dostum ha scritto:Erdogan membro della NATO trait d' union tra la Fratellanza Musulmana ,il Qatar e ambienti politici di Washington amici sia di Israele che suoi
https://aurorasito.wordpress.com/2014/0 ... della-cia/
viene pagato dalla UE per creare "campi profughi" per siriani che avranno lo stesso ruolo di quelli afghani per i Talebani

da Fulvio Grimaldi
Li abbiamo fatti arrabbiare noi. No, sono nati cattivi.
Due sono, dunque, le interpretazioni del terrorismo, apparentemente contradditorie, che dominano il dibattito dei sapienti. Per la prima, quella buonista, è l’Occidente con le sue guerre ad aver provocato risentimento, collera, vendetta e dunque terrorismo. Per la seconda, la hard, è dall’odio del fanatismo fondamentalista per i valori dell’Occidente, il suo stile di vita, le sue libertà, che sono scaturiti gli attentatori.
Ma s’è mai visto un terrorista iracheno fare macelli a Londra o New York in rappresaglia per Churchill che sperimentò i gas su Baghdad, o per Clinton e Bush che hanno ridotto la popolazione irachena del 20%? Gli algerini si sono vendicati del campionario di torture sperimentato nella prigione dell’orrore di Barberousse (dove hanno imparato Cia e Mossad), facendo esplodere la Madeleine? Da Egitto, Sudan, Kenya, India, è mai arrivato a Londra uno per abbattere il Big Ben? Quelle genti martirizzate dal buana bianco, a volte per secoli, sono venute a farsi poi da lui rinchiudere nelle banlieu e negli slums e a offrirgli sottomissione, esclusione, lavoro sottopagato. E quanto a noialtri, “brava gente”, quale dei sopravvissuti dei 600mila libici trucidati dal maresciallo Graziani (un terzo della popolazione d’allora), o delle decine di migliaia di disintegrati dai Tornado del “riluttante” Berlusconi, ha cercato di far crollare il Colosseo?
Dunque, la versione del terrorismo di rappresaglia parrebbe una cazzata. Rimane quella del fanaticone che ci odia perché infedeli e che è talmente integralista e idealista da immolarsi per la causa, rinunciando alla vita e a suoi piaceri e gioie. Lasciamo da parte i poveretti tirati dentro sebbene non c’entrassero nulla, tipo i quattro giovani sposi o padri e onesti lavoratori musulmani, con cui i servizi hanno mascherato l’attentato al metrò e al bus di Londra. O come i fratelli ceceni della bomba alla maratona di Boston, sovrapposti a due agenti provocatori rivelati da foto e filmati. O la donna kamikaze del macello nell’albergo di Amman, totalmente inventata a copertura di ordigni collocati nel controsoffitto e che incenerirono un incontro tra esponenti palestinesi e funzionari cinesi (anche quella volta gli israeliani presenti avevano ricevuto preavviso ed erano stati evacuati). No, qui parliamo di quelli veri, quelli del Bataclan e di Saint Denis, quelli che le cose le hanno fatte davvero. Fanatici integralisti, per l’appunto, che non ci pensano due volte a farsi esplodere o fucilare per Allah. Quelli che hanno in disprezzo e disgusto le “nostre abitudini di vita”, la nostra corruzione, i nostri vizi immondi.
Debosciati ma martiri
E, toh, sono tutti malfattori, ladruncoli, spacciatori, tentati omicidi, con fedine penali e carcerazioni lunghe lunghe. L’ideale per essere ricattati a fare qualche nefandezza, con la promessa di uscirne sano e salvo e al riparo da conseguenze. Quanto all’idealismo del martire e ai vizi occidentali, beh, del primo ci hanno detto i giornali, ma dei secondi erano praticissimi tutti quanti. Se ne fosse trovato uno, morto o vivo (perlopiù li fanno tacere per sempre), che non fosse stato accanito bevitore, appassionato frequentatore di mignotte e bordelli, giocatore d’azzardo, drogato e spacciatore, che mai avesse aperto il corano, che mai (la famosa “kamikaze” fotografata nuda nel bagno e fucilata a Saint Denis mentre chiedeva aiuto) avesse portato il velo! Esempi di virtù islamiche proprio come i presunti attentatori delle Torri Gemelle, martiri autoimmolatisi ma, un giorno prima, sbevazzoni di superalcolici, infoiati frequentatori di locali notturni e sexy show. C’è qualche incongruenza, no? Ma chissenefrega, conta rinfocolare lo scontro di civiltà, alimentare il business delle armi e delle ricostruzioni e avere pretesti per un ulteriore giro di vite a costituzioni, leggi e diritti.
Per chi dubitasse delle intenzioni di Hollande, dovrebbero bastare gli ambientalisti costretti preventivamente agli arresti in casa e alla firma per tutta la durata del vertice del clima (modello Mussolini) e i 300 (trecento) fermati per aver manifestato nonostante lo stato d’emergenza. Aveva messo, Hollande, 10.000 poliziotti in più tra i piedi ai parigini, dopo l’incredibile defaillance di Charlie Hebdo. Onnipresenti, non hanno saputo prevedere e impedire uno solo degli eccidi del 13 novembre. In compenso hanno massacrato di botte, gas e urticanti coloro che volevano avvicinarsi ai responsabili del planeticidio. Ne, è questo è davvero da incidere nella storia delle False Flag, s’è vista una sola immagine di quelle che avrebbero dovuto registrare le decine di telecamere del Bataclan e le centinaia di cellulari degli spettatori! Chi le ha confiscate? Perché? Di tutta la strage esiste solo una foto, dall’alto, di corpi senza macchie di sangue addosso. Quisquiglie. Intano abbiamo sistemato le plebi e, con un paio di attentati in Mali, abbiamo fatto capire a tutti che è la Francia di cui ha bisogno quel paese e tutto il Sahel. Perfino la Merkel l’ha capito e ha mandato 650 dei suoi raddrizza-indigeni della Bundeswehr a rafforzare il concetto. Che lì, con i Tuareg dell’Azawar, si tratta di guerra di liberazione da un colonialismo mascherato da antiterrorismo (esattamente come quella degli Shabaab in Somalia), è idea persa nel frastuono degli spari all’hotel Radisson di Bamako.
Follow the money
come dicono gli anglosassoni. Il bello, tanto stupefacente da essere invisibile ai nostri portatori di civiltà, è che uno Stato Islamico, oltre a quello di cui si fregia un’armata di lanzichenecchi, lobotomizzati in basso ed eterodiretti in alto, esiste già. E’ uno dei nostri più cari alleati e partner d’affari. Altro che bombardarlo ed eliminarlo dalla faccia dellaTerra. Si chiama Arabia Saudita ed è il modello preciso a cui si ispira il califfo. Appartiene tutto a una famiglia, i Saud, cui lo hanno regalato i britannici, ed è il sole di una costellazione che ne annovera altri: Kuweit, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti. Fa tutto quello che fanno quelli del Daish: sotterra le donne in casa, ma va a puttane, amputa i miscredenti, decapita dissidenti, frusta e crocifigge oppositori, taglia gole e teste ai ladri, ma traffica in stupefacenti. Dal suo alto pulpito, dà del dittatore sanguinario ad Assad e Gheddafi, campa in un lusso che svergogna i wolves di Wall Street, su un esercito di schiavi importati, possiede ogni cosa nel regno, dal petrolio ai magistrati, dal primo all’ultimo mattone, dalla prima all’ultima palma. Non possiede né partiti, né parlamento, ma trova sacrilegi i partiti e parlamenti in Siria e Iraq. Insomma un amico ideale, un modello per quello che si propongono e stanno costruendo i governi del mondo globalizzato, con la Turchia di Erdogan che già si è portata avanti col lavoro.
A Ryad o Mosul?
L’Isis non ne è che la propaggine avanzata che, a questo scopo finanziata, armata e addestrata dai più esperti alleati Nato, deve obliterare quanto di laico, democratico, pluralistico, autodeterminato, ancora inquina le società della regione, fornendo al contempo alle potenze globalizzanti il pretesto, sia per reimpadronirsi di quanto alle élites colonialiste i popoli in lotta avevano sottratto, sia per ridurre alla ragione totalitaria le proprie genti renitenti alla riedizione potenziata del nazifascismo. L’ha confermata l’ispettore Clouseau col pennacchio, mettendo in quarantena poliziesca gli ambientalisti. La prova verrà buona quando, contro il rifiuto popolare, si dovrà imporre a ferro e fuoco il TTIP, trattato capestro dei globalizzatori. E’ dunque facilmente comprensibile perché i colonialisti e autocrati di ritorno facciano finta di combattere i terroristi in genere e l’Isis in particolare e perché, anzi, del loro imperversare abbiano un bisogno vitale. Il petrolio del Golfo resta per l’Occidente il cordone ombelicale, l’industria militare dei principali paesi europei e degli Usa vi trova un mercato gigantesco, indispensabile al suo potere assoluto fondato sull’economia. I fondi sovrani di quelle famigliole regnanti hanno investito somme tali nelle nostre economie, per quanto riguarda l’Italia perfino nella cassaforte nazionale CDP e nelle imprese che controlla, oltre a comprarsi mezze città, da poterci ricattare giorno e notte con la minaccia del ritiro e della bancarotta.
Il sicario che dà di matto e il mandante riluttante
Il che ci porta alla Turchia del terminator pazzo. Pazzo fino a un certo punto, se è vero che ha abbattuto il Su-24 russo, palesemente su territorio siriano, non solo per provocare una conflagrazione che coinvolga tutti e ponga fine al protagonismo di Mosca per una sgradita sistemazione del Medioriente (da cui la successione di provocazioni: Boeing russo sul Sinai, storia del doping, eccidi di Beirut, supercasino di Parigi, abbattimento del Sukhoi). Qui era in gioco anche il destino e il patrimonio di una cricca famigliare cui non basta aver carcerato giornalisti, giudici, poliziotti indocili e massacrato manifestanti. Una stirpe di gangster megalomani che trattano i propri cittadini come l’Isis tratta i disperati che finiscono tra le sue grinfie. Non per nulla la Merkel e l’UE gli hanno regalato 3 miliardi di euro per tenere a bada i profughi e, soprattutto, consolidare il proprio patrimonio, e gli hanno riaperto le porte dell’Europa. Uno così è un vero battistrada. A lui, sì, che è consentito violare spazi aerei a volontà in Siria e Iraq, come è consentito a israeliani, francesi, Usa, britannici. L’Onu sta lì apposta.
Mi arriva, mentre scrivo, la notizia che questo Darth Vader levantino ha appena fatto assassinare a Dyarbakir Tahir Elci, capo degli avvocati che difendono i curdi. Tranquilli, gli passeranno anche questa. Cos’è che ha detto Obama, proprio ora, nell’intervista a “Time”? “Erdogan è lo statista con il quale ho il rapporto più stretto e amichevole.”. Ha poi inserito tra i preferiti anche Angela Merkel, Singh dell’India, Myung-bak della Corea del Sud e, ovviamente, il fratellino scemo Cameron. La crème de la crème.
Si tratta di ricostituire l’impero ottomano, farla finita con le ubbie laiche e illuministe di Ataturk, congiungersi in teocrazia totalitaria con i Fratelli Musulmani del Golfo, wahabiti o altro, e procedere di buon accordo anche con le esigenze spartitorie di Israele. Lo strumento denaro, e l’Isis che lo assicura, sono qui imprescindibili. Non per nulla Hakan Fidan, capo dei servizi segreti turchi, MIT, l’ha detto chiaro e tondo all’agenzia di notizie governativa “Anadolu” il 22 novembre: “L’Isis è una realtà e dobbiamo accettare che non possiamo sradicare una struttura ben radicata e popolare come lo Stato Islamico. Percià sollecito i miei colleghi occidentali a rivedere la loro opinione sulle correnti politiche islamiche, abbandonare la propria cinica mentalità e neutralizzare i piani di Putin tesi a schiacciare i rivoluzionari islamisti in Siria”.
Bilal Erdogan
Follow the money 2
Scampato a processi e prigioni grazie alla rimozione e all’arresto di coloro che lo aveno denunciato e incriminato per una serie interminabili di scandali di corruzione (tra l’altro appropriazione di fondi della previdenza sociale), Bilal Erdogan, delfino dal sultano, è il terminale del traffico di petrolio siriano e iracheno che riempie di milioni le casse del califfo (1 miliardo all’anno secondo il sottosegretario Usa per l’intelligence finanziaria, David Cohen).Traffico di cui Bilal cura l’intera filiera, dall’estrazione e dal trasporto sotto controllo Isis, allo smercio ai vari acquirenti europei e non, a metà del prezzo ufficiale di 45 dollari per il Brent. Nei governi occidentali non c’è chi non sia perfettamente al corrente di tale traffico. Dopo aver studiato ed essere stato ammaestrato negli Usa, dopo aver lavorato alla Banca Mondiale (FMI e BM sono passaggi obbligati per i criminali della grande finanza e politica), in Turchia ha creato il gruppo BMZ Denizclik che si occupa di trasporti marittimi e ha firmato contratti con varie società europee e giapponesi per il trasporto del greggio contrabbandato dall’Isis. Una mano ai soci dell’Isis la dà anche l’altra figlia di Erdogan, Sumeyye, dirigendo un ospedale clandestino sul confine con la Siria, attraverso il quale camion militari turchi le portano giornalmente jihadisti feriti da rimettere in sesto e rispedire in battaglia. Stessa cosa che è ormai noto fare Israele con le sue cliniche di jihadisti sul Golan occupato.
Vogliamo scoprire un altro motivo - accanto a quello strategico di sabotare l’egemonia russa sulle prospettive di soluzione dei conflitti in Medioriente - per l’inaudita provocazione dell’abbattimento del jet russo su territorio siriano? Il trasporto del petrolio rubato dall’Isis era stato gravemente compromesso dai bombardamenti russi su colonne di cisterne, depositi e impianti delle raffinerie (che ora le veline occidentali cercano di occultare attribuendo a Mosca, che documenta con foto satellitari le migliaia di obiettivi dell’Isis colpiti, incursioni solo contro la fantasmatica opposizione “moderata” ad Assad). Centinaia di autocisterne in fila, all’aperto totale del deserto, che nessuna incursione della coalizione occidentale aveva mai infastidito. Peggio, quell’ oleodotto su gomma transitava per i territori siriani al confine con la Turchia, tra due zone occupate dai curdi, sui quali il despota di Ankara insisteva a voler imporre la famosa “zona cuscinetto” o “No fly zone”. Non solo per mettere piedi in Siria e costituire un sicuro santuario per i mercenari Nato-Golfo-Israele dell’Isis, piattaforma di lancio per la frammentazione della Siria programmata da decenni (parte agli ottomani, parte a un protettorato occidentale, una striscia sul Mediterraneo agli alawiti e quanto bastava, malvolentieri, ma in ossequio a Israele e agli atlantici, ai curdi). Ma, nell’immediato, per garantire sotto controllo turco, di Bilal, un flusso indisturbato di petrolio che tanto stava contribuendo alla potenza finanziaria del clan.
L’itinerario delle autocisterne e, in direzione opposta, quello dei camion militari turchi che, passando per la stessa fascia di territorio, riforniscono di miliziani, armamenti e vettovaglie i fratelli in Islam dell’Isis. Can Dundar, direttore del primo quotidiano turco, Cumhuriyet, è stato sbattuto in carcere l’altro giorno, insieme al suo caporedattore, per aver scritto e pubblicato foto delle colonne di mezzi turchi che attraversavano il confine in direzione Raqqa. Serena Shim, statunitense di origine libanese, giovane ma prestigiosa inviata di guerra di PRESSTV, aveva documentato lo stesso traffico con articoli, video, foto e testimonianze. Il giorno dopo essere stata attaccata dal ministro degli interni e aver denunciato di aver ricevuto minacce di morte, è stata uccisa. Solito “incidente automobilistico”, proprio sul confine, con un mezzo pesante che le è piombato addosso su una strada deserta.
Ed è appunto questa striscia di terra larga 90 km, presidiata da milizie turcomanne legate a Isis e Ankara, futura zona cuscinetto, che il SU-24 e altri jet russi tempestano di bombe, permettendo l’avanzata delle forze regolari e popolari (che si verificano su tutti i fronti: Latakia, Oms, Hama, Aleppo). Colpo mortale al progetto di Erdogan.Tale da giustificare anche una mossa estrema come un missile sul cacciabombardiere russo.
I nostri alleati, partner e amici storici, Saudia, Qatar, Bahrein. Kuweit, EAU, Turchia, Israele, stanno lì, esposti nella loro complicità con il più terrificante terrorismo apparso sulla faccia della Terra, dopo i nefasti del colonialismo europeo d’antan, più nudi di quanto non fosse il re scoperto senza abiti dal ragazzino di Andersen. Si vuole evitare che saltino per aria e vengano mitragliati cittadini del civile Occidente (finchè sterminavano musulmani si lasciava fare, anzi)? Basta tagliare i rifornimenti: sanzioni e rottura dei rapporti diplomatici per i regimi citati, se non interrompessero immediatamente il loro sostegno al califfo. Per molto meno embarghi devastanti sono stati inflitti a Serbia, Iran, Russia, Venezuela, Cuba, Myanmar, Rhodesia, Sudafrica, Libia, Siria, Iraq… Non vendiamo più armi e non compriamo più petrolio da questi mostriciattoli in jallabiah. Vediamo che succede.
Si può fare? Come no. Si farà? Per niente. La Turchia è bastione Nato, gli altri sono pedibne. La Saudia è costellata di basi Usa, il Bahrein ospita la Quinta Flottai. E Nato significa complesso militar-industriale e perciò guerra infinita. Se l’Isis deve essere buttata alle ortiche perché troppo screditata, si troverà un altro mercenariato, o si deciderà un intervento di terra, che la faccia finita con Bashar el Assad. E quindi con la Siria unita, libera e sovrana. L’obiettivo imprescindibile era quello, fin da decenni prima del 2011. Addirittura fin da prima che Oded Yinon, consigliere del premier israeliano Begin, non formulasse il famigerato piano che prevedeva la frantumazione degli Stati nazionali laici arabi lungo linee etnico-confessionali (l’altro giorno, da Mentana, il principe della superficialità conformista e antistorica, lo “storico” Paolo Mieli, e “l’eroe del Libano”, generale Angioni,.pontificavano proprio sulla necessità di ridurre in pezzi etnico-confessionali queste nazioni, a partire dalla Siria. Reattive voci del padrone..