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Cina, la campagna del governo contro le spie dai «capelli chiari
Cina, la campagna del governo contro le spie dai capelli chiari
Il sito del ministero della Sicurezza stampa avvisi per cittadini: attenti agli stranieri che si dimostrano amichevoli, possono carpire segreti
PECHINO Il sito del ministero della Sicurezza di Stato cinese si trova all’indirizzo web
www.12339.gov.cn. Basta aprirlo per inviare in tempo reale un’informazione utile a scoprire persone o organizzazioni che mettono in pericolo la Madrepatria. Nella metropolitana di Pechino sono comparsi inquietanti manifesti anti-spionaggio. Sono rappresentati due giovani, un maschio e una femmina, di cui non si vede il volto: lei è di spalle nella notte, lui a capo chino si nasconde la faccia tra le mani. L’avviso nella scritta si rivolge ai cinesi rientrati dopo soggiorni all’estero (durante i quali potrebbero essere stati agganciati dai servizi segreti nemici) e dice: «Se siete stati ingannati o costretti a tradire la Cina, non tutto è compromesso. Confessate, con pentimento sincero alle autorità competenti, le vostre famiglie non vi abbandoneranno, potreste uscirne».
Il governo di Pechino è impegnato in una campagna di controspionaggio, spiega che sono «tempi pericolosi», teme che «potenze straniere ostili» reclutino cittadini cinesi per rubare i segreti della sua potenza emergente. Tra i soliti sospetti i diplomatici e i giornalisti (copertura classica per gli 007), i turisti che si mostrano troppo amichevoli, gli insegnanti di inglese, in particolare quelli con i capelli rossi, che evidentemente fanno simpatia alla gente di qui dotata di capigliature nerissime. Sempre nelle stazioni della metropolitana, che con le sue 22 linee corre sotto tutta la capitale e come insegnano i libri gialli rappresenta il luogo perfetto per incontri clandestini tra la folla, sono comparsi manifesti che somigliano a fumetti: un insegnante d’inglese dai capelli rossi porge un mazzo di rose alla signorina Li, la ragazza li accetta e il gioco è fatto. Anche la «trappola al miele» è un classico della letteratura spionistica. Sembra ingenuo, da ridere, ma c’è poco da scherzare: la Cia americana l’anno scorso ha ammesso di aver perso venti informatori e agenti cinesi che aveva ingaggiato; scomparsi uno dopo l’altro, solo uno ufficialmente arrestato, una dozzina fucilati, o forse eliminati in segreto per evitare un processo imbarazzante.
Donald Trump su Twitter sostiene di rispettare e ammirare l’amico Xi Jinping, il presidente comunista lo ha ricevuto nella Città Proibita, ma la guerra d’intelligence prosegue da una parte e dall’altra, sul fronte del furto di informazioni militari e politiche, ma anche industriali. Le autorità cinesi così mettono in guardia la popolazione dalle tentazioni, minacciano pene esemplari e promettono premi da mezzo milione di yuan (70 mila euro circa) a chi dà la soffiata giusta.
Tempo fa il Beijing Daily scrisse che c’erano la bellezza di 115.675 spie straniere in Cina, agenti al soldo di americani, giapponesi, tedeschi, britannici soprattutto. Non si sa come sia stato fatto un censimento così preciso, né la stampa ha mai citato le sue fonti. Un esercito di 007 nemici contro il quale le autorità mobilitano le masse. Sempre i giornali di qui hanno annunciato che nel distretto di Chaoyang, a Pechino, operano circa 190 mila informatori di strada remunerati per le soffiate anticrimine e in caso anti-spia nemica. I migliori guadagnano fino a 300-500 yuan al mese (40-70 euro). Consiglio ai turisti: meglio non fermarsi a chiedere informazioni, soprattutto se si hanno i capelli rossi.
