[O.T.] Crisi economica
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Re: [O.T.] Crisi economica
Pil nel quarto trimestre -0.7% che fa -2,8% su base annua se continua così.
Da quello che vedo, ascolto e leggo direi che probabile si peggiori sensibilmente.
Imu a Giugno, Iva al 23%, petrolio che ha toccato il record di sempre (Iran), imprese che chiudono o scappano, nessun taglio alla spesa pubblica.
Prepararsi ad una nuova batosta tra qualche mese.
Debito pubblico in crescita
Sempre in giornata sono arrivati i dati di Banca d’Italia sul debito pubblico italiano, cresciuto a dicembre 2011 di 55 miliardi rispetto alla fine del 2010, passando da 1.842,856 miliardi di dicembre 2010 a 1.897,946 miliardi di fine 2011. L’incremento è del 2,98%.
Sulla base di queste indicazioni il rapporto tra il debito pubblico a dicembre 2011 e il Pil dell’Italia si attesterebbe tra il 119,5 e il 120%.
Da quello che vedo, ascolto e leggo direi che probabile si peggiori sensibilmente.
Imu a Giugno, Iva al 23%, petrolio che ha toccato il record di sempre (Iran), imprese che chiudono o scappano, nessun taglio alla spesa pubblica.
Prepararsi ad una nuova batosta tra qualche mese.
Debito pubblico in crescita
Sempre in giornata sono arrivati i dati di Banca d’Italia sul debito pubblico italiano, cresciuto a dicembre 2011 di 55 miliardi rispetto alla fine del 2010, passando da 1.842,856 miliardi di dicembre 2010 a 1.897,946 miliardi di fine 2011. L’incremento è del 2,98%.
Sulla base di queste indicazioni il rapporto tra il debito pubblico a dicembre 2011 e il Pil dell’Italia si attesterebbe tra il 119,5 e il 120%.
“Il più bravo, anche se è il più bravo e ne si ammiri il talento, non può prendersi tutto”
Re: [O.T.] Crisi economica
L'Europa, il cavallo e la quaglia
Nel 1994 accettai l’invito di intervenire a un dibattito con Piero Fassino sulla moneta comune europea, in occasione della festa de l’Unità. Per dare un’idea delle difficoltà inerenti alla sua introduzione, ricordai una vecchia scenetta di Walter Chiari e Carlo Campanini. In quella gag, Campanini chiede a Chiari cosa facesse per vivere, ottenendo come risposta: “Vendo paté di quaglia”. Chiede allora: “Ma ci metti solo carne di quaglia?”. Risposta: “No anche carne di cavallo.” “Ma allora imbrogli?”. “No, perché le metto in parti uguali, un cavallo, una quaglia”!
Allora, infatti, sembrava che gli unici due paesi con le carte in regola fossero la Germania e il Lussemburgo, un cavallo e una quaglia appunto. La situazione da allora è molto cambiata, ma il problema dell’eterogeneità dei paesi della zona dell’euro continua ad esistere e non è per nulla mutato.
Mio padre si diceva convinto che i tedeschi fossero un grande popolo, con molte qualità e pochi difetti. “Però, aggiungeva, purtroppo mettono le loro qualità al servizio dei loro difetti almeno due volte al secolo.” La vicenda dell’imminente catastrofica crisi economica dell’Europa (e non solo) mi ha ricordato quel giudizio di mio padre.
La Germania, infatti, dietro un ipocrita velo di europeismo, ormai condiziona le decisioni vitali di politica economica di molti paesi. E’ anzitutto il caso della Grecia che è stata commissariata da un governo di grande coalizione a guida di un eurocrate (Papademos è stato membro del comitato direttivo della Bce ed è uno stimato economista). Non basta, col pretesto di impedirne il fallimento (peraltro quasi inevitabile) le sono stati imposti da un lato grossi sacrifici, che hanno scatenato violente proteste, elargito “aiuti”, e contemporaneamente imposto l’acquisto di costosissimi armamenti di produzione francese e tedesca, col risultato di fare aumentare del 20% le spese per la difesa, mentre per tagliare il resto delle spese pubbliche, la Grecia era costretta a licenziamenti di massa e tagli draconiani agli stipendi non solo di dipendenti pubblici ma persino privati!
I tedeschi sanno bene che l’avvento al potere di Hitler non fu causato dall’iperinflazione di Weimar ma dalla disoccupazione di massa che la seguì. Dovrebbe essere facile per loro rendersi conto che, imponendo queste contraddittorie scelte, si corre il rischio di un’involuzione antidemocratica in Grecia, ancora una volta un esito assai poco europeista.
La vicenda greca ricorda molto la nostra: l’Italia non è e non è mai stata a rischio di default. Non bisogna prendere come oro colato le valutazioni delle agenzie di rating né lasciarsi andare alla nevrosi da spread: la percentuale di debito pubblico italiano detenuto da stranieri è contenuta e nessuna asta di titoli del debito pubblico è mai andata deserta, anzi quasi sempre la domanda ha superato l’offerta. Se a questo si aggiungono le enormi proporzioni del patrimonio mobiliare e immobiliare dello Stato, si perviene alla conclusione che l’Italia non ha nessun bisogno di fare sacrifici né tanto meno di addossarsi una politica di lacrime e sangue.
Il nostro Paese, come ho ripetutamente ricordato su queste colonne, ha solo bisogno di riforme che riducano l’insostenibile peso della spesa pubblica, di una riforma fiscale che ripristini le condizioni per la crescita (un’aliquota unica del 20% sul reddito di persone fisiche e giuridiche) e l’alienazione graduale del patrimonio pubblico che consenta l’abbattimento del debito.
Non sono per nulla ispirato da sentimenti anti-tedeschi: ammiro le grandi qualità di quel popolo e so benissimo che un’Europa senza la Germania non è nemmeno concepibile. Tuttavia, l’attuale governo tedesco sembra voler dare l’impressione che, ancora una volta, la Germania voglia mettere le grandi qualità del suo popolo al servizio dei suoi difetti. Come se avessero avviato la terza guerra mondiale, non con le armi ma con la finanza, e avessero intenzione di far precipitare l’intera Europa in un baratro. Se, a differenza delle altre due, la vincessero, l’intero mondo sprofonderebbe in una crisi che farebbe impallidire la Grande Depressione del ’29, relegandola a un ruolo di trascurabile incidente.
Antonio Martino, Il Tempo, 15 febbraio 2012
Nel 1994 accettai l’invito di intervenire a un dibattito con Piero Fassino sulla moneta comune europea, in occasione della festa de l’Unità. Per dare un’idea delle difficoltà inerenti alla sua introduzione, ricordai una vecchia scenetta di Walter Chiari e Carlo Campanini. In quella gag, Campanini chiede a Chiari cosa facesse per vivere, ottenendo come risposta: “Vendo paté di quaglia”. Chiede allora: “Ma ci metti solo carne di quaglia?”. Risposta: “No anche carne di cavallo.” “Ma allora imbrogli?”. “No, perché le metto in parti uguali, un cavallo, una quaglia”!
Allora, infatti, sembrava che gli unici due paesi con le carte in regola fossero la Germania e il Lussemburgo, un cavallo e una quaglia appunto. La situazione da allora è molto cambiata, ma il problema dell’eterogeneità dei paesi della zona dell’euro continua ad esistere e non è per nulla mutato.
Mio padre si diceva convinto che i tedeschi fossero un grande popolo, con molte qualità e pochi difetti. “Però, aggiungeva, purtroppo mettono le loro qualità al servizio dei loro difetti almeno due volte al secolo.” La vicenda dell’imminente catastrofica crisi economica dell’Europa (e non solo) mi ha ricordato quel giudizio di mio padre.
La Germania, infatti, dietro un ipocrita velo di europeismo, ormai condiziona le decisioni vitali di politica economica di molti paesi. E’ anzitutto il caso della Grecia che è stata commissariata da un governo di grande coalizione a guida di un eurocrate (Papademos è stato membro del comitato direttivo della Bce ed è uno stimato economista). Non basta, col pretesto di impedirne il fallimento (peraltro quasi inevitabile) le sono stati imposti da un lato grossi sacrifici, che hanno scatenato violente proteste, elargito “aiuti”, e contemporaneamente imposto l’acquisto di costosissimi armamenti di produzione francese e tedesca, col risultato di fare aumentare del 20% le spese per la difesa, mentre per tagliare il resto delle spese pubbliche, la Grecia era costretta a licenziamenti di massa e tagli draconiani agli stipendi non solo di dipendenti pubblici ma persino privati!
I tedeschi sanno bene che l’avvento al potere di Hitler non fu causato dall’iperinflazione di Weimar ma dalla disoccupazione di massa che la seguì. Dovrebbe essere facile per loro rendersi conto che, imponendo queste contraddittorie scelte, si corre il rischio di un’involuzione antidemocratica in Grecia, ancora una volta un esito assai poco europeista.
La vicenda greca ricorda molto la nostra: l’Italia non è e non è mai stata a rischio di default. Non bisogna prendere come oro colato le valutazioni delle agenzie di rating né lasciarsi andare alla nevrosi da spread: la percentuale di debito pubblico italiano detenuto da stranieri è contenuta e nessuna asta di titoli del debito pubblico è mai andata deserta, anzi quasi sempre la domanda ha superato l’offerta. Se a questo si aggiungono le enormi proporzioni del patrimonio mobiliare e immobiliare dello Stato, si perviene alla conclusione che l’Italia non ha nessun bisogno di fare sacrifici né tanto meno di addossarsi una politica di lacrime e sangue.
Il nostro Paese, come ho ripetutamente ricordato su queste colonne, ha solo bisogno di riforme che riducano l’insostenibile peso della spesa pubblica, di una riforma fiscale che ripristini le condizioni per la crescita (un’aliquota unica del 20% sul reddito di persone fisiche e giuridiche) e l’alienazione graduale del patrimonio pubblico che consenta l’abbattimento del debito.
Non sono per nulla ispirato da sentimenti anti-tedeschi: ammiro le grandi qualità di quel popolo e so benissimo che un’Europa senza la Germania non è nemmeno concepibile. Tuttavia, l’attuale governo tedesco sembra voler dare l’impressione che, ancora una volta, la Germania voglia mettere le grandi qualità del suo popolo al servizio dei suoi difetti. Come se avessero avviato la terza guerra mondiale, non con le armi ma con la finanza, e avessero intenzione di far precipitare l’intera Europa in un baratro. Se, a differenza delle altre due, la vincessero, l’intero mondo sprofonderebbe in una crisi che farebbe impallidire la Grande Depressione del ’29, relegandola a un ruolo di trascurabile incidente.
Antonio Martino, Il Tempo, 15 febbraio 2012
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Baalkaan hai la machina targata Sassari?
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Re: [O.T.] Crisi economica
ma e' lo stesso antonio martino min della difesa sotto berlusconi, un culo di piombo della partitocrazia, o e' un omonimo? perche' nel primo caso non si capisce (da molto tempo ormai) che titolo ha sta gente per pontificare.
Re: [O.T.] Crisi economica
Slittamento aiuti alla Grecia dopo le elezioni di aprile ?
http://www.finanzaonline.com/notizie/ne ... 5b2f46b7ee

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"Gli italiani corrono sempre in aiuto del vincitore." Ennio Flaiano
“Cercava la rivoluzione e trovò l'agiatezza.” Leo Longanesi
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Re: [O.T.] Crisi economica
Martino è un grande libertario, a parole. Mi sono sempre letto e ho sempre apprezzato i suoi scritti e discorsi.cippirimerlo ha scritto:ma e' lo stesso antonio martino min della difesa sotto berlusconi, un culo di piombo della partitocrazia, o e' un omonimo? perche' nel primo caso non si capisce (da molto tempo ormai) che titolo ha sta gente per pontificare.
Peccato che, come sempre in politica, si predichi bene e razzoli male.
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Re: [O.T.] Crisi economica
La Merkel annulla la visita a Roma per le DIMISSIONI del Presidente tedesco WULFF accusato di CORRUZIONE 

No matter her age, no matter her beauty ! Ogni donna ha il suo “profumo”, in tutte le sue splendide sfumature.
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Re: [O.T.] Crisi economica
quello delle elezioni in Grecia è un tema cruciale: qualcuno sostiene che la dichiarazione di Juncker "il piano di austerity greco non basta" miri ad evitarle. si sta rafforzando l'estrema sinistra che a parole minaccia (in caso di vittoria) di annullare i tagli draconiani. e anche un nuovo governo di destra non da certezze, a Bruxelles non vorrebbero elezioni anticipate. il solito primato della politica sull'economia.
Grecia, ecco perché le elezioni condizionano gli aiuti
di Micaela Osella
Addio nervi saldi. Da lunedì 20 febbraio si slitta ad aprile. Per la Grecia solo fra due mesi scatterà il momento della salvezza.
L’ipotesi che ad Atene venga concesso il pacchetto di aiuti dopo le elezioni di primavera sta prendendo sempre più quota in queste ore. Lo spettacolo della teleconferenza della vigilia ha lasciato spazio a pochi dubbi. L’Unione europea è spaccata. Manca la fiducia nelle nuove promesse del governo Papademos. Per il premio Nobel Michael Spence, una sua uscita dall’Eurozona non sarebbe la fine del mondo.
Le Borse di mezzo mondo si portano avanti. Perché dicono gli esperti interpellati da Panorama.it è tornata la paura e sarebbe meglio non andasse a votare.
“Credo che la Grecia uscirà dall’Eurozona, ma questo, alla fine, non determinerà la caduta dell’euro”, ha detto oggi Michael Spence, premio Nobel per l’economia 2001.
Ormai è chiaro a tutti che l’Europa unita scricchiola, ma quanto ondeggi l’impalcatura della moneta unica nessuno riesce davvero a metterlo a fuoco. L’idea di posticipare gli aiuti ad Atene dopo le elezioni parlamentari di aprile certo non aiuta. L’ipotesi è balenata nel corso della teleconferenza che ieri ha sostituito l’Eurogruppo perché è alta la diffidenza di Germania, Olanda, Finlandia, Paesi Bassi verso il sud Europa.
Eppure questa volta potrebbe essere diverso. “Stiamo facendo veramente molto per cambiare. Ora tocca a Bruxelles dare un voto positivo”, ha cercato di smarcarsi dalle accuse il ministro per lo Sviluppo economico, Michaelis Chrysochoides, ricordando che il governo ellenico ha accettato di realizzare tutte le condizioni poste dalla troika di Ue, Bce e Fmi. “In considerazione di ciò”, ha continuato, “non ci dovrebbero essere problemi per l’approvazione degli aiuti durante il prossimo consiglio dei ministri delle Finanze dell’Eurozona”.
E invece i problemi ci sono. E ci sono per tutti.
Le Borse d’Europa e Wall Street si sono svegliate nervose. Anche il rischio Stato si è rifatto vivo.
Lo spread fra i Btp e i Bund è tornato ad allargarsi, sforando quota 400 punti base. Lo spauracchio di un fallimento è di nuovo qualcosa di più di una semplice ipotesi di scuola. Come spiegano gli strategist di Commerzbank se la Grecia dovesse uscire dall’Eurozona, i timori che altri Paesi periferici possano seguirla potrebbero accelerare la fuga di capitali dagli Stati meno virtuosi, provocando un peggioramento della crisi con un ritorno della pressione sull’euro.
Eppure per Nicolas Doisy, economista e strategist di Cheuvreux la chiave di lettura è un’altra. La Grecia mai come prima d’ora si trova a un bivio. “Ha bisogno di un cambiamento politico se vuole evitare di uscire dall’euro”, sostiene l’esperto, osservando che Lucas Papademos non può passare alla storia come Mister haircut, cioè il primo ministro tecnocrate nominato per negoziare il taglio del debito con creditori privati e poi abbandonare la scena. Troppo facile. “C’è ancora molto da fare per ripristinare la solvibilità fiscale ed eliminare il deficit”.
La piena attuazione delle riforme strutturali secondo Doisy può essere portata avanti solo da un governo saldo e duraturo. ”Pertanto le elezioni anticipate ad aprile 2012 non dovrebbero tenersi. Il rischio è che la crisi sotto una nuova legislatura possa diventare conclamata”.
“La fine di questa storia – conclude l’economista – è allora più che mai racchiusa nel fattore cambio di governo: una decisione nelle mani della classe politica greca”. Annuiscono gli esperti di Citi, ribadendo il concetto. “Se la Grecia confermerà le elezioni ad aprile, è più probabile che possa non esserci un’approvazione del secondo piano di aiuti”. Meglio prepararsi dunque lunedì 20 febbraio ad assistere a un Eurogruppo insipido con la sola approvazione dello swap sul debito ellenico, salvo nuovi colpi di scena. Almeno le aspettative, per una volta, potrebbero non uscirne deluse.
"Non devo essere io ad insegnarvi che avete nemici ed in gran numero, che non sanno perché lo siano, ma che come cani bastardi di villaggio, si mettono ad abbaiare quando i loro simili lo fanno" (Shakespeare, Enrico VIII)
Re: [O.T.] Crisi economica
Veramente é vero il contrario.Drogato_ di_porno ha scritto: il solito primato della politica sull'economia
Assisteremo a un rinvio di elezioni in Paese sovrano, per superiori condizionamenti dovuti a situazioni economiche.
Perdita di sovranita'.
O perdita di democrazia, come sostengono i vari Vendoli, Ferreri, Diliberti, Marchi Rizzo etc.
"Innalzare templi alla virtù e scavare oscure e profonde prigioni al vizio."
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Re: [O.T.] Crisi economica
e dove l'hai letto? a me risulta che si facciano eccome.Helmut ha scritto:Assisteremo a un rinvio di elezioni in Paese sovrano
in culo alle tue convinzioni.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02 ... er/191430/
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Re: [O.T.] Crisi economica
Sorry, volevo scrivere "assisteremmo" - condizionale - errore ortografico.Drogato_ di_porno ha scritto:dove l'hai letto? a me risulta che si facciano eccome

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Re: [O.T.] Crisi economica


Non regge Helmut, avevi scritto "assisteremo", una delle tue profezie (50% cartomanzia - 50% popòmanzia)
Cmq, per indorarti la pillola, dovresti essere contento che la politica prevalga sull'economia: è il motivo per cui la profezia di Marx non si è avverata.
Secondo Karl Popper esiste un'asimmetria logica fra verificazione e falsificazione: miliardi di conferme non rendono certa una teoria ma basta una smentita per falsificarla

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Re: [O.T.] Crisi economica
non riesco a vedere dove, negli ultimi anni, la politica abbia prevalso sull'economia...Drogato_ di_porno ha scritto: la politica prevalga sull'economia:
mi sembra proprio l'esatto opposto.
Re: [O.T.] Crisi economica
Bunka Bunka
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Re: [O.T.] Crisi economica
Mah, lo metto qui.
SALUMIERI E FALEGNAMI COSTRETTI A PAGARE IL CANONE RAI
di LEONARDO FACCO
La Rai è alla canna del gas. Decine di milioni di euro fanno arrossire il suo bilancio, il “canone” è la tassa più odiata da chi abita questa penisola, l’azienda è tra le più lottizzate del mondo. Con questi ingredienti, una persona normale si aspetterebbe che il baraccone di Saxa Rubra venisse privatizzato – come previsto peraltro da un referendum votato a stragrande maggioranza anni fa -, in modo da evitare che i contribuenti continuino a buttare i loro soldi in un pozzo senza fondo.
Che t’inventa la Rai, invece? Prende carta e penna e, a nome della “Direzione Amministrazione Abbonamenti”, invia a raffica a tutte le partite Iva di questo scalcinato stivale una letterina (che alleghiamo integralmente sotto) con in oggetto la seguente dicitura: “Abbonamento Speciale alla televisione”.
Ciumbia… che mai sarà questo abbonamento speciale?
Ve lo spieghiamo noi. La specialità sta tutta nel fatto che, per la prima volta in assoluto, molte aziende di vario tipo (uffici, officine meccaniche, studi professionali, finanche salumerie e/o tabacchini) stanno ricevendo l’intimazione a pagare la gabella Rai per il fatto che sono possessori di computer ed hanno un collegamento web. Proprio così: “La informiamo che le vigenti disposizioni normative (art 27 del R.D.L. 21/2/1938 n. 246 e art. 16 della L. 23/12/1999 n. 488) – si legge nella missiva indirizzata ai titolari – impongono l’obbligo del pagamento di un abbonamento speciale a chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione di trasmissioni televisive al di fuori dell’ambito familiare, compresi computer collegati in rete (digital signage e similari)”.
La chicca, però, arriva a questo punto: spettabile ditta, dovete pagare “indipendentemente dall’uso al quale gli stessi vengono adibiti, come ad esempio la visione di filmati, video, dvd, televideo, filmati di aggiornamento, ecc.”.
Avete inteso bene? Alla Rai, non gliene fotte nulla se Internet e il personal computer li usate per questioni professionali. Secondo loro, il solo fatto di potervi anche collegare al sito www.rai.it è passibile di imposta. Per la serie, siamo alla tassa sulle intenzioni, un genere che, probabilmente, nemmeno Padoa Schioppa aveva contemplato fra le “tasse bellissime” da pagare.
La paginetta giunta in busta chiusa a più di un imprenditore – che lo ha logicamente mandato su tutte le furie – contiene altre perle, classificabili in questo modo:
1- Raggiro e/o presa per i fondelli: “Per agevolarla nel pagamento, allegghiamo un bollettino postale 2105 già compilato, il cui importo è deducibile dal reddito d’impresa”;
2- Intimidazione para-mafiosa: “La informiamo che agli organi di controllo è demandato il compito di verificare sul territorio il regolare pagamento del canone”. Con un bel “minchia” ad inizio frase e la parola “pizzo” al posto di “canone” una lettera del genere potrebbe averla inviata anche Totò u Curtu;
3- Imposizione poliziesca: “Ricordiamo che ai sensi dell’articolo 17 del 6 dicembre 2011, le imprese e le società devono indicare nella dichiarazione dei redditi il numero di abbonamento speciale”.
4- Beffa finale: “Nel rimanere a disposizione per eventuali ed ulteriori informazioni, cogliamo l’occasione per inviarle i nostri migliori saluti”.
Non è finita. Dietro a quel “Dignital signage” (che tecnicamente significa “comunicazione di prossimità”) vengono contemplati anche gli “smart-phone”, i telefonini di ultima generazione, quelli che video chiami e scarichi le applicazioni che potrebbero permetterti di guardare la tele. Ebbene, se il cellulare è intestato alla ditta sarete costretti a sborsare il balzello per mantenere la Radio-Televisione Italiana.
Conclusione: a quanto ammonta l’imposta? Da 200, 91 a 401,76 euro all’anno.
Per saperne di più, e imprecare con cognizione di causa, visitate il sito http://www.abbonamenti.rai.it/Speciali/Speciali.aspx.
Dopo attenta lettura, son certo che qualcuno smetterà di dare del “Lei” a mamma Rai!
SALUMIERI E FALEGNAMI COSTRETTI A PAGARE IL CANONE RAI
di LEONARDO FACCO
La Rai è alla canna del gas. Decine di milioni di euro fanno arrossire il suo bilancio, il “canone” è la tassa più odiata da chi abita questa penisola, l’azienda è tra le più lottizzate del mondo. Con questi ingredienti, una persona normale si aspetterebbe che il baraccone di Saxa Rubra venisse privatizzato – come previsto peraltro da un referendum votato a stragrande maggioranza anni fa -, in modo da evitare che i contribuenti continuino a buttare i loro soldi in un pozzo senza fondo.
Che t’inventa la Rai, invece? Prende carta e penna e, a nome della “Direzione Amministrazione Abbonamenti”, invia a raffica a tutte le partite Iva di questo scalcinato stivale una letterina (che alleghiamo integralmente sotto) con in oggetto la seguente dicitura: “Abbonamento Speciale alla televisione”.
Ciumbia… che mai sarà questo abbonamento speciale?
Ve lo spieghiamo noi. La specialità sta tutta nel fatto che, per la prima volta in assoluto, molte aziende di vario tipo (uffici, officine meccaniche, studi professionali, finanche salumerie e/o tabacchini) stanno ricevendo l’intimazione a pagare la gabella Rai per il fatto che sono possessori di computer ed hanno un collegamento web. Proprio così: “La informiamo che le vigenti disposizioni normative (art 27 del R.D.L. 21/2/1938 n. 246 e art. 16 della L. 23/12/1999 n. 488) – si legge nella missiva indirizzata ai titolari – impongono l’obbligo del pagamento di un abbonamento speciale a chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione di trasmissioni televisive al di fuori dell’ambito familiare, compresi computer collegati in rete (digital signage e similari)”.
La chicca, però, arriva a questo punto: spettabile ditta, dovete pagare “indipendentemente dall’uso al quale gli stessi vengono adibiti, come ad esempio la visione di filmati, video, dvd, televideo, filmati di aggiornamento, ecc.”.
Avete inteso bene? Alla Rai, non gliene fotte nulla se Internet e il personal computer li usate per questioni professionali. Secondo loro, il solo fatto di potervi anche collegare al sito www.rai.it è passibile di imposta. Per la serie, siamo alla tassa sulle intenzioni, un genere che, probabilmente, nemmeno Padoa Schioppa aveva contemplato fra le “tasse bellissime” da pagare.
La paginetta giunta in busta chiusa a più di un imprenditore – che lo ha logicamente mandato su tutte le furie – contiene altre perle, classificabili in questo modo:
1- Raggiro e/o presa per i fondelli: “Per agevolarla nel pagamento, allegghiamo un bollettino postale 2105 già compilato, il cui importo è deducibile dal reddito d’impresa”;
2- Intimidazione para-mafiosa: “La informiamo che agli organi di controllo è demandato il compito di verificare sul territorio il regolare pagamento del canone”. Con un bel “minchia” ad inizio frase e la parola “pizzo” al posto di “canone” una lettera del genere potrebbe averla inviata anche Totò u Curtu;
3- Imposizione poliziesca: “Ricordiamo che ai sensi dell’articolo 17 del 6 dicembre 2011, le imprese e le società devono indicare nella dichiarazione dei redditi il numero di abbonamento speciale”.
4- Beffa finale: “Nel rimanere a disposizione per eventuali ed ulteriori informazioni, cogliamo l’occasione per inviarle i nostri migliori saluti”.
Non è finita. Dietro a quel “Dignital signage” (che tecnicamente significa “comunicazione di prossimità”) vengono contemplati anche gli “smart-phone”, i telefonini di ultima generazione, quelli che video chiami e scarichi le applicazioni che potrebbero permetterti di guardare la tele. Ebbene, se il cellulare è intestato alla ditta sarete costretti a sborsare il balzello per mantenere la Radio-Televisione Italiana.
Conclusione: a quanto ammonta l’imposta? Da 200, 91 a 401,76 euro all’anno.
Per saperne di più, e imprecare con cognizione di causa, visitate il sito http://www.abbonamenti.rai.it/Speciali/Speciali.aspx.
Dopo attenta lettura, son certo che qualcuno smetterà di dare del “Lei” a mamma Rai!
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Re: [O.T.] Crisi economica
Il Paese non risparmia più
nuovi depositi giù dell'80%
Banche senza ossigeno, in piedi solo grazie all'aiuto della Bce. Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, auspica maggiore sostegno alla crescita. Crolla anche la domanda di prestiti per investimenti fissi: -50% nel quarto trimestre 2011
DUEMILAUNDICI fuga dalle banche.
Nell'anno della crisi sovrana gli italiani danno e chiedono sempre meno ai loro istituti. Solo 25 miliardi di contributo dai privati alla raccolta bancaria (-80% su base annua), di cui solo 6 dai depositi. Per contro, nel quarto trimestre 2011 la domanda di credito per investimenti fissi è crollata: meno 50%, peggio che dopo il crac Lehman.
L'ossigeno creditizio, che in tempi normali viene per quasi metà del totale da famiglie e imprese, è stato fornito per quote rilevanti dalla Bce, senza il cui generoso sostegno, attesta il bollettino Abi, l'Italia avrebbe rischiato il blocco delle attività economiche. Colpa dell'attacco mondiale al rischio Paese, che tra luglio e novembre ha portato il differenziale Btp-Bund a 570 punti base.
Il sistema bancario ha retto: grazie a due fattori esterni, più che per meriti propri. Prima il cambio di governo, a ricostituire una credibilità internazionale che si riflette sui fondamentali economici (ieri lo spread, barometro del costo di Stato e banche per finanziarsi, era a 365 punti base). Poi la mossa di Mario Draghi, che a dicembre ha dotato di 500 miliardi la circolazione monetaria europea. Con effetti tangibili in Italia, dove nel 2011 gli attivi bancari sono aumentati di 287 miliardi.
Ma un 70% della somma - 160 miliardi - proviene dall'Eurotower, che ha fatto un patto ferreo con le banche europee: vi diamo tutti i soldi possibili, voi però sostenete le economie, comprate titoli di Stato e non fermate il flusso creditizio. Questo da due mesi quasi annulla i dolori finanziari di un'Europa lontana dall'avere risolto la sua crisi economica e politica.
Oggi, al Forex di Parma, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco alla sua prima uscita pubblica ringrazierà Draghi per avere rimesso in equilibrio il sistema. Ma solleciterà le banche italiane a fare con più energia da volano a una congiuntura recessiva, come mostra la frenata degli impieghi bancari a gennaio 2012 (solo +1,6%).
La raccolta
Caduta impressionante da 130 a 24 miliardi
Un dato fa più paura di tutti. Nel 2010 le banche italiane avevano aumentato di 130 miliardi i depositi e le obbligazioni detenute da clienti privati. Nel 2011 il dato è sceso a 24 miliardi, di cui solo 6 in depositi e 18 in bond. Se il dato depositi è al netto delle duplicazioni con controparti centrali, il flusso è negativo per 28 miliardi. L'Abi lo imputa al crollo dei nuovi fondi, e alle ricadute della crisi sul reddito nazionale disponibile. Il risparmio delle famiglie, tipica fonte di finanziamento - tra l'altro, la più a buon mercato, con un tasso medio dell'1% sui conti correnti - è servito a alle esigenze quotidiane.
Anche le imprese, nella crisi, hanno attinto ai fondi per gestire il ciclo dei pagamenti e degli ordini, non sempre assistite a punto dalle banche stesse. Malgrado sia difficile comparare numeri tanto grandi, nel gelo della raccolta privata può avere avuto un ruolo il flusso di contanti che da mesi prende il largo verso Svizzera e dintorni, come testimoniano gli 11 miliardi di euro in esportazioni illegali di valuta intercettati dalla Guardia di Finanza tra gennaio e novembre 2011, con picchi incrementali del 50% negli ultimi mesi.
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... -30084644/
nuovi depositi giù dell'80%
Banche senza ossigeno, in piedi solo grazie all'aiuto della Bce. Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, auspica maggiore sostegno alla crescita. Crolla anche la domanda di prestiti per investimenti fissi: -50% nel quarto trimestre 2011
DUEMILAUNDICI fuga dalle banche.
Nell'anno della crisi sovrana gli italiani danno e chiedono sempre meno ai loro istituti. Solo 25 miliardi di contributo dai privati alla raccolta bancaria (-80% su base annua), di cui solo 6 dai depositi. Per contro, nel quarto trimestre 2011 la domanda di credito per investimenti fissi è crollata: meno 50%, peggio che dopo il crac Lehman.
L'ossigeno creditizio, che in tempi normali viene per quasi metà del totale da famiglie e imprese, è stato fornito per quote rilevanti dalla Bce, senza il cui generoso sostegno, attesta il bollettino Abi, l'Italia avrebbe rischiato il blocco delle attività economiche. Colpa dell'attacco mondiale al rischio Paese, che tra luglio e novembre ha portato il differenziale Btp-Bund a 570 punti base.
Il sistema bancario ha retto: grazie a due fattori esterni, più che per meriti propri. Prima il cambio di governo, a ricostituire una credibilità internazionale che si riflette sui fondamentali economici (ieri lo spread, barometro del costo di Stato e banche per finanziarsi, era a 365 punti base). Poi la mossa di Mario Draghi, che a dicembre ha dotato di 500 miliardi la circolazione monetaria europea. Con effetti tangibili in Italia, dove nel 2011 gli attivi bancari sono aumentati di 287 miliardi.
Ma un 70% della somma - 160 miliardi - proviene dall'Eurotower, che ha fatto un patto ferreo con le banche europee: vi diamo tutti i soldi possibili, voi però sostenete le economie, comprate titoli di Stato e non fermate il flusso creditizio. Questo da due mesi quasi annulla i dolori finanziari di un'Europa lontana dall'avere risolto la sua crisi economica e politica.
Oggi, al Forex di Parma, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco alla sua prima uscita pubblica ringrazierà Draghi per avere rimesso in equilibrio il sistema. Ma solleciterà le banche italiane a fare con più energia da volano a una congiuntura recessiva, come mostra la frenata degli impieghi bancari a gennaio 2012 (solo +1,6%).
La raccolta
Caduta impressionante da 130 a 24 miliardi
Un dato fa più paura di tutti. Nel 2010 le banche italiane avevano aumentato di 130 miliardi i depositi e le obbligazioni detenute da clienti privati. Nel 2011 il dato è sceso a 24 miliardi, di cui solo 6 in depositi e 18 in bond. Se il dato depositi è al netto delle duplicazioni con controparti centrali, il flusso è negativo per 28 miliardi. L'Abi lo imputa al crollo dei nuovi fondi, e alle ricadute della crisi sul reddito nazionale disponibile. Il risparmio delle famiglie, tipica fonte di finanziamento - tra l'altro, la più a buon mercato, con un tasso medio dell'1% sui conti correnti - è servito a alle esigenze quotidiane.
Anche le imprese, nella crisi, hanno attinto ai fondi per gestire il ciclo dei pagamenti e degli ordini, non sempre assistite a punto dalle banche stesse. Malgrado sia difficile comparare numeri tanto grandi, nel gelo della raccolta privata può avere avuto un ruolo il flusso di contanti che da mesi prende il largo verso Svizzera e dintorni, come testimoniano gli 11 miliardi di euro in esportazioni illegali di valuta intercettati dalla Guardia di Finanza tra gennaio e novembre 2011, con picchi incrementali del 50% negli ultimi mesi.
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... -30084644/
“Il più bravo, anche se è il più bravo e ne si ammiri il talento, non può prendersi tutto”