[O.T.] 10 Febbraio Giornata del Ricordo
Moderatori: Super Zeta, AlexSmith, Pim, Moderatore1
'lo puoi condannare per i crimini commessi ma non puoi permetterti di giudicarlo "umanamente"'
è proprio per i crimini commessi che per me diventa una merda umana
Per la curiosità : abito a Milano, guadagno benino (diciamo un 2.800-3.000 € netti al mese), la casa che ho comprato nel 1999 a 400 milioni adesso vale 400K €, per cui non ho ancora le pezze al culo. Magari tra qualche anno, se è vero come dite voi emigrati che qui moriremo di fame, apriró anch'io una piadineria ai piedi degli Urali come DickFottov, ma non ne sono tanto sicuro.... speriamo di no, cazzarola, non mi vedo proprio con la chitarrina a fare l'imitazione di Celentano per far ridere i miei amici russi
è proprio per i crimini commessi che per me diventa una merda umana
Per la curiosità : abito a Milano, guadagno benino (diciamo un 2.800-3.000 € netti al mese), la casa che ho comprato nel 1999 a 400 milioni adesso vale 400K €, per cui non ho ancora le pezze al culo. Magari tra qualche anno, se è vero come dite voi emigrati che qui moriremo di fame, apriró anch'io una piadineria ai piedi degli Urali come DickFottov, ma non ne sono tanto sicuro.... speriamo di no, cazzarola, non mi vedo proprio con la chitarrina a fare l'imitazione di Celentano per far ridere i miei amici russi
- balkan wolf
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perchè sotto sotto sei un moralista evidentemente...
cmq. era una cit. da cuore di tenebra
per la curiosità :
non si danno mai le cifre che fa peracottaro
cmq. milano rimane una città di merda dai...
p.s. il "salto della quaglia" lire-euro con gli appartamenti lo abbiamo fatto tutti
... e poi che cazzo si fa??? okkio alla "bolla speculativa" testina 
ciao e direi fine del mini incidente diplomatico
cmq. era una cit. da cuore di tenebra
per la curiosità :
non si danno mai le cifre che fa peracottaro

cmq. milano rimane una città di merda dai...
p.s. il "salto della quaglia" lire-euro con gli appartamenti lo abbiamo fatto tutti


ciao e direi fine del mini incidente diplomatico
“Quando il treno dei tuoi pensieri sferraglia verso il passato e le urla si fanno insopportabili, ricorda che c’è sempre la follia. La follia è l’uscita d’emergenza!”
Alan Moore the killing joke
Alan Moore the killing joke
Ecco, ho trovato chi sei... altro che Capirossi, il nostro Balkan in realtà è Kurtz imboscato tra i selvaggi che lo idolatrano e che piscia in testa alla morale del mondo. Al di là del bene e del male... puó permettersi di apprezzare 'umanamente' anche personaggi alla Arkan. Io forse sono umano, troppo umano, invece...balkan wolf ha scritto:cmq. era una cit. da cuore di tenebra

La bolla speculativa immobiliare siam tutti qui che l'aspettiamo, ma finchè non ci sono rendimenti alternativi, specie per quanto riguarda i titoli di stato, voglio vedere se gli italiani smetteranno di andare sul mattone. E poi, anche se perdesse il 20% (sarebbe astronomica come perdita, per il mercato immobiliare) mi farebbe una pippa, avrei sempre il culo abbastanza parato.
Dopo ? Non faccio l'immobiliarista, per cui 'dopo' vorrà sempre e comunque dire investire su me stesso, sulle mie conoscenze e sul mio lavoro, qui o altrove. Nel frattempo, ripeto, non mi dispiace vivere qui. Forse non è eccitante come le altre città in cui ho vissuto (dai facciamo il perecottaro fino in fondo: Mosca, Londra, Madrid e Barcellona), ma mi offre sempre qualcosa di nuovo. Anche se il 99% della città offende il mio senso estetico, l'offerta culturale, sportiva, di eventi e le opportunità di business di Milano non sono da buttare via, dai.
Comunque come sempre siamo finiti OT: vorrei dire solo onore ai morti, di qualsiasi colore, e in culo a chi li strumentalizza.
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L' infelice destino di balkan è quello di appartenere a una stirpe che non è di questo mondo e che non lo è mai stata: la stirpe dei superuomini, degli dei, degli eroi. Balkan ha ormai spezzato le catene dell' ebraismo e del cristianesimo, simboli supremi della morale degli schiavi, ha fatto suo l' istinto della crudeltà e il motto nietzscheano "I forti vanno preservati dai deboli"; finalmente, SENZA RIMORSI O SENSI DI COLPA, puó godere appieno della vita come "festa crudele".
non so niente, non mi importa niente, non mi occupo di niente, non credo niente e non voglio niente
- balkan wolf
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suoer o.t.
dispe:
"voglio vedere se gli italiani smetteranno di andare sul mattone."
le bric c'est le bric diceva il silvio mentre tirava su milano2
non sono così fiducioso siamo sull'orlo del baratro a milano non si vende solo perchè gli affitti sono sfalsati verso l'alto ( secondo te chi me le paga le puttane? ESATTO!!! il negro zumbon a cui affitto in itaGlia
) peró sono fermamente convinto che tra pochissimo converrà vendere a "nuda prop." ( con la zia dell' età giusta per farti dare il 70-80% ovv. ) e schiaffare tutto in svizzera o riinvestire in est euro... per il resto milano fa cagare come clima come gente e come lifesyle ...
ma soprattutto dispe come cazzo fai a vivere in itaGlia se hai "sperimentato" l' est??? io ormai sono condannato non potró più vivere in itaGlia ma forse neppure in occidente... non sto scherzando l'estdipendenza è una malattia inguaribile
p.s.
mr. kurtz rulez!!!
e tra i "selvaggi" non si sta poi così male
cmq. il paragone è abbastanza azzeccato
dispe:
"voglio vedere se gli italiani smetteranno di andare sul mattone."
le bric c'est le bric diceva il silvio mentre tirava su milano2

non sono così fiducioso siamo sull'orlo del baratro a milano non si vende solo perchè gli affitti sono sfalsati verso l'alto ( secondo te chi me le paga le puttane? ESATTO!!! il negro zumbon a cui affitto in itaGlia


ma soprattutto dispe come cazzo fai a vivere in itaGlia se hai "sperimentato" l' est??? io ormai sono condannato non potró più vivere in itaGlia ma forse neppure in occidente... non sto scherzando l'estdipendenza è una malattia inguaribile

p.s.
mr. kurtz rulez!!!
e tra i "selvaggi" non si sta poi così male
cmq. il paragone è abbastanza azzeccato
“Quando il treno dei tuoi pensieri sferraglia verso il passato e le urla si fanno insopportabili, ricorda che c’è sempre la follia. La follia è l’uscita d’emergenza!”
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balkan wolf ha scritto:solo perchè gli affitti sono sfalsati verso l'alto ( secondo te chi me le paga le puttane? ESATTO!!! il negro zumbon a cui affitto in itaGlia![]()
)
Azz.!!! Balkan proprietario immobilare e "rentier" con gli extracomunitari!!!
Se lo viene a sapere Zeta sei bannato a vita!!!



"Innalzare templi alla virtù e scavare oscure e profonde prigioni al vizio."
Perchè abbiamo voluto il "Giorno del Ricordo"
Torino, 10 Febbraio 2005. Intervento di Lucio Toth, Presidente Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
Molta gente ci chiede perchè noi, Esuli dall'Istria, Quarnaro e Dalmazia, abbiamo voluto il "Giorno del Ricordo" come ricorrenza nazionale, dando il nostro consenso e la nostra collaborazione al testo della legge n. 92 del marzo 2004.
Ecco i nostri quattro "perchè":
1)Riaffermare l'italianità storica delle nostre terre d'origine: l'Istria, il Quarnaro e la Dalmazia, regioni di frontiera con altre culture, che avevano saputo convivere pacificamente per secoli.
2)Onorare i nostri sacrifici e l'eroismo di tutti gli italiani per difendere questa nostra identità nazionale, latina e veneta, e ricordare gli eccidi delle Foibe, le persecuzioni patite sotto le occupazioni straniere e l'Esodo di 350.000 italiani dalla terra natale tra il 1944 e il 1954.
3)Rivendicare il nostro diritto di far parte della memoria condivisa della Nazione e costruire intorno alle nostre vicende una memoria comune senza differenze di idee politiche o di fede religiosa.
4)Lanciare un monito all'Europa e a tutti i popoli per la salvaguardia delle diversità territoriali e il rispetto dei diritti delle minoranze etniche, linguistiche e religiose, a vivere nella propria terra in pace con le altre componenti, senza doversi piegare ai diktat di Stati nazionalisti o totalitari, a cominciare dai nostri fratelli che risiedono ancora nelle nostre terre d'origine.
E perchè Torino per questa celebrazione? Perchè fu Torino la prima capitale dell'Italia unita e fu in Piemonte - unico Stato italiano che dopo la sconfitta del 1849 aveva conservato il Tricolore e le garanzie liberali dello Statuto Albertino - che trovarono asilo tanti esuli dalmati e giuliani: da Pier Alessandro Paravia da Zara, accademico della Crusca e italianista nella vostra Università , ai repubblicani e federalisti Niccoló Tommaseo da Sebenico e Federico Seismit-Doda da Ragusa, diventato ufficiale dell'armata piemontese e poi ministro di Crispi, a Vittorio Zuppelli da Capodistria, ministro della guerra tra il 1915 e il 1918.
E in Piemonte hanno trovato casa e lavoro decine di migliaia dei nostri "profughi".
Su questa ricorrenza si è aperto nei media un dibattito acceso.
A noi esuli non interessa tanto individuare colpevoli. Per quelli individuali avrebbe dovuto pensarci la giustizia dei tribunali. E non è mai troppo tardi.
Per le ideologie del passato non occorre molto alla nostra coscienza collettiva per attribuire al regime fascista la responsabilità di una guerra funesta, senza la quale i confini nazionali sarebbero rimasti intatti, e di un ottuso tentativo di snazionalizzazione delle minoranze slave.
Nè ci servono grandi indagini storiografiche per saper che il PCI offrì le nostre terre alla Iugoslavia comunista di Tito, sia militarmente nel 1944-45, sia politicamente in più occasioni, e che le Foibe furono opera dei partigiani iugoslavi, che vi gettarono dentro anche i partigiani e i resistenti che volevano restare italiani. E non possiamo dimenticare i "ragazzi di Saló" che si sacrificarono sull'Eneo e nella Selva di Tarnova in un'ultima disperata difesa. Così una guerra fratricida si rivelava sul confine orientale in tutto il suo orrore, tra la Risiera e le carceri giudiziarie diventate luoghi di tortura di opposti aguzzini.
Della DC sappiamo che fece quello che poteva per assisterci in un momento in cui anche altri italiani avevano bisogno di assistenza. Anche se nessuno di noi ha perdonato l'inutile Accordo di Osimo, contro il quale votarono, senza distinzione di parte, tutti i parlamentari esuli. Così come aveva votato contro l'iniquità del Trattato di pace il fiumano Leo Valiani nel 1947. Quanto alla "congiura del silenzio" credo che l'Italia del dopoguerra fosse un paese che, uscito da una guerra civile, era terrorizzato dall'idea di ripiombarci. Sia De Gasperi che Togliatti non avevano interesse a fomentare odii che avrebbero potuto scatenare nuovi scontri cruenti. Malgrado la contrapposizione tra i due blocchi e la guerra fredda - anzi proprio perchè c'era la guerra fredda - bisognava tenere sotto sedativo un paese fragile e diviso come l'Italia.
Dire la verità sulle Foibe, dare loro risalto, avrebbe rischiato di gettare gli italiani l'uno contro l'altro. Perchè quello che mancava ormai era l'idea di una Patria comune, un valore compromesso dalla retorica del regime, dalla sconfitta militare e dagli eventi dell'8 settembre 43, vissuti più come una vergogna che come un'occasione di riscatto..
L'Italia faceva finta di aver vinto, ma tutti sapevano che non era vero, malgrado la Resistenza. La morte della Patria portava a dimenticare, se non a disprezzare, chi per questa patria aveva sofferto.
Oggi evidentemente c'è una ricerca di verità e anche di identità nazionale, pur nello spirito dell'unità dell'Europa e dell'Occidente e in un sentimento confuso ed informe di fratellanza universale.
E per questo commuove la consapevolezza di un piccolo popolo che, lasciato in balia della storia, ha sofferto per amore di una patria che in quel momento non c'era più.
Ma se il nostro Paese ha finalmente raggiunto un punto di convergenza comune su questo tema, grazie al nostro equilibrato senso della storia e al riconoscimento dei nostri torti verso le minoranze, ma soprattutto grazie alla maturazione democratica della cultura politica italiana, stiamo ancora aspettando che qualcosa del genere avvenga al di là della frontiera del 1947-75. L'opinione pubblica slovena sembra ancora lontana dal voler riconoscere la semplice realtà storica del nostro esodo e continua a coltivare nei libri di scuola la tesi di un confine etnico oltre Aquileia, contestando ancora oggi l'italianità di Trieste e di Gorizia e delle cittadine istriane del Golfo, mentre in Italia nessuno contesta la slavità delle vallate giulie.
Anche in Croazia esistono pregiudizi e resistenze a riconoscere l'antico carattere latino e italiano della penisola istriana e delle città costiere della Dalmazia fin da prima della lunga e plurisecolare dominazione della Serenissima. Un mito mai spento nel cuore dei dalmati e degli istriani, che nel suo dialetto si riconobbero e si riconoscono, come nella grazia veneta delle loro città , pur consapevoli da sempre di dover dividere con croati, sloveni o serbi l'amore per la comune terra natale.
Non possono Croazia e Slovenia proclamare di appartenere dell'Europa se non si inchinano con rispetto davanti alle Foibe e all'iniquità del nostro Esodo.
Altrimenti l'Europa sarà solo nei protocolli delle cancellerie, non nel cuore degli uomini e delle donne di quella che dovrebbe essere una patria comune a più popoli.
E quanto la desideriamo noi una patria comune più grande, nella quale ricuperare l'identità antica delle nostre terre! La nostra storia non comincia nel 1941 e neanche nel 1915. Viene da lontano.
Cercate di immaginare di quali esperienze siamo stati testimoni noi esuli istriani, dalmati e fiumani in tre generazioni.
Quale film è rimasto impresso nella nostra mente e nel nostro cuore: la grandezza dorata di Venezia, un mito lontano di dignità nazionale, di indipendenza, di splendore culturale, di rispetto per le persone, di tolleranza religiosa, di convivenza interetnica. Poi il tramonto dell'Europa asburgica. E le ansie e i sacrifici della Grande Guerra, i campi di internamento, la gioia delle Redenzione, che compiva il nostro Risorgimento.
Un Risorgimento al quale avevamo partecipato con centinaia di volontari accorsi a difendere la Repubblica di Venezia e la Repubblica Romana e poi entrati nell'esercito piemontese. Di questi fermenti rivoluzionari è testimonianza la repressione poliziesca che seguì da parte dell'Austria dopo le tre guerre d'indipendenza italiane, con l'imprigionamento di molti patrioti, l'epurazione dalle amministrazioni e l'esilio di altri.
L'autonomismo istriano, dalmato e fiumano tra il 1861 e la fine dell'Ottocento rappresentó la difesa coraggiosa e solitaria dell'identità italiana di quelle regioni, fosse essa maggioritaria, come in Istria e a Fiume, o minoritaria, come in Dalmazia. L'irredentismo ne fu la prosecuzione naturale e la sua matrice era libertaria e mazziniana e tendeva ad estendersi alle aspirazioni di libertà dei popoli slavi ed ungherese contro l'ambiguità della politica di Vienna, tollerante ma al tempo stesso giocata sullo scontro nazionale.
Poi vennero l'impresa dannunziana, con la sua polivalenza contraddittoria, e la nascita del fascismo. L'utopia di un'Italia che cercava il suo posto al sole. E molti di noi la seguirono. Come milioni di italiani. E le hanno sacrificato la vita. Altri anche tra noi scelsero la via ardua dell'antifascismo, con il rischio di essere chiamati anti-italiani. Ernesto Sestan ci ha lasciato pagine fondamentali sull'involuzione nazionalista e antislava del nobilissimo irredentismo giuliano.
Poi la disfatta dell'8 settembre 1943, il ritorno dei tedeschi in vena di punizioni, questa volta nazisti per giunta. La guerra civile e, dentro questa, la guerra a noi, come italiani del confine orientale. La Resistenza divisa. E poi le Foibe, l'occupazione iugoslava, la pulizia etnica e l'esodo, i campi profughi, le baracche anche per decenni, le umiliazioni.
E il lungo silenzio, il nostro grido inascoltato, la mistificazione della nostra storia, come se all'amputazione territoriale dovesse seguire l'amputazione della nostra appartenenza alla cultura della nazione: dagli umanisti del Quattrocento ai protagonisti della letteratura, del cinema, del teatro del Novecento.
E' tutto questo che fa parte del "Giorno del Ricordo".
Lucio Toth
Torino, 10 febbraio 2005
http://www.anvgd.it/archivio/100205.htm
Torino, 10 Febbraio 2005. Intervento di Lucio Toth, Presidente Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
Molta gente ci chiede perchè noi, Esuli dall'Istria, Quarnaro e Dalmazia, abbiamo voluto il "Giorno del Ricordo" come ricorrenza nazionale, dando il nostro consenso e la nostra collaborazione al testo della legge n. 92 del marzo 2004.
Ecco i nostri quattro "perchè":
1)Riaffermare l'italianità storica delle nostre terre d'origine: l'Istria, il Quarnaro e la Dalmazia, regioni di frontiera con altre culture, che avevano saputo convivere pacificamente per secoli.
2)Onorare i nostri sacrifici e l'eroismo di tutti gli italiani per difendere questa nostra identità nazionale, latina e veneta, e ricordare gli eccidi delle Foibe, le persecuzioni patite sotto le occupazioni straniere e l'Esodo di 350.000 italiani dalla terra natale tra il 1944 e il 1954.
3)Rivendicare il nostro diritto di far parte della memoria condivisa della Nazione e costruire intorno alle nostre vicende una memoria comune senza differenze di idee politiche o di fede religiosa.
4)Lanciare un monito all'Europa e a tutti i popoli per la salvaguardia delle diversità territoriali e il rispetto dei diritti delle minoranze etniche, linguistiche e religiose, a vivere nella propria terra in pace con le altre componenti, senza doversi piegare ai diktat di Stati nazionalisti o totalitari, a cominciare dai nostri fratelli che risiedono ancora nelle nostre terre d'origine.
E perchè Torino per questa celebrazione? Perchè fu Torino la prima capitale dell'Italia unita e fu in Piemonte - unico Stato italiano che dopo la sconfitta del 1849 aveva conservato il Tricolore e le garanzie liberali dello Statuto Albertino - che trovarono asilo tanti esuli dalmati e giuliani: da Pier Alessandro Paravia da Zara, accademico della Crusca e italianista nella vostra Università , ai repubblicani e federalisti Niccoló Tommaseo da Sebenico e Federico Seismit-Doda da Ragusa, diventato ufficiale dell'armata piemontese e poi ministro di Crispi, a Vittorio Zuppelli da Capodistria, ministro della guerra tra il 1915 e il 1918.
E in Piemonte hanno trovato casa e lavoro decine di migliaia dei nostri "profughi".
Su questa ricorrenza si è aperto nei media un dibattito acceso.
A noi esuli non interessa tanto individuare colpevoli. Per quelli individuali avrebbe dovuto pensarci la giustizia dei tribunali. E non è mai troppo tardi.
Per le ideologie del passato non occorre molto alla nostra coscienza collettiva per attribuire al regime fascista la responsabilità di una guerra funesta, senza la quale i confini nazionali sarebbero rimasti intatti, e di un ottuso tentativo di snazionalizzazione delle minoranze slave.
Nè ci servono grandi indagini storiografiche per saper che il PCI offrì le nostre terre alla Iugoslavia comunista di Tito, sia militarmente nel 1944-45, sia politicamente in più occasioni, e che le Foibe furono opera dei partigiani iugoslavi, che vi gettarono dentro anche i partigiani e i resistenti che volevano restare italiani. E non possiamo dimenticare i "ragazzi di Saló" che si sacrificarono sull'Eneo e nella Selva di Tarnova in un'ultima disperata difesa. Così una guerra fratricida si rivelava sul confine orientale in tutto il suo orrore, tra la Risiera e le carceri giudiziarie diventate luoghi di tortura di opposti aguzzini.
Della DC sappiamo che fece quello che poteva per assisterci in un momento in cui anche altri italiani avevano bisogno di assistenza. Anche se nessuno di noi ha perdonato l'inutile Accordo di Osimo, contro il quale votarono, senza distinzione di parte, tutti i parlamentari esuli. Così come aveva votato contro l'iniquità del Trattato di pace il fiumano Leo Valiani nel 1947. Quanto alla "congiura del silenzio" credo che l'Italia del dopoguerra fosse un paese che, uscito da una guerra civile, era terrorizzato dall'idea di ripiombarci. Sia De Gasperi che Togliatti non avevano interesse a fomentare odii che avrebbero potuto scatenare nuovi scontri cruenti. Malgrado la contrapposizione tra i due blocchi e la guerra fredda - anzi proprio perchè c'era la guerra fredda - bisognava tenere sotto sedativo un paese fragile e diviso come l'Italia.
Dire la verità sulle Foibe, dare loro risalto, avrebbe rischiato di gettare gli italiani l'uno contro l'altro. Perchè quello che mancava ormai era l'idea di una Patria comune, un valore compromesso dalla retorica del regime, dalla sconfitta militare e dagli eventi dell'8 settembre 43, vissuti più come una vergogna che come un'occasione di riscatto..
L'Italia faceva finta di aver vinto, ma tutti sapevano che non era vero, malgrado la Resistenza. La morte della Patria portava a dimenticare, se non a disprezzare, chi per questa patria aveva sofferto.
Oggi evidentemente c'è una ricerca di verità e anche di identità nazionale, pur nello spirito dell'unità dell'Europa e dell'Occidente e in un sentimento confuso ed informe di fratellanza universale.
E per questo commuove la consapevolezza di un piccolo popolo che, lasciato in balia della storia, ha sofferto per amore di una patria che in quel momento non c'era più.
Ma se il nostro Paese ha finalmente raggiunto un punto di convergenza comune su questo tema, grazie al nostro equilibrato senso della storia e al riconoscimento dei nostri torti verso le minoranze, ma soprattutto grazie alla maturazione democratica della cultura politica italiana, stiamo ancora aspettando che qualcosa del genere avvenga al di là della frontiera del 1947-75. L'opinione pubblica slovena sembra ancora lontana dal voler riconoscere la semplice realtà storica del nostro esodo e continua a coltivare nei libri di scuola la tesi di un confine etnico oltre Aquileia, contestando ancora oggi l'italianità di Trieste e di Gorizia e delle cittadine istriane del Golfo, mentre in Italia nessuno contesta la slavità delle vallate giulie.
Anche in Croazia esistono pregiudizi e resistenze a riconoscere l'antico carattere latino e italiano della penisola istriana e delle città costiere della Dalmazia fin da prima della lunga e plurisecolare dominazione della Serenissima. Un mito mai spento nel cuore dei dalmati e degli istriani, che nel suo dialetto si riconobbero e si riconoscono, come nella grazia veneta delle loro città , pur consapevoli da sempre di dover dividere con croati, sloveni o serbi l'amore per la comune terra natale.
Non possono Croazia e Slovenia proclamare di appartenere dell'Europa se non si inchinano con rispetto davanti alle Foibe e all'iniquità del nostro Esodo.
Altrimenti l'Europa sarà solo nei protocolli delle cancellerie, non nel cuore degli uomini e delle donne di quella che dovrebbe essere una patria comune a più popoli.
E quanto la desideriamo noi una patria comune più grande, nella quale ricuperare l'identità antica delle nostre terre! La nostra storia non comincia nel 1941 e neanche nel 1915. Viene da lontano.
Cercate di immaginare di quali esperienze siamo stati testimoni noi esuli istriani, dalmati e fiumani in tre generazioni.
Quale film è rimasto impresso nella nostra mente e nel nostro cuore: la grandezza dorata di Venezia, un mito lontano di dignità nazionale, di indipendenza, di splendore culturale, di rispetto per le persone, di tolleranza religiosa, di convivenza interetnica. Poi il tramonto dell'Europa asburgica. E le ansie e i sacrifici della Grande Guerra, i campi di internamento, la gioia delle Redenzione, che compiva il nostro Risorgimento.
Un Risorgimento al quale avevamo partecipato con centinaia di volontari accorsi a difendere la Repubblica di Venezia e la Repubblica Romana e poi entrati nell'esercito piemontese. Di questi fermenti rivoluzionari è testimonianza la repressione poliziesca che seguì da parte dell'Austria dopo le tre guerre d'indipendenza italiane, con l'imprigionamento di molti patrioti, l'epurazione dalle amministrazioni e l'esilio di altri.
L'autonomismo istriano, dalmato e fiumano tra il 1861 e la fine dell'Ottocento rappresentó la difesa coraggiosa e solitaria dell'identità italiana di quelle regioni, fosse essa maggioritaria, come in Istria e a Fiume, o minoritaria, come in Dalmazia. L'irredentismo ne fu la prosecuzione naturale e la sua matrice era libertaria e mazziniana e tendeva ad estendersi alle aspirazioni di libertà dei popoli slavi ed ungherese contro l'ambiguità della politica di Vienna, tollerante ma al tempo stesso giocata sullo scontro nazionale.
Poi vennero l'impresa dannunziana, con la sua polivalenza contraddittoria, e la nascita del fascismo. L'utopia di un'Italia che cercava il suo posto al sole. E molti di noi la seguirono. Come milioni di italiani. E le hanno sacrificato la vita. Altri anche tra noi scelsero la via ardua dell'antifascismo, con il rischio di essere chiamati anti-italiani. Ernesto Sestan ci ha lasciato pagine fondamentali sull'involuzione nazionalista e antislava del nobilissimo irredentismo giuliano.
Poi la disfatta dell'8 settembre 1943, il ritorno dei tedeschi in vena di punizioni, questa volta nazisti per giunta. La guerra civile e, dentro questa, la guerra a noi, come italiani del confine orientale. La Resistenza divisa. E poi le Foibe, l'occupazione iugoslava, la pulizia etnica e l'esodo, i campi profughi, le baracche anche per decenni, le umiliazioni.
E il lungo silenzio, il nostro grido inascoltato, la mistificazione della nostra storia, come se all'amputazione territoriale dovesse seguire l'amputazione della nostra appartenenza alla cultura della nazione: dagli umanisti del Quattrocento ai protagonisti della letteratura, del cinema, del teatro del Novecento.
E' tutto questo che fa parte del "Giorno del Ricordo".
Lucio Toth
Torino, 10 febbraio 2005
http://www.anvgd.it/archivio/100205.htm
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helmut:
"Azz.!!! Balkan proprietario immobilare e "rentier" con gli extracomunitari!!! "
guarda che il mio neggro è un extracomunitario di lusso ti pare che affitto a i baluba mussulmani?
"Azz.!!! Balkan proprietario immobilare e "rentier" con gli extracomunitari!!! "
guarda che il mio neggro è un extracomunitario di lusso ti pare che affitto a i baluba mussulmani?

“Quando il treno dei tuoi pensieri sferraglia verso il passato e le urla si fanno insopportabili, ricorda che c’è sempre la follia. La follia è l’uscita d’emergenza!”
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Claudia Cernigoi, Operazione foibe a Trieste, Edizioni Kappa Vu, Udine 1997
Operazione foibe a Trieste.
Come si crea una mistificazione storica:
dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo.
E' questo il titolo del libro di Claudia Cernigoi. L'autrice (che è giornalista pubblicista dal 1981, ha collaborato alle prime radio libere triestine ed oggi dirige il periodico "La nuova alabarda") ha deciso di indagare sulle "foibe" per dare una mano a mettere la parola fine alle speculazioni politiche su questo argomento. Il libro è edito dalle Edizioni Kappa Vu, per la collana I Quaderni del Picchio (Udine, luglio 1997); il prezzo di copertina è di lire 22mila.
Un altro libro sulle foibe? Certamente, perchè in questo libro si affronta il problema da un'angolazione del tutto diversa da come si è finora parlato di foibe: innanzitutto valutando cosa c'è stato "prima" (storicamente parlando); analizzando poi come si sono svolti i fatti "durante" ed infine cosa è successo "dopo", ovvero come la propaganda reazionaria è riuscita a costruire il "caso foibe".
"Prima" delle foibe ci sono stati vent'anni di fascismo, violenze, snazionalizzazioni forzate, repressione feroce per gli oppositori del regime, una guerra d'aggressione che coinvolse anche popolazioni civili che furono sterminate e deportate: di questo si parla nel capitolo "A Trieste la storia non inizia il 1. maggio 1945", di questo e delle varie formazioni armate che operarono nella zona e furono poi "vittime" delle "deportazioni". Si parla qui anche dell'orrendo fenomeno del collaborazionismo dei "civili" coi nazifascisti, fenomeno non ancora sufficientemente analizzato dagli storici locali.
Come si sono svolti i fatti "durante"? Ovvero: facciamo finalmente quella che viene definita, con un'espressione orribile, la "contabilità degli infoibati", cosa che finora nessuno storico ha voluto fare, vuoi per un malinteso senso di rispetto per i morti, vuoi per mero rifiuto di fare chiarezza sulla questione. Ma se vogliamo rispettare i morti dobbiamo fare chiarezza storica sulla loro morte, ed è anche per rispetto dovuto ai vivi che si deve dire chi è morto, e come, e perchè è stato ucciso, che cosa ha realmente fatto in vita; perchè gli innocenti sono innocenti, peró i criminali di guerra non lo sono, e queste sono cose che vanno dette. Contabilità dei morti, dunque: e al di là delle roboanti cifre sparate da vari pseudo-storici, in questo libro si dimostra che dall'attuale provincia di Trieste nei fatidici "40 giorni" sono scomparse 517 persone, suddivise in queste categorie: Guardia di Finanza: 112; Militari di formazioni varie: 151; Polizia (compresi membri delle SS): 149; civili (compresi collaborazionisti e spie di vario tipo): 105. Con queste cifre non si puó quindi parlare di genocidio, nè di pulizia etnica, e neppure di violenza politica finalizzata alla conquista del potere.
Infine in questo libro si delinea la manovra propagandistica che ha portato a creare la "mitologia della foiba": dai libelli nazisti sulle foibe istriane apparsi gi à alla fine del '43, ai documenti creati dai servizi segreti della X Mas (1) e diffusi durante la guerra, ai testi mistificanti di Bartoli, Papo, Pirina, fino alla recente inchiesta sulle foibe istriane condotta dal P.M. romano Pititto.
Un capitolo particolare è dedicato alla cosiddetta "foiba" di Basovizza, monumento nazionale, che è in realtà il pozzo di una vecchia miniera abbandonata. Documenti alla mano, a noi non risulta che dentro quel pozzo vi siano salme di infoibati, nè i 300 metri cubi incisi sulla lapide fino all'anno scorso, nè tantomeno i 500 metri cubi che sono comparsi sulla lapide solo un paio di mesi fa: per questo, per fare chiarezza storica e politica una volta per tutte, chiediamo che si apra il pozzo e si verifichi che cosa c'è dentro. Una volta verificato questo si potrà decidere se e perchè andare ad inginocchiarsi sulla "foiba", e in onore di chi.
a cura della Redazione de "La Nuova Alabarda"
direttore responsabile Claudia Cernigoi, C.P. 57 - Trieste Fax 040-577316
(1) La "Decima Mas" era quel corpo della marina militare dell'Italia fascista prima, e della RSI poi, che fu riciclato dagli angloamericani nel '45/'46 in funzione anticomunista e costituì il nucleo originario della più nota struttura "Gladio" (il gladio era il simbolo della X Mas). Il suo capo, Junio Valerio Borghese, ha svolto un ruolo attivo nella politica italiana "dietro le quinte" fino agli anni '70, quando scoppió il caso del progettato golpe che porta il suo nome.
la prefazione di Sandi Volk
Credo che il lavoro di Claudia Cernigoi sia una specie di lezione per la categoria di persone che si occupano professionalmente di storia, alla quale appartengo, che tanto scarsa prova di sè hanno dato nell'affrontare la questione delle foibe. Mentre infatti paleo e neo revisionisti e fascisti, largamente finanziati da privati e da istituzioni pubbliche , inviano i loro libercoli propagandistici a magistrati e scuole, dove poi vengono invitati - per ignoranza o peggio - atener lezione sul "genocidio di italiani nella Venezia Giulia", gli storici professionisti "democratici" (salvo rare e perció ancor più apprezzabili eccezioni, che peraltro non trovano spazio sugli stessi media che ne offrono in abbondanza a Pirina & Co.) non si degnano di affrontare seriamente la questione per metter fine alle strumentalizzazioni, ma si dedicano, nel migliore dei casi, a girare intorno all'argomento e a dotte riflessioni su giornali e TV, che generalmente giungono a una conclusione comune: quanto fossero cattivi i comunisti, e gli "slavocomunisti" in particolare, e come le masse combinino orrori quando si muovono per modificare a proprio favore equilibri sociali ormai insopportabili. E nel fare tutto questo si danno sostanzialmente per buone cifre e tesi presentate dai revisionisti, limitandosi a formulare ipotesi sulle motivazioni dei presunti "massacri".
Ma come biasimare gli storici "democratici", se poi a scatenare l'ultima campagna propagandistica sulle foibe a livello nazionale è stata la "sinistra democratica" ora al governo! Essi in realtà non fanno che adeguarsi (con maggiore o minore convinzione) al clima della "pacificazione nazionale" (che partendo dalla comprensione per i fascisti arriva a farne dei martiri dell'"italianità "), finalizzata al ricompattamento politico della borghesia italiana e a fornire un supporto ideologico alla nascente Seconda Repubblica e alle sue mire da potenza regionale. Indirizzandosi queste mire in primo luogo verso obiettivi tradizionali, come l'Albania e le regioni confinarie slovene e croate, ecco rimessi in campo anche gli altrettanto tradizionali strumenti propagandistici e di pressione su Slovenia e Croazia, da sempre inscindibilmente legati fra loro: foibe ed esodo. E non si puó non accorgersi di come le campagne stampa su questi temi preparino il terreno, con l'aizzamento dell'odio nazionale, a un eventuale energico intervento di "riparazione dei torti subiti".
Il lavoro di Cernigoi, anche se affronta la questione foibe nel solo territorio della provincia di Trieste, era quindi più che necessario. L'autrice non nega la realtà delle foibe, nè gli eccessi e le vendette personali, ma attraverso una ricerca rigorosa riporta il fenomeno fuori dal mito, presentandoci sull'argomento un lavoro agile, ma organico e completo. I risultati immediati del lavoro (presentato già in parte sul periodico La Nuova Alabarda) sono tutt'altro che disprezzabili (tenuto conto poi del fatto che i media locali ne hanno costantemente taciuto) avendo infatti costretto Pirina a ritirare "spontaneamente" dal commercio il suo "Genocidio" per correggerne gli "errori". Ma è stata anche messa in serissimo dubbio l'esistenza di infoibati in quella che è la foiba-simbolo di Trieste, quella di Basovizza (lo "Soht"), dichiarata monumento nazionale non molti anni fa e sulla quale si svolgono ogni anno celebrazioni, alle quali partecipano autorità e picchetti d'onore militari.
I meriti maggiori del libro sono peró due: l'aver affrontato la questione di chi e quanti fossero gli infoibati nella zona di Trieste e la ricostruzione, breve ma esaustiva, della storia dell'utilizzo propagandistico delle foibe. Il curriculum di squadristi, aguzzini, spie e altro, nonchè la presenza tra gli uccisi di diversi sloveni, smentisce nel modo migliore la tesi degli infoibati uccisi solo in quanto italiani e chiarisce i veri motivi del fenomeno foibe.
Per quel che riguarda il numero degli infoibati si tratta di ristabilire semplicemente la verità storica - quella di un fenomeno limitato - di fronte alle cifre iperboliche letteralmente inventate dagli ambienti nazionalisti e (neo)fascisti. La ricostruzione delle vicende dell'uso propagandistico del tema foibe dimostra come la cosa venga da lontano e come quella intorno alle foibe sia stata, e sia tuttora, una operazione di vera e propria "dezinformacija", di guerra propagandistica, e lascia intravedere, per gli ambienti in essa coinvolti (X Mas), collegamenti con altre operazioni (per es. Gladio). E risulta molto più plausibile anche l'ipotesi che la costante riproposizione delle sparate propagandistiche sulle foibe faccia parte di un progetto politico molto più ampio (comprendente per esempio l'insediamento massiccio di esuli a Trieste) per mantenere alta la tensione nazionale in queste terre di confine.
Ed è proprio a partire da questo ultimo tema, che indica prospettive di ricerca tutte da percorrere, che vorrei fare alcune considerazioni generali più ampie. Contro il revisionismo, ormai divenuto dottrina semi-ufficiale anche della sinistra di governo, non serve a mio avviso cercare di difendersi, come fanno parte degli ex comunisti locali sulla questione delle foibe, vantando meriti patriottici e scaricando le presunte responsabilità sui comunisti sloveni e croati, facendo così il gioco di chi vuole ridurre tutto a contrapposizione nazionale. A mio avviso la sfida del revisionismo va accettata ritorcendogli contro i suoi stessi argomenti, come ha fatto l'autrice di questo libro, e abbandonando l'impostazione oleografica della Resistenza. La Resistenza non è stata infatti solamente lotta di liberazione nazionale, ma anche lotta per il potere da parte della classe operaia e delle altre classi subalterne.
Nella Resistenza c'era chi lottava per questi obiettivi e chi (per sua stessa ammissione) c'era entrato per impedire che tali obiettivi si realizzassero, se necessario anche con le armi e con l'aiuto dei fascisti, e riconsegnare il potere nelle mani di quella borghesia che il fascismo lo aveva finanziato e messo al potere. Come dimostra anche la vicenda delle foibe i connubi con i fascisti sono continuati anche nel dopoguerra, tanto che lo stesso assioma secondo il quale la Repubblica sarebbe nata dalla Resistenza va messo in discussione, viste le persecuzioni dei partigiani comunisti e le stragi di operai e contadini attuate da quella stessa Repubblica (con largo ricorso a personale fascista) fin dall'immediato dopoguerra (per non parlare delle successive "Stragi di Stato").
Alla luce di queste considerazioni e di quanto dice questo libro risulterà forse più chiaro come mai ogni anno rappresentanti ufficiali delle istituzioni repubblicane si rechino alla foiba di Basovizza ad onorare la memoria di "martiri dell'italianità " del tipo di quelli che ci descrive Claudia Cernigoi. Ed i primi a sentirsi offesi dal fatto che l'italianità venga rappresentata dai "martiri" di tale risma, dovrebbero essere proprio quegli italiani che desiderano rispettare se stessi ed essere rispettati dai popoli vicini.
Trieste, giugno 1997
Sandi Volk, ricercatore storico
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Da una mail ricevuta poche ora fa
Ennesimo incontro in occasione della giornata del Ricordo.
Liceo Scientifico DINI di Pisa,
presenti gli assessori alla cultura del Comune e della Provincia
TITOLO: La questione istriana e la tragedia delle Foibe
Interventi di illustri storici con spese pagate dal contribuente (Comune e Provincia)
Giorgio Petracchi - Docente di Storia delle relazioni internazionali all'Università di Udine
Joze Pirjevec-Docente di Storia dell'Europa Orientale dell'Univesità di Trieste (Docente sloveno pagato dall'Italia)
Paolo Pezzino - docente di Storia contemporanea dell'Universtà di Pisa(ve lo raccomando).
La presentazione del Petracchi è stata equilibrata, molto ben illustrata, visto che c'erano presenti 80 studenti del liceo delle quinte classi,
tra il pubblico l'ADES, l'ANVGD, le associazioni studentesche di partito e altri esperti di storia contemporanea.
Joze Pirjevec (è la prima volta che assistevo ad una conferenza di questo illustre storico sloveno) è partito molto bene narrando la storia, per sommi capi, degli slavi, definendoli un popolo pacifico, ma alla fine ha gettato la maschera, offendendo a piene mani gli italiani, annunciando che dopo la Giornata del Ricordo, l'Italia si pone al di fuori dell'Europa, ha sostenuto che i soldati di TITO non hanno usato mai violenza (alla domanda di chi ha allora violentato Norma Cossetto non ha risposto) , ha sollecitato gli studenti a leggere i libri della CERNIGOI( ricordo che la signora è stata piu' volte sbugiardata dal RUSTIA), che il bimomio italiani-fascisti era vero, che il film "la luna nel pozzo" è un attacco vile agli slavi, e via diecendo con l'appoggio e gli applausi di gran parte degli intervenuti visto il colore politico dei pisani.
Siamo intervenuti in massa, ma l'illustre storico non ha mai replicato, guardandoci con un sorrisetto maligno, ha solo detto che nelle foibe ci sono 261 persone, tutti fascisti.
Ovviamente la conclusione è che con queste persone l'amiciazia italo-slava appare molto lontana e che l'antitalianità esiste ancora oggi e viene perseguita proprio da chi mangia nel piatto italiano visto che l'illustre Joze mangia e vive con stipendio italiano !
ciao
Operazione foibe a Trieste.
Come si crea una mistificazione storica:
dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo.
E' questo il titolo del libro di Claudia Cernigoi. L'autrice (che è giornalista pubblicista dal 1981, ha collaborato alle prime radio libere triestine ed oggi dirige il periodico "La nuova alabarda") ha deciso di indagare sulle "foibe" per dare una mano a mettere la parola fine alle speculazioni politiche su questo argomento. Il libro è edito dalle Edizioni Kappa Vu, per la collana I Quaderni del Picchio (Udine, luglio 1997); il prezzo di copertina è di lire 22mila.
Un altro libro sulle foibe? Certamente, perchè in questo libro si affronta il problema da un'angolazione del tutto diversa da come si è finora parlato di foibe: innanzitutto valutando cosa c'è stato "prima" (storicamente parlando); analizzando poi come si sono svolti i fatti "durante" ed infine cosa è successo "dopo", ovvero come la propaganda reazionaria è riuscita a costruire il "caso foibe".
"Prima" delle foibe ci sono stati vent'anni di fascismo, violenze, snazionalizzazioni forzate, repressione feroce per gli oppositori del regime, una guerra d'aggressione che coinvolse anche popolazioni civili che furono sterminate e deportate: di questo si parla nel capitolo "A Trieste la storia non inizia il 1. maggio 1945", di questo e delle varie formazioni armate che operarono nella zona e furono poi "vittime" delle "deportazioni". Si parla qui anche dell'orrendo fenomeno del collaborazionismo dei "civili" coi nazifascisti, fenomeno non ancora sufficientemente analizzato dagli storici locali.
Come si sono svolti i fatti "durante"? Ovvero: facciamo finalmente quella che viene definita, con un'espressione orribile, la "contabilità degli infoibati", cosa che finora nessuno storico ha voluto fare, vuoi per un malinteso senso di rispetto per i morti, vuoi per mero rifiuto di fare chiarezza sulla questione. Ma se vogliamo rispettare i morti dobbiamo fare chiarezza storica sulla loro morte, ed è anche per rispetto dovuto ai vivi che si deve dire chi è morto, e come, e perchè è stato ucciso, che cosa ha realmente fatto in vita; perchè gli innocenti sono innocenti, peró i criminali di guerra non lo sono, e queste sono cose che vanno dette. Contabilità dei morti, dunque: e al di là delle roboanti cifre sparate da vari pseudo-storici, in questo libro si dimostra che dall'attuale provincia di Trieste nei fatidici "40 giorni" sono scomparse 517 persone, suddivise in queste categorie: Guardia di Finanza: 112; Militari di formazioni varie: 151; Polizia (compresi membri delle SS): 149; civili (compresi collaborazionisti e spie di vario tipo): 105. Con queste cifre non si puó quindi parlare di genocidio, nè di pulizia etnica, e neppure di violenza politica finalizzata alla conquista del potere.
Infine in questo libro si delinea la manovra propagandistica che ha portato a creare la "mitologia della foiba": dai libelli nazisti sulle foibe istriane apparsi gi à alla fine del '43, ai documenti creati dai servizi segreti della X Mas (1) e diffusi durante la guerra, ai testi mistificanti di Bartoli, Papo, Pirina, fino alla recente inchiesta sulle foibe istriane condotta dal P.M. romano Pititto.
Un capitolo particolare è dedicato alla cosiddetta "foiba" di Basovizza, monumento nazionale, che è in realtà il pozzo di una vecchia miniera abbandonata. Documenti alla mano, a noi non risulta che dentro quel pozzo vi siano salme di infoibati, nè i 300 metri cubi incisi sulla lapide fino all'anno scorso, nè tantomeno i 500 metri cubi che sono comparsi sulla lapide solo un paio di mesi fa: per questo, per fare chiarezza storica e politica una volta per tutte, chiediamo che si apra il pozzo e si verifichi che cosa c'è dentro. Una volta verificato questo si potrà decidere se e perchè andare ad inginocchiarsi sulla "foiba", e in onore di chi.
a cura della Redazione de "La Nuova Alabarda"
direttore responsabile Claudia Cernigoi, C.P. 57 - Trieste Fax 040-577316
(1) La "Decima Mas" era quel corpo della marina militare dell'Italia fascista prima, e della RSI poi, che fu riciclato dagli angloamericani nel '45/'46 in funzione anticomunista e costituì il nucleo originario della più nota struttura "Gladio" (il gladio era il simbolo della X Mas). Il suo capo, Junio Valerio Borghese, ha svolto un ruolo attivo nella politica italiana "dietro le quinte" fino agli anni '70, quando scoppió il caso del progettato golpe che porta il suo nome.
la prefazione di Sandi Volk
Credo che il lavoro di Claudia Cernigoi sia una specie di lezione per la categoria di persone che si occupano professionalmente di storia, alla quale appartengo, che tanto scarsa prova di sè hanno dato nell'affrontare la questione delle foibe. Mentre infatti paleo e neo revisionisti e fascisti, largamente finanziati da privati e da istituzioni pubbliche , inviano i loro libercoli propagandistici a magistrati e scuole, dove poi vengono invitati - per ignoranza o peggio - atener lezione sul "genocidio di italiani nella Venezia Giulia", gli storici professionisti "democratici" (salvo rare e perció ancor più apprezzabili eccezioni, che peraltro non trovano spazio sugli stessi media che ne offrono in abbondanza a Pirina & Co.) non si degnano di affrontare seriamente la questione per metter fine alle strumentalizzazioni, ma si dedicano, nel migliore dei casi, a girare intorno all'argomento e a dotte riflessioni su giornali e TV, che generalmente giungono a una conclusione comune: quanto fossero cattivi i comunisti, e gli "slavocomunisti" in particolare, e come le masse combinino orrori quando si muovono per modificare a proprio favore equilibri sociali ormai insopportabili. E nel fare tutto questo si danno sostanzialmente per buone cifre e tesi presentate dai revisionisti, limitandosi a formulare ipotesi sulle motivazioni dei presunti "massacri".
Ma come biasimare gli storici "democratici", se poi a scatenare l'ultima campagna propagandistica sulle foibe a livello nazionale è stata la "sinistra democratica" ora al governo! Essi in realtà non fanno che adeguarsi (con maggiore o minore convinzione) al clima della "pacificazione nazionale" (che partendo dalla comprensione per i fascisti arriva a farne dei martiri dell'"italianità "), finalizzata al ricompattamento politico della borghesia italiana e a fornire un supporto ideologico alla nascente Seconda Repubblica e alle sue mire da potenza regionale. Indirizzandosi queste mire in primo luogo verso obiettivi tradizionali, come l'Albania e le regioni confinarie slovene e croate, ecco rimessi in campo anche gli altrettanto tradizionali strumenti propagandistici e di pressione su Slovenia e Croazia, da sempre inscindibilmente legati fra loro: foibe ed esodo. E non si puó non accorgersi di come le campagne stampa su questi temi preparino il terreno, con l'aizzamento dell'odio nazionale, a un eventuale energico intervento di "riparazione dei torti subiti".
Il lavoro di Cernigoi, anche se affronta la questione foibe nel solo territorio della provincia di Trieste, era quindi più che necessario. L'autrice non nega la realtà delle foibe, nè gli eccessi e le vendette personali, ma attraverso una ricerca rigorosa riporta il fenomeno fuori dal mito, presentandoci sull'argomento un lavoro agile, ma organico e completo. I risultati immediati del lavoro (presentato già in parte sul periodico La Nuova Alabarda) sono tutt'altro che disprezzabili (tenuto conto poi del fatto che i media locali ne hanno costantemente taciuto) avendo infatti costretto Pirina a ritirare "spontaneamente" dal commercio il suo "Genocidio" per correggerne gli "errori". Ma è stata anche messa in serissimo dubbio l'esistenza di infoibati in quella che è la foiba-simbolo di Trieste, quella di Basovizza (lo "Soht"), dichiarata monumento nazionale non molti anni fa e sulla quale si svolgono ogni anno celebrazioni, alle quali partecipano autorità e picchetti d'onore militari.
I meriti maggiori del libro sono peró due: l'aver affrontato la questione di chi e quanti fossero gli infoibati nella zona di Trieste e la ricostruzione, breve ma esaustiva, della storia dell'utilizzo propagandistico delle foibe. Il curriculum di squadristi, aguzzini, spie e altro, nonchè la presenza tra gli uccisi di diversi sloveni, smentisce nel modo migliore la tesi degli infoibati uccisi solo in quanto italiani e chiarisce i veri motivi del fenomeno foibe.
Per quel che riguarda il numero degli infoibati si tratta di ristabilire semplicemente la verità storica - quella di un fenomeno limitato - di fronte alle cifre iperboliche letteralmente inventate dagli ambienti nazionalisti e (neo)fascisti. La ricostruzione delle vicende dell'uso propagandistico del tema foibe dimostra come la cosa venga da lontano e come quella intorno alle foibe sia stata, e sia tuttora, una operazione di vera e propria "dezinformacija", di guerra propagandistica, e lascia intravedere, per gli ambienti in essa coinvolti (X Mas), collegamenti con altre operazioni (per es. Gladio). E risulta molto più plausibile anche l'ipotesi che la costante riproposizione delle sparate propagandistiche sulle foibe faccia parte di un progetto politico molto più ampio (comprendente per esempio l'insediamento massiccio di esuli a Trieste) per mantenere alta la tensione nazionale in queste terre di confine.
Ed è proprio a partire da questo ultimo tema, che indica prospettive di ricerca tutte da percorrere, che vorrei fare alcune considerazioni generali più ampie. Contro il revisionismo, ormai divenuto dottrina semi-ufficiale anche della sinistra di governo, non serve a mio avviso cercare di difendersi, come fanno parte degli ex comunisti locali sulla questione delle foibe, vantando meriti patriottici e scaricando le presunte responsabilità sui comunisti sloveni e croati, facendo così il gioco di chi vuole ridurre tutto a contrapposizione nazionale. A mio avviso la sfida del revisionismo va accettata ritorcendogli contro i suoi stessi argomenti, come ha fatto l'autrice di questo libro, e abbandonando l'impostazione oleografica della Resistenza. La Resistenza non è stata infatti solamente lotta di liberazione nazionale, ma anche lotta per il potere da parte della classe operaia e delle altre classi subalterne.
Nella Resistenza c'era chi lottava per questi obiettivi e chi (per sua stessa ammissione) c'era entrato per impedire che tali obiettivi si realizzassero, se necessario anche con le armi e con l'aiuto dei fascisti, e riconsegnare il potere nelle mani di quella borghesia che il fascismo lo aveva finanziato e messo al potere. Come dimostra anche la vicenda delle foibe i connubi con i fascisti sono continuati anche nel dopoguerra, tanto che lo stesso assioma secondo il quale la Repubblica sarebbe nata dalla Resistenza va messo in discussione, viste le persecuzioni dei partigiani comunisti e le stragi di operai e contadini attuate da quella stessa Repubblica (con largo ricorso a personale fascista) fin dall'immediato dopoguerra (per non parlare delle successive "Stragi di Stato").
Alla luce di queste considerazioni e di quanto dice questo libro risulterà forse più chiaro come mai ogni anno rappresentanti ufficiali delle istituzioni repubblicane si rechino alla foiba di Basovizza ad onorare la memoria di "martiri dell'italianità " del tipo di quelli che ci descrive Claudia Cernigoi. Ed i primi a sentirsi offesi dal fatto che l'italianità venga rappresentata dai "martiri" di tale risma, dovrebbero essere proprio quegli italiani che desiderano rispettare se stessi ed essere rispettati dai popoli vicini.
Trieste, giugno 1997
Sandi Volk, ricercatore storico
------------------------------------------------
Da una mail ricevuta poche ora fa
Ennesimo incontro in occasione della giornata del Ricordo.
Liceo Scientifico DINI di Pisa,
presenti gli assessori alla cultura del Comune e della Provincia
TITOLO: La questione istriana e la tragedia delle Foibe
Interventi di illustri storici con spese pagate dal contribuente (Comune e Provincia)
Giorgio Petracchi - Docente di Storia delle relazioni internazionali all'Università di Udine
Joze Pirjevec-Docente di Storia dell'Europa Orientale dell'Univesità di Trieste (Docente sloveno pagato dall'Italia)
Paolo Pezzino - docente di Storia contemporanea dell'Universtà di Pisa(ve lo raccomando).
La presentazione del Petracchi è stata equilibrata, molto ben illustrata, visto che c'erano presenti 80 studenti del liceo delle quinte classi,
tra il pubblico l'ADES, l'ANVGD, le associazioni studentesche di partito e altri esperti di storia contemporanea.
Joze Pirjevec (è la prima volta che assistevo ad una conferenza di questo illustre storico sloveno) è partito molto bene narrando la storia, per sommi capi, degli slavi, definendoli un popolo pacifico, ma alla fine ha gettato la maschera, offendendo a piene mani gli italiani, annunciando che dopo la Giornata del Ricordo, l'Italia si pone al di fuori dell'Europa, ha sostenuto che i soldati di TITO non hanno usato mai violenza (alla domanda di chi ha allora violentato Norma Cossetto non ha risposto) , ha sollecitato gli studenti a leggere i libri della CERNIGOI( ricordo che la signora è stata piu' volte sbugiardata dal RUSTIA), che il bimomio italiani-fascisti era vero, che il film "la luna nel pozzo" è un attacco vile agli slavi, e via diecendo con l'appoggio e gli applausi di gran parte degli intervenuti visto il colore politico dei pisani.
Siamo intervenuti in massa, ma l'illustre storico non ha mai replicato, guardandoci con un sorrisetto maligno, ha solo detto che nelle foibe ci sono 261 persone, tutti fascisti.
Ovviamente la conclusione è che con queste persone l'amiciazia italo-slava appare molto lontana e che l'antitalianità esiste ancora oggi e viene perseguita proprio da chi mangia nel piatto italiano visto che l'illustre Joze mangia e vive con stipendio italiano !
ciao
http://www.verdicesena.it/modules.php?o ... cle&sid=21
Foibe: la fabbrica della menzogna
Per tornare a "credere, obbedire e combattere...."
Non ci sorprende il voto favorevole di Rifondazione C. rispetto ad un o.d.g. di An sulle foibe in consiglio Provinciale. Non è che uno dei tanti episodi sgradevoli e vergognosi a cui gran parte dei gruppi dirigenti di questo partito e dei loro alleati del centro-sinistra ci hanno abituato in questi ultimi anni.
Crediamo che un fatto del genere sia indicativo rispetto a un certo clima che vede un susseguirsi di dichiarazioni a dir poco sconcertanti dei vari leaders della sinistra su guerra, occupazione dell'Iraq, fascismo che vanno ,per riassumere, dai "ragazzi di Salò" di Violante alla "legittimità delle elezioni in Iraq" di Bertinotti. Un processo che necessariamente deve partire dalla revisione della storia del nostro paese che va dalla nascita del fascismo fino alla fine del secondo conflitto mondiale. Scopo di questa revisione trasversale e by-partisan? La ri-legittimazione ideologica in chiave moderna e "costitutiva" dell'interventismo militare dell'Italia nel mondo dietro l'alibi di turno della guerra "umanitaria" o di "civiltà " ; sul piano interno, il congelamento dei conflitti sociali con lo strumento della concertazione e di patti di "stabilità " per scaricare sui lavoratori i costi della crisi e della competizione globale ripristinando un patriottismo d'accatto per l'"interesse nazionale". Siamo al "credere, obbedire e combattere !".
In questi mesi tutti denunciano le "foibe", celebrano il "giorno della memoria", si ricordano delle leggi razziali anti-ebraiche.
Eppure nessuno si è mai ricordato che gli "inventori" dei campi di concentramento furono i fascisti e i militari italiani in Libia (100.000 morti), che in Slovenia e in Yugoslavia le camice nere massacrarono 250.000 civili e furono centinaia di migliaia i civili uccisi in Russia,Etiopia (uso dei gas nervini), Albania, Grecia...L'altra faccia della storia che anche l'"antifascismo" istituzionale si è sempre ben guardato dal raccontare: per gli smemorati non c'è posto per i "barbari slavi" ne per i "selvaggi africani". Se non è razzismo questo...
Non s'illudano i neo-fascisti al governo e i neofiti delle guerre "umanitarie": oggi come ieri chiunque occupi un paese, lo bombarda e commette crimini e abusi troverà ciò che ha seminato: odio, disprezzo e soprattutto RESISTENZA! La storia sembra ripetersi: il liberalismo borghese di "sinistra " e i mercenari fascisti si adoperano per trascinarci, ancora una volta, nel baratro di una guerra permanente voluta dal grande capitale .
Il vento nel deserto già fischia. Tornerà a fischiare anche in Italia?
Casetti Leonardo
Dell'Associazione Pellerossa
Sinistra anticapitalista cesena
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Foibe: la fabbrica della menzogna
Per tornare a "credere, obbedire e combattere...."
Non ci sorprende il voto favorevole di Rifondazione C. rispetto ad un o.d.g. di An sulle foibe in consiglio Provinciale. Non è che uno dei tanti episodi sgradevoli e vergognosi a cui gran parte dei gruppi dirigenti di questo partito e dei loro alleati del centro-sinistra ci hanno abituato in questi ultimi anni.
Crediamo che un fatto del genere sia indicativo rispetto a un certo clima che vede un susseguirsi di dichiarazioni a dir poco sconcertanti dei vari leaders della sinistra su guerra, occupazione dell'Iraq, fascismo che vanno ,per riassumere, dai "ragazzi di Salò" di Violante alla "legittimità delle elezioni in Iraq" di Bertinotti. Un processo che necessariamente deve partire dalla revisione della storia del nostro paese che va dalla nascita del fascismo fino alla fine del secondo conflitto mondiale. Scopo di questa revisione trasversale e by-partisan? La ri-legittimazione ideologica in chiave moderna e "costitutiva" dell'interventismo militare dell'Italia nel mondo dietro l'alibi di turno della guerra "umanitaria" o di "civiltà " ; sul piano interno, il congelamento dei conflitti sociali con lo strumento della concertazione e di patti di "stabilità " per scaricare sui lavoratori i costi della crisi e della competizione globale ripristinando un patriottismo d'accatto per l'"interesse nazionale". Siamo al "credere, obbedire e combattere !".
In questi mesi tutti denunciano le "foibe", celebrano il "giorno della memoria", si ricordano delle leggi razziali anti-ebraiche.
Eppure nessuno si è mai ricordato che gli "inventori" dei campi di concentramento furono i fascisti e i militari italiani in Libia (100.000 morti), che in Slovenia e in Yugoslavia le camice nere massacrarono 250.000 civili e furono centinaia di migliaia i civili uccisi in Russia,Etiopia (uso dei gas nervini), Albania, Grecia...L'altra faccia della storia che anche l'"antifascismo" istituzionale si è sempre ben guardato dal raccontare: per gli smemorati non c'è posto per i "barbari slavi" ne per i "selvaggi africani". Se non è razzismo questo...
Non s'illudano i neo-fascisti al governo e i neofiti delle guerre "umanitarie": oggi come ieri chiunque occupi un paese, lo bombarda e commette crimini e abusi troverà ciò che ha seminato: odio, disprezzo e soprattutto RESISTENZA! La storia sembra ripetersi: il liberalismo borghese di "sinistra " e i mercenari fascisti si adoperano per trascinarci, ancora una volta, nel baratro di una guerra permanente voluta dal grande capitale .
Il vento nel deserto già fischia. Tornerà a fischiare anche in Italia?
Casetti Leonardo
Dell'Associazione Pellerossa
Sinistra anticapitalista cesena
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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito a padova e nel veneto
L'articolo originale all'indirizzo: http://www.pane-rose.it/pagina_art.php?id_art=4366
Foibe: revisionismo storico anche a Cesena
(25 febbraio 2005)
Alleghiamo di seguito l'ordine del giorno, relativo all'atteggiamento revisionista in tema di foibe assunto dalla cosiddetta sinistra italiana, che noi della mozione 3 (Mozione Associazione marxista rivoluzionaria Progetto Comunista) abbiamo presentato al VI Congresso del PRC nella federazione di Cesena (FC) il 13.02.2005. L'odg è stato votato solo dai compagni di progetto comunista con un'astensione (un sostenitore de l'ernesto). Tutti gli altri hanno votato contro (parere sfavorevole di Musacchio, presente come membro di garanzia dal nazionale).
ORDINE DEL GIORNO
Ci ha molto preoccupato venire a conoscenza che, in sede di Consiglio Provinciale, il nostro partito ha espresso voto favorevole al documento di Alleanza Nazionale sul "Giorno della Memoria".
La prima domanda, che ingenuamente ci siamo posti, è stata: "ma della memoria di chi?" Certo non la memoria di quanti ancora credono al valore della obiettività storica: il documento proposto in sede provinciale è frutto di affermazioni storicamente infondate e false, pieno di volgare revisionismo ideologico.
Ma non solo! Esso si inserisce in una manovra di vera e propria "disinformazione" e guerra propagandistica, che è parte di un progetto politico molto più ampio delle destre ora al governo, dove introdurre elementi di mistificazione e confusione, deve servire a preparare generazioni future di italiane ed italiani ad essere educate nell'oblio e nella rimozione. àˆ l'ennesimo tentativo reazionario per scatenare una canea contro il comunismo: ieri come oggi l'incubo dei padroni e l'unica reale prospettiva di liberazione degli oppressi.
Una propaganda che, nel peggiore stile fascista, si avvale di strumenti subdoli, quali la "fiction": vedi l'esempio di "Il cuore nel pozzo", una colossale mistificazione storica anticomunista. Un'opera da Ministero della cultura popolare di mussoliniana memoria, che fa parte della campagna imbastita da Berlusconi e dai suoi alleati fascisti di AN con alla testa Fini e Gasparri per denigrare la Resistenza, il socialismo e il comunismo e riabilitare la dittatura fascista di Mussolini.
E la cosiddetta "sinistra democratica", che si è piegata a questa prospettiva distorta non fa altro che adeguarsi (con maggiore o minore convinzione) al clima della "pacificazione nazionale", che partendo dalla comprensione per i fascisti arriva a farne dei martiri dell'«italianità », con l'unico fine, attraverso il ricompattamento politico della borghesia italiana, di prepararsi la strada quale affidabile forza di governo per una politica di alternanza borghese.
Se è inquietante che uno stato democratico decida di appoggiare il revisionismo storico operato dai nostalgici dell'irredentismo fascista, è addirittura spaventoso che i rappresentanti di quello che si definisce il partito della rifondazione comunista si rendano complici di questa manovra.
Le parole rassicuranti del segretario di federazione, il quale in sostanza afferma che il voto in consiglio provinciale non è stato del Gruppo di Rifondazione Comunista, ma una iniziativa personale e non concordata dell'unico consigliere PRC presente al momento del voto, sono state smentite da quanto avvenuto il 10 febbraio, a Cesena, in Consiglio Comunale, dove, complice il PRC, è stato votato all'unanimità (escluso i Verdi che sono usciti per protesta al momento del voto) un documento, che ha accolto la richiesta del centro-destra di proporre alla commissione toponomastica la dedica di una via agli infoibati.
Una posizione che, a nostro avviso, si discosta nettamente da quella assunta in sede nazionale solo un anno fa, quando il PRC aveva votato contro la Legge n. 92 del 30 marzo 2004, che istituiva il giorno della memoria alle vittime delle foibe.
Non si possono avvallare iniziative di questo tipo: iniziative che ignorano volutamente l'intera storia che sta a monte delle foibe e del cosiddetto "esodo", come se la storia cominciasse dal 1945 e quel che è successo dal 1920 al 1945 (annessione dell'Istria e di parte di Fiume e della Dalmazia all'Italia col trattato di Rapallo, invasione nazifascista della Jugoslavia nel 1941, resistenza partigiana, sconfitta del nazifascismo) non contasse nulla, non esistesse nemmeno.
Come se non fossero esistiti o non contassero nulla i crimini del fascismo, quali l'italianizzazione forzata di quelle terre, le deportazioni di intere popolazioni dalla costa verso l'interno per far posto alla colonizzazione fascista (una vera e propria "pulizia etnica" ante litteram), i tribunali speciali contro gli antifascisti sloveni e italiani, i campi di concentramento dove gli jugoslavi sono morti di fame, di stenti e di torture a decine di migliaia, i villaggi bruciati, le esecuzioni sommarie, gli stupri, e così via.
àˆ revisionismo storico aberrante l'asserire che, come i nazisti hanno fatto funzionare la Risiera di S. Sabba come campo di sterminio, così i "titini" hanno "infoibato italiani" e quindi che i criminali stanno da tutte e due le parti.
Questo accostamento, che mette sullo stesso piano vittime ed aggressori, non considera, infatti, tutta una serie di fatti: innanzitutto che i nazisti avevano programmato lo sterminio dei popoli da loro considerati "inferiori" (Ebrei e Slavi innanzitutto, ma anche gli Zingari), così come l'eliminazione degli handicappati, degli omosessuali, dei vecchi invalidi; e pure l'eliminazione fisica degli oppositori politici e la lotta contro i partigiani condotta anche mediante eccidi di massa, stragi, rappresaglie contro ostaggi innocenti.
Nessun paragone puó essere fatto con il comportamento delle forze armate partigiane (jugoslave ed italiane) che non avevano tra le loro finalità nè la pulizia etnica, nè la purezza della razza, nè era loro proprio il concetto della rappresaglia terroristica.
Tra gli arresti e le esecuzioni del dopoguerra non vi furono massacri indiscriminati: della maggior parte degli arrestati si sa che erano militari o comunque collaboratori del nazifascismo che si erano macchiati di crimini efferati.Se vi furono delle vendette personali, di questo non si puó rendere responsabile un intero movimento di liberazione, nè creare un caso politico che dura da più di cinquant'anni, soprattutto alla luce del fatto che di processi contro gli "infoibatori" se ne sono svolti un'ottantina e non si possono processare nuovamente le persone per gli stessi reati, nè processare altri per reati dei quali si sono già condannati i colpevoli.
In quanto alle onoranze richieste per i "caduti delle foibe" (commemorazioni, erezioni di monumenti e lapidi, intitolazione di vie), visti i ruoli impersonati dalla maggior parte degli "infoibati", personalmente ci rifiutiamo di onorarli. Si puó provare umana pietà nei confronti dei morti, ma da qui ad onorare chi tradiva, spiava, torturava, uccideva ce ne corre.
Il nostro timore è che se non correggiamo subito la rotta, niente e nessuno potrà più arrestare questo minuetto di menzogne, questo prodotto incrociato di falsità e di revisionismo, di parzialità elevata a valore assoluto.
Alla luce di quanto esposto chiediamo dunque che il nostro partito si astenga dall'appoggiare manovre di strumentale revisionismo storico, che ci derubano della nostra storia e della nostra memoria.
Associazione marxista rivoluzionaria Progetto Comunista - collettivo di Cesena-Forlì
L'articolo originale all'indirizzo: http://www.pane-rose.it/pagina_art.php?id_art=4366
Foibe: revisionismo storico anche a Cesena
(25 febbraio 2005)
Alleghiamo di seguito l'ordine del giorno, relativo all'atteggiamento revisionista in tema di foibe assunto dalla cosiddetta sinistra italiana, che noi della mozione 3 (Mozione Associazione marxista rivoluzionaria Progetto Comunista) abbiamo presentato al VI Congresso del PRC nella federazione di Cesena (FC) il 13.02.2005. L'odg è stato votato solo dai compagni di progetto comunista con un'astensione (un sostenitore de l'ernesto). Tutti gli altri hanno votato contro (parere sfavorevole di Musacchio, presente come membro di garanzia dal nazionale).
ORDINE DEL GIORNO
Ci ha molto preoccupato venire a conoscenza che, in sede di Consiglio Provinciale, il nostro partito ha espresso voto favorevole al documento di Alleanza Nazionale sul "Giorno della Memoria".
La prima domanda, che ingenuamente ci siamo posti, è stata: "ma della memoria di chi?" Certo non la memoria di quanti ancora credono al valore della obiettività storica: il documento proposto in sede provinciale è frutto di affermazioni storicamente infondate e false, pieno di volgare revisionismo ideologico.
Ma non solo! Esso si inserisce in una manovra di vera e propria "disinformazione" e guerra propagandistica, che è parte di un progetto politico molto più ampio delle destre ora al governo, dove introdurre elementi di mistificazione e confusione, deve servire a preparare generazioni future di italiane ed italiani ad essere educate nell'oblio e nella rimozione. àˆ l'ennesimo tentativo reazionario per scatenare una canea contro il comunismo: ieri come oggi l'incubo dei padroni e l'unica reale prospettiva di liberazione degli oppressi.
Una propaganda che, nel peggiore stile fascista, si avvale di strumenti subdoli, quali la "fiction": vedi l'esempio di "Il cuore nel pozzo", una colossale mistificazione storica anticomunista. Un'opera da Ministero della cultura popolare di mussoliniana memoria, che fa parte della campagna imbastita da Berlusconi e dai suoi alleati fascisti di AN con alla testa Fini e Gasparri per denigrare la Resistenza, il socialismo e il comunismo e riabilitare la dittatura fascista di Mussolini.
E la cosiddetta "sinistra democratica", che si è piegata a questa prospettiva distorta non fa altro che adeguarsi (con maggiore o minore convinzione) al clima della "pacificazione nazionale", che partendo dalla comprensione per i fascisti arriva a farne dei martiri dell'«italianità », con l'unico fine, attraverso il ricompattamento politico della borghesia italiana, di prepararsi la strada quale affidabile forza di governo per una politica di alternanza borghese.
Se è inquietante che uno stato democratico decida di appoggiare il revisionismo storico operato dai nostalgici dell'irredentismo fascista, è addirittura spaventoso che i rappresentanti di quello che si definisce il partito della rifondazione comunista si rendano complici di questa manovra.
Le parole rassicuranti del segretario di federazione, il quale in sostanza afferma che il voto in consiglio provinciale non è stato del Gruppo di Rifondazione Comunista, ma una iniziativa personale e non concordata dell'unico consigliere PRC presente al momento del voto, sono state smentite da quanto avvenuto il 10 febbraio, a Cesena, in Consiglio Comunale, dove, complice il PRC, è stato votato all'unanimità (escluso i Verdi che sono usciti per protesta al momento del voto) un documento, che ha accolto la richiesta del centro-destra di proporre alla commissione toponomastica la dedica di una via agli infoibati.
Una posizione che, a nostro avviso, si discosta nettamente da quella assunta in sede nazionale solo un anno fa, quando il PRC aveva votato contro la Legge n. 92 del 30 marzo 2004, che istituiva il giorno della memoria alle vittime delle foibe.
Non si possono avvallare iniziative di questo tipo: iniziative che ignorano volutamente l'intera storia che sta a monte delle foibe e del cosiddetto "esodo", come se la storia cominciasse dal 1945 e quel che è successo dal 1920 al 1945 (annessione dell'Istria e di parte di Fiume e della Dalmazia all'Italia col trattato di Rapallo, invasione nazifascista della Jugoslavia nel 1941, resistenza partigiana, sconfitta del nazifascismo) non contasse nulla, non esistesse nemmeno.
Come se non fossero esistiti o non contassero nulla i crimini del fascismo, quali l'italianizzazione forzata di quelle terre, le deportazioni di intere popolazioni dalla costa verso l'interno per far posto alla colonizzazione fascista (una vera e propria "pulizia etnica" ante litteram), i tribunali speciali contro gli antifascisti sloveni e italiani, i campi di concentramento dove gli jugoslavi sono morti di fame, di stenti e di torture a decine di migliaia, i villaggi bruciati, le esecuzioni sommarie, gli stupri, e così via.
àˆ revisionismo storico aberrante l'asserire che, come i nazisti hanno fatto funzionare la Risiera di S. Sabba come campo di sterminio, così i "titini" hanno "infoibato italiani" e quindi che i criminali stanno da tutte e due le parti.
Questo accostamento, che mette sullo stesso piano vittime ed aggressori, non considera, infatti, tutta una serie di fatti: innanzitutto che i nazisti avevano programmato lo sterminio dei popoli da loro considerati "inferiori" (Ebrei e Slavi innanzitutto, ma anche gli Zingari), così come l'eliminazione degli handicappati, degli omosessuali, dei vecchi invalidi; e pure l'eliminazione fisica degli oppositori politici e la lotta contro i partigiani condotta anche mediante eccidi di massa, stragi, rappresaglie contro ostaggi innocenti.
Nessun paragone puó essere fatto con il comportamento delle forze armate partigiane (jugoslave ed italiane) che non avevano tra le loro finalità nè la pulizia etnica, nè la purezza della razza, nè era loro proprio il concetto della rappresaglia terroristica.
Tra gli arresti e le esecuzioni del dopoguerra non vi furono massacri indiscriminati: della maggior parte degli arrestati si sa che erano militari o comunque collaboratori del nazifascismo che si erano macchiati di crimini efferati.Se vi furono delle vendette personali, di questo non si puó rendere responsabile un intero movimento di liberazione, nè creare un caso politico che dura da più di cinquant'anni, soprattutto alla luce del fatto che di processi contro gli "infoibatori" se ne sono svolti un'ottantina e non si possono processare nuovamente le persone per gli stessi reati, nè processare altri per reati dei quali si sono già condannati i colpevoli.
In quanto alle onoranze richieste per i "caduti delle foibe" (commemorazioni, erezioni di monumenti e lapidi, intitolazione di vie), visti i ruoli impersonati dalla maggior parte degli "infoibati", personalmente ci rifiutiamo di onorarli. Si puó provare umana pietà nei confronti dei morti, ma da qui ad onorare chi tradiva, spiava, torturava, uccideva ce ne corre.
Il nostro timore è che se non correggiamo subito la rotta, niente e nessuno potrà più arrestare questo minuetto di menzogne, questo prodotto incrociato di falsità e di revisionismo, di parzialità elevata a valore assoluto.
Alla luce di quanto esposto chiediamo dunque che il nostro partito si astenga dall'appoggiare manovre di strumentale revisionismo storico, che ci derubano della nostra storia e della nostra memoria.
Associazione marxista rivoluzionaria Progetto Comunista - collettivo di Cesena-Forlì
Memoria storica:
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Foibe: "Non chiedeteci di condividere"
di Giovani comunisti del PRC - Reggio Calabria
su redazione del 14/02/2005
Come è avvenuto in diverse città italiane, anche i neo-post-ex fascisti reggini hanno colto l'occasione della "Giornata della memoria" per vomitare una buona dose di anticomunismo gratuito. Per canalizzare meglio questo antico rancore si sono pure costituiti in comitato, cercando di darsi una parvenza di "società civile".
Cambiano i volti e le modalità , ma gli argomenti sono quelli di sempre. La nostalgia dell'Italia delle avventure coloniali e belliche con gli stivali di cartone. La retorica dell' "italianità " violata dai comunisti slavi, senzadio e sanguinari. La voglia di rivalsa dalla sconfitta, ancora cocente, subita nella primavera del 1945 ad opera dei popoli di tutto il mondo.
Si parla tanto delle vittime vere o presunte dei partigiani jugoslavi, ma nemmeno una parola viene pronunciata sul contesto storico in cui maturarono quei fatti. Non si accenna minimamente all'assimilazione forzata subita dalle popolazioni slovene e croate sotto il fascismo, all'odio anti-slavo propagandato per decenni, alle migliaia di antifascisti e semplici civili sterminati presso le Risiere di San Sabba.
Le popolazioni jugoslave, da vittime della feroce tirannia nazi-fascista e del razzismo, vengono trasformate in carnefici, in un crescendo di revisionismo storico che arriva addirittura a definire "sciovinisti" i partigiani di sinistra e l'allora governo di Tito. Questo, quando esiste fior di bibliografia sulle lotte che videro fianco a fianco gli antifascisti italiani e quelli slavi, e quando anche i muri sanno che la Jugoslavia socialista fu un paese nel quale, per mezzo secolo, convissero pacificamente e con eguali diritti più di una ventina di etnie.
Mentre alcuni di questi fascisti in doppio petto rivendicano a pieno titolo il loro passato, ve ne sono altri che tentano una manovra più raffinata ma non meno prevedibile. Cercano di porre sullo stesso piano nazismo e comunismo, equiparandoli in quello che viene definito "il ‘900 degli orrori". Chiedono che la falce e martello venga comparata alla svastica, e che entrambe siano poste fuorilegge.
Rispondiamo prontamente: il nazismo e il comunismo non furono due fenomeni simili. Furono due opposti, e opposti non vuol dire speculari, ma nemici. Il nazismo è stata una degenerazione omicida del capitalismo, nata per contrapporsi alle idee egualitarie e ai principi di solidarietà , fratellanza e internazionalismo. Fu un'idea che introdusse il concetto demenziale di "razza", e decise non solo la persecuzione ma anche lo sterminio di milioni di ebrei, nomadi, slavi, omosessuali, handicappati oltre che oppositori del regime. Fu il rovesciamento di tutti i valori dell'umanesimo cristiano, dell'illuminismo liberale e del pensiero socialista.
Il comunismo, invece, nonostante tutti gli errori, i limiti e i crimini che ci sono stati dove questo si è tramutato in regime, è nato dalla speranza di costruire l'eguaglianza sociale tra gli esseri umani, di abolire le barriere di classe, di nazione, di etnia. In Europa, ma anche in Asia, in Africa e America Latina, ha influito nel rapido e sconvolgente progresso che ha coinvolto moltissimi paesi, ed è stato sempre in prima linea quando si è trattato di lottare contro il colonialismo, le guerre, il razzismo e l'apartheid. E ancora oggi, in Italia e nel mondo, i comunisti occupano questo posto, piaccia o no ai nipotini irredentisti di Hitler e Mussolini, che nonostante i cambiamenti di facciata si porteranno sempre appresso il marchio delle infamie di Auschwitz e Dachau.
La coordinatrice provinciale dei GC di Reggio Calabria
Celeste Costantino
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Foibe: "Non chiedeteci di condividere"
di Giovani comunisti del PRC - Reggio Calabria
su redazione del 14/02/2005
Come è avvenuto in diverse città italiane, anche i neo-post-ex fascisti reggini hanno colto l'occasione della "Giornata della memoria" per vomitare una buona dose di anticomunismo gratuito. Per canalizzare meglio questo antico rancore si sono pure costituiti in comitato, cercando di darsi una parvenza di "società civile".
Cambiano i volti e le modalità , ma gli argomenti sono quelli di sempre. La nostalgia dell'Italia delle avventure coloniali e belliche con gli stivali di cartone. La retorica dell' "italianità " violata dai comunisti slavi, senzadio e sanguinari. La voglia di rivalsa dalla sconfitta, ancora cocente, subita nella primavera del 1945 ad opera dei popoli di tutto il mondo.
Si parla tanto delle vittime vere o presunte dei partigiani jugoslavi, ma nemmeno una parola viene pronunciata sul contesto storico in cui maturarono quei fatti. Non si accenna minimamente all'assimilazione forzata subita dalle popolazioni slovene e croate sotto il fascismo, all'odio anti-slavo propagandato per decenni, alle migliaia di antifascisti e semplici civili sterminati presso le Risiere di San Sabba.
Le popolazioni jugoslave, da vittime della feroce tirannia nazi-fascista e del razzismo, vengono trasformate in carnefici, in un crescendo di revisionismo storico che arriva addirittura a definire "sciovinisti" i partigiani di sinistra e l'allora governo di Tito. Questo, quando esiste fior di bibliografia sulle lotte che videro fianco a fianco gli antifascisti italiani e quelli slavi, e quando anche i muri sanno che la Jugoslavia socialista fu un paese nel quale, per mezzo secolo, convissero pacificamente e con eguali diritti più di una ventina di etnie.
Mentre alcuni di questi fascisti in doppio petto rivendicano a pieno titolo il loro passato, ve ne sono altri che tentano una manovra più raffinata ma non meno prevedibile. Cercano di porre sullo stesso piano nazismo e comunismo, equiparandoli in quello che viene definito "il ‘900 degli orrori". Chiedono che la falce e martello venga comparata alla svastica, e che entrambe siano poste fuorilegge.
Rispondiamo prontamente: il nazismo e il comunismo non furono due fenomeni simili. Furono due opposti, e opposti non vuol dire speculari, ma nemici. Il nazismo è stata una degenerazione omicida del capitalismo, nata per contrapporsi alle idee egualitarie e ai principi di solidarietà , fratellanza e internazionalismo. Fu un'idea che introdusse il concetto demenziale di "razza", e decise non solo la persecuzione ma anche lo sterminio di milioni di ebrei, nomadi, slavi, omosessuali, handicappati oltre che oppositori del regime. Fu il rovesciamento di tutti i valori dell'umanesimo cristiano, dell'illuminismo liberale e del pensiero socialista.
Il comunismo, invece, nonostante tutti gli errori, i limiti e i crimini che ci sono stati dove questo si è tramutato in regime, è nato dalla speranza di costruire l'eguaglianza sociale tra gli esseri umani, di abolire le barriere di classe, di nazione, di etnia. In Europa, ma anche in Asia, in Africa e America Latina, ha influito nel rapido e sconvolgente progresso che ha coinvolto moltissimi paesi, ed è stato sempre in prima linea quando si è trattato di lottare contro il colonialismo, le guerre, il razzismo e l'apartheid. E ancora oggi, in Italia e nel mondo, i comunisti occupano questo posto, piaccia o no ai nipotini irredentisti di Hitler e Mussolini, che nonostante i cambiamenti di facciata si porteranno sempre appresso il marchio delle infamie di Auschwitz e Dachau.
La coordinatrice provinciale dei GC di Reggio Calabria
Celeste Costantino
Giornata del ricordo: non chiedeteci di condividere
di Enrico Vigna*
su redazione del 10/02/2005
10 Febbraio, Giornata del ricordo : Non chiedeteci di
condividere
Si comprendono i " ragazzi di Saló" e si accusano i "massacri dei partigiani jugoslavi", si dedurrebbe anche italiani, visto che sono stati decine di migliaia i partigiani italiani che hanno combattuto contro il nazifascismo in Jugoslavia e sono morti in quelle terre per riscattare l'onore di un intero popolo, macchiato e infangato da vent'anni di fascismo e colonialismo contro altri popoli, come quello jugoslavo, che mai nella storia hanno aggredito il nostro paese.
Da destra e da "sinistra", tutti concordano per la "riconciliazione", e invece lavorano per rinfocolare odi, rancori, razzismo etnico. Questi signori dimenticano che la riconciliazione c'è già stata: è avvenuta il 25 aprile 1945, con la sconfitta del fascismo, la cacciata dell'invasore nazista e la vittoria della lotta di liberazione nazionale.
Il mito degli italiani "brava gente" è fondato sulla rimozione storica dei crimini di guerra commessi dall'esercito italiano nelle colonie e nei territori invasi e occupati della 2° guerra mondiale; la nostra storia nazionale è ricca di rimozioni e "dimenticanze" di quello che è stato fatto da altri popoli e paesi.
Dagli archivi delle Nazioni Unite emerge un dato che dovrebbe far vergognare chi ha proposto la giornata del ricordo per gli avvenimenti, sicuramente tragici e da rispettare per chi fosse perito innocente, delle
foibe e dell'esodo: solo per il periodo coloniale e della 2° guerra mondiale i fascisti e l'esercito italiano hanno UCCISO oltre UN MILIONE di persone, di cui 300.000 nella sola Jugoslavia (tutto documentato
dallo storico americano M. Palombo, il cui lavoro "Fascist Legacy" è stato utilizzato anche dalla TV "La 7").
800 italiani furono dichiarati "criminali di guerra" dalla " Commissione per i crimini di guerra delle Nazioni Unite" e mai processati.
Nei campi di concentramento italiani furono rinchiusi più di 100.000 jugoslavi (uomini, donne, bambini, e dove 11.606 vi morirono ( quelli accertati).
Quasi 200.000 furono i civili falciati dai plotoni di esecuzione italiani, in quanto "ribelli e banditi". Nella sola Istria furono 60.000 gli slavi che in tre anni dovettero fuggire per non essere spazzati via dalla barbaria fascista o deportati nei lager italiani.
I morti accertati nelle foibe sono stati circa 2.000 (e non ci puó essere nessun rallegramento di fronte a cifre che trattano di morte), ma va sottolineato che i fascisti e i collaborazionisti col nazismo, in quelle
zone furono alcune decine di migliaia, che compirono ogni genere di atrocità e crimini contro la popolazione civile, documentata storicamente in studi, archivi e in alcuni documentatissimi libri che sono a disposizione. Non si puó mediante l'utilizzo di questo fatto revisionare storicamente e ribaltare i processi storici avvenuti e non contestualizzarli. E' un operazione antistorica e faziosa, senza alcuna
scientificità e credibilità , smaccatamente razzista, al di là delle opinioni soggettive.
Tutto deve partire dall'aggressione militare dell'aprile 1941, sbocco di quanto già era stato fatto in termini di snazionalizzazione, vessazione e
persecuzione etnica di altri popoli, fino ad arrivare alle vere e proprie deportazioni, dalle infami e criminali politiche fasciste italiane, contro le
popolazioni slave da sempre residenti nelle regioni del confine orientale, mischiate e coabitanti al di là dell'aspetto etnico; politica che teorizzava
l'espansionismo e lo sciovinismo come obiettivi da conseguire. Senza dimenticare che già nel 1918 furono oltre 500.000 gli sloveni e croati "inglobati" dall'Italia di allora, il vizietto espansionista era quasi un dato di fatto.
Quando una giornata del ricordo e della richiesta di perdono agli altri popoli, in questo caso a quello jugoslavo, per queste vittime innocenti? Questo sì rappresenterebbe storicamente un atto di pace e riconciliazione definitiva.
Perchè dover accettare che i carnefici diventino eroi oltre ad essere vergognoso è anche oltraggioso verso la memoria storica di quella generazione di "ragazzi" che invece di andare a Saló o stare a guardare è salita in montagna a combattere il nazifascismo pagando con la tortura e con la morte la scelta della lotta per la libertà .
Per noi l'unica giornata del ricordo e della riconciliazione, del riscatto e della distinzione dal fascismo, è e resta il 25 APRILE, lasciatoci in
eredità da quegli italiani che con il loro sangue avevano ridato libertà e dignità all'Italia.
Per questo sottoscriviamo e facciamo nostre le parole e il patrimonio di un italiano partigiano e antifascista, che ha combattuto per la nostra Italia: quella della giustizia e del popolo.
".La storiografia revisionista si è così riempita di pidocchi revisionisti che pretendono di cambiare gli accaduti, la memoria, la toponomastica, i libri di testo. Quelli che combattevano al fianco dei nazisti. Volevano la fine delle libertà . Furono invece i Partiti della Resistenza a recuperare le libertà ."I morti" diceva Pavese " sono tutti eguali, partigiani e repubblichini"..Ma non erano uguali le loro storie, le loro idee. La pietà è una cosa che fa parte del sentimento umano solidale, ma la pietà per le idee non ha senso, non si puó avere pietà per le idee barbare, assassine, non si puó revisionare l'orrore, si puó al massimo dimenticarlo. Per pietà ". (G. Bocca)
Torino 10 Febbraio 2005
* Presidente dell'Associazione "SOS Yugoslavia" e Portavoce del Movimento " Nuovi Partigiani della Pace"
di Enrico Vigna*
su redazione del 10/02/2005
10 Febbraio, Giornata del ricordo : Non chiedeteci di
condividere
Si comprendono i " ragazzi di Saló" e si accusano i "massacri dei partigiani jugoslavi", si dedurrebbe anche italiani, visto che sono stati decine di migliaia i partigiani italiani che hanno combattuto contro il nazifascismo in Jugoslavia e sono morti in quelle terre per riscattare l'onore di un intero popolo, macchiato e infangato da vent'anni di fascismo e colonialismo contro altri popoli, come quello jugoslavo, che mai nella storia hanno aggredito il nostro paese.
Da destra e da "sinistra", tutti concordano per la "riconciliazione", e invece lavorano per rinfocolare odi, rancori, razzismo etnico. Questi signori dimenticano che la riconciliazione c'è già stata: è avvenuta il 25 aprile 1945, con la sconfitta del fascismo, la cacciata dell'invasore nazista e la vittoria della lotta di liberazione nazionale.
Il mito degli italiani "brava gente" è fondato sulla rimozione storica dei crimini di guerra commessi dall'esercito italiano nelle colonie e nei territori invasi e occupati della 2° guerra mondiale; la nostra storia nazionale è ricca di rimozioni e "dimenticanze" di quello che è stato fatto da altri popoli e paesi.
Dagli archivi delle Nazioni Unite emerge un dato che dovrebbe far vergognare chi ha proposto la giornata del ricordo per gli avvenimenti, sicuramente tragici e da rispettare per chi fosse perito innocente, delle
foibe e dell'esodo: solo per il periodo coloniale e della 2° guerra mondiale i fascisti e l'esercito italiano hanno UCCISO oltre UN MILIONE di persone, di cui 300.000 nella sola Jugoslavia (tutto documentato
dallo storico americano M. Palombo, il cui lavoro "Fascist Legacy" è stato utilizzato anche dalla TV "La 7").
800 italiani furono dichiarati "criminali di guerra" dalla " Commissione per i crimini di guerra delle Nazioni Unite" e mai processati.
Nei campi di concentramento italiani furono rinchiusi più di 100.000 jugoslavi (uomini, donne, bambini, e dove 11.606 vi morirono ( quelli accertati).
Quasi 200.000 furono i civili falciati dai plotoni di esecuzione italiani, in quanto "ribelli e banditi". Nella sola Istria furono 60.000 gli slavi che in tre anni dovettero fuggire per non essere spazzati via dalla barbaria fascista o deportati nei lager italiani.
I morti accertati nelle foibe sono stati circa 2.000 (e non ci puó essere nessun rallegramento di fronte a cifre che trattano di morte), ma va sottolineato che i fascisti e i collaborazionisti col nazismo, in quelle
zone furono alcune decine di migliaia, che compirono ogni genere di atrocità e crimini contro la popolazione civile, documentata storicamente in studi, archivi e in alcuni documentatissimi libri che sono a disposizione. Non si puó mediante l'utilizzo di questo fatto revisionare storicamente e ribaltare i processi storici avvenuti e non contestualizzarli. E' un operazione antistorica e faziosa, senza alcuna
scientificità e credibilità , smaccatamente razzista, al di là delle opinioni soggettive.
Tutto deve partire dall'aggressione militare dell'aprile 1941, sbocco di quanto già era stato fatto in termini di snazionalizzazione, vessazione e
persecuzione etnica di altri popoli, fino ad arrivare alle vere e proprie deportazioni, dalle infami e criminali politiche fasciste italiane, contro le
popolazioni slave da sempre residenti nelle regioni del confine orientale, mischiate e coabitanti al di là dell'aspetto etnico; politica che teorizzava
l'espansionismo e lo sciovinismo come obiettivi da conseguire. Senza dimenticare che già nel 1918 furono oltre 500.000 gli sloveni e croati "inglobati" dall'Italia di allora, il vizietto espansionista era quasi un dato di fatto.
Quando una giornata del ricordo e della richiesta di perdono agli altri popoli, in questo caso a quello jugoslavo, per queste vittime innocenti? Questo sì rappresenterebbe storicamente un atto di pace e riconciliazione definitiva.
Perchè dover accettare che i carnefici diventino eroi oltre ad essere vergognoso è anche oltraggioso verso la memoria storica di quella generazione di "ragazzi" che invece di andare a Saló o stare a guardare è salita in montagna a combattere il nazifascismo pagando con la tortura e con la morte la scelta della lotta per la libertà .
Per noi l'unica giornata del ricordo e della riconciliazione, del riscatto e della distinzione dal fascismo, è e resta il 25 APRILE, lasciatoci in
eredità da quegli italiani che con il loro sangue avevano ridato libertà e dignità all'Italia.
Per questo sottoscriviamo e facciamo nostre le parole e il patrimonio di un italiano partigiano e antifascista, che ha combattuto per la nostra Italia: quella della giustizia e del popolo.
".La storiografia revisionista si è così riempita di pidocchi revisionisti che pretendono di cambiare gli accaduti, la memoria, la toponomastica, i libri di testo. Quelli che combattevano al fianco dei nazisti. Volevano la fine delle libertà . Furono invece i Partiti della Resistenza a recuperare le libertà ."I morti" diceva Pavese " sono tutti eguali, partigiani e repubblichini"..Ma non erano uguali le loro storie, le loro idee. La pietà è una cosa che fa parte del sentimento umano solidale, ma la pietà per le idee non ha senso, non si puó avere pietà per le idee barbare, assassine, non si puó revisionare l'orrore, si puó al massimo dimenticarlo. Per pietà ". (G. Bocca)
Torino 10 Febbraio 2005
* Presidente dell'Associazione "SOS Yugoslavia" e Portavoce del Movimento " Nuovi Partigiani della Pace"
Il premier Ivo Sanader al Sabor sulle «provocazioni della destra italiana»
«Sapremo difenderci dall'irredentismo»
Le dichiarazioni controverse non riflettono la linea ufficiale di Roma
ZAGABRIA - "State tranquilli, questo Governo saprà tutelare gli interessi nazionali e difendersi dalle dichiarazioni irredentistiche". Lo ha affermato al Sabor, durante la question time, il premier Ivo Sanader, rispondendo all'interpellanza del deputato socialdemocratico Marin Jurjević, il quale aveva chiesto come il Governo intendesse reagire alle asserite "provocazioni e aspirazioni territoriali della destra italiana nei confronti della Croazia". "L'Accadizeta che ha difeso gli interessi croati in circostanze ben più difficili, di guerra e aggressione, saprà rispondere anche a queste provocazioni", ha rilevato Ivo Sanader, aggiungendo che il Governo ha chiesto subito spiegazioni a Roma quando il quotidiano "Slobodna Dalmacija" ha pubblicato l'intervista nella quale il vicepremier italiano Gianfranco Fini avrebbe dichiarato che l'Istria, Fiume e la Dalmazia sono sempre state terre italiane. Ci hanno spiegato che Fini non ha rilasciato una simile dichiarazione e ne abbiamo preso atto: questo è molto meglio che se tutto fosse rimasto com'era stato scritto, ha sottolineato il premier. Sanader ha pure dichiarato che "le provocazioni degli irredentisti italiani", fra le quali rientra secondo lui, pure la fiction "Il cuore nel pozzo", non possono minacciare la Croazia e nemmeno esprimono la linea politica ufficiale italiana. "Le dichiarazioni e i film pesino sulla coscienza di coloro che vivono nel passato e dell'irredentismo che oggi è privo di qualsiasi chance", ha concluso Sanader.
«Sapremo difenderci dall'irredentismo»
Le dichiarazioni controverse non riflettono la linea ufficiale di Roma
ZAGABRIA - "State tranquilli, questo Governo saprà tutelare gli interessi nazionali e difendersi dalle dichiarazioni irredentistiche". Lo ha affermato al Sabor, durante la question time, il premier Ivo Sanader, rispondendo all'interpellanza del deputato socialdemocratico Marin Jurjević, il quale aveva chiesto come il Governo intendesse reagire alle asserite "provocazioni e aspirazioni territoriali della destra italiana nei confronti della Croazia". "L'Accadizeta che ha difeso gli interessi croati in circostanze ben più difficili, di guerra e aggressione, saprà rispondere anche a queste provocazioni", ha rilevato Ivo Sanader, aggiungendo che il Governo ha chiesto subito spiegazioni a Roma quando il quotidiano "Slobodna Dalmacija" ha pubblicato l'intervista nella quale il vicepremier italiano Gianfranco Fini avrebbe dichiarato che l'Istria, Fiume e la Dalmazia sono sempre state terre italiane. Ci hanno spiegato che Fini non ha rilasciato una simile dichiarazione e ne abbiamo preso atto: questo è molto meglio che se tutto fosse rimasto com'era stato scritto, ha sottolineato il premier. Sanader ha pure dichiarato che "le provocazioni degli irredentisti italiani", fra le quali rientra secondo lui, pure la fiction "Il cuore nel pozzo", non possono minacciare la Croazia e nemmeno esprimono la linea politica ufficiale italiana. "Le dichiarazioni e i film pesino sulla coscienza di coloro che vivono nel passato e dell'irredentismo che oggi è privo di qualsiasi chance", ha concluso Sanader.