Dogbert ha scritto:A sentire voi sembra che ci sia lavoro per ognuno. Basta uscire dalla porta di casa... et voilà! Sarà che non sono laureato, sarà che non ho esperienze significative in nessun settore, ma è da più di un anno che non trovo niente...

Effettivamente non bisogna generalizzare nè tantomeno banalizzare la questione.
Così come nessuno ha risposto all'annuncio di Parakarro ci sono moltissimi ragazzi che rispondono ad annunci lavorativi (anche se dichiaratamente "poco attraenti") o altri che pur avendo lauree non riescono a trovare lavoro in nessun settore e sarebbero disposti a fare quasi di tutto. Come ho già detto in precedenza, molto dipende dalla zona di appartenza. Un conto è cercare lavoro in Campania altro invece cercarlo in Trentino Alto Adige. Sarà "qualunquista" ma è così (e l'ho vissuto sulla mia pelle).
Molto importante è anche la disponibilità a trasferirsi. E' ovvio che se si cerca lavoro sotto casa le possibilità di riuscita diminuiscono esponenzialmente. Capisco anche, però, che trasferirsi è tutt'altro che facile.
Comunquea, anche se ti conoco poco (per quel che può contare) hai la mia solidarietà e la mia vicinanza emotiva. E' dura ma sono sicuro che se non molli qualcosa si sbloccherà. Non porti limiti, cerca ovunque e non ignorare nessun canale di ricerca. Voglio evitare la retorica però spero che tu possa riuscire a trovare qualcosa di gratificante.
Mavco Pizellonio ha scritto:
Lo dico senza polemica o velleità di difese corporative, ma fossi in voi non mi adagerei troppo sull'immagine del laureato in materie umanistiche-che-non-servono-a-un-cazzo che passa le giornate fra spritz e lamenti per il lavoro-che-non-c'è "invece di darsi da fare".
Alcuni del tipo li conosco. Lungi da me voler estendere questo stereotipo a tutti i laureati in materie umanistiche. Diciamo che in tempi come questi anche un solo esemplare del genere tende a generare un misto tra sorpresa e pena.
Al tempo stesso conosco persone con lauree umanistiche considerate generalmente inutili (Lettere) che lavorano nei rispettivi settori e lo fanno ottendendo ottime gratificazioni (senza essere geni del settore, intendiamoci) o chi pur non trovando lavoro nel settore di riferimento non si schifa a (magari per la logica del "qui ed ora") cercare un lavoro purchessia.
Nella mia esperienza (ovviamente poco rappresentativa) prevale il tipo "laureato in scienze umanistiche che non trova lavoro nel settore di appartenenza ma che cerca qualsiasi lavoro".
Mavco Pizellonio ha scritto:
2 - presso i laureati in materie umanistiche - magari fra i meglio informati - è chiara la sensazione che essere nati anche solo qualche anno prima avrebbe fatto una grossa differenza.
Questo è assolutamente vero.
In tal senso basta vedere il numero di persone che, in certi ambiti umanistici, tentano la carta del concorso pubblico (sempre se vi siano bandi disponibili, tra le altre cose). Dai racconti di alcuni colleghi più vecchi (di 5/7 anni) di me ho saputo di concorsi pubblici in cui c'erano 2 posti in ballo con una ventina di candidati, una cosa del gener oggi sarebbe impensabile.
Tempo fa ho partecipato ad un concorso (in Abruzzo) per un posto a tempo indeterminato part time (20 ore settimanali per non più di 700 euro) e eravamo oltre 130 candidati. Oggi il rapporto posti in concorso-numero dei candidati è quelli lì (più o meno).
Nel mio settore (socio-educativo) il pubblico è assolutamente bloccato e tentare di vincere un concorso non è poi troppo dissimile dal tentare la fortuna al superenalotto. Eppure sono sempre in tanti a provarci. Io dopo aver tentato 4 concorsi ho lasciato perdere il settore pubblico concentrandomi sul privato (che, bene o male è attivo) e qualcosina è venuto fuori. Chiaro che se uno si aspetta un lavoro "tradizionale" (così come tratteggiato da Parakarro) sbaglia di grosso. La stabilità non è di questo mondo (o perlomeno del mio).