Termopiliano ha scritto:Paperinik ha scritto:
Ho accorciato sennò non leggevo bene...
Più che pessimismo cosmico, direi realismo. Non vedo nero perché pessimista, vedo nero perché proietto nel futuro le conseguenze dell'ignavia e dell'accidia della mia vita attuale, oltre a situazioni sociali, familiari, emotive eccetera...
Anche io vorrei un suicidio estetico, niente voli, pistole, lanci sotto un treno come fanno molti...non voglio che il mio corpo si sventri o venga lesionato, vorrei essere carino dentro la bara, vorrei che si decomponga normalmente da intatto...a volte immagino il mio funerale, la cerimonia...
Da dentro di me oramai viene parecchio poco se non niente. Né voglia di vita né di morte, sono in un limbo da anni, galleggio nel nulla. Se io fossi a un negozio ed entrasse un rapinatore prendendomi in ostaggio, proverei paura solo per l'istinto di sopravvivenza, non certo per la possibilità che mi facesse qualcosa.
Se mi rinnovassero il contratto dubito fortemente che avrei le palle un giorno di disdirlo, con quello che si sente a giro. A quanto pare sono capitato nell'unica cazzo di ditta dove c'è pure troppo lavoro.
Sono venuto su con la mentalità di accettare e benedire tutta l'elemosina che mi verrà data, facendo di me una specie di sconfitto. Andare via? Sì, è l'unica, ancora ci spero..ma andare dove? Tutto il mondo è uguale, ovunque regnano le solite regole, spanga, francia, germania, australia, giappone, dovunque ognuno vada deve fare le stesse cose che fa qui..e quindi?
1- A tutti quelli che mi danno del pessimista io aggiungo, correggendoli, di essere un pessimista cosmico di leopardiana memoria. Io credo che Pessimismo/Ottimismo e realismo siano due cose diverse. Per come la vedo io il realismo è un qualcosa di neutro che prende forma a seconda delle nostre tendenze. La realtà che ci circonda, che per me no è mai oggettiva ma sempre soggettiva, la guardiamo con delle apposite "lenti"(il nostro modo di essere, le nostre idee, i nostri valori e le nostre "credenze") e di conseguenza ci appare colorata o nera (ad un pessimista di sicuro apparirà sotto forma di colori scuri o tetri). Le lenti che usiamo fanno la differenza, non la realtà che ci circonda. Altrimenti non si spiegherebbe come mai persone che vivono situazioni (soggettivamente) più dure/difficili dalla tua/mia (per citarci) riescono a trovare la forza per vivere o per dare un senso a ciò che quotidianamente fanno e sentono.
2- Concordo pienamente con la tua idea di suicidio estetico. In fin dei conti anche nell'andar via c'è bisogno di dignità e buon gusto.
3- Anche a me capita spesso di immaginare la mia cerimonia funebre o i pensieri che faranno le persone che a vario titolo mi hanno conosciuto circa la notizia della mia dipartita, ogni volta provo un senso di soddisfazione che è difficile da spiegare. Non c'è che dire, l'immaginazione è davvero una bella cosa. L'unica cosa che mi dispiace è quella di, quando mi toccherà, non essere presente al mio funerale per vedere le faccie dei presenti, ma so già che "se io sapessi al di là delle parole che il mio inferno infantile sarà sempre presente al mio fianco, al mio capezzale"(cit. "Se io sapessi" di Giorgio Gaber, te la consiglio semmai non tu no l'abbia già ascoltata)
4- Effettivamente tra "voglia di nulla" e "voglia di morte" è di gran lunga meglio la seconda. Almeno si aspira a qualcosa. Essere nel limbo effettivamente è abbastanza dura da digerire come situazione.
5- L'istinto di sopravvivenza ci frega sempre. Sopravvivere e cosa ben diversa dal vivere, ahimé. Troppo spesso tendiamo a tenerci stretta la sopravvivenza e non a sperare nella conquista della vera vita (semmai esista una vera vita).
6- Le palle per prendere decisioni o fare scelte che agli occhi dei tanti (fors'anche la massa) risultano scellerate ma che ai nostri occhi (e a quelli delle persone che ci vogliono veramente bene, semmai ve ne fossero) sono "salvifiche" o "inevitabili" vanno per forza di cose trovate, in un modo piuttosto che in un'altro. Non so darti la ricetta (ognuno ha la sua) sul come trovarle ma credo che vada fatto. Se arriverai ad un punto morto sono convinto che le palle per strappare il contratto e andartene lo troverai eccome. Non ti dimenticare che il vantaggio che ha chi pensa al suicidio (o comunque di chi non ha poi così tanto a cuore la sua vita, pardon esistenza) è quello di non avere praticamente nulla da perdere. Che razzo ti frega di buttare nel cesso un contratto a tempo indeterminato se sai (o ipotizzi, basta l'ipotesi in tal caso) che la prosecuzione di tale rapporto di lavoro ti porterebbe (parlo ipotetico, poi può sempre succedere di tutto) dritto dritto alla autodistruzione? Tanto vale la pena provare la carta della fuga (fermo restando che è importante anzitutto capire da cosa si scappa, altrimenti rischieresti di cambiare posto ma di essere ugualmente perseguitato dalle tue paure/ansie/timori. Tale argomento meriterebbe un capitolo a parte).
7- Purtroppo la sconfitta è un qualcosa di "abitudinario". Come nello sport, più si perde più il morale si abbassa e più (di conseguenza) scendono le possibilità di centrare una vittoria (o quantomeno un pareggio in trasferta

) o in ultima istanza di fare quantomeno una bella figura. Nella mia vita ho vinto così poco da (quasi) non sapere che sapore abbia la vittoria, so comunque che se non si è supportati da una dose di fortuna (o culo, se preferisci) non si va da nessuna parte. Ma, appoggiandomi e citando il famoso proverbio, se non si è un pò audaci la fortuna di sicuro non ci viene a trovare preferendo solcare altri lidi.
Sull'andare via t'ho già risposto nella scorsa notte (insonne). Provarci non costa nulla, anzi, i rischi che si corrono sono del tutto calcolabili. Sul dove andare chiaramente è difficile da decidere. Purtroppo non esistono luoghi (vivibili) non contaminati dalla bruttezza/ingordigia/cialtroneria dell'essere umano (tanto più che essendo noi stessi esseri umani rischieremo di portarcela).
Chiedo scusa (a tutti, ovviamente) per la prolissità. Purtroppo la capacità di sintesi non m'appartiene.