[O.T.] Quando ti uccide lo Stato
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
Devi scriverlo nell'altro topic, qui si scarica solo merda sopra le FF.OO. (vedi Tristan).
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
ancora a rompermi i coglioni con sto avatar... Mo non lo cambio più per principio.
"La regola d'oro : cazzo in tiro non c'ha coscienza."
(I. Welsh)
" Ti ho appena fatto un pompino, non è che puoi fare tanto il sostenuto." (cit.)
"What did you touch? You made me make a mess all over..." (cit.)
(I. Welsh)
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
vedo che ti ho colpito che non vivi più senza avermi tra i tuoi pensieri...fender ha scritto:Devi scriverlo nell'altro topic, qui si scarica solo merda sopra le FF.OO. (vedi Tristan).
sorry i'm straight,
come avessi accettato,
siamo a posto cosi,
grazie davvero,
però non insistere.
riconoscente per le attenzioni
ma..
no, grazie.
"Date un briciolo di potere a un idiota e avrete creato un tiranno" - Sir Winston Churchill
- superflowerpunkdiscopop
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
si ma che cazzo ho scritto io??superflowerpunkdiscopop ha scritto:Minchia ma El Diablo è sbirro??
Veramente?
Scusate ma ero rimasto indietro, a dire il vero il topic avrei preferito non aprirlo... col senno di poi, non per salvaguardare l'onorabilità delle armi e dei corpi di pulizia, ma per evitare facili personalismi ed esalatazioni di ogni sorta.
Sia chiaro, penso sempre che l'arte e la cultura in generale possano salvarci da un mondo fatto di armi, di cieche obbedienze e di violenze gratuite, sono dei miei pensieri romantici (e perchè no anacronistici e magari anche radical chic) che ovviamente non possono essere in nessun modo confutati.
Poi a me lonewolf con quel cazzo di avatar, sapere che è anche sbirro e che mi possa fermare e privarmi della mia libertà, perchè può a prescindere da ogni fattore, mi fà pensare che tutto sommato avere dei pregiudizi e che bò, con gli sbirri ci parlo, ma sò che siamo due linee parallele, che non s'incontreranno mai..
El diablo comunque non sembra stronzo
Non si capisce una mazza per dio

Siam del popolo gli arditi contadini ed operai non c'è sbirro non c'è fascio che ci possa piegar mai.
Re: [O.T.] Assassini in divisa
"Caro ministro Maroni mi aiuti
io non cerco vendetta, semmai giustizia"
Ero un allevatore di tori. Ero un ragazzo normale, con amicizie, una ragazza, passioni, sani valori. Ero soprattutto un grande tifoso del Brescia. Una persona normale, come tante, direbbe Lei.... Poi a Verona sono stato travolto da una carica di “alleggerimento” del reparto celere...
io non cerco vendetta, semmai giustizia"
Ero un allevatore di tori. Ero un ragazzo normale, con amicizie, una ragazza, passioni, sani valori. Ero soprattutto un grande tifoso del Brescia. Una persona normale, come tante, direbbe Lei.... Poi a Verona sono stato travolto da una carica di “alleggerimento” del reparto celere...
[Scopri]Spoiler
Ill.mo Ministro degli Interni
p.c. Presidente della Repubblica
p.c. Presidente del Consiglio
p.c. Ministro di Giustizia
p.c. Sindaco di Brescia
p.c. Prefetto di Brescia
p.c. Questore di Brescia
p.c. Sindaco di Verona
p.c. giornali e tv
scrivo questa lettera alla vigilia dell’anniversario di una data che mi ha cambiato la vita: il 24 settembre del 2005.
Mi presento: sono Paolo Scaroni, abito a Castenedolo, piccolo paese della provincia di Brescia.
Ero un allevatore di tori.
Ero un ragazzo normale, con amicizie, una ragazza, passioni, sani valori -anche sportivi- e la giusta curiosità. Facevo infatti molto sport e viaggiavo quando potevo.
Ero soprattutto un grande tifoso del Brescia.
Una persona normale, come tante, direbbe Lei.
Oggi non lo sono più (per la verità tifoso del Brescia lo sono rimasto, sebbene non possa più vivere la partita allo stadio com’ero solito fare: cantando, saltando, godendo oppure soffrendo).
Tutto è cambiato il 24 settembre del 2005, nella stazione di Porta Nuova a Verona.
Quel giorno, alla pari di migliaia di tifosi bresciani -fra i quali molte famiglie e bambini- avevo deciso di seguire la Leonessa a Verona con le migliori intenzioni, per quella che si preannunciava una sfida decisiva per il nostro campionato di serie B. Finita la partita, siamo stati scortati in stazione dalla polizia senza nessun intoppo o tensione. Dopo essermi recato al bar sottostante la stazione, stavo tornando con molta serenità al treno riservato a noi tifosi portando dell’acqua al resto della compagnia (era stata una giornata molto calda ed eravamo quasi tutti disidratati). Tutti gli altri tifosi erano già pronti sui vagoni per fare velocemente ritorno a Brescia. Mancavano pochi minuti ed i binari della stazione erano completamente deserti. Cosa alquanto strana visto il periodo, l’orario e soprattutto la città in cui eravamo, centro nevralgico per il passaggio dei treni.
Improvvisamente, senza alcun preavviso o motivo apparente, sono stato travolto da una carica di “alleggerimento” del reparto celere in servizio quel giorno per mantenere l’ordine pubblico e picchiato a sangue, senza avere nemmeno la possibilità di ripararmi. Sottratto al pestaggio dagli amici (colpiti loro stessi dalla furia delle manganellate), sono entrato in coma nel giro di pochissimo e quasi morto.
Dopo circa venti minuti dall’aver perso conoscenza sono stato caricato su un’ambulanza -osteggiata, più o meno velatamente, dallo stesso reparto che mi aveva aggredito- e trasportato all’ospedale di Borgo Trento a Verona. Lì sono stato operato d’urgenza. Lì sono stato salvato. Lì sono tornato dal coma dopo molte settimane. Lì ho passato alcuni mesi della mia nuova vita. Una vita d’inferno.
Nel frattempo la mia famiglia, in uno stato d’animo che fatico ad immaginare, subiva pressioni e minacce affinché la mia vicenda mantenesse un basso profilo.
Ai miei amici non andava certo meglio, nonostante tutti gli sforzi per far uscire la verità.
Ovviamente, alcune cose di cui sopra le ho sapute molto tempo dopo la mia aggressione. Il resto l’ho scoperto grazie al lavoro del mio avvocato.
Dalla ricostruzione dei fatti e tramite le tante testimonianze, emerge un quadro inquietante, quasi da non credere; ma proprio per questo da rendere pubblico.
In seguito alle gravissime lesioni subite, presso la Procura della Repubblica di Verona è iniziato un procedimento a carico di alcuni poliziotti e funzionari identificati quali autori delle lesioni da me subite. Nonostante il Giudice per le Indagini Preliminari abbia respinto due volte la richiesta d’archiviazione, il Pubblico Ministero non ha ancora esercitato l’azione penale contro gli indagati.
Mi domando per quale ragione ciò avvenga e perché mi sia negata giustizia.
Oggi, dopo avere perso quasi tutto, rimango perciò nell’attesa di un processo, nemmeno tanto scontato, considerati i precedenti ed i tentativi di screditarmi. Oltretutto i poliziotti erano tutti a volto coperto, quindi non identificabili (com’è possibile tutto questo?), sebbene a comandarli ci fosse una persona riconoscibilissima.
Dopo le tante bugie e cattiverie uscite in modo strumentale sul mio conto a seguito della vicenda, aspetto soprattutto che mi venga restituita la dignità.
Ill.mo Ministro degli Interni, sebbene la mia vicenda non abbia destato lo stesso scalpore, ricorda un po’ le tragedie di Gabriele Sandri, di Carlo Giuliani, ed in particolare di Federico Aldrovandi (accaduta a poche ore di distanza dalla mia), con una piccola, grande differenza: io la mia storia la posso ancora raccontare, nonostante tutto.
Le dinamiche delle vicende sopra citate forse non saranno identiche, ma la volontà di uccidere sì, è stata la medesima. Altrimenti non si spiega l’accanimento di queste persone nei miei confronti, soprattutto se si considera che non vi era una reale situazione di pericolo: era tutto tranquillo; ero caduto a terra; ero completamente inerme. Ma le manganellate, come descrive il referto medico, non si sono più fermate.
Forse, ho pensato, oltre alla vita volevano togliermi anche l’anima.
Per farla breve, in pochi secondi ho perso quasi tutto quello per cui avevo vissuto -per questo mi sento ogni giorno più vicino a Federico- e senza un motivo apparente. Sempre ovviamente che esista una giustificazione per scatenare tanta crudeltà ed efficienza.
Le mie funzioni fisiche sono state ridotte notevolmente, e nonostante la lunga riabilitazione a cui mi sottopongo da anni con molta tenacia non avrò molti margini di miglioramento. Questo lo so quasi con certezza: l’unica cosa funzionante come prima nel mio corpo infatti è il cervello, attivo come non mai. Dopo quattro anni non ho ancora stabilito se questa sia stata una fortuna.
Ho perso il lavoro, sebbene abbia un padre caparbio che insiste nel mandare avanti la mia ditta, sottraendo tempo e valore ai suoi impegni.
Ho perso la ragazza.
Ho perso il gusto del viaggiare (il più delle volte quelli che erano itinerari di piacere si sono trasformati in veri e propri calvari a causa delle mie condizioni fisiche), nonostante mi spinga ancora molto lontano.
Ho perso soprattutto molte certezze, relative alla Libertà, al Rispetto, alla Dignità, alla Giustizia e soprattutto alla Sicurezza.
Quella sicurezza che Lei invoca ogni giorno, e tenta d’imporre sommando nuove leggi e nuove norme a quelle già esistenti (fino a ieri molto efficaci, almeno per l’opinione pubblica).
Peccato però che queste leggi non abbiano saputo difendere me, Federico, Carlo e Gabriele dagli eccessi di coloro che rappresentavano, in quel momento, le istituzioni.
Ill.mo Ministro degli Interni, alcune cose mi martellano più di tutto: ogni giorno mi domando infatti cosa possa spingere degli uomini a tanto. Non ho la risposta.
Ogni giorno mi domando se qualcuna di queste tragedie potesse essere evitata. La risposta è sempre quella: sì.
A mio modesto parere, ciò che ha permesso a queste persone di liberare la parte peggiore di sé è stata la sicurezza di farla franca.
Sembra un paradosso, ma in un Paese come il nostro in cui si parla tanto di “certezza della pena”, di “responsabilità” e di “omertà”, proprio coloro che dovrebbero dare l’esempio agiscono impuniti infrangendo ogni legge scritta e non, disonorano razionalmente la divisa e l’istituzione rappresentata, difendono chi fra loro sbaglia impunemente.
Ill.mo Ministro degli Interni, dopo tante elucubrazioni, sono giunto ad una conclusione: se queste persone fossero state immediatamente riconoscibili, responsabili perciò delle loro azioni, non si sarebbero comportate in quella maniera ed io non avrei perso tanto.
Le chiedo quindi: com’è possibile che in Italia i poliziotti non portino un segno di riconoscimento immediato come accade nella maggior parte delle Nazioni europee?
Ill.mo Ministro degli Interni, io non cerco vendetta, semmai Giustizia.
Mi appello a Lei ed a tutte le persone di buon senso affinché questi uomini vengano fermati ed impossibilitati nello svolgere ancora il loro “dovere”.
Chiedo quindi che si faccia il processo e nulla sia insabbiato.
Cordiali saluti.
Paolo Scaroni, vittima di uno Stato distratto.
p.c. Presidente della Repubblica
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p.c. Ministro di Giustizia
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p.c. Sindaco di Verona
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scrivo questa lettera alla vigilia dell’anniversario di una data che mi ha cambiato la vita: il 24 settembre del 2005.
Mi presento: sono Paolo Scaroni, abito a Castenedolo, piccolo paese della provincia di Brescia.
Ero un allevatore di tori.
Ero un ragazzo normale, con amicizie, una ragazza, passioni, sani valori -anche sportivi- e la giusta curiosità. Facevo infatti molto sport e viaggiavo quando potevo.
Ero soprattutto un grande tifoso del Brescia.
Una persona normale, come tante, direbbe Lei.
Oggi non lo sono più (per la verità tifoso del Brescia lo sono rimasto, sebbene non possa più vivere la partita allo stadio com’ero solito fare: cantando, saltando, godendo oppure soffrendo).
Tutto è cambiato il 24 settembre del 2005, nella stazione di Porta Nuova a Verona.
Quel giorno, alla pari di migliaia di tifosi bresciani -fra i quali molte famiglie e bambini- avevo deciso di seguire la Leonessa a Verona con le migliori intenzioni, per quella che si preannunciava una sfida decisiva per il nostro campionato di serie B. Finita la partita, siamo stati scortati in stazione dalla polizia senza nessun intoppo o tensione. Dopo essermi recato al bar sottostante la stazione, stavo tornando con molta serenità al treno riservato a noi tifosi portando dell’acqua al resto della compagnia (era stata una giornata molto calda ed eravamo quasi tutti disidratati). Tutti gli altri tifosi erano già pronti sui vagoni per fare velocemente ritorno a Brescia. Mancavano pochi minuti ed i binari della stazione erano completamente deserti. Cosa alquanto strana visto il periodo, l’orario e soprattutto la città in cui eravamo, centro nevralgico per il passaggio dei treni.
Improvvisamente, senza alcun preavviso o motivo apparente, sono stato travolto da una carica di “alleggerimento” del reparto celere in servizio quel giorno per mantenere l’ordine pubblico e picchiato a sangue, senza avere nemmeno la possibilità di ripararmi. Sottratto al pestaggio dagli amici (colpiti loro stessi dalla furia delle manganellate), sono entrato in coma nel giro di pochissimo e quasi morto.
Dopo circa venti minuti dall’aver perso conoscenza sono stato caricato su un’ambulanza -osteggiata, più o meno velatamente, dallo stesso reparto che mi aveva aggredito- e trasportato all’ospedale di Borgo Trento a Verona. Lì sono stato operato d’urgenza. Lì sono stato salvato. Lì sono tornato dal coma dopo molte settimane. Lì ho passato alcuni mesi della mia nuova vita. Una vita d’inferno.
Nel frattempo la mia famiglia, in uno stato d’animo che fatico ad immaginare, subiva pressioni e minacce affinché la mia vicenda mantenesse un basso profilo.
Ai miei amici non andava certo meglio, nonostante tutti gli sforzi per far uscire la verità.
Ovviamente, alcune cose di cui sopra le ho sapute molto tempo dopo la mia aggressione. Il resto l’ho scoperto grazie al lavoro del mio avvocato.
Dalla ricostruzione dei fatti e tramite le tante testimonianze, emerge un quadro inquietante, quasi da non credere; ma proprio per questo da rendere pubblico.
In seguito alle gravissime lesioni subite, presso la Procura della Repubblica di Verona è iniziato un procedimento a carico di alcuni poliziotti e funzionari identificati quali autori delle lesioni da me subite. Nonostante il Giudice per le Indagini Preliminari abbia respinto due volte la richiesta d’archiviazione, il Pubblico Ministero non ha ancora esercitato l’azione penale contro gli indagati.
Mi domando per quale ragione ciò avvenga e perché mi sia negata giustizia.
Oggi, dopo avere perso quasi tutto, rimango perciò nell’attesa di un processo, nemmeno tanto scontato, considerati i precedenti ed i tentativi di screditarmi. Oltretutto i poliziotti erano tutti a volto coperto, quindi non identificabili (com’è possibile tutto questo?), sebbene a comandarli ci fosse una persona riconoscibilissima.
Dopo le tante bugie e cattiverie uscite in modo strumentale sul mio conto a seguito della vicenda, aspetto soprattutto che mi venga restituita la dignità.
Ill.mo Ministro degli Interni, sebbene la mia vicenda non abbia destato lo stesso scalpore, ricorda un po’ le tragedie di Gabriele Sandri, di Carlo Giuliani, ed in particolare di Federico Aldrovandi (accaduta a poche ore di distanza dalla mia), con una piccola, grande differenza: io la mia storia la posso ancora raccontare, nonostante tutto.
Le dinamiche delle vicende sopra citate forse non saranno identiche, ma la volontà di uccidere sì, è stata la medesima. Altrimenti non si spiega l’accanimento di queste persone nei miei confronti, soprattutto se si considera che non vi era una reale situazione di pericolo: era tutto tranquillo; ero caduto a terra; ero completamente inerme. Ma le manganellate, come descrive il referto medico, non si sono più fermate.
Forse, ho pensato, oltre alla vita volevano togliermi anche l’anima.
Per farla breve, in pochi secondi ho perso quasi tutto quello per cui avevo vissuto -per questo mi sento ogni giorno più vicino a Federico- e senza un motivo apparente. Sempre ovviamente che esista una giustificazione per scatenare tanta crudeltà ed efficienza.
Le mie funzioni fisiche sono state ridotte notevolmente, e nonostante la lunga riabilitazione a cui mi sottopongo da anni con molta tenacia non avrò molti margini di miglioramento. Questo lo so quasi con certezza: l’unica cosa funzionante come prima nel mio corpo infatti è il cervello, attivo come non mai. Dopo quattro anni non ho ancora stabilito se questa sia stata una fortuna.
Ho perso il lavoro, sebbene abbia un padre caparbio che insiste nel mandare avanti la mia ditta, sottraendo tempo e valore ai suoi impegni.
Ho perso la ragazza.
Ho perso il gusto del viaggiare (il più delle volte quelli che erano itinerari di piacere si sono trasformati in veri e propri calvari a causa delle mie condizioni fisiche), nonostante mi spinga ancora molto lontano.
Ho perso soprattutto molte certezze, relative alla Libertà, al Rispetto, alla Dignità, alla Giustizia e soprattutto alla Sicurezza.
Quella sicurezza che Lei invoca ogni giorno, e tenta d’imporre sommando nuove leggi e nuove norme a quelle già esistenti (fino a ieri molto efficaci, almeno per l’opinione pubblica).
Peccato però che queste leggi non abbiano saputo difendere me, Federico, Carlo e Gabriele dagli eccessi di coloro che rappresentavano, in quel momento, le istituzioni.
Ill.mo Ministro degli Interni, alcune cose mi martellano più di tutto: ogni giorno mi domando infatti cosa possa spingere degli uomini a tanto. Non ho la risposta.
Ogni giorno mi domando se qualcuna di queste tragedie potesse essere evitata. La risposta è sempre quella: sì.
A mio modesto parere, ciò che ha permesso a queste persone di liberare la parte peggiore di sé è stata la sicurezza di farla franca.
Sembra un paradosso, ma in un Paese come il nostro in cui si parla tanto di “certezza della pena”, di “responsabilità” e di “omertà”, proprio coloro che dovrebbero dare l’esempio agiscono impuniti infrangendo ogni legge scritta e non, disonorano razionalmente la divisa e l’istituzione rappresentata, difendono chi fra loro sbaglia impunemente.
Ill.mo Ministro degli Interni, dopo tante elucubrazioni, sono giunto ad una conclusione: se queste persone fossero state immediatamente riconoscibili, responsabili perciò delle loro azioni, non si sarebbero comportate in quella maniera ed io non avrei perso tanto.
Le chiedo quindi: com’è possibile che in Italia i poliziotti non portino un segno di riconoscimento immediato come accade nella maggior parte delle Nazioni europee?
Ill.mo Ministro degli Interni, io non cerco vendetta, semmai Giustizia.
Mi appello a Lei ed a tutte le persone di buon senso affinché questi uomini vengano fermati ed impossibilitati nello svolgere ancora il loro “dovere”.
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
Non dirmi che vuoi risposte anche su questo 

"Più le cose cambiano, più restano le stesse"
"I lesbo sono migliori se leggermente asimmetrici" Gargarozzo
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
ma la smettiamo di rompere i coglioni ad personam, per favore?
ho messo in rosso la data , non c'entra un cazzo con le discussioni precedenti...
a chi interessa apra lo spoiler, a chi no vada avanti, a me la lettera ha colpito per la calma con cui sembra essere stata scritta,
io non sarei mai riuscito ad essere cosi diplomatico e civile in quelle condizioni...
se hai qualcosa da dire leggi lo spoiler e commentalo, ma non approfittare troppo del senso di branco...
ah, non sai quanto trovi ironico leggere la frase di husker_du sotto i tuoi post, complimenti davvero...
ho messo in rosso la data , non c'entra un cazzo con le discussioni precedenti...
a chi interessa apra lo spoiler, a chi no vada avanti, a me la lettera ha colpito per la calma con cui sembra essere stata scritta,
io non sarei mai riuscito ad essere cosi diplomatico e civile in quelle condizioni...
se hai qualcosa da dire leggi lo spoiler e commentalo, ma non approfittare troppo del senso di branco...
ah, non sai quanto trovi ironico leggere la frase di husker_du sotto i tuoi post, complimenti davvero...

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Re: [O.T.] Assassini in divisa
Svegliato male stamattina? Relax, man, mettimi in ingnore così mi eviti.
Non c'è nulla da commentare, pensavo solo volessi una risposta anche su questo episodio, dato che non hai messo nessun commento.
Nessun senso del branco, ti ho detto mille volte che io parlo e scrivo per me stesso, sai leggere,sì?
Riguardo la mia firma, dove l'ho presa avevo scritto che mi serviva per questo topic, ma non credere di essere al centro del mondo nè dei miei interessi, quindi no, non è per te, o l'avrei postata direttamente qui.
Ciao, buona giornata.
Non c'è nulla da commentare, pensavo solo volessi una risposta anche su questo episodio, dato che non hai messo nessun commento.
Nessun senso del branco, ti ho detto mille volte che io parlo e scrivo per me stesso, sai leggere,sì?
Riguardo la mia firma, dove l'ho presa avevo scritto che mi serviva per questo topic, ma non credere di essere al centro del mondo nè dei miei interessi, quindi no, non è per te, o l'avrei postata direttamente qui.
Ciao, buona giornata.
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La vita del ragazzo senza memoria è cambiata il 24 settembre 2005. Paolo, allevatore di tori, fisico da atleta, è in trasferta a Verona con 800 tifosi. Il suo gruppo, Brescia 1911, è il più popolare e radicato. Hanno un loro codice: botte sì, ma solo a mani nude.
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
Placanica: "Un lavoro al catasto e il sogno di una vita normale"
L’ex carabiniere che uccise Carlo Giuliani durante gli scontri del G8 ora fa l’impiegato
L’ex carabiniere che uccise Carlo Giuliani durante gli scontri del G8 ora fa l’impiegato
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Dieci anni dopo piazza Alimonda, Mario Placanica è stato assunto al catasto con una chiamata diretta dell'ufficio di collocamento. Aveva speso tutti i 400 mila euro che una sottoscrizione del quotidiano Libero gli aveva inviato
Alle due di pomeriggio Mario Placanica deve timbrare il cartellino. È reduce dalla pausa pranzo, polpettine e arancini nella rosticceria all’angolo. Gli restano due ore di lavoro come impiegato del catasto. Fa notifiche e visure, controlla cartografie di alloggi e terreni. Sta in una stanza disadorna, in un prestigioso edificio del centro storico, con scrivania, computer e due colleghi a fianco. Guadagna 1240 euro al mese. Contratto a tempo indeterminato su chiamata diretta dell’ufficio di collocamento. E questa, insomma, è la sua seconda vita. Anche se non si capisce bene quanto sia davvero vita.
«Il mio grande rimpianto è di non essermi iscritto all’università quando avevo vent’anni - dice - dovevo studiare invece che diventare carabiniere. Ma entrare nell’Arma mi sembrava un modo per guadagnare un po’. Mio padre è pensionato, mia madre e le mie sorelle sono casalinghe». Gli unici - racconta - che non l’hanno lasciato solo. «Dopo quello che è successo, i carabinieri mi hanno abbandonato. Neppure si fanno più vedere. Una volta almeno venivano a salutarmi: “Ciao Placà, come stai?”». Mario Placanica, si direbbe, sta così così.
Il 20 luglio del 2001 era in servizio da otto mesi. Dopo il corso da ausiliario a Fossano, era stato mandato al reparto mobile di Palermo. Quel giorno non doveva essere a Genova: «Ma poi un collega si rifiutò e toccò a me. Quando ci ripenso capisco che tutto poteva andare in un altro modo. Il destino ha intrecciato le cose». È lui che ha sparato e ucciso Carlo Giuliani, il ragazzo che stava lanciando un estintore contro il Land Rover Defender dei carabinieri. Genova, i giorni del G8. La scena è quella di piazza Alimonda. Due colpi di pistola per i quali Placanica è stato prosciolto. Secondo il gip ha sparato per legittima difesa. Un verdetto ribadito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: «Usò la forza nei limiti necessari a impedire quello che percepiva come un reale e imminente pericolo per la sua vita e quella dei suoi colleghi». Ma certe volte non basta una sentenza per scacciare certi pensieri: «Ho temuto il peggio - spiega - pensavo che sarei morto bruciato dentro al Defender. Ma non volevo uccidere. Quando mi hanno detto quello che era successo mi sono messo a piangere. Era la prima volta che sparavo».
Arriviamo a Mario Placanica pieni di pregiudizi. L’avvocato Salvatore Saccò Faragò il 19 luglio scorso - in vista del decennale - aveva dichiarato sul Corriere della Sera: «Placanica ha già chiarito tutto nelle sedi opportune. Non parla. Adesso vuole solo dimenticare». Al telefono, il padre dell’ex carabiniere, ci aveva detto: «Finalmente Mario ha trovato un lavoro, sta ricominciando a vivere». Il vicino di casa in frazione Ruggero, un piccolo sobborgo di villette sparse nel comune di Sellia Marina, ci aveva messo in guardia: «O è pazzo o lo fa. Placanica mi ha aggredito davanti a mio figlio. Mi ha preso a calci, insultato. Urlava senza motivo: "Tu mi vuoi male...". Una scena tremenda per cui ho sporto denuncia. Placanica è una bestia pronta a uccidere. E poi conosce quella storia per cui è indagato?». Sì, Placanica è iscritto nel registro degli indagati della procura di Catanzaro: è accusato di aver violentato la figlia undicenne della sua ex convivente. Fatti che risalirebbero al 2007.
Dunque, ripensavamo a tutto questo mentre salivamo i tornanti verso il centro storico di Catanzaro. E appena arrivati, una collega del catasto ha rincarato la dose: «Placanica qui si comporta molto bene, lavora, è puntuale. Ma si è confidato: fa brutti sogni, sente le voci».
Alle due in punto arriva alla bollatrice. Ha un borsello a tracolla e la sigaretta di traverso, la pancia compressa dentro a una polo blu troppo stretta, gli occhi cerchiati sotto gli occhiali rettangolari, il cartellino in mano. Molto diverso dalle foto di dieci anni fa. «Placanica?». Dopo un lampo di preoccupazione, sorride. «Mi sto dando da fare racconta - questo lavoro mi piace. Finalmente ho trovato delle persone con cui posso scambiare due parole. Non devi dare retta alle voci del mio vicino: quello è uno di destra, vuole infangare il mio nome». Ma non era lei che voleva candidarsi con «la Destra»? «È stata l’idea di gente un po’ criminale. Volevano usare il mio nome e farsi i soldi. Portaborse, servizio scorta: stavano pensando a tutto». Già, i soldi.
Dopo Genova, Mario Placanica aveva ricevuto 400 mila euro grazie a una sottoscrizione indetta dal giornale Libero. «Non mi è rimasto niente - spiega - ho speso tutto in avvocati. Per pagare il divorzio da mia moglie. Per riparare due auto, visto che purtroppo ho avuto due incidenti stradali. Insomma, sono a zero». Con questa nuova brutta storia sul groppone: «Sono tranquillo spiega - ho fiducia nella giustizia perché ho la coscienza a posto».
Sembra che il passato lo perseguiti più del presente. Dice che non può sentirsi in colpa: «Io stavo lavorando per lo Stato. Ero un militare giovane e inesperto. Poteva succedere anche a un altro». Dice che non vuole incontrare la famiglia di Carlo Giuliani, non più: «Hanno scritto un libro che non mi è piaciuto. Hanno detto che io non so fare due più due. Non voglio mancargli di rispetto, ma spero che loro abbiano capito che io non volevo uccidere. Io non volevo...». Potrebbe essere una specie di epitaffio.
Ma cosa vuole, oggi, Mario Placanica? «Ho molti sogni. Avrei voluto restare nell’Arma in abiti civili, ma si sono dimenticati di me. Avrei voluto entrare in aeronautica». Più terra terra?
«Sogno un po’ di serenità. Vorrei trovare la persona giusta».
Ha ricevuto molte lettere a cui non ha risposto: «Mi hanno scritto che sono un eroe. Mi sono stati vicini. Ne approfitto ora per ringraziarli di cuore». Su Facebook il partito dei sostenitori è nutrito come quello dell’odio. Mario Placanica cita le Brigate Rosse, certa gente che lo vuole investire, quelli che si intromettono nelle sue conversazioni private. E alla fine di ogni frase, ripete: «Non si può tornare sempre a Genova». Erano due ragazzi, non si è salvato nessuno.
http://www3.lastampa.it/cronache/sezion ... tp/420685/
Alle due di pomeriggio Mario Placanica deve timbrare il cartellino. È reduce dalla pausa pranzo, polpettine e arancini nella rosticceria all’angolo. Gli restano due ore di lavoro come impiegato del catasto. Fa notifiche e visure, controlla cartografie di alloggi e terreni. Sta in una stanza disadorna, in un prestigioso edificio del centro storico, con scrivania, computer e due colleghi a fianco. Guadagna 1240 euro al mese. Contratto a tempo indeterminato su chiamata diretta dell’ufficio di collocamento. E questa, insomma, è la sua seconda vita. Anche se non si capisce bene quanto sia davvero vita.
«Il mio grande rimpianto è di non essermi iscritto all’università quando avevo vent’anni - dice - dovevo studiare invece che diventare carabiniere. Ma entrare nell’Arma mi sembrava un modo per guadagnare un po’. Mio padre è pensionato, mia madre e le mie sorelle sono casalinghe». Gli unici - racconta - che non l’hanno lasciato solo. «Dopo quello che è successo, i carabinieri mi hanno abbandonato. Neppure si fanno più vedere. Una volta almeno venivano a salutarmi: “Ciao Placà, come stai?”». Mario Placanica, si direbbe, sta così così.
Il 20 luglio del 2001 era in servizio da otto mesi. Dopo il corso da ausiliario a Fossano, era stato mandato al reparto mobile di Palermo. Quel giorno non doveva essere a Genova: «Ma poi un collega si rifiutò e toccò a me. Quando ci ripenso capisco che tutto poteva andare in un altro modo. Il destino ha intrecciato le cose». È lui che ha sparato e ucciso Carlo Giuliani, il ragazzo che stava lanciando un estintore contro il Land Rover Defender dei carabinieri. Genova, i giorni del G8. La scena è quella di piazza Alimonda. Due colpi di pistola per i quali Placanica è stato prosciolto. Secondo il gip ha sparato per legittima difesa. Un verdetto ribadito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: «Usò la forza nei limiti necessari a impedire quello che percepiva come un reale e imminente pericolo per la sua vita e quella dei suoi colleghi». Ma certe volte non basta una sentenza per scacciare certi pensieri: «Ho temuto il peggio - spiega - pensavo che sarei morto bruciato dentro al Defender. Ma non volevo uccidere. Quando mi hanno detto quello che era successo mi sono messo a piangere. Era la prima volta che sparavo».
Arriviamo a Mario Placanica pieni di pregiudizi. L’avvocato Salvatore Saccò Faragò il 19 luglio scorso - in vista del decennale - aveva dichiarato sul Corriere della Sera: «Placanica ha già chiarito tutto nelle sedi opportune. Non parla. Adesso vuole solo dimenticare». Al telefono, il padre dell’ex carabiniere, ci aveva detto: «Finalmente Mario ha trovato un lavoro, sta ricominciando a vivere». Il vicino di casa in frazione Ruggero, un piccolo sobborgo di villette sparse nel comune di Sellia Marina, ci aveva messo in guardia: «O è pazzo o lo fa. Placanica mi ha aggredito davanti a mio figlio. Mi ha preso a calci, insultato. Urlava senza motivo: "Tu mi vuoi male...". Una scena tremenda per cui ho sporto denuncia. Placanica è una bestia pronta a uccidere. E poi conosce quella storia per cui è indagato?». Sì, Placanica è iscritto nel registro degli indagati della procura di Catanzaro: è accusato di aver violentato la figlia undicenne della sua ex convivente. Fatti che risalirebbero al 2007.
Dunque, ripensavamo a tutto questo mentre salivamo i tornanti verso il centro storico di Catanzaro. E appena arrivati, una collega del catasto ha rincarato la dose: «Placanica qui si comporta molto bene, lavora, è puntuale. Ma si è confidato: fa brutti sogni, sente le voci».
Alle due in punto arriva alla bollatrice. Ha un borsello a tracolla e la sigaretta di traverso, la pancia compressa dentro a una polo blu troppo stretta, gli occhi cerchiati sotto gli occhiali rettangolari, il cartellino in mano. Molto diverso dalle foto di dieci anni fa. «Placanica?». Dopo un lampo di preoccupazione, sorride. «Mi sto dando da fare racconta - questo lavoro mi piace. Finalmente ho trovato delle persone con cui posso scambiare due parole. Non devi dare retta alle voci del mio vicino: quello è uno di destra, vuole infangare il mio nome». Ma non era lei che voleva candidarsi con «la Destra»? «È stata l’idea di gente un po’ criminale. Volevano usare il mio nome e farsi i soldi. Portaborse, servizio scorta: stavano pensando a tutto». Già, i soldi.
Dopo Genova, Mario Placanica aveva ricevuto 400 mila euro grazie a una sottoscrizione indetta dal giornale Libero. «Non mi è rimasto niente - spiega - ho speso tutto in avvocati. Per pagare il divorzio da mia moglie. Per riparare due auto, visto che purtroppo ho avuto due incidenti stradali. Insomma, sono a zero». Con questa nuova brutta storia sul groppone: «Sono tranquillo spiega - ho fiducia nella giustizia perché ho la coscienza a posto».
Sembra che il passato lo perseguiti più del presente. Dice che non può sentirsi in colpa: «Io stavo lavorando per lo Stato. Ero un militare giovane e inesperto. Poteva succedere anche a un altro». Dice che non vuole incontrare la famiglia di Carlo Giuliani, non più: «Hanno scritto un libro che non mi è piaciuto. Hanno detto che io non so fare due più due. Non voglio mancargli di rispetto, ma spero che loro abbiano capito che io non volevo uccidere. Io non volevo...». Potrebbe essere una specie di epitaffio.
Ma cosa vuole, oggi, Mario Placanica? «Ho molti sogni. Avrei voluto restare nell’Arma in abiti civili, ma si sono dimenticati di me. Avrei voluto entrare in aeronautica». Più terra terra?
«Sogno un po’ di serenità. Vorrei trovare la persona giusta».
Ha ricevuto molte lettere a cui non ha risposto: «Mi hanno scritto che sono un eroe. Mi sono stati vicini. Ne approfitto ora per ringraziarli di cuore». Su Facebook il partito dei sostenitori è nutrito come quello dell’odio. Mario Placanica cita le Brigate Rosse, certa gente che lo vuole investire, quelli che si intromettono nelle sue conversazioni private. E alla fine di ogni frase, ripete: «Non si può tornare sempre a Genova». Erano due ragazzi, non si è salvato nessuno.
http://www3.lastampa.it/cronache/sezion ... tp/420685/
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- Antonchik
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
Quella frase in grassettato giustifica le mazzate invalidanti che ha preso costui?El Diablo ha scritto:Svegliato male stamattina? Relax, man, mettimi in ingnore così mi eviti.
Non c'è nulla da commentare, pensavo solo volessi una risposta anche su questo episodio, dato che non hai messo nessun commento.
Nessun senso del branco, ti ho detto mille volte che io parlo e scrivo per me stesso, sai leggere,sì?
Riguardo la mia firma, dove l'ho presa avevo scritto che mi serviva per questo topic, ma non credere di essere al centro del mondo nè dei miei interessi, quindi no, non è per te, o l'avrei postata direttamente qui.
Ciao, buona giornata.
[Scopri]SpoilerLa vita del ragazzo senza memoria è cambiata il 24 settembre 2005. Paolo, allevatore di tori, fisico da atleta, è in trasferta a Verona con 800 tifosi. Il suo gruppo, Brescia 1911, è il più popolare e radicato. Hanno un loro codice: botte sì, ma solo a mani nude.
Guarda attentamente, poichè ciò che stai per vedere non è più ciò che hai appena visto.
Ho vissuto per molto tempo nell'oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio.
Ho vissuto per molto tempo nell'oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio.
Re: [O.T.] Assassini in divisa
Una ricostruzione degli eventi che sta perfettamente in piediMancavano pochi minuti ed i binari della stazione erano completamente deserti. Cosa alquanto strana visto il periodo, l’orario e soprattutto la città in cui eravamo, centro nevralgico per il passaggio dei treni.
Improvvisamente, senza alcun preavviso o motivo apparente, sono stato travolto da una carica di “alleggerimento” del reparto celere in servizio quel giorno per mantenere l’ordine pubblico e picchiato a sangue, senza avere nemmeno la possibilità di ripararmi.

ma peppiacere!
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
No no, è solo per dovere di cronaca completa, quello che è successo a quel ragazzo è chiaramente deplorevole.
Ricordi quando ti dissi che negli stadi se ti trovi in mezzo a gente che provoca la celere e non vuoi prendere le botte dovresti defilarti?
Beh, non è certo questo il caso, qui si sono accaniti, e anche se c'era un gruppo di bresciani scalmanati, erano controllabili benissimo, quindi episodio assolutamente da condannare sensa se e senza ma.
Anche se, condannandolo, non ridai la vita persa e la sanità fisica a quel ragazzo,purtroppo.
Per completezza c'è da dire che gli scalmanati avevano invaso i binari, cercando lo scontro sia con la celere che minacciando persone estranee, ossia quelle accomodate nelle carrozze dei treni fermi in stazione.
Ricordi quando ti dissi che negli stadi se ti trovi in mezzo a gente che provoca la celere e non vuoi prendere le botte dovresti defilarti?
Beh, non è certo questo il caso, qui si sono accaniti, e anche se c'era un gruppo di bresciani scalmanati, erano controllabili benissimo, quindi episodio assolutamente da condannare sensa se e senza ma.
Anche se, condannandolo, non ridai la vita persa e la sanità fisica a quel ragazzo,purtroppo.
Per completezza c'è da dire che gli scalmanati avevano invaso i binari, cercando lo scontro sia con la celere che minacciando persone estranee, ossia quelle accomodate nelle carrozze dei treni fermi in stazione.
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
Diablo devo dire che come ho appreso da te ho appreso da pochi (nessuno) da questo topic, che tutto sommato si è rivelato a tratti una raccolta di cori a favore dei celerini e contor i celerini... 

Guarda attentamente, poichè ciò che stai per vedere non è più ciò che hai appena visto.
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
E' normale sia così, la Celere è il corpo in prima linea e quello che picchia, a volte esagerando enormemente come nell'ultimo caso trattato qui.Antonchik ha scritto:Diablo devo dire che come ho appreso da te ho appreso da pochi (nessuno) da questo topic, che tutto sommato si è rivelato a tratti una raccolta di cori a favore dei celerini e contor i celerini...
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Re: [O.T.] Assassini in divisa
Giusta rettifica di Diablo , anche io condivido.
In questo caso c'è stato sicuramente accanimento e spero si possa fare chiarezza e punire chi ha esagerato.
Mi fa sorridere il fatto che , nella ricostruzione degli eventi , il tizio voglia passare per S.Francesco d'Assisi.
"Si sono andatò al bar a prendere un pezzo di pane da offrire ad un mendicante , nel freddo del pomeriggio ho ceduto la mia giacca ad una povera donna poi ad un certo punto i celerini senza motivo mi han sfondato il cranio"
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In questo caso c'è stato sicuramente accanimento e spero si possa fare chiarezza e punire chi ha esagerato.
Mi fa sorridere il fatto che , nella ricostruzione degli eventi , il tizio voglia passare per S.Francesco d'Assisi.
"Si sono andatò al bar a prendere un pezzo di pane da offrire ad un mendicante , nel freddo del pomeriggio ho ceduto la mia giacca ad una povera donna poi ad un certo punto i celerini senza motivo mi han sfondato il cranio"
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