Termopiliano ha scritto:
Ti rispondo visto che sono stato io a tirare in ballo il "pessimismo cosmico".
Parto dal dirti che io non ho mai cercato (nè tentato di farlo) delle scuse filosofiche nè mai lo farò. Mi assumo (sempre) le responsabilità di ciò che faccio/dico e non ho bisogno di nascondermi dietro le idee altrui. Le opere e il pensiero di grandi personaggi (quale senz'altro è Leopardi) ci aiutano a capire/interpretare la realtà ma non di certo a "oggettivizzarne" la visione. Non si può prendere una idea (quale quella del pessimismo cosmico) e applicarla in maniera totalizzante.
Scusami ma il termine "scusa filosofica" proprio non ci sta, qui. Non mi è mai passato per la testa di dire che qualcuno possa delegare alla filosofia le responsabilità delle proprie azioni. Ovviamente il responsabile è sempre l'attore (colui che agisce) indipendentemente da quale filosofia, credo o religione lo animi.
Ogni persona prende (in teoria) le proprie decisioni a seconda del suo apparato filosofico e di principi morali, e quindi, si, anche a seconda di "idee altrui", come hai detto tu.
Non mi trovi nemmeno d'accordo sul fatto che non si possa vivere una vita seguendo completamente una (ed una sola) ben determinata filosofia, che sia essa il buddismo, il marxismo o il nichilismo.
Termopiliano ha scritto:
Poi, di grazia, dov'è che ho parlato di "suicidio a prescindere"?
Il suicidio è una scelta come possono esserle (e lo sono) tante altre. E non sempre le scelte che uno fa hanno o devono avere un motivo. Nessuno ci impone di avere/dare una motivazione (ancorché razionale) alle nostre scelte.
No, il suicidio
non è una scelta come possono esserlo tante altre.
Sul fatto che le scelte non devono avere un motivo mi trovi di nuovo in disaccordo, specialmente se parli del suicidio. Ogni azione va ponderata in base alle conseguenze, questo penso sia la base del vivere civile (con gli altri ma soprattutto con se stesso).
Se poi mi metti sullo stesso piano - putacaso - la scelta del colore della cravatta ed il suicidio (due azioni come tante altre) beh allora nella tua filosofia c'è qualcosa che non quadra.
Termopiliano ha scritto:
Visto che parli di filosofia allora ti cito Albert Camus (che filosofo non è ma che comunque la sapeva lunga):
"C'è un solo problema filosofico veramente serio: il suicidio. Giudicare se la vita vale o non vale la pena di essere vissuta significa rispondere alla questione fondamentale della filosofia Il resto...viene dopo. Questi sono giochi: prima bisogna rispondere".
Io sono TOTALMENTE concorde con Camus. La prima cosa da fare è capire se la vita ha senso (e se lo ha quale esso sia). Poi viene tutto il resto. Il processo che porta a capire "il senso della vita" è un processo ovviamente soggettivo (sia nei tempi sia nei modi) e come tale può portare (e difatti porta) a conclusioni ampiamente diverse da soggetto a soggetto. Ognuno approda alla sua conclusione e se ne assume le responsabilità.
Camus non mi è mai piaciuto, molto probabilmente perché non l'ho mai capito. Ciò non toglie che sia un bravo scrittore.
Comunque, lo capisco, il dubbio: vale la pena di vivere?
Perché della vita c'è solo una cosa certa: che finisca.
Ora, se uno è strettamente materialista e allergico alle relazioni umane lo capisco che si chieda se valga la pena vivere, perché tanto si finisce in ogni caso a guardar le margherite crescere dalle radici, il risultato non cambia a prescindere da quello si è fatto. È lo stesso dubbio che ho avuto a sedici anni quando ho iniziato a studiare la filosofia.
Poi però ho capito che ci sono molti motivi per non mettere fine alla propria esistenza anzitempo: restando nell'edonismo, dal piacere fisico - una bella scopata, una scorpacciata raffinata, l'attività fisica, competitiva o solitaria, la tirata con la moto, al piacere metafisico, come quello che può dare una discussione del genere, od un buon libro, la meccanica quantistica (c'è a chi piace) ed alle vie di mezzo (la musica, la danza, l'artigianato, che uniscono il fisico al metafisico). Coltivare un passatempo può trasformare una grigia esistenza in un paradiso (suonare la chitarra o il piano, correre per chilometri nella Maremma, studiare la storia) per qualche ora al giorno, un paradiso dove nascondersi.
Per cui:
Termopiliano ha scritto:
L'unica cosa da fare è cercare di non dico amare ma quanto meno apprezzare la vita e non attraverso espedienti o stratagemmi vari ma cercando di trovare qualcosa per cui valga la pena di vivere.
e qui mi trovi completamente d'accordo.
Nota di colore: io non mi suicidai, al tempo suo, perché mi posi come obiettivo quello di essere utile per la collettività. La prima cosa che feci fu di iniziare a donare il sangue. Fu una esperienza inebriante.
Dopo qualche tempo fu mio padre ad avere bisogno di quel sangue, ed io mi convinsi che, in effetti, avevo fatto una cosa giusta, che di persone come lui ce ne sono - ahimé - molte, tutti i giorni, a tutte le ore del giorno. Certo, la mia filosofia di vita non determina il colore della mia cravatta (non sono leghista) ma ha determinato, e continua ancor oggi a farlo, la mia decisione riguardo il suicidio.