Stenterello è il tipico personaggio fiorentino chiacchierone, pauroso ed impulsivo; ma anche saggio, ingegnoso e pronto a schierarsi dalla parte del più debole, anche se la tremarella gli mette spesso i bastoni tra le ruote: ed è in questo contrasto il fulcro della comicità.
Assieme alla risposta pronta, ha sempre battute pungenti, espresse in vernacolo fiorentino, non volgare ma mite e brioso; come riporta infatti l'Artusi:
« ...dal palcoscenico Stenterello lanciava frizzi e motti scevri però di volgarità, tanto che famiglie intere assistevano al suo spettacolo. »
In esso è raffigurato il popolano fiorentino, di bassa estrazione, il quale oppresso da avversità ed ingiustizie, ha in sé sempre la forza di ridere e scherzare.
La tecnica preferita con cui Stenterello parla all'immaginazione popolare, per eccitarne il riso, è il bisticcio, ovvero la vicinanza di parole differenti di significato e di suono simile: "M'inchino fino all'imo, e il primo imprimo nella mente dell'amante: si rammenti i miei tormenti non mai spenti anzi più spanti...", dandogli maggiore effetto tramite una veloce parlantina.
Tuttavia, a seconda dell'interprete, Stenterello poteva anche lanciare talvolta frasi sboccate e lasciarsi andare a gesti audaci: si ricorda che Lorenzo Cannelli veniva accusato di interpretarlo con troppa volgarità, e per questo il suo Stenterello aveva meritato il cognome di Porcacci.
Contro queste travisate interpretazioni che portarono alla fine della maschera, si misero persone del calibro di Giuseppe Giusti, che satiricamente intimava: "Zitto, l'equivoco/Di Stenterello,/Che sa di bettola/E di bordello!/"
