riflessione in più, da ultra cinquantenne panzone, questo linguaggio me la richiede. Devo, (posso, voglio… come preferisci) cambiare linguaggio e questo porta a riflettere su il modo in cui si vede le cose del mondo.
Pippotto, mi fermo qui, mi giustifico sul trasporto di questi temi dicendo che mi sento coinvolto dai miei figli e loro amici; quando li frequento mi mettono in mostra come siano ridicoli i modi di dire vecchi e non politicamente corretti
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
Io credo che il problema sia l'eccesso, non il concetto in sé. Io detesto appunto gli estremi del politicamente corretto, la sensazione di non poter dire e fare nulla che si percepisce da certi eccessi "americani", tipo possibile denuncia per molestie per una mano su una spalla. Ma di certi termini che erano di uso comune all'epoca me ne sono "liberato" spontaneamente senza nessun problema o dubbio, penso solo a "negro" o "mongoloide" per dirne solo due
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
ovvio che sono gli eccessi a essere notati, ma qui mi paiono un po’ dei miti, più che cose concretegurneyhalleck ha scritto: ↑26/10/2024, 8:16Io credo che il problema sia l'eccesso, non il concetto in sé. Io detesto appunto gli estremi del politicamente corretto, la sensazione di non poter dire e fare nulla che si percepisce da certi eccessi "americani", tipo possibile denuncia per molestie per una mano su una spalla. Ma di certi termini che erano di uso comune all'epoca me ne sono "liberato" spontaneamente senza nessun problema o dubbio, penso solo a "negro" o "mongoloide" per dirne solo due
Come cose di cui mi sono liberato rientra anche dire al bambino che piange “sei una femminuccia”. Ho sentito il collega super dirigente (cinquantenne panzone) scherzare con il sottoposto perché ha un cane da froci, ed una accanto a me ha un fratello omosessuale. E non è la parola usata. Definire da froci o da omosessuali una persona anche solo per il tipo di cagnetto è fuori luogo. Se lo fai nessuno ti uccide ma si vede che hai una mentalità del 900
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
Quelli che fanno queste battute in maniera sfacciata in genere vanno con gay o trans in privato.GeishaBalls ha scritto: ↑26/10/2024, 9:06[Scopri]Spoilerovvio che sono gli eccessi a essere notati, ma qui mi paiono un po’ dei miti, più che cose concretegurneyhalleck ha scritto: ↑26/10/2024, 8:16Io credo che il problema sia l'eccesso, non il concetto in sé. Io detesto appunto gli estremi del politicamente corretto, la sensazione di non poter dire e fare nulla che si percepisce da certi eccessi "americani", tipo possibile denuncia per molestie per una mano su una spalla. Ma di certi termini che erano di uso comune all'epoca me ne sono "liberato" spontaneamente senza nessun problema o dubbio, penso solo a "negro" o "mongoloide" per dirne solo due
Come cose di cui mi sono liberato rientra anche dire al bambino che piange “sei una femminuccia”. Ho sentito il collega super dirigente (cinquantenne panzone) scherzare con il sottoposto perché ha un cane da froci, ed una accanto a me ha un fratello omosessuale. E non è la parola usata. Definire da froci o da omosessuali una persona anche solo per il tipo di cagnetto è fuori luogo. Se lo fai nessuno ti uccide ma si vede che hai una mentalità del 900
Comunque cinquantenne panzone e danaroso...non è che me lo puoi far conoscere?

Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
Secondo Hermanuccio nostro gli etero sono un'invenzione e in realtà siamo tutti più o meno gay 
Ma mica solo secondo lui devo dire. Ho conosciuto altri gay, con carattere molto simile, affermarlo.
Comunque chi stabilisce il limite oltre il quale il politically correct diventa eccessivo? Gramellini lo ha indicato nel poter trasmettere o meno una fiction. Mongoloide non si può dire, ma il figlio 19enne della mia compagna lo usa abitualmente e non è un cinquantenne panzone (cit). Se si gioca troppo sul giusto/ingiusto entriamo in una spirale etica da cui non si esce più
Ma mica solo secondo lui devo dire. Ho conosciuto altri gay, con carattere molto simile, affermarlo.
Comunque chi stabilisce il limite oltre il quale il politically correct diventa eccessivo? Gramellini lo ha indicato nel poter trasmettere o meno una fiction. Mongoloide non si può dire, ma il figlio 19enne della mia compagna lo usa abitualmente e non è un cinquantenne panzone (cit). Se si gioca troppo sul giusto/ingiusto entriamo in una spirale etica da cui non si esce più
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
hermafroditos ha scritto: ↑26/10/2024, 9:41Chi ha mai detto una cosa del genere o dove l'ho lasciato intendere?
Dai la sensazione che siano (anzi, siamo) tutti un pò gay repressi
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
C'è tanta repressione ma non era quello che intendevo dire. Poi non esistono solo l'omosessualità e l'eterosessualità, ci sono anche i bisex e i curiosi che non vanno oltre qualche video su internet o un po' di svago su DirtyRoulette.cicciuzzo ha scritto: ↑26/10/2024, 9:47hermafroditos ha scritto: ↑26/10/2024, 9:41Chi ha mai detto una cosa del genere o dove l'ho lasciato intendere?
Dai la sensazione che siano (anzi, siamo) tutti un pò gay repressi
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
Siamo d'accordo, ma, almeno in certi ambienti, non sono solo miti. L'idea che un film, per essere candidabile agli Oscar, debba veder rappresentate tutte le categorie, non mi piace, la trovo eccessiva, ridicola se non orwelliana, anche controproducente alla lunga. Anche non venisse o non venga applicata. Comunque una forzatura, come se venissero applicate per legge quote razziali nello sportGeishaBalls ha scritto: ↑26/10/2024, 9:06
ovvio che sono gli eccessi a essere notati, ma qui mi paiono un po’ dei miti, più che cose concrete
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
io frequento diverse compagnie, è l'omologazione che rende spesso tutto un po' fasullo. Anche la provocazione, l'eccesso, la cazzata sono perlopiù omologazioni.
Conosco gente che ritiene provocatoria la bestemmia, ripetuta e ripetuta, per me l'effetto è la noia.
Non so come dire, un minimo di buon senso serve sempre sul non offendere inutilmente (specialmente chi non conosci), fa parte del saper vivere ma pure dell'empatia, e poi se uno per "poter dire la sua" non sa rinunciare al turpiloquio, forse è un po' coglione. Ma proprio forse, eh.
Dall'altra parte, ed è una cosa che mi rendo conto non possono fare tutti, per me da un certo punto in avanti è diventata una questione di dignità il non essere ostaggio delle cazzate che dice il primo che passa; cioè, offende se stesso e la propria intelligenza, casomai. C'entrerà il fatto che ho fatto l'arbitro, a farmi ridere degli insulti ricevuti.
Diverso è se alle stronzate dette si somma una discriminazione concreta, sociale, relazionale, lavorativa, ecc. E' soprattutto quest'aspetto che andrebbe tutelato. Uno dice: la discriminazione si combatte sulle parole. Nì, a me sembra che nella maggior parte dei casi si crea una società di ipocriti, di gente che pensa di essere a posto usando (o non usando) semplici parole, poi ci sono i furbetti che invece sono proprio consapevoli di avere una maschera sociale e poi fanno il cazzo che hanno voglia.
Non voglio dire che tutto questo sia completamente inutile ma che sono 2 livelli del problema, senza badare ai comportamenti e agli equilibri concreti di potere l'attenzione per le parole è come "la marcia di Mickey Mouse" alla fine di Full Metal Jacket, una beffarda e dissonante presa per il culo.
Conosco gente che ritiene provocatoria la bestemmia, ripetuta e ripetuta, per me l'effetto è la noia.
Non so come dire, un minimo di buon senso serve sempre sul non offendere inutilmente (specialmente chi non conosci), fa parte del saper vivere ma pure dell'empatia, e poi se uno per "poter dire la sua" non sa rinunciare al turpiloquio, forse è un po' coglione. Ma proprio forse, eh.
Dall'altra parte, ed è una cosa che mi rendo conto non possono fare tutti, per me da un certo punto in avanti è diventata una questione di dignità il non essere ostaggio delle cazzate che dice il primo che passa; cioè, offende se stesso e la propria intelligenza, casomai. C'entrerà il fatto che ho fatto l'arbitro, a farmi ridere degli insulti ricevuti.
Diverso è se alle stronzate dette si somma una discriminazione concreta, sociale, relazionale, lavorativa, ecc. E' soprattutto quest'aspetto che andrebbe tutelato. Uno dice: la discriminazione si combatte sulle parole. Nì, a me sembra che nella maggior parte dei casi si crea una società di ipocriti, di gente che pensa di essere a posto usando (o non usando) semplici parole, poi ci sono i furbetti che invece sono proprio consapevoli di avere una maschera sociale e poi fanno il cazzo che hanno voglia.
Non voglio dire che tutto questo sia completamente inutile ma che sono 2 livelli del problema, senza badare ai comportamenti e agli equilibri concreti di potere l'attenzione per le parole è come "la marcia di Mickey Mouse" alla fine di Full Metal Jacket, una beffarda e dissonante presa per il culo.
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
ti inviterei a togliere la categoria “giusto / ingiusto” e pensare se è una cosa utile da dire, se è necessaria, se è gentile.cicciuzzo ha scritto: ↑26/10/2024, 9:33Secondo Hermanuccio nostro gli etero sono un'invenzione e in realtà siamo tutti più o meno gay
Ma mica solo secondo lui devo dire. Ho conosciuto altri gay, con carattere molto simile, affermarlo.
Comunque chi stabilisce il limite oltre il quale il politically correct diventa eccessivo? Gramellini lo ha indicato nel poter trasmettere o meno una fiction. Mongoloide non si può dire, ma il figlio 19enne della mia compagna lo usa abitualmente e non è un cinquantenne panzone (cit). Se si gioca troppo sul giusto/ingiusto entriamo in una spirale etica da cui non si esce più
Non ti chiedi se è “giusto” dire “a me l’uvetta fa schifo, non la mangerei mai, se trovo un piatto con l’uvetta mi fa vomitare”. Sono tue emozioni, sono i tuoi gusti e sono quelli che sono. Se mentre mangio un panettone al ristorante (scaldato in padella e con il gran marnier) me lo dicesse uno che non conosco penserei che non sia una comunicazione utile necessaria gentile.
E più o meno tutto il movimento che denuncia gli eccessi del politicamente corretto e dall’altra parte questi della fantomatica cultura woke, si fermano alla lista nera delle parole
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
ti seguo ma direi che la discriminazione si pratica anche con le parole, e forse a partire dalle parole. Quindi le parole non possono lasciare indifferenti.Gargarozzo ha scritto: ↑26/10/2024, 14:21io frequento diverse compagnie, è l'omologazione che rende spesso tutto un po' fasullo. Anche la provocazione, l'eccesso, la cazzata sono perlopiù omologazioni.
Conosco gente che ritiene provocatoria la bestemmia, ripetuta e ripetuta, per me l'effetto è la noia.
Non so come dire, un minimo di buon senso serve sempre sul non offendere inutilmente (specialmente chi non conosci), fa parte del saper vivere ma pure dell'empatia, e poi se uno per "poter dire la sua" non sa rinunciare al turpiloquio, forse è un po' coglione. Ma proprio forse, eh.
Dall'altra parte, ed è una cosa che mi rendo conto non possono fare tutti, per me da un certo punto in avanti è diventata una questione di dignità il non essere ostaggio delle cazzate che dice il primo che passa; cioè, offende se stesso e la propria intelligenza, casomai. C'entrerà il fatto che ho fatto l'arbitro, a farmi ridere degli insulti ricevuti.
Diverso è se alle stronzate dette si somma una discriminazione concreta, sociale, relazionale, lavorativa, ecc. E' soprattutto quest'aspetto che andrebbe tutelato. Uno dice: la discriminazione si combatte sulle parole. Nì, a me sembra che nella maggior parte dei casi si crea una società di ipocriti, di gente che pensa di essere a posto usando (o non usando) semplici parole, poi ci sono i furbetti che invece sono proprio consapevoli di avere una maschera sociale e poi fanno il cazzo che hanno voglia.
Non voglio dire che tutto questo sia completamente inutile ma che sono 2 livelli del problema, senza badare ai comportamenti e agli equilibri concreti di potere l'attenzione per le parole è come "la marcia di Mickey Mouse" alla fine di Full Metal Jacket, una beffarda e dissonante presa per il culo.
E certamente i livelli del problema sono almeno due, o dieci o mille, e non ci si può limitare alla pulizia delle parole
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
non ritengo che siano inutili le parole ma diffido da un percorso che parte dalle parole. Per me prima dev'esserci una coscienza, quella è la base. So che c'è chi parla di una coscienza che parte dalle parole. No, per me quando nasce così genera più facilmente una cultura dell'apparenza, coprendo spesso anche le intenzioni negative. Ma se prima c'è una coscienza, vanno bene anche le parole. Per quanto mi riguarda, ribadisco, non solo non trovo limitante cercare di usare delle parole non offensive ma credo venga in base ad un'intenzione di non voler essere offensivi inutilmente; però non imporrei mai al prossimo di usare alcune parole ed altre no, perché crea un bispensiero e tante altre cose. Se l'attenzione per le parole avviene in una coscienza già abbastanza sviluppata, mi pare diventi una scelta libera e ponderata di quella coscienza, non un'azione posticcia non del tutto compresa nelle sue implicazioni.GeishaBalls ha scritto: ↑27/10/2024, 8:46ti seguo ma direi che la discriminazione si pratica anche con le parole, e forse a partire dalle parole. Quindi le parole non possono lasciare indifferenti.Gargarozzo ha scritto: ↑26/10/2024, 14:21io frequento diverse compagnie, è l'omologazione che rende spesso tutto un po' fasullo. Anche la provocazione, l'eccesso, la cazzata sono perlopiù omologazioni.
Conosco gente che ritiene provocatoria la bestemmia, ripetuta e ripetuta, per me l'effetto è la noia.
Non so come dire, un minimo di buon senso serve sempre sul non offendere inutilmente (specialmente chi non conosci), fa parte del saper vivere ma pure dell'empatia, e poi se uno per "poter dire la sua" non sa rinunciare al turpiloquio, forse è un po' coglione. Ma proprio forse, eh.
Dall'altra parte, ed è una cosa che mi rendo conto non possono fare tutti, per me da un certo punto in avanti è diventata una questione di dignità il non essere ostaggio delle cazzate che dice il primo che passa; cioè, offende se stesso e la propria intelligenza, casomai. C'entrerà il fatto che ho fatto l'arbitro, a farmi ridere degli insulti ricevuti.
Diverso è se alle stronzate dette si somma una discriminazione concreta, sociale, relazionale, lavorativa, ecc. E' soprattutto quest'aspetto che andrebbe tutelato. Uno dice: la discriminazione si combatte sulle parole. Nì, a me sembra che nella maggior parte dei casi si crea una società di ipocriti, di gente che pensa di essere a posto usando (o non usando) semplici parole, poi ci sono i furbetti che invece sono proprio consapevoli di avere una maschera sociale e poi fanno il cazzo che hanno voglia.
Non voglio dire che tutto questo sia completamente inutile ma che sono 2 livelli del problema, senza badare ai comportamenti e agli equilibri concreti di potere l'attenzione per le parole è come "la marcia di Mickey Mouse" alla fine di Full Metal Jacket, una beffarda e dissonante presa per il culo.
E certamente i livelli del problema sono almeno due, o dieci o mille, e non ci si può limitare alla pulizia delle parole
(Va da sè che per converso ritengo ridicolo considerare limitativa la proposta di porre attenzione alle parole... denuncia un proprio limite a prescindere da quelli esteriori)
Amicus Plato,
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Re: Politically Correct: punto di non ritorno? (OT)
GeishaBalls ha scritto: ↑27/10/2024, 8:43ti inviterei a togliere la categoria “giusto / ingiusto” e pensare se è una cosa utile da dire, se è necessaria, se è gentile.cicciuzzo ha scritto: ↑26/10/2024, 9:33Secondo Hermanuccio nostro gli etero sono un'invenzione e in realtà siamo tutti più o meno gay
Ma mica solo secondo lui devo dire. Ho conosciuto altri gay, con carattere molto simile, affermarlo.
Comunque chi stabilisce il limite oltre il quale il politically correct diventa eccessivo? Gramellini lo ha indicato nel poter trasmettere o meno una fiction. Mongoloide non si può dire, ma il figlio 19enne della mia compagna lo usa abitualmente e non è un cinquantenne panzone (cit). Se si gioca troppo sul giusto/ingiusto entriamo in una spirale etica da cui non si esce più
Non ti chiedi se è “giusto” dire “a me l’uvetta fa schifo, non la mangerei mai, se trovo un piatto con l’uvetta mi fa vomitare”. Sono tue emozioni, sono i tuoi gusti e sono quelli che sono. Se mentre mangio un panettone al ristorante (scaldato in padella e con il gran marnier) me lo dicesse uno che non conosco penserei che non sia una comunicazione utile necessaria gentile.
E più o meno tutto il movimento che denuncia gli eccessi del politicamente corretto e dall’altra parte questi della fantomatica cultura woke, si fermano alla lista nera delle parole
Che ci azzecchi l'utile col politically correct lo sai solo tu
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