IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
Nel Vangelo non è previsto nessun papa, anzi è praticamente vietato (Matteo 23,9-10).
Ringrazio Ratzinger di averci risparmiato l'oscena cialtronata di assistere un passo alla volta
al suo collasso sotto responsabilità che non si sentiva più di sostenere.
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Ille ego, Blif, ductus Minervæ sorte sacerdos (ბლუფ)
Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
Non c'entra nulla, il papa è vicario di Cristo, successore di Pietro:Blif ha scritto:Nel Vangelo non è previsto nessun papa, anzi è praticamente vietato (Matteo 23,9-10).
"Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa"
A mountain man's a lonely man
And he leaves a life behind
It ought to have been different, but ofttimes you will find,
That the story doesn't always go that way you had in mind......
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
E' una cattiva traduzione dal greco: la pietra non è Pietro.xx86 ha scritto:Non c'entra nulla, il papa è vicario di Cristo, successore di Pietro:Blif ha scritto:Nel Vangelo non è previsto nessun papa, anzi è praticamente vietato (Matteo 23,9-10).
"Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa"
Ovviamente, può far comodo tradurlo in latino e leggerlo come pare e piace.
http://www.studibiblici.it/Conferenze/T ... _Maggi.pdf
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
Cazzo ogni tanto qualcuno che abbia una testa pensante c'è. Bravo Blif.Blif ha scritto:E' una cattiva traduzione dal greco: la pietra non è Pietro.xx86 ha scritto:Non c'entra nulla, il papa è vicario di Cristo, successore di Pietro:Blif ha scritto:Nel Vangelo non è previsto nessun papa, anzi è praticamente vietato (Matteo 23,9-10).
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Ovviamente, può far comodo tradurlo in latino e leggerlo come pare e piace.
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- pan
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
Sta diventando una moda nel vostro ambito.zio ha scritto:cmq mi ritiro

Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) - fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) - ...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
La notizia delle dimissioni di questo papa provoca un sollievo indescrivibile. I cristiani formati dalla pastorale aperta e limpida del Concilio Vaticano II, non si auguravano come papa un conservatore, meno che mai uno come Ratzinger, che non aveva mai nascosto di considerare le aperture liturgiche, teologiche ed ecumeniche del Concilio un eccesso di fiducia nella bontà intrinseca del genere umano.
di Michela Murgia,
Ho un ricordo molto chiaro di dove mi trovavo durante il conclave che eleggeva il successore di Wojtila. In casa mia c'erano sei persone, di cui due sacerdoti, e stavamo tutti davanti allo schermo seguendo la diretta delle fumate al TG1, in attesa di quella bianca. Quando l'inviato annunciò che c'era, aspettammo la comparsa del cardinale protodiacono al balcone in silenzio, con il cuore in gola. Si aprirono le tende rosse e allora uno degli amici sacerdoti sussurrò a mezza voce una preghiera che interpretava il pensiero di tutti noi: "chiunque, ma non Ratzinger, ti prego..." Quando il nome del nuovo papa risuonò dal televisore, restammo ammutoliti per molti secondi.
Ho immaginato decine di cristiani appartenenti a movimenti, associazioni e gruppi parrocchiali provare lo stesso deluso stordimento che provavamo noi in quel momento. I calici che avevamo preparato per brindare al nuovo pontefice non furono usati e ci congedammo con la promessa di pregare molto per i tempi difficili che si preparavano per la Chiesa. Mai una volta in questi otto anni di pontificato Joseph Ratzinger ci ha dato un motivo per pensare che il nostro sconforto di quel giorno fosse eccessivo.
Quando ieri l'Ansa ha battuto lo strillo delle dimissioni papali, come tanti altri non potevo credere che fosse vero, ma quando la notizia è stata confermata ho provato un sollievo che non si può descrivere a parole. I cristiani come me, formati dalla pastorale aperta e limpida del Concilio Vaticano II, non si auguravano come papa un conservatore, meno che mai uno come Ratzinger, che non aveva mai nascosto di considerare le aperture liturgiche, teologiche ed ecumeniche del Concilio un eccesso di fiducia nella bontà intrinseca del genere umano. Al di là dell'incredulità verso il gesto dell'abdicazione e della preoccupazione per lo stato di instabilità che questo comporta per la Chiesa, non posso quindi fare finta di essere dispiaciuta, perché implica anche che chi durante questo pontificato ha avuto ripetuti motivi di sofferenza e di imbarazzo per le scelte incomprensibili del governo papale, adesso ha la possibilità di sperare per la comunità cattolica in una guida meno impaurita dal mondo, che non tema il confronto con il cambiamento e che finalmente dismetta il complesso del fortino assediato che ha caratterizzato ogni minuto del pontificato appena concluso.
Ma davvero questo pontefice è stato così pernicioso? La narrazione mediatica ce lo dipinge come un raffinato studioso un po' timido incappato suo malgrado in un pontificato pesante, ma le cose non stanno proprio così, a cominciare dalla fama di grande teologo, che non ha alcun riscontro nella realtà. In nessuna facoltà teologica si studia sui testi di Joseph Ratzinger, che della dottrina è sempre stato più custode che fautore, dotato di quello sguardo anche un po' ragionieristico che forse deve avere ogni buon Prefetto della sacra Congregazione per la dottrina, ma che fa sì che la differenza che passa tra un teologo e un prefetto della dottrina sia la stessa che passa tra un legislatore e il capo della polizia.
La storia del mite studioso oppresso dal peso della guida di una Chiesa complessa è altrettanto distorta. Quando Ratzinger è stato eletto papa non era un chierico dedito all'esegesi e all'adorazione eucaristica, ma un potentissimo uomo di governo, numero due della Chiesa universale, il temuto funzionario del Sant'Uffizio che aveva bacchettato le mani ai teologi di mezzo mondo. È difficile credere che chi ha avuto incarichi di grande potere per l'intera sua esistenza adesso ne senta il peso al punto da fare un passo che nella storia della Chiesa ha così pochi precedenti. È molto più sensato immaginare che gli errori di questo pontificato gli stiano più banalmente presentando il conto.
Per amore di verità di quel che abbiamo vissuto come cristiani in questi lunghissimi otto anni di pontificato, farò un piccolo riassunto di cosa è accaduto, limitandomi a citare i gesti più eclatanti, perché da quando è diventato papa J. Ratzinger di passi falsi ne ha fatto una miriade. Il ripristino della liturgia latina superata dal Concilio Vaticano II gli ha messo immediatamente addosso l'etichetta di restauratore tridentino, inimicandogli molta parte del clero, sia in Italia che all'estero. La revoca di una scomunica meritatissima, quella ai lefevriani, senza che fossero minimamente cambiate le condizioni per cui il suo precedessore l'aveva promulgata, gli ha sollevato contro un tale polverone che ha dovuto scrivere di suo pugno – fatto inaudito nella storia millenaria del papato, eppure quasi ignorato dai giornali – una lettera pubblica di spiegazioni e scuse. Ma nel frattempo la scelta scellerata di reintregrare i vescovi negazionisti levebriani aveva minato anche i rapporti con la comunità ebraica: per recuperarli gli ecumenisti vaticani hanno dovuto lavorare per mesi nell'imbarazzo comprensibile di chi deve giustificare il suo papa. Il basso profilo politico del pontificato ratzingeriano ha tolto alla Chiesa il ruolo di mediatrice internazionale che Giovanni Paolo II le aveva autorevolmente conquistato sin dai primi anni del suo governo.
La reggenza di Benedetto XVI è stata caratterizzata anche dalla mala gestione dello scandalo della pedofilia e dall'arretramento fobico sulle questioni del rapporto tra fede e omosessualità, spinto fino all'incomprensibile affermazione del 1° gennaio scorso, secondo la quale i gay minaccerebbero niente meno che la pace nel mondo. Sul fronte interno Benedetto XVI ha perso maldestramente e da subito il controllo sui conflitti di competenze ai suoi stessi vertici, quelli tra uomini fortissimi come il suo ministro degli esteri, il Segretario di Stato cardinal Bertone e il suo ministro per gli affari italiani, quel cardinal Bagnasco presidente della CEI così legato al predecessore Ruini. I casi di fuoriuscita di informazioni di cui il papa è stato vittima sono un fortissimo segnale del livello di veleni della curia vaticana intorno alla sua persona: delazioni come quelle non arrivano ai giornali per puro caso. Uno come Ratzinger, che ha trascorso in Vaticano gli ultimi trent'anni, certamente non ignorava nessuna di queste dinamiche, eppure si è dimostrato del tutto inadeguato a gestirle. Più che la pressione del papato, forse è la consapevolezza della propria inadeguatezza a essersi fatta finalmente chiara.
I giornali amano le vittime. In questi giorni ci racconteranno di un uomo che non voleva fare il papa e che avrebbe voluto ritirarsi per dedicarsi allo studio. Quello di sembrare schivi e desiderosi di una vita ritirata è un vezzo molto frequente nella Chiesa come in altri luoghi di potere, ma quasi mai corrisponde a un effettivo desiderio di scomparsa. Nel caso di Carlo Maria Martini era un'aspirazione autentica, provata dalle scelte; ma le scelte di Joseph Ratzinger raccontano la storia di un uomo che per tutta la vita la ribalta l'ha più cercata che rifuggita. Quando ancora era cardinal Prefetto fece quello che nessun cardinale prima di lui aveva mai fatto: ritenne che la sua esistenza fosse così interessante da meritare ben due autobiografie, La mia vita di suo pugno per le edizioni San Paolo e un libro intervista con Vittorio Messori intitolato Rapporto sulla fede (sempre edizioni paoline). Che schivo non lo fosse diventato nemmeno dopo l'elezione lo dimostrano le sue scelte principesche in materia di abbigliamento papale, assai più vistose di quelle di Giovanni Paolo II, ma l'apoteosi di questo suo alto concetto di sé si è espressa quando, durante la messa di beatificazione di Karol Wojtila, ha indossato gli stessi paramenti del suo predecessore, suggerendo in mondovisione una continuità simbolica tra il papato che stava santificando sull'altare e il proprio. Non male per un uomo tanto schivo.
A Joseph Ratzinger alla fine del suo mandato va dato atto della capacità di sapere riconoscere quando la misura è piena, dote rara nei governanti fuori e dentro la Chiesa, e che in questo delicatissimo frangente gli fa onore e dimostra il suo sincero amore per la Chiesa. Tutti gli auguriamo di trovare fuori dal ruolo pontificale la tranquillità e la pace che cerca, ma comunque vada la sua successione, è difficile immaginare che questo papato venga ricordato con rimpianto.
di Michela Murgia,
Ho un ricordo molto chiaro di dove mi trovavo durante il conclave che eleggeva il successore di Wojtila. In casa mia c'erano sei persone, di cui due sacerdoti, e stavamo tutti davanti allo schermo seguendo la diretta delle fumate al TG1, in attesa di quella bianca. Quando l'inviato annunciò che c'era, aspettammo la comparsa del cardinale protodiacono al balcone in silenzio, con il cuore in gola. Si aprirono le tende rosse e allora uno degli amici sacerdoti sussurrò a mezza voce una preghiera che interpretava il pensiero di tutti noi: "chiunque, ma non Ratzinger, ti prego..." Quando il nome del nuovo papa risuonò dal televisore, restammo ammutoliti per molti secondi.
Ho immaginato decine di cristiani appartenenti a movimenti, associazioni e gruppi parrocchiali provare lo stesso deluso stordimento che provavamo noi in quel momento. I calici che avevamo preparato per brindare al nuovo pontefice non furono usati e ci congedammo con la promessa di pregare molto per i tempi difficili che si preparavano per la Chiesa. Mai una volta in questi otto anni di pontificato Joseph Ratzinger ci ha dato un motivo per pensare che il nostro sconforto di quel giorno fosse eccessivo.
Quando ieri l'Ansa ha battuto lo strillo delle dimissioni papali, come tanti altri non potevo credere che fosse vero, ma quando la notizia è stata confermata ho provato un sollievo che non si può descrivere a parole. I cristiani come me, formati dalla pastorale aperta e limpida del Concilio Vaticano II, non si auguravano come papa un conservatore, meno che mai uno come Ratzinger, che non aveva mai nascosto di considerare le aperture liturgiche, teologiche ed ecumeniche del Concilio un eccesso di fiducia nella bontà intrinseca del genere umano. Al di là dell'incredulità verso il gesto dell'abdicazione e della preoccupazione per lo stato di instabilità che questo comporta per la Chiesa, non posso quindi fare finta di essere dispiaciuta, perché implica anche che chi durante questo pontificato ha avuto ripetuti motivi di sofferenza e di imbarazzo per le scelte incomprensibili del governo papale, adesso ha la possibilità di sperare per la comunità cattolica in una guida meno impaurita dal mondo, che non tema il confronto con il cambiamento e che finalmente dismetta il complesso del fortino assediato che ha caratterizzato ogni minuto del pontificato appena concluso.
Ma davvero questo pontefice è stato così pernicioso? La narrazione mediatica ce lo dipinge come un raffinato studioso un po' timido incappato suo malgrado in un pontificato pesante, ma le cose non stanno proprio così, a cominciare dalla fama di grande teologo, che non ha alcun riscontro nella realtà. In nessuna facoltà teologica si studia sui testi di Joseph Ratzinger, che della dottrina è sempre stato più custode che fautore, dotato di quello sguardo anche un po' ragionieristico che forse deve avere ogni buon Prefetto della sacra Congregazione per la dottrina, ma che fa sì che la differenza che passa tra un teologo e un prefetto della dottrina sia la stessa che passa tra un legislatore e il capo della polizia.
La storia del mite studioso oppresso dal peso della guida di una Chiesa complessa è altrettanto distorta. Quando Ratzinger è stato eletto papa non era un chierico dedito all'esegesi e all'adorazione eucaristica, ma un potentissimo uomo di governo, numero due della Chiesa universale, il temuto funzionario del Sant'Uffizio che aveva bacchettato le mani ai teologi di mezzo mondo. È difficile credere che chi ha avuto incarichi di grande potere per l'intera sua esistenza adesso ne senta il peso al punto da fare un passo che nella storia della Chiesa ha così pochi precedenti. È molto più sensato immaginare che gli errori di questo pontificato gli stiano più banalmente presentando il conto.
Per amore di verità di quel che abbiamo vissuto come cristiani in questi lunghissimi otto anni di pontificato, farò un piccolo riassunto di cosa è accaduto, limitandomi a citare i gesti più eclatanti, perché da quando è diventato papa J. Ratzinger di passi falsi ne ha fatto una miriade. Il ripristino della liturgia latina superata dal Concilio Vaticano II gli ha messo immediatamente addosso l'etichetta di restauratore tridentino, inimicandogli molta parte del clero, sia in Italia che all'estero. La revoca di una scomunica meritatissima, quella ai lefevriani, senza che fossero minimamente cambiate le condizioni per cui il suo precedessore l'aveva promulgata, gli ha sollevato contro un tale polverone che ha dovuto scrivere di suo pugno – fatto inaudito nella storia millenaria del papato, eppure quasi ignorato dai giornali – una lettera pubblica di spiegazioni e scuse. Ma nel frattempo la scelta scellerata di reintregrare i vescovi negazionisti levebriani aveva minato anche i rapporti con la comunità ebraica: per recuperarli gli ecumenisti vaticani hanno dovuto lavorare per mesi nell'imbarazzo comprensibile di chi deve giustificare il suo papa. Il basso profilo politico del pontificato ratzingeriano ha tolto alla Chiesa il ruolo di mediatrice internazionale che Giovanni Paolo II le aveva autorevolmente conquistato sin dai primi anni del suo governo.
La reggenza di Benedetto XVI è stata caratterizzata anche dalla mala gestione dello scandalo della pedofilia e dall'arretramento fobico sulle questioni del rapporto tra fede e omosessualità, spinto fino all'incomprensibile affermazione del 1° gennaio scorso, secondo la quale i gay minaccerebbero niente meno che la pace nel mondo. Sul fronte interno Benedetto XVI ha perso maldestramente e da subito il controllo sui conflitti di competenze ai suoi stessi vertici, quelli tra uomini fortissimi come il suo ministro degli esteri, il Segretario di Stato cardinal Bertone e il suo ministro per gli affari italiani, quel cardinal Bagnasco presidente della CEI così legato al predecessore Ruini. I casi di fuoriuscita di informazioni di cui il papa è stato vittima sono un fortissimo segnale del livello di veleni della curia vaticana intorno alla sua persona: delazioni come quelle non arrivano ai giornali per puro caso. Uno come Ratzinger, che ha trascorso in Vaticano gli ultimi trent'anni, certamente non ignorava nessuna di queste dinamiche, eppure si è dimostrato del tutto inadeguato a gestirle. Più che la pressione del papato, forse è la consapevolezza della propria inadeguatezza a essersi fatta finalmente chiara.
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I was having fish n chips with my dad this week. He had cod, I had plaice. He said: good cod! I said, space is the plaice! - Sun Ra
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
Per chi avesse un paio di ore da dedicare:
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
L'esempio dal punto di vista comparativo è fallace, perchè hai un apparato politico da gestire, non un paziente.Gambo192 ha scritto:beh allora io posso insinuarti il dubbio che magari "fino in fondo" può anche voler dire accettare i propri limiti ed il fatto che potrebbe esserci qualcuno capace di svolgere il tuo compito meglio di te, ed affidarglielo se tieni veramente allo scopo della tua missione e la vedi in pericolo...xx86 ha scritto:No però è una missione tanto quanto quella di Gesù e dei discepoli e in quanto tale va portata a termine fino in fondo. Almeno nel mio pensiero.
ti faccio un esempio del cazzo, se hai un paziente che non sai gestire, lo mandi in un reparto dove sai che hanno più capacità invece di tenertelo lì e fare sempre peggio....anche quello è fare il proprio compito al meglio
Considerato il fatto che la Chiesa, secondo il rasoio di Ocham, questo è, un apparato politico, entrano in gioco altre variabili. Innanzitutto il rapporto di fidelizzazione, termine quanto mai appropriato se consideriamo che viviamo nell'era dei media, in secondo luogo gli equilibri interni. Per dirne due, di variabili politiche.
In virtù di queste precisazioni, siamo sicuri che siano state così intime le consapevolezze che hanno portato a queste dimissioni?
Guarda attentamente, poichè ciò che stai per vedere non è più ciò che hai appena visto.
Ho vissuto per molto tempo nell'oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio.
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
Sembra chiaro che se ne va perché messo in minoranza.
Stiamo a vedere...
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
Ma non e' che Ratzinger si e' dimesso, invece di tirare avanti alla meno peggio,pan ha scritto:Sembra chiaro che se ne va perché messo in minoranza.
Stiamo a vedere...
anche perche'
da vivo puo' avere piu' influenza sulla nomina del successore, di quanta ne avrebbe da morto?
lo so che non puo' votare e parlare al conclave, ma informalmente deve avere una moral suasion sui cardinali nominati da se' e da Woytila... oppure ormai e' sputtanato? (con rispetto parlando)
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
Comunque, nel mio piccolo, ho già seppellito 3 papi e mezzo...
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
io ho fatto il conto.donegal ha scritto:Comunque, nel mio piccolo, ho già seppellito 3 papi e mezzo...
se arrivo a pasqua ne ho visti sicuro sicuro sei.
credo sia un record generazionale.
secondo me anche te donegal.
del primo non ne avevi coscienza. io nemmeno ma all'anagrafe non interessa. Giov. XXIII 'r papa buono.
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
Che il diritto canonico preveda la possibilita' di dimissioni va bene perche' essendo un codice deve legiferare sul maggior numero di evenienze.Gambo192 ha scritto:Adesso rispondo ad Husker_Du: appunto perché siamo portati (erronamente) a pensare che il papato è una specie di stigma inviolabile ed il papa è vittima di una imposizione dall'alto; invece è un compito, un ruolo, scelto da altri uomini (certamente guidati dall'alto), che non sempre (come mostra la storia) hanno scelto bene.
Se così fosse non sarebbero previste le procedure per le dimissioni nella costituzione apostolica.
Comunque non e' importante che il Papa sia deciso dallo spirito santo, dagli uomini o da qualunque altra cosa. Il punto e' che le dimissioni rappresentano un elemento di relativismo perche' rappresentano una decisione che riflette l'esperienza sensibile dell'individuo. Rappresenta l'espressione di una moralita' individuale (sono stanco nel fisico e nell'animo e quindi non mi sento in grado (giudizio individuale) di realizzare cio' che mi viene chiesto) a discapito di una moralita' universale, qualunque essa sia.
Quindi il mio discorso era per dire che nonostante il papa abbia perseguito una battaglia contro il Relativismo alla fine non e' riuscito nell'intento e ne e' rimasto addirittura sopraffatto (il che non e' di per se una cosa negativa).
Poi possiamo dire tutto quello che vogliamo sul perche', il per come etc. etc., ma il fatto logico in se rimane.
"Signori benpensanti, spero non vi dispiaccia,
se in cielo in mezzo ai Santi, Dio fra le sue braccia, soffochera' il singhiozzo di quelle labbra smorte che all'odio e all'ignoranza preferirono la morte"
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Re: IL PAPA, IL FORUM E LA MORALE
donegal ha scritto:Comunque, nel mio piccolo, ho già seppellito 3 papi e mezzo...
Vediamo... Col prossimo sarei al settimo papa!
Naturalmente... se sarò ancora vivo!

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Che fu sì altiera al mondo e sì orgogliosa »
Ariosto "Orlando furioso"
Morte Rodomonte.
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Morte Rodomonte.