Riproduco in toto da "Rinascita" (X me ha sostituito "Liberazione") di
Marco Managò
Lo sforzo recente di instillare, con ipocrisia, una fiducia esteriore da sbandierare (puntando anche in modo meschino sul presunto orgoglio nazionale italiano), non si fonda, purtroppo, su alcun elemento positivo né su un dato numerico che faccia davvero sperare.
Il paradosso è che il termine tanto enfatizzato, ossia “credibilità”, sia molto più vuoto e ipocrita di quello di “demagogia” tanto vituperato dalle istituzioni e dai fedeli servitori mediatici.
Si provi a cianciare di affidabilità dell’Italia ai sindacalisti e agli operai che, in pochi giorni, si sono succeduti sulla torre dell’Alcoa per protestare contro la situazione critica per l’azienda o si vada a dire a coloro che sono scesi, per protesta, nella miniera di Nuraxi Figus (Sulcis); l’elenco è lungo, comprende anche i lavoratori dell’Ilva. Si provi ad andare da queste persone ridotte alla fame e alla disperazione e si dica “Coraggio, il Paese ora ha credibilità!”. La risposta, nella migliore delle ipotesi, potrebbe essere un dito medio ben in vista. Lo stesso si verificherebbe se, a rincuorare le vedove e gli orfani di tutti coloro che si sono tolti la vita per aver perso il lavoro, si usasse proprio questo principio della credibilità.
Non c’è demagogia nel criticare, è realtà: si tende a incensare le parole (solo quelle) di Monti, di crescita e di ripresa, ma si dimenticano le aziende in crisi, dalla prima (la Fiat) a tutte le altre, grandi, medie e piccole. La demagogia, semmai, è quella di Monti e di chi lo glorifica promettendo di sostenerlo anche nella prossima legislatura. Perché di “credibilità” si riempiono la bocca i politici e i politologi ma la gente ha fame: non accetta le brioches, men che meno la credibilità. Per tutto il centrosinistra è la parola d’ordine, il grido di battaglia, tanto per contrapporla a quel discredito prodotto, a giudizio dei loro leader, dal Cavaliere e dai suoi “fuori onda” sia a livello nazionale e internazionale.
Che ingenuo il Cavaliere! Perdere consenso solo perché incapace di dimostrare affidabilità e di essere troppo spiritoso o goffo dinanzi agli altri capi di governo, quelli che non ridono negli incontri internazionali e mostrano di prendere a cuore la situazione (in realtà rimandando l’indifferenza nel chiuso delle loro case dorate). Se Silvio avesse mostrato un lato più serio e sobrio, scandendo parole profetiche (banalissime) come quelle di Draghi (sull’acquisto illimitato dei bond da parte della Bce), forse sarebbe ancora lì e la credibilità sarebbe pregressa, più datata e non originata soltanto dal novembre scorso.
La demagogia, quella vera, che tanto si raccoglie intorno a quel magico termine “credibilità”, è tale che non sono neanche utilizzati i sinonimi (a esempio stima, credito, reputazione, ecc.). Il feticcio rappresentato dal suddetto lemma è quasi un mantra, un verbo di fede, che non ammette repliche né eresie di sorta, al punto che gli “scostumati” che osano negarlo, sono bollati come demagoghi, catastrofisti e responsabili della rovina dell’Italia (!)
La disponibilità del termine è quasi esclusiva, perché se si va a considerare chi può fregiarsene, il campo si restringe notevolmente. Affermare che l’Italia abbia ora credibilità, riconduce sostanzialmente all’opera e all’immagine di Monti, l’abile stratega e illuminato traghettatore, paladino di poveri e pensionati e cruccio di ricchi ed evasori. Qualche mese fa, il termine “credibilità” ha coinvolto più soggetti, anche quell’uomo super partes che, dal Quirinale, tanto ha voluto Monti al posto dello screditato Berlusconi. I tempi sono cambiati, tuttavia, l’ex dirigente del Pci ha avuto e ha tuttora i suoi guai delle intercettazioni con Mancino, per cui si fa finta di non usare il suo nome per rivendicare, come un tempo, la credibilità italiana.
A minare ulteriormente tale credibilità si sono messi, di traverso a Monti (o, paradossalmente, per sua fortuna), quasi tutti i partiti, che hanno visto nascere dei “casi” non da poco (Lusi per la Margherita che fu, Belsito per la Lega, Penati per il Pd e Fiorito per il Pdl).
I partiti, dunque, non sono più credibili, neppure per il più disincantato; solo i ministri tecnici sono puri e con l’immagine vincente. Si chiude un occhio se qualcuno di loro tira fuori uno strafalcione, l’importante è mantenere un notevole e apprezzabile aplomb istituzionale.
L’Italia sarà pure attendibile in Europa, ma lo spread ha risentito minimamente di questo presunto punto di forza nostrano.
L’immagine internazionale offre un presidente del Consiglio probo e serio; il telespettatore delle isole Fiji rimarrà incantato da tale gentleman in cravatta, senza sapere che è il premier di un Paese a rotoli, di suicidi per lavoro, di lavoratori esasperati, di crimini e usura. Il telespettatore suddetto, crede a ciò che vede e i media addomesticati (e scaltri) cureranno sempre, con attenzione, l’immagine giusta del premier da offrire al mondo intero, perché si creda in lui ma in Italia non ci conta quasi nessuno.
Nel mondo, chiunque comprerebbe un’auto usata venduta da Monti, in Italia non tutti, dopo le illusioni del cambio di guardia a Palazzo Chigi. Nella fase in cui il Varesino acquista gradualmente fiducia all’estero, proporzionalmente, in modo inverso, la perde in Italia.
E’ umiliante, per un Paese come il nostro, sentir dire che la ripresa avverrà tramite la fiducia nei nostri mezzi e in una visuale ottimista degli eventi. Banalità del genere potevano andar bene fino a qualche anno fa, ma ora mostrano il logorio del tempo e la loro vacuità, per questo si cerca di spostare l’attenzione su un’altra parola must, un altro mantra, il termine “preferenze”: illudere che per esse passi il benessere e la soluzione di tutto.
Renzi ha voluto rottamare anche i vecchi termini inflazionati, tanto che ha utilizzato, in un recente incontro a Verona, la parola “autorevolezza”. Segno di svolta da parte di questo nuovo capitano di breve corso del Pd, aspirante presidente del Consiglio. La capacità di un leader si vede anche da piccole cose, da come rottamare certe idee preconcette e riproporle in altra salsa. E’ giovane ma la sa lunga il sindaco fiorentino.
A onor del vero, dal link
http://www.matteorenzi.it/idee/10-idee/ ... l-rilancio si legge, testuale, un’ovvietà proprio con il termine incriminato “La credibilità del risanamento finanziario è la premessa di ogni ragionamento sul rilancio dell’economia”. Il sindaco, in ogni caso, non collega necessariamente il termine all’opera benefica di Monti.
Il termine potrebbe essere utilizzato anche intorno al simbolo da esporre in cabina elettorale alle prossime elezioni; il partito che potrebbe giovarsene, a pieno titolo, è quello di Casini che non ha paura di inimicarsi le simpatie italiane nel rivendicare assoluta fedeltà al programma e alle riforme (!) di Monti.
La vera credibilità è quella persa dall’elettore: la sua dignità calpestata e il suo voto che risultano ignorati sostanzialmente e formalmente. Il voto va guadagnato davvero, sul campo e onorato sino in fondo, sia per gli schieramenti promessi, per i programmi presentati e fuor di ribaltone. Vuoi vedere che per recuperare l’immagine persa, per riscattare il senso del voto e mettersi al pari di cotanto presidente del Consiglio, sarà necessario recarsi in cabina elettorale in giacca e cravatta (o con papillon), con flemma inglese e, con raffinatezza, togliersi il guanto, il monocolo e tracciare quella croce sul proprio destino?