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zio
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#166 Messaggio da zio »

teostrato ha scritto:
Pensiero Dominante ha scritto:Beh, a proposito di paradossi è molto carino anche quello di Banach - Tarski, detto anche paradosso "dupalle", che trovate qui:

http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Banach-Tarski

In sostanza questo paradosso afferma che è possibile prendere una palla, suddividerla in un insieme finito di pezzi e, utilizzando solo rotazioni e traslazioni, riassemblare i pezzi in modo da ottenere due palle dello stesso raggio dell'originale.

Così:


Immagine

Che poi, a guardare la dimostrazione, sembrerebbe quasi che si applichi non solo alle palle ma a qualunque oggetto 3d:

Immagine :-D
vabbè ma questo è il miracolo della moltiplicazione dei pan, dei pesci e delle banane, ma quale paradosso?
da mo che c'è in giro stó miracolo
scusa ma quando si spezzetta si utilizza il volume per costruire superfici?
questa cosa mi ha incuriosito. volevo farlo con la zia. :lol:

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GaiusBaltar
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#167 Messaggio da GaiusBaltar »

Ucronia

L'ucronìa (anche detta storia alternativa, allostoria o fantastoria) è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale.
Per la sua natura, l'ucronia è spesso assimilata al più vasto genere della fantascienza e si incrocia con la fantapolitica, mescolandosi all'utopia o alla distopia quando va a descrivere società  ideali o, al contrario, indesiderabili.
Il termine ucronìa deriva dal greco e significa letteralmente "nessun tempo" (da ou = non e chronos = tempo), per analogia con utopia che significa nessun luogo, e indica la narrazione letteraria, grafica o cinematografica di quel che sarebbe potuto succedere se un preciso avvenimento storico fosse andato diversamente. Il termine è stato coniato dal filosofo francese Charles Renouvier in un saggio (Uchronie) apparso nel 1857. Gli anglosassoni usano invece il termine più immediato alternate history (storia alternativa).

àˆ ucronìa chiedersi, ad esempio, cosa sarebbe successo in Europa, se l'Impero romano fosse sopravvissuto fino ai nostri giorni, se l'Impero bizantino non avesse subito l'invasione islamica, se la Rivoluzione Francese non fosse scoppiata, se Napoleone avesse vinto a Waterloo, se l'andamento della Grande guerra fosse stato diverso, se Hitler avesse vinto la seconda guerra mondiale. In America, se la Francia avesse vinto la guerra dei sette anni, se l'Inghilterra fosse riuscita a reprimere i rivoltosi americani alla fine del Diciottesimo secolo o se i confederati avessero vinto la guerra di secessione americana. In Italia, se gli Ostrogoti fossero stati capaci di respingere i bizantini, se Cristoforo Colombo si fosse impossessato dell'America per conto della Repubblica di Genova, se la Repubblica di Venezia e la Repubblica di Genova fossero rimaste indipendenti all'indomani del Congresso di Vienna o se Mussolini non fosse sceso in guerra a fianco di Hitler.

Non sono invece considerate ucroniche le storie ambientate in un'epoca futura rispetto a quella in cui sono state scritte, come ad esempio il romanzo 1984 di Orwell scritto nel 1948.
Il primo esempio di ucronia puó essere considerato il brano dell'opera Ab Urbe condita dove Tito Livio contempla la possibilità  che Alessandro Magno avesse sviluppato il regno macedone ad ovest anzichè ad est.[1]

Prima ancora che Renouvier coniasse il termine uchronie, si possono rintracciare numerose opere letterarie a sfondo ucronico, tra le quali si puó citare la Histoire de la Monarchie universelle: Napolèon et la conquete du monde (1812-1832) di Louis Geoffroy (1836), in cui si immagina una campagna di Russia vittoriosa per Napoleone che fonda un impero universale popolato di invenzioni fantascientifiche.

Nel suo libro pubblicato postumo nel 1813, Storia della Toscana sino al principato, l'accademico italiano Lorenzo Pignotti immaginó cosa sarebbe potuto succedere se Lorenzo il Magnifico non fosse morto nel 1492: lo statista mediceo avrebbe potuto difendere la penisola dalle invasioni straniere e addirittura reprimere la riforma protestante prima che si diffondesse.

Ne La città  eterna di Hall Caine (1901), ambientato nella Roma del 1900, a seguito dell'azione del giovane deputato della sinistra Davide Rossi contro il dittatore Barone Gabriele Bonelli, si ha il volontario esilio del re e la proclamazione di una repubblica. Nell'epilogo del romanzo si scoprirà  che 50 anni dopo il mondo è stato unificato in un'unica Federazione Internazionale con Roma come capitale.

Nel 1931 lo storico britannico J. C. Squire invitó alcune autorevoli personalità  della cultura e della politica contemporanea – tra cui Churchill, Chesterton, Belloc e Maurois – a cimentarsi nelle ricostruzioni ipotetiche di alcuni snodi storici cruciali della civiltà  occidentale, pubblicandole nell'antologia Se la storia fosse andata diversamente (If It Had Happened Otherwise). Winston Churchill (che scrisse per l'occasione Se Lee non avesse vinto la battaglia di Gettysburg),[2] in questo modo divenne contemporaneamente autore e personaggio di ucronie.

La seconda guerra mondiale, l'evento più traumatico del Novecento, è infatti uno dei soggetti preferiti delle ucronie. Il conflitto del resto produsse opere fantapolitiche già  nel corso del suo svolgimento, incentrate sul suo possibile esito.[3] Fred Allhoff nel 1940 porta addirittura le armate naziste ad invadere gli Stati Uniti (Lightning in the Night, pubblicato nella rivista Liberty Magazine).

Tra i maggiori scrittori di ucronie ricordiamo Philip Dick (La svastica sul sole), Harry Turtledove (i cicli di Invasione e Colonizzazione), Robert Harris (Fatherland).

Non di rado anche i romanzi del filone steampunk, prevalentemente ambientati nel XIX secolo, sconfinano nell'ucronia.

In Italia, dato che il fatto più controverso della storia recente è il fascismo, le opere ucroniche tendono a prendere spunto da esso e a cercare punti di divergenza dalla storia reale: per esempio, cosa sarebbe successo se l'Italia di Mussolini non fosse entrata in guerra. Tra gli esempi recenti di questo filone la trilogia Occidente di Mario Farneti, che racconta la storia di un'Italia fascista sopravvissuta al secondo conflitto mondiale (durante il quale rimane neutrale e viene sovvenzionata economicamente e militarmente dagli Stati Uniti) e che sconfigge l'URSS durante la terza guerra mondiale, diventando così una superpotenza. Un altro cameo ucronico italiano è Garibaldi a Gettysburg, di Pierfrancesco Prosperi - uno dei più prolifici scrittori ucronici italiani - che racconta cosa sarebbe successo se Garibaldi non avesse aiutato i nordisti durante la guerra civile americana (la differenza più importante è la scomparsa degli USA a favore dei CSA, mentre il Veneto sarebbe rimasto austriaco).
Numerose opere a fumetti, soprattutto i comic book americani, hanno sfruttato l'idea dell'ucronia e delle terre parallele in generale.

La DC Comics ha creato una linea di fumetti chiamata Elseworlds in cui le storie sono ambientate su terre alternative del multiverso DC con protagonisti i supereroi editi della casa editrice (tra i più famosi ricordiamo Red Son con un Superman che viene allevato dai Sovietici e Kingdom Come, dove i classici eroi DC, ormai vecchi e stanchi, devono riunirsi per combattere una nuova generazione di super esseri violenti e crudeli).

La Marvel Comics ha a sua volta sfruttato il concetto di ucronia nei propri fumetti, tra questi ricordiamo la testata What If dedicata a storie ambientate in universi paralleli, Spider Girl dedicata alla figlia di Peter Parker di un futuro alternativo, le saghe L'era di Apocalisse e la recente House of M. La serie mutante Exiles racconta le avventure di alcuni mutanti che viaggiano tra le dimensioni parallele e lo stesso universo Ultimate Marvel è di fatto un universo parallelo all'universo Marvel ufficiale (così come lo erano i defunti Marvel 2099 e New Universe).

Tra gli esperimenti più bizzarri va ricordato l'Amalgam Comics in cui i personaggi della DC e della Marvel si fondevano insieme creando incroci improbabili come Spider-Boy (Superboy + Spiderman) o Iron Lantern (Iron Man + Green Lantern).

Per quanto riguarda il fumetto italiano, l'albo 240 di Dylan Dog (che tra l'altro porta al ritorno tra gli autori della serie Tiziano Sclavi) è intitolato, per l'appunto, Ucronìa e la serie de Gli Albi di Occidente (tratti dalla trilogia di romanzi ucronici Occidente di Mario Farneti).
Numerosi film esplorano il concetto dell'ucronìa; tra questi va ricordato It Happened Here (1966) di Kevin Brownlow, che mette in scena una Gran Bretagna occupata dai nazisti. Tra gli altri titoli vi sono il film TV della HBO Fatherland (1994), tratto dall'omonimo romanzo, ambientato negli anni sessanta di un mondo in cui la Germania nazista ha vinto la seconda guerra mondiale; 2009 memorie perdute (2009 Lost Memories, 2002), un film coreano che ipotizza che Hirobumi Ito non sia stato assassinato da An Jung-geun ad Harbin in Cina nel 1909; Timequest (2002), in cui un viaggiatore temporale previene l'assassinio di John F. Kennedy, provocando l'alterazione della storia successiva, e C.S.A.: The Confederate States of America (2004), una visione satirica alla storia americana in cui il Sud ha vinto la guerra civile, narrato nella forma di un "documentario" inglese.

Alcuni altri film sugli universi alternativi si concentrano sugli eventi individuali piuttosto che su quelli storici, ad esempio La vita è meravigliosa (It's a Wonderful Life, 1946) di Frank Capra, e i più recenti trilogia di Ritorno al futuro, Destino cieco (Blind Chance), Sliding Doors, Lola corre, Nei panni dell'altra (Me Myself I), The Butterfly Effect (2004) e Frequency - Il futuro è in ascolto (2000). Fascisti su Marte (2006), girato come un documentario dell'Istituto Luce, racconta le avventure fantacomiche di uno sgangherato manipolo di Arditi alla conquista del pianeta rosso.
"Nel torbido si pesca meglio" Il Direttorino

"La cattiveria dei buoni è pericolosissima" G. Andreotti

http://www.youtube.com/watch?v=KLaTmro5MfE

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Blif
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#168 Messaggio da Blif »

CianBellano ha scritto:
Blif ha scritto:Immagine
Se ti è piaciuto il film ti tiro uno schiaffo.
Ce l'ho, ma giuro che non l'ho visto.
Devo forse dedurne che tendi a sconsigliarmelo? :)

Sul libro ho opinioni oscillanti: lo adoro a sprazzi.

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Steiner74
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#169 Messaggio da Steiner74 »

Blif ha scritto:
CianBellano ha scritto:
Blif ha scritto:Immagine
Se ti è piaciuto il film ti tiro uno schiaffo.
Ce l'ho, ma giuro che non l'ho visto.
Devo forse dedurne che tendi a sconsigliarmelo? :)

Sul libro ho opinioni oscillanti: lo adoro a sprazzi.
Il film non è malaccio.

(se non hai mai letto il libro, ovviamente).
"Sono un uomo estetico asmatico linfatico cosmetico amo la Libia la fibbia delle scarpine delle donnine cretine sono disinvolto raccolto assolto per inesistenza di reato ho una speciale predilezione per la fanciulla del vespro il Polo Nord la carta moschicida."
http://www.youtube.com/watch?v=AHMiP_qQXKI

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maspare
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#170 Messaggio da maspare »

Di caddies se ne è mai parlato? :)

Nel golf, un caddy (o caddie) è la persona che porta la sacca del giocatore e puó dare sia suggerimenti che supporto morale. Un buon caddy conosce le difficoltà  e gli ostacoli del campo in cui si gioca ed anche qual è la miglior strategia per affrontare il giro.
Un caddy, abitualmente, non è un dipendente dei club privati in cui si trovano i campi da golf, ma lo si puó classificare come libero professionista.

Il termine caddie (o cadie) è apparso per la prima volta nel linguaggio inglese nel 1634.

Uno dei servizi di un buon caddy è l'abilità  di tenere il loro ''golfer'' concentrato e non in balia dell'emotività . Naturalmente, un buon caddy, oltre al servizio psicologico è in grado di offrire anche un servizio tecnico basato su consigli che possono spaziare dal movimento di preparazione del colpo all'uso di una particolare mazza.

In un club privato, il compenso di un caddy varia dai 35 ai 60 dollari per sacca mentre i caddies dei giocatori professionisti sono pagati a percentuale (dal 5 al 10%) sul premio vinto.

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Proprio questa mattina mi è capitato di sfogliare il supplemento della Gazzetta e l'occhio mi è caduto su un articolo che parlava di questo sito:

http://www.eyecandycaddies.com/meet-our-caddies.html

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Pensiero Dominante
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#171 Messaggio da Pensiero Dominante »

GaiusBaltar ha scritto:Ucronia

L'ucronìa (anche detta storia alternativa, allostoria o fantastoria) è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale.
''Se mia nonna aveva le ruote era un carretto''

Classico esempio di umorismo ucronico
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ronsard
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#172 Messaggio da ronsard »

no l'ucronia è arrivata anche qui
Se la mia professoressa di fisica fosse uscita con me a 17 anni e me l'avesse data, non sarei il pervertito che oggi sono diventato.

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Pensiero Dominante
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#173 Messaggio da Pensiero Dominante »

zio ha scritto:
teostrato ha scritto:
Pensiero Dominante ha scritto:Beh, a proposito di paradossi è molto carino anche quello di Banach - Tarski, detto anche paradosso "dupalle", che trovate qui:

scusa ma quando si spezzetta si utilizza il volume per costruire superfici?
questa cosa mi ha incuriosito. volevo farlo con la zia. :lol:
Purtroppo il paradosso di B.T., che è poi il teorema di B.T., ci dice solo che è possibile fare una cosa del genere, ma non COME.
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pan
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Re: [O.T.] Parliamo di argomenti originali

#174 Messaggio da pan »

Oggi vi segnalo un pensatore abruzzese: Valentino Ceneri. Dalle poche info che ho risulta che fu parroco per 15 anni a Moscufo(PE) dopodiché abbandonò l'abito talare e si sposò. Alla moglie resistette meno che a Santa Madre Chiesa e quindi divorziò. Il 13 agosto alle ore 18 a Moscufo presenterà il suo libro "Il Maestro d'ascia" che tratta essenzialmente della formazione psichica di Gesù.

Vi anticipo un paio di capitoli del lavoro dove ancora sono presenti piccoli refusi.



IL RUOLO EDUCATIVO DI S. GIUSEPPE
Secondo la Psicoanalisi
di Valentino Ceneri
(In occasione del 40° di sacerdozio di Don Giuseppe Natoli)

Nell’affrontare il tema che mi sono dato “Il ruolo educativo di S. Giuseppe secondo la psicoanalisi”, so di aver fatto una scelta non agiografica e devozionale ma di ricerca sui contenuti di base dell’esperienza di vita di S. Giuseppe, come risulta dalla narrazione dei Vangeli. Questo nell’intento di dare un mio contributo ad uno sviluppo delle conoscenze di frammenti di verità, perché la fede di ciascuno di noi le sintetizzi in una visione più approfondita ed impegnativa,
Con la mia formulazione intendo distinguere la semplice credenza dalla fede.
Alla prima, infatti, riconosco una funzione preparatoria ed esplorativa delle varie opinioni e delle formulazioni enunciate dall’immaginario collettivo, attestato per lo più su una posizione mitologica e però poco verificabile sul piano storico.
Fides ex audito. La fede è frutto di un ascolto attento ed attivo e di una ricerca dell’interlocutore valido, che però si contraddistingue per il fatto che è lui che ti cerca e che crea le condizioni per una comunicazione autentica. Essa si verifica quando le parti scisse dell’io entrano in comunicazione profonda e misteriosa col Se’ profondo (il Dio dell’inconscio). La fede è definita da S. Paolo come un’apertura di credito ad una realtà futura, non ancora visibile(“E’ poi la fede sostanza di cose sperate e argomento di quelle che non si vedono” Ebr. 11,1). Si tratta della creazione di precondizioni che in qualche modo attrarranno l’essere umano verso un punto di convergenza, una trasformazione in qualcos’altro di più alta consistenza, verso una metamorfosi qualitativa. Ed è una grazia, perché l’essere umano non può produrselo da solo, ha bisogno di precondizioni create anche con l’apporto di altri soggetti, soprattutto della madre, di quella biologica e di quella culturale e del padre, anche solo putativo, perché solo la madre è semper certa.
L’esperienza di fede si svolge in uno spazio simbolico-culturale unico. Essa riguarda ogni essere umano, a prescindere dalla confessione religiosa e dall’appartenenza politica e territoriale.
Questo è lo spazio del sacro, è la terra di Dio. Quello della comunicazione divina. “Cammina alla mia presenza”, dice Dio ad Abramo e “Togliti i calzari perché la terra che stai calpestando è sacra”, dice ancora a Mosè davanti al roveto ardente.
L’esperienza di fede inizia già col passaggio dal biologico –retto dal codice genetico- al simbolico –governato da un codice combinatorio immateriale- che è un evento cruciale per l’essere umano, perché ne va di mezzo la costruzione della verità o della menzogna. La verità come unica rappresentazione in grado di interpretare le radici dell’essere creaturale; la menzogna come tentativo titanico di affermarsi come assoluto, onnipotente ed onnisciente. La presenza di Dio garantisce la verità dell’essere e, conseguentemente, la sua crescita, dandogli il coraggio per le separazioni e per i cambiamenti e gli impegni futuri che lo attendono.

Da come scrivono i Vangeli, S. Giuseppe si trovò a vivere una vicenda paradossale e, a prima vista, incomprensibile: prendersi cura, come padre, di un bambino non suo, ed essere a fianco di una donna, Maria, alla quale un messaggero divino aveva annunciato che avrebbe concepito un figlio per opera dello Spirito Santo, al quale avrebbe dato il nome di Gesù. Queste narrazioni che hanno cambiato il corso della storia, dando origine ad un nuovo modo di concepire la vita e le relazioni umane, introducendo il divino all’interno dell’umano, voi le conoscete e io non insisto su di esse.
Da parte mia voglio mettere in luce l’importante ruolo di S. Giuseppe, sia come sposo che come padre.
Diventare sposo e diventare padre sono stati per lui eventi decisionali per i quali le perplessità da lui dimostrate ci fanno pensare che non fosse totalmente pronto e che dovette affrontare il momento del dubbio e dell’indecisione. Non era ancora pronto per tali eventi ma lo divenne mediante l’ascolto di fede. Un messaggero divino lo aiuta a superare l’ansia e il dubbio. Così lui può diventare sposo premuroso e padre ingegnoso.
Il mestiere di carpentiere, all’epoca, era sicuramente più importante di quanto lo possa essere oggi.
Si sa che l’essere diventata provincia romana aveva significato, per i discendenti di David, un’umiliazione mal sopportata, soprattutto per le clausole vessatorie alle quali Roma sottoponeva le province più ribelli e turbolente dell’impero. Tuttavia, dal punto di vista economico e dello sviluppo del reddito, gli investimenti che Roma faceva in opere pubbliche e che Erode aveva fatto per la ricostruzione e l’ampliamento del Tempio di Salomone, avevano creato un ciclo economico espansivo. Il carpentiere poteva contare su commesse di una certa consistenza. Giuseppe non era un miserabile, era un artigiano che gestiva una piccola impresa familiare con un reddito da lavoro autonomo. Si era costruita una casetta –tutti i carpentieri prima o poi si fanno una casa- e poteva offrire alla sua sposa e a suo figlio una vita dignitosa. Ma, prima di potersi godere la sua famiglia e la sua casa, dovette affrontare una prova imprevista ma molto dura, a causa degli intrighi e delle crudeltà del potere politico. Che i re e i governanti fossero, per la maggior parte, pazzi e crudeli era cosa risaputa e quello che si diceva di Erode il Grande, che aveva fatto ricostruire il Tempio, ampliandolo e dotandolo di generose risorse economiche per ingraziarsi i giudei, non era molto rassicurante. L’atmosfera politica era avvelenata e pericolosa.
Dopo la nascita di Gesù, Giuseppe è chiamato ad una decisione saggia e tempestiva anche se drammatica; ma, ciò che è descritta come una fuga precipitosa in preda al panico, non dà ragione della capacità di equilibrio e della competenza di valutare i mutamenti sociali e politici del carpentiere. Era un mestiere che richiedeva calcolo e valutazione. La mente di Giuseppe era in grado di valutare e di dirigersi verso le soluzioni più adeguate. E sceglie il meglio per sé e per la sua famiglia. Raccoglie i suoi risparmi e va profugo in Egitto. In Egitto e non in altri paesi. A quei tempi, in Medio Oriente era il paese più stabile e sicuro. La provincia romana più ricca e importante, il granaio di Roma e dell’impero fino al medioevo, amata e privilegiata da Alessandro Magno e già mitico regno dei Faraoni. Il paese conosciuto e amato anche da un altro Giuseppe, il figlio di Giacobbe. Il paese in cui, soprattutto ad Alessandria ed Eliopoli, la presenza di una comunità ebraica dava la sicurezza di una buona accoglienza. Era anche il paese in cui mandare i figli a studiare nelle scuole più prestigiose di retorica, di filosofia, di astronomia e di matematica oltre che di lingue (il greco dei LXX è la Koiné dialectos di Alessandria), data la centralità geografica e la composizione della popolazione multietnica, multirazziale e multiculturale. Alcune delle sette meraviglie del mondo erano in Egitto: le piramidi, la sfinge, il faro e la biblioteca di Alessandria. I più prestigiosi scienziati, matematici, filosofi, scrittori vivevano in Egitto.
Giuseppe fu costretto a fare di necessità virtù e l’Egitto divenne il paese di una scelta alternativa per garantire la crescita di Gesù, forse per i primi 5 0 6 anni. Come emigrato non ebbe che da scegliersi un lavoro da operaio specializzato, e il mercato ne offriva. L’Egitto, al tempo di Augusto, era una provincia fiorente e liberale e accoglieva tutti. Roma garantiva la libertà di commercio e gli interscambi culturali, la koiné dialectos favoriva il superamento delle barriere linguistiche. Anche Gesù si avvalse di quanto era offerto dal variegato ambiente umano e dalla ricchezza culturale in cui si trovava inserito, sia pure come profugo, e strutturava le sue competenze linguistiche in modo eccellente. Imparava, infatti, ad esprimersi nella lingua materna –l’aramaico- ma anche la lingua locale – l’egiziano- e , perché no?, recepisce anche vocaboli greci e latini. La sua mente è messa nelle condizioni migliori per andare kat’olon(da cui “cattolico”) –oltre i confini, non solo geografici ma anche religiosi, linguistici e culturali. E’ quanto di meglio si possa desiderare per un figlio ancora oggi !(E’ come andare a Londra).
Dopo la morte di Giuseppe, qualcuno ipotizza che Gesù abbia frequentato l’Egitto e che abbia conosciuto Filone Alessandrino. Sicuramente il futuro Rabbi studiò l’astronomia, la geometria e la teologia egiziana. Quest’ultima aveva elaborato una concezione del mondo e dell’agire umano basata sulla corrispondenza tra cielo, come luogo della manifestazione delle forze divine incorporate dagli astri come il sole, Orione e le altre costellazioni…. e la terra, come luogo in cui gli uomini realizzano ciò che è sopra. La teologia egiziana infatti affermava “come sopra, sotto” “...come in cielo così in terra” insegnerà anche Gesù.
Gesù conosceva certamente queste teorie cosmologiche e teologiche. La sua sintesi fu unica e geniale: non solo “come sopra, sotto” ma anche “come sopra, dentro” e cioè “dentro l’uomo”. Cioè: la forza e la gloria divina del Padre da sviluppare e cercare “dentro l’uomo”. Giuseppe, quando era ancora in vita, assistette meravigliato e sorpreso a questa Epifania, a questa trasformazione che si compiva sotto i suoi occhi in un figlio adottivo a lui “sottomesso”.
Il modello educativo tradizionale era già stato superato dai fatti nuovi accaduti che lo avevano coinvolto in un progetto sovrumano: il figlio era adolescente e le parti si erano già invertite. Quando Gesù ebbe 12 anni, durante il pellegrinaggio annuale a Gerusalemme, lo trovò, sorpreso e angosciato per l’accaduto, che sfuggiva al tradizionale rapporto educativo, a disputare coi dottori del tempio. Ma quella era proprio l’età giusta per l’inizio del cambiamento dei ruoli. Duemila anni dopo, lo psicologo svizzero J. Piaget descrive le competenze che il bambino comincia ad acquisire a quell’età nello sviluppo dell’intelligenza e nella maturazione della personalità. E’ chiamata la Fase delle operazioni formali, l’età delle operazioni logico -matematiche, l’età del ragionamento, l’età degli ideali religiosi ed etici. Giuseppe e Maria posero a Gesù un problema di equilibrio familiare, di emozioni e di sentimenti di angoscia, ma anche di responsabilità nella gestione della potestas genitoriale. Gesù risponde loro enunciando in modo chiaro, per la prima volta nella storia umana, il principio della prevalenza del “doversi occupare delle cose del Padre mio” sull’altro dell’unità familiare e sulla sottomissione (posposizione) ai genitori.
E’ la conferma che la famiglia, la famiglia di Nazareth forse per la prima volta nella storia, è un luogo di crescita e di sviluppo e non un contenitore statico o, peggio, un parcheggio di persone destinate ad ignorarsi o ad essere in conflitto. La mente di Giuseppe è costretta a fare operazioni inconsuete per un carpentiere. E’ costretta a pensare anche in termini etici e anche teologici.
In fatto di discendenza e di figli, la cultura ebraica era ed è matrilineare; si è ebrei se si nasce da madre ebrea, nonostante la prevalenza della cultura patriarcale nella conduzione della famiglia e nel rapporto di coppia. Il modello familiare di Maria e Giuseppe costituisce un esempio di tradizione e innovazione nello stesso tempo. Il modello tradizionale portante, basato sull’autorità paterna e sulla prevalenza delle figura maschile nella coppia, si trasforma in una prevalenza di attenzione sul figlio, in una nuova concezione della famiglia come servizio e della funzione educativa rivolta allo sviluppo delle potenzialità del figlio annunciato come Figlio dell’Altissimo.
L’intervento divino costituisce un’interruzione del continuum storico e della tradizione. Si realizza così un novum incipit che comporta e che si realizza grazie alla trasformazione profonda delle persone. Dall’esperienza vissuta e poi narrata, questa coppia è trasformata dalla Grazia, ma non si mette bene in evidenza il processo trasformativo di essa dal punto di vista psicologico.
Il pericolo in cui è incappata la teologia è di aver trattato le persone dal punto di vista delle essenze, secondo il modello metafisico. Ciò ha tolto valore al processo evolutivo e trasformativo interiore che Maria e Giuseppe hanno compiuto, mettendosi all’ascolto dei messaggi dell’inconscio e rinunciando a tutte le certezze contenute nella cultura egemone dell’epoca, quella delle caste sacerdotali e del potere politico perversi e manipolatori. Essi, invece, accolgono l’invito del Dio dell’inconscio e si mettono a rielaborare mentalmente, affettivamente ed esistenzialmente i nuovi contenuti che si vanno, giorno dopo giorno, precisando nella loro storia, personalizzandosi nel loro figlio Gesù. Con l’attecchimento dello zigote di Gesù all’interno dell’utero di Maria, inizia un processo di trasformazione che si irraggerà all’umanità intera.
Con l’Editto di Milano (312) e quello di Tessalonica (380), l’avvento del Cristianesimo sociologico e politico ha ridotto l’importanza di queste metamorfosi, enfatizzando, al contrario, l’aspetto del miracoloso e dando sviluppo ad una concezione mitica di prevalenza del cielo sulla terra, confermando ed attingendo soprattutto dai testi di S. Paolo. I tal modo l’opera educativa viene ridotta al rango di riproduzione di un’obbedienza e di una sottomissione al potere religioso, politico e dei genitori.
Il rischio della cultura cattolica – cristiana (che è un prodotto umano) è quello di insistere sui contenuti di fede e non sul processo di formazione della fede. Questa è una società cristiana che non coltiva la fede ma che scambia i prodotti della politica con i sottoprodotti delle credenze sociologiche. Quella, per intenderci, derivante dalla semplice appartenenza anagrafica -statistica al cattolicesimo. Si assiste ad una convergenza singolare tra la banalità del male (gli olocausti perpetrati anche in nome della fede ad un unico dio, diviso in credenze contrapposte) con la banalità del bene (i grandi raduni oceanici delle ricorrenze rituali delle varie religioni che riferiscono le loro credenze all’unico Dio)
In ogni credenza religiosa il principio trasformativo, la metanoia non viene messo bene in evidenza, sul moggio, ma viene oscurata in favore di una fede banalizzata ed esibizionistica.
Più tardi, il figlio del carpentiere costringerà altre menti ed altre sensibilità, quelle di Pietro, Giacomo, Giovanni ed anche Giuda Iscariota a fare operazioni più complesse. Si tratterà del superamento della legge del sabato, del retto uso della religione, non l’uomo per il sabato, ma il sabato (la religione) per l’uomo. Dell’allargamento dei confini nazionali, etnici e delle fazioni politiche con un’opera educativa impegnativa e travolgente.
Quando Gesù sarà nell’area della predicazione e delle vita pubblica Giuseppe è già scomparso. I vangeli non parlano più di Lui, mentre nominano sua madre ed altri suoi familiari. Giuseppe è scomparso dalla scena, ma è presente nel ricordo. Insieme a Maria, sua sposa, è stato l’attento e responsabile protagonista di un ciclo della vita di Gesù, quello della fase educativa dell’infanzia, dell’adolescenza e delle giovinezza. Avrà anche avuto il presagio di ciò che sarebbe accaduto a questo Figlio.
Le tensioni religiose, politiche ed economiche erano più volte esplose in rivolte e ribellioni soffocate nel sangue. Nel governo dei territori, Roma non andava per il sottile, lucrava nella compravendita di essi e si affidava alla spietatezza crudele dei governati affiliati ed associati.
Trovare un giusto equilibrio tra le fazioni politiche e religiose non era un’impresa facile. Il comportamento di Gesù, improntato ad una dinamica di cambiamento, equilibrata da parte sua, ma rivoluzionario per l’immaginario collettivo, rivela i segni di relazioni familiari corrette ed autentiche, secondo un giusto principio di realtà. L’inserimento nella dinamica sociale corrente lo porterà più volte a superare i limiti di un coinvolgimento equilibrato e gli fa correre il pericolo di un travolgimento reattivo, manipolatorio e seduttivo, come a Cafarnao o anche aggressivo, pericoloso e distruttivo, come a Nazareth.
Nei riferimenti all’infanzia di Gesù, i Vangeli testimoniano che lo sviluppo dell’affettività andava compiendosi in modo ottimale, grazie ad una presenza discreta ma significativa della coppia genitoriale che favoriva una crescita psicoaffettiva e del Sé profondo(l’Abbà –il Padre) in modo ottimale.
Il Figlio del falegname-carpentiere ha potuto introiettare un super-IO esigente sul piano del principio di realtà, ma estremamente flessibile e benevolo sul piano delle relazioni umane. L’apprendimento del mestiere, la partecipazione alla scuola della Torah, la lettura e la meditazione dei libri poetici, dei salmi e dei libri sapienziali, lo scambio interculturale e di informazioni con la cultura egiziana dei primi anni di vita, la preghiera individuale, familiare e la partecipazione ai riti collettivi configurano una formazione completa e profonda. Quello che accadrà in seguito, le scelte che precederanno l’entrata nella vita pubblica saranno il frutto di un progetto nuovo di sviluppo della persona a lungo elaborato, interiorizzato , provato su se stesso e condiviso con la sua famiglia, che avrebbe rivoluzionato tutta l’area del fatto religioso e del rapporto con Dio. La convivenza familiare con persone come Maria e Giuseppe, attente ai messaggi dell’inconscio, pacifiche e miti sul piano relazionale, portatori, data la loro cultura, di contenuti iconici, simbolici, semantici e comportamentali, favorevoli allo sviluppo del Sé profondo (archetipo appartenente anche ad altre culture) costituì per Gesù un terreno di coltura per contenuti innovativi da trasformare in un progetto storico irripetibile di vita.
La vita di bottega era stata piena d’insegnamenti: il maestro Giuseppe aveva insegnato non solo l’uso degli strumenti tecnici ma anche delle competenze teoriche connesse, come quelle della matematica e della geometria, del disegno e dei tempi di lavorazione e di consegna, nonché delle leggi fiscali e delle istituzioni politiche. Giuseppe avrà insegnato a Gesù anche con realismo politico la distinzione tra potere politico (Cesare, Erode, il Procuratore…) potere religioso (Sinedrio, Grandi sacerdoti) e l’etica religiosa e civile autentiche.
Dai risultati educativi raggiunti –la personalità adulta completa ed equilibrata- possiamo affermare che la figura di Giuseppe costituisce un esempio che non sempre viene evidenziato in modo corretto da una predicazione improntata all’agiografia acritica e alla retorica vuota. Giuseppe era un uomo giusto ed autentico che gli eventi straordinari avevano messo davanti ad dure prove psicologiche. Vive il dramma di essere sposo senza poter possedere sua moglie e di doversi occupare, come padre, di un figlio non suo secondo la carne.
Quella di Nazareth è una famiglia fondata su presupposti psicologici ed esistenziali unici. Essi non furono il frutto di un cambiamento violento ma di una trasformazione effettuata per opera della Grazia accettata ed interiorizzata, frutto di un dialogo coi messaggeri dell’inconscio che trasformano l’uomo dal di dentro. Il nuovo di dentro di cui è portatore il Cristianesimo, ma che, purtroppo, come tutte le cose preziose, può essere falsato e millantato.
La coppia Maria – Giuseppe fu una coppia eccezionale perché accettò di trasformarsi e di crescere nel rapporto vero ed autentico con il figlio dell’uomo – figlio di Dio. Essi furono i primi a lasciarsi plasmare da questa metamorfosi che costò loro lacrime e sangue. Da quel momento si cominciò a capire che le sofferenze umane non sono un’ignominia, perché sono il prezzo da pagare per una metanoia interiore dell’uomo e fanno parte del processo di umanizzazione e cioè di un nuovo passo avanti dell’umanità intera. Dal nucleo di base di rispetto della Thora ebraica nasceva una nuova esperienza: la vicenda di una vita vissuta insieme ad un figlio che portava con sé un principio di vita nuovo che darà inizio ad una nuova era. Gli strumenti usati, dal punto di vista semantico, iconico, simbolico e comportamentale erano quelli contenuti nella struttura di quell’immaginario collettivo e nella cultura, in quella determinata epoca storica.
A parlare di questa realtà, ad evangelizzare di questo nuovo contenuto culturale, devono occuparsi tutti quelli che questo contenuto conoscono e condividono non solo sociologicamente, come partecipi dell’immaginario collettivo, ma anche e soprattutto interiormente. La divisione della società in status e ruoli differenti, fa sì che alcuni siano chiamati ad esercitare in modo elettivo il compito di annunciatori della Parola (Logos) e dispensatori della Grazia. Quello di cui si sente bisogno oggi è che queste persone siano autentiche, giuste e vere e che sopportino la fatica richiesta per la conversione la trasformazione dell’umanità. Occuparsi dei figli degli altri, delle famiglie, dei gruppi sociali, delle tensioni della cultura contemporanea non è cosa facile.
La parrocchia è un giardino in cui fioriscono molte iniziative atte a dare una forma alla ricerca di fede, ai modelli di speranza e all’esercizio della carità di fronte ai problemi, alle angustie, alle crisi del mondo contemporaneo. Qui la Chiesa è viva perché vivificata dalla presenza attenta e premurosa di un Giuseppe, Don Giuseppe che vigila perché Gesù (l’archetipo del divino) cresca in voi e si sviluppi fino alla pienezza.


Valentino Ceneri





IL GIOVANE GESU’
di Valentino Ceneri


1. I Passaggi di vita
“Figlio di Dio” era un’attribuzione privilegiata, di cui si fregiavano i sovrani assoluti, i faraoni, i grandi condottieri, gli imperatori e i detentori del potere sacro. Al tempo di Gesù erano in molti a fregiarsi di tale titolo, nel grande scenario dei potenti del mondo, non ultimo il divo Cesare, l’imperatore Tiberio e persino Erode. Sulla moneta romana, mostrata a Gesù dai Farisei, durante il famoso scontro sul tributo, c’era scritto: (davanti) Tiberio Cesare, figlio del divino Augusto, Pontefice Massimo; (nel retro) Livia (la madre) Dea della pace.
Per Gesù di Nazareth, però, l’essere stato proclamato “Figlio di Dio” ebbe un significato molto più complesso.
Da ciò che sappiamo di lui, dalle testimonianze pervenuteci dai Vangeli, canonici ed anche apocrifi, possiamo desumere che, durante la gestazione, l’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza, Gesù assorbì, nella vita familiare e nella vita sociale, formata ed uniformata allo studio e alla pratica della Torah, tutti i principi di convivenza che garantivano la crescita della persona umana e ne ripristinò, da adulto, l’ordine di importanza. Ma già a dodici anni, come testimonia il vangelo di Luca, rivelò ai suoi genitori che la cose più importanti a cui avrebbe uniformato la sua vita sarebbero state le cose del Padre mio. Sicuramente i contenuti storici dei riti religiosi e degli insegnamenti, presenti nelle scritture e nella tradizione, furono da lui rielaborati e riportati alla profonda semantica dell’essere strumenti culturali per la crescita degli uomini e non finalizzati a sé stessi. Di tutto ciò, egli rivelò, che era garante il Padre (il Sé profondo). Egli rifletté sulla vera essenza di Dio e sui messaggi elaborati, nei tanti secoli di storia, dalla tradizione religiosa incentrata nel Tempio e gestita dalla casta sacerdotale, dai dottori della legge e dai sommi sacerdoti.
Lo Spirito di verità lo guidò verso una sintesi e un completamento della tradizione, perché avvertiva che erano già pronte alcune precondizioni per un cambiamento epocale a cui lui stesso avrebbe dato inizio, in un modo assolutamente paradossale: dopo tre anni di predicazione dei nuovi principi, la sua vita si concluse con una morte infame sulla croce ad opera di una congiura di poteri perversi. Ma ciò fu, per sua scelta, un testimonianza di un amore infinito per il Padre e per tutti gli uomini, compresi i suoi carnefici.
Il primo conflitto affettivo/dialettico con Giuseppe e Maria (“…Ecco tuo padre ed io angosciati ti cercavamo”) –tesi, antitesi, sintesi: la conferma del valore della famiglia ma anche il suo superamento in una visione nuova- fu l’emblema degli altri conflitti a cui lui fu capace di dare un soluzione inedita: le istituzioni, e, prima fra queste, la famiglia, sono a servizio della crescita della persona umana e non il contrario. Le strutture sociali del potere civile, con le numerose e frammentate leadership manovrate da Roma e soprattutto la complessa, variegata e contestata (dai Samaritani) rappresentanza del potere religioso, con le diverse scuole di pensiero, circa l’osservanza delle leggi e dei riti religiosi, furono da Gesù riconosciute e rispettate ma anche relativizzate sul piano storico e superate nelle sue prospettive di vita.
La trasformazione più innovativa e di maggiore impegno riguardò l’attesa messianica del popolo ebraico: nell’immaginario collettivo del popolo “eletto” essa riguardava la restaurazione di un potere teocratico, individuato, da sempre dalla gente comune, nel regno di Davide; ma la sua risposta a questa attesa fu una grande delusione per tutti, compresi gli apostoli, perché, per Gesù, l’avvento del regno messianico riguardava un altro regno, quello dentro l’uomo: si trattava del regno di Dio, di Dio che si fa uomo e dell’uomo che viene divinizzato da Lui e con Lui.
Queste trasformazioni, però, non sono indolori e il prezzo da pagare è parecchio sul piano psichico ed esistenziale.
Si trattava di affrontare e sconfiggere Satana, il principe di questo mondo, che basa il suo potere sulla menzogna, perché figlio della menzogna originaria della mente. Quindi, per prima cosa, bisognava risanare la mente umana ed offrirne una dimostrazione convincente. E per fare questo bisognava affrontare il deserto. Una realtà dura e piena di miraggi. Un’ottima metafora per rappresentare la posizione schizoparanoide, una precondizione di passaggio da cui ha origine la mente umana, quella sana (così rara) e quella malata, caratterizzata da una scissione non ricomposta che può perpetuarsi per tutta la vita. E’ un diabolè (un diavolo, un calunniatore) vero e proprio, l’antagonista di Dio, personificato in una sostanza spirituale che mantiene e spinge alla menzogna e porta l’uomo all’annullamento dell’essere creaturale e all’eterna perdizione del suo essere.
Tutto ha origine da una oscillazione senza fine tra le due condizioni di base che regolano i processi di della vita psichica: la posizione schizoparanoide, con l’identificazione proiettiva con l’oggetto esterno da sé(il seno ambivalente), da cui il bambino dipende totalmente nel bene, quando esso lo gratifica e lo nutre nella disponibilità totale, e nel male, quando viene lasciato per troppo tempo in balia dell’angoscia e dell’odio inconscio da una madre non adeguata o persecutoria e, comunque, incapace, con la sua mente scissa, a contenerlo e nutrirlo materialmente e psichicamente, e la posizione depressiva, quella del pianto consolatorio e disperato/non disperato, che non favorisce/favorisce lo sviluppo delle strutture simboliche inconsce, che sono le precondizioni di un Logos di verità.

2. Il momento decisivo
Una madre tutta per lui e un padre totalmente disponibile avevano garantito una base per la crescita psichica al massimo delle possibilità umane di tutti i tempi per il bambino Gesù. Ora si trattava di fare un altro passo in avanti, e questo toccava a lui farlo: abbandonare la parte scissa al suo destino –vattene via Satana!- smascherandone il suo intento illusorio e menzognero di antagonista e calunniatore di Dio, ristabilendo il principio di verità –sta scritto: adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo servirai. (cfr. La Bibbia concordata, Ed. Dehoniane, Bologna.)
Per questo le tentazioni possono rappresentare:
A. Il superamento del principio di piacere: “Se sei il figlio di Dio… dì che queste pietre diventino pane”. Gesù rispose:”Sta scritto, non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. L’uomo ha bisogno di nutrirsi di parole di verità per crescere. E’ l’affermazione della logica predicativa di Dio contro quella manipolatoria e ambivalente della parte scissa tendente alla menzogna, con enunciazioni basate sul sospetto e sull’annullamento dell’identità dell’altro. “Se sei…”.
B. Il superamento dell’onnipotenza tentatrice infantile. “Gettati –dal pinnacolo del tempio-..sta scritto…darà ordini ai suoi angeli per te…affinché il tuo piede non abbia ad inciampare…” Il diavolo, la parte scissa che segue il principio del processo primario illusorio/allucinatorio, lo spinse (come spinge qualsiasi adolescente) a violare il principio di realtà che è alla base delle leggi dell’universo, come la legge di gravità, la legge della crescita biologica e quella dell’eros, finalizzate al rispetto e allo sviluppo della vita. Questa spinta deriva dall’inganno illusorio di ritenere reversibile e, quindi, derogabile, il rispetto delle leggi universali del cosmo. Gesù gli rispose:”Sta scritto: non tenterai il Signore Dio tuo”. E’ lo scontro tra lo psichismo malato e il Sé profondo/Dio dell’inconscio che garantisce la creaturalità con il riconoscimento delle invarianti originarie dell’essere. Il faticoso superamento dell’onnipotenza allucinatoria costituisce il punto centrale della formazione di un IO sano, che fa da precursore all’estendersi del regno del Sé profondo. Il potere sui demoni deriva da questa competenza acquisita nello sviluppo della personalità, per questo l’Io-Persona diventa integro e inattaccabile perché tutte le sue parti obbediscono ad un unico centro di potere: quello del Dio dell’inconscio, il Sé profondo personale e cosmico.
C. Il superamento della sete di potere e di dominio. Portatolo sopra un alto monte, il diavolo lo tentò per la terza volta, mostrandogli tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: (Mt. 4,9) “Ti darò tutte queste cose se, prostrandoti, mi adorerai” Ma Gesù gli disse.”Vattene Satana, poiché sta scritto: Adorerai il Signore, Dio tuo, e a lui solo servirai”. Il regno è un territorio gestito da un sovrano assoluto e da sudditi a lui sottomessi. Gesù ribadì il principio di libertà da satana e dalle sue tentazioni menzognere: sottomessi solo a Dio, al garante delle invarianti originarie per la dignità di tutti. Libertà, quindi, dallo psichismo malato e dai suoi condizionamenti inconsci, libertà dall’illusione del potere perverso.
Secoli più tardi, fu in occasione della fase più aspra della lotta tra gli ariani e niceni, dal 350 al 361, sotto l’impero di Costanzo, che la figura di Gesù fu sottoposta ad un’analisi critica senza precedenti riguardante l’omousia col Padre. Gli strumenti semantici di cui i Padri della chiesa si servivano erano rivolti alla definizione delle essenze, secondo lo schema neoplatonico ma anche con la terminologia stoica. Sfuggiva a loro la portata fenomenologica delle trasformazioni psichiche che caratterizzano l’ascesa da “nato da donna” a “uomo” e a “figlio di Dio”.

3. La formazione culturale, sociale e politica
La frequentazione annuale del Tempio che era il centro di formazione religiosa, giuridica ma anche politica e culturale, dopo la vita in famiglia, aveva costituito un percorso importante per l’acquisizione di competente per ogni campo della cultura contemporanea e per la costruzione di una identità sociale di tutto rispetto. Lo studio approfondito delle varie tendenze di pensiero e la conoscenza delle varie scuole interpretative della Torah -principalmente quelle dei Farisei, dei Sadducei, degli Esseni e degli appartenenti alla “quarta filosofia”- e della storia del suo popolo lo radicano nella identità della sua stirpe, ma gli fanno vedere anche le continue contraddizioni e i limiti storici e culturali delle attuali vicende politiche. Per accedere alla qualifica di Rabbi ogni giovane ebreo, dopo gli studi elementari e medi, doveva iscriversi ad una scuola superiore, chiamata bet midrash (casa dello studio), nella quale, oltre alle esercitazioni mnemoniche, riguardanti l’acquisizione delle conoscenze sulla Torah, ci si impegnava anche in composizioni scritte e nei calcoli. Inoltre, si davano le basi dei contenuti riguardanti l’astronomia, la matematica e le scienze naturali, che erano la materie complementari per l’esatta interpretazione della Torah, del calendario liturgico e delle prescrizioni igienico-sanitarie.
In seguito, passata la gioventù, la maggior parte della predicazione Gesù la svolgerà, lontano da Gerusalemme, principalmente sulle sponde del lago di Gennezaret, di cui Tiberiade e Cafarnao erano le città più importanti. Cafarnao era un centro produttivo e commerciale di primordine, era una ganglio vitale per gli scambi e per i rapporti culturali con varie etnie e importante punto strategico per il controllo di tutta regione mediorientale, di cui la Siria, che era le sede della provincia imperiale, e Israele erano, ieri come oggi, i territori più turbolenti. Tiberiade era la città fondata, nel 26 d.C., da Erode Antipa, in onore dell’imperatore Tiberio, come le altre città fondate in quel periodo: Cesarea, Cesarea di Filippo. Con la sua fondazione Erode aveva cambiato il nome anche al lago che prima si chiamava di Gennezaret. L’evento della fondazione di queste città avrà attraversato gli anni della maturazione di Gesù, prima che cominciasse la sua vita pubblica. Sicuramente, dalla casa di Nazareth, le notizie di quanto accadeva sulle sponde del lago e sul litorale del mar mediterraneo risuonavano amplificate dal susseguirsi turbolento degli eventi politici, che facevano pensare che il nuovo assetto non andava verso la restaurazione del trono di David. Un esame realistico, sul piano storico, basato sulla osservazione dei fatti e non sulle velleità illusorie alimentate dei fanatismi religiosi e dei gruppi ribelli di ogni estrazione, di cui la regione era piena, portava ad aspettarsi un lungo periodo di subordinazione a Roma e alla sua politica espansionistica e di asservimento.
Sia a Cafarnao che a Tiberiade, di certo, si respirava un’aria diversa da Gerusalemme. La composizione della popolazione e l’assetto del potere era di tipo ellenistico, con notevole presenza di etnie e religioni diverse. La potenza del Tempio si avvertiva solo per il potere economico e politico che il libero commercio gli annetteva. Il Tempio era considerato, oltre che come icona religiosa e come simbolo del potere divino di Yawè, soprattutto per il suo tesoro e per il valore e il potere economico che gli derivava dal fatto di essere la banca più prestigiosa del Medio oriente. Qui, al contrario, si respirava aria di Roma che vi teneva le sue guarnigioni e le sue coorti, pronte ad intervenire e a ricordare, con la loro presenza, chi fosse il padrone, come accadeva già dal tempo dei Maccabei e soprattutto dopo la conquista di Pompeo nel 63 a.C.. E c’era poco da scherzare: lo scacchiere territoriale era popolato da vari sovrani del tipo di Erode, Archelao….ma i giocatori veri, da qualche secolo, stavano a Roma. E questo Gesù lo sapeva benissimo e non aveva nulla da obiettare sul piano politico, anche se ne soffriva insieme al suo popolo. Tanto, per il popolo, un despota valeva l’altro, che appartenesse alla casta sacerdotale, come, a suo tempo, Giovanni Ircano, o alle dinastie locali, come Erode e i suoi discendenti non cambiava nulla.
L’alleanza tra il popolo “eletto” e Yawè si basava sulla fedeltà alle leggi date a Mosè sul Sinai. Questo contenuto ideale di alleanza e di fedeltà, tradotto nella cultura religiosa, politica, sociale e familiare aveva fatto sì che da un’accozzaglia di tribù antagoniste tra loro si formasse un’identità di popolo che potesse aspirare, nonostante le continue inadempienze, ad una relazione con la divinità di tipo amoroso. Nessun altro popolo aveva un elemento culturale così caratteristico: Ascolta Israele, amerai il Signore Dio tuo…e il prossimo tuo come te stesso. I Greci temevano gli dei. I Romani allungavano senza alcun problema l’elenco delle nuove divinità importate dall’oriente, ma niente di tutto ciò che era presente nella Torah, gli dei restavano nel loro Olimpo a tramare i loro intrighi e non si prendevano cura degli uomini, se non in modo passionale e dispotico.
Gesù sapeva bene che non dell’assetto politico della regione dovrà occuparsi, ma di ben altro. D’altra parte, solo a leggere la storia dell’ultimo secolo dello stato di Israele, c’era poco da illudersi sulle reali possibilità di risollevare le sorti di un’identità politica teocratica, ormai compromessa già da tempo, e su cui nessun profeta avrebbe potuto scommettere né in nome proprio né, tanto meno, in nome di Yawè. D’altra parte di fomentatori fondamentalisti,- così li chiameremmo oggi- che puntavano ad una rivolta contro gli invasori romani, in nome della religione, a causa anche delle profanazioni e del mancato rispetto della tradizione, ce n’era più d’uno. E avevano nomi rimasti celebri nella storia, come Giuda, Zodak e, al tempo di Gesù, Barabba e Simone Bar Kokeda, più di un secolo dopo.
Scendere da Nazareth a Tiberiade e, andare più lontano, navigando da qui verso Cafarnao, per Gesù, poteva essere un’abitudine corrente, legata alle caratteristiche del territorio, per rifornire la bottega di Giuseppe dei materiali più innovativi di cui bisognava essere forniti per stare al passo dei tempi, anche se la tradizione storica del primo cristianesimo nega che Gesù possa aver frequentato tale città perché troppo pericolosa per la sua identità religiosa. La strada che dal porto di Tolemaide(Acca) portava a Tiberiade passava proprio per Nazareth dopo la tappa di Sefforis. Le carovane cariche dei rifornimenti che provenivano da Roma o dalle altre città della costa (la carovaniera del mare), soprattutto da Alessandria, passavano proprio di lì. La scorta dei soldati romani erano il segno di una presenza non voluta e osteggiata dalla popolazione, ma a cui si doveva il vantaggio di un equilibrio non certo possibile per le litigiose forze politiche dello scacchiere mediorientale. I lavori della costruzione della città di Tiberiade erano lì a testimoniare che il nuovo scenario politico, pur se non garantiva la conferma alla identità del popolo ebraico, alimentandone ancora di più la frammentazione, tuttavia era fonte di reddito e di benessere economico per le piccole imprese che avessero voluto parteciparvi. E non è detto che Gesù, da maestro d’ascia e di carpenteria qual era, non si fosse avvalso dell’opportunità offerta.
Tuttavia non poteva sfuggire al giovane Rabbi il pericolo della perdita della propria identità culturale, derivante dalla troppa esposizione all’ellenismo, che la frequentazione delle città del lago poteva comportare. Ma per lui fu un rischio calcolato, intuiva che l’ellenizzazione portata avanti da Roma, insieme a vantaggi economici e politici avrebbe prodotto anche un cambiamento dei costumi e una perdita dei valori religiosi importanti per la crescita della persona umana. E anche l’acuta analisi di Tacito, sulla diffusione dell’ellenismo da parte di Roma, (crf. Historia, V,8) “demere superstitionem et mores Graecorum dare” (combattere la superstizione e portare i costumi dei Greci) andava certamente in tale direzione. La frequentazione delle sinagoghe nelle città come Cafarnao e Betsaida, oltre che di quella di Nazareth, per lo studio e per la proclamazione della Torah e dei profeti era un rito importante da adempiere col massimo impegno. La lettura e la riflessione continua dei testi scritturali, imparati e recitati a memoria durante i riti sacri, il suono e le vibrazioni del corno durante le cerimonie delle feste dei Tabernacoli e di quelle di Pasqua lo avevano immerso nella comprensione della verità profonda contenuta nella tradizione ebraica. Il Dio della sua tradizione religiosa e culturale –Elohim, Yawè, Adonai e “Io sono colui che sono”- è suo Padre, è il Sé profondo dell’inconscio collettivo e individuale dell’umanità, che lui sente profondamente e inscindibilmente radicato nel suo essere Figlio dell’uomo, nato da donna.
Ma ciò che aveva caratterizzato di più la sua giovinezza era stata la parentela e l’amicizia di suo cugino Giovanni. Di appena sei mesi più grande di lui, Giovanni, figlio del sacerdote Zaccaria e della cugina di Maria, Elisabetta, esercitava un fascino intenso, per il fatto che aveva dato origine ad un gruppo di osservanti della Torah e ad una missione profetica che suscitava interesse ed ammirazione tra la gente, soprattutto per il coraggio e la fermezza delle sue denuncie. Tra i due giovani l’intesa fu immediata e i progetti di vita sembrarono prendere la stessa piega: la presa di distanza e la denuncia del potere politico perverso e contrario alla tradizione ebraica, che per Giovanni si identificava soprattutto con Erode Antipa, a causa della sua condotta licenziosa e immorale.
Ben presto, però, Gesù approfondisce le motivazioni profonde del suo “doversi occupare delle cose del Padre mio” ed allarga la cerchia della denuncia, precisandone meglio gli obiettivi, includendo, nella cerchia del potere perverso, anche quello, ritenuto finora intoccabile, dei sommi sacerdoti e del Tempio, con tutto il suo apparato socioeconomico e dottrinale, tanto necessario per la riproduzione del consenso. Fu da giovane che si preparò, sul piano dottrinale, a sferrare l’attacco all’ipocrisia, alla mala fede e al tradimento della Torah da parte degli Scribi, dei Farisei e della casta sacerdotale, che avevano ridotto il Tempio in “una spelonca di ladri”. Già da allora sapeva che quelle parole sarebbero state la sua condanna a morte, ma, a tempo opportuno, quando la misura traboccherà, darà corso al suo sdegno e alla rivolta contro la profanazione del luogo santo. Il cambio e la precisazione degli obiettivi fu di grande portata. Non è dal gioco dei romani e dai loro accoliti che bisognava liberarsi, ma era dalla mala fede e dallo sfruttamento della religione a fini politici e di manipolazione del popolo che bisogna emendarsi.
Fu un cambiamento epocale, una trasformazione delle relazioni umane mai proclamata fino ad ora. Fu una rivoluzione interiore di una portata incalcolabile. Come non ipotizzare un allargamento degli orizzonti della conoscenza della storia, delle tradizioni religiose di altri popoli, del diritto romano, della mitologia greca e della cultura scientifica diffusa, già da due secoli prima dalla koinè dialectos per tutto il bacino del mediterraneo? Perché non ipotizzare che Gesù potesse conoscesse il pensiero del contemporaneo Filone d’Alessandria (30 a.C.-40 d.C.), già affermato interprete delle scritture in chiave ellenistica e avesse già la cultura storica che sarà poi di Giuseppe Flavio? Quando la tradizione cristiana, al tempo del conio della parole di “airesis” e di “apostasia”, scelse di dare attuazione alla “ortodossia”, allora scelse una linea rigida che negherà e ridurrà la profondità e l’ampiezza del messaggio del giovane Rabbi di Nazareth. E la scelta politica di occupare “un regno”, come territorio da amministrare come apparato amministrativo, sarà quanto di più lontano dalle idee espresse e dalla prassi di Gesù.
La crescita in età, in sapienza e in grazia del giovane Gesù si compì per effetto della spinta alla maturazione, all’autorealizzazione e alla decisione inconscia e cosciente “di occuparsi delle cose del Padre mio”, in un continuo scambio, avvenuto nella riflessione, nella preghiera e nelle relazioni improntati alla compassione, alla pietà e all’amore per Dio e per il prossimo.

Valentino Ceneri
Ultima modifica di pan il 13/07/2011, 4:47, modificato 1 volta in totale.
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) - fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) - ...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)

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Re: [O.T.] Parliamo di argomenti originali

#175 Messaggio da pan »

Sorry, post doppio.
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) - fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) - ...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)

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Re: [O.T.] Parliamo di argomenti originali

#176 Messaggio da MauroG »

pan ha scritto:Oggi vi segnalo un pensatore abruzzese: Valentino Ceneri. Dalle poche info che ho risulta che fu parroco per 15 anni a Moscufo(PE) dopodiché abbandonò l'abito talare e si sposò. Alla moglie resistette meno che a Santa Madre Chiesa e quindi divorziò. Il 13 agosto alle ore 18 a Moscufo presenterà il suo libro "Il Maestro d'ascia" che tratta essenzialmente della formazione psichica di Gesù.

Vi anticipo un paio di capitoli del lavoro dove ancora sono presenti piccoli refusi.



IL RUOLO EDUCATIVO DI S. GIUSEPPE
Secondo la Psicoanalisi
di Valentino Ceneri
(In occasione del 40° di sacerdozio di Don Giuseppe Natoli)

Nell’affrontare il tema che mi sono dato “Il ruolo educativo di S. Giuseppe secondo la psicoanalisi”, so di aver fatto una scelta non agiografica e devozionale ma di ricerca sui contenuti di base dell’esperienza di vita di S. Giuseppe, come risulta dalla narrazione dei Vangeli. Questo nell’intento di dare un mio contributo ad uno sviluppo delle conoscenze di frammenti di verità, perché la fede di ciascuno di noi le sintetizzi in una visione più approfondita ed impegnativa,
Con la mia formulazione intendo distinguere la semplice credenza dalla fede.

...

.......
Pan, lo sai che ti voglio bene, ma preferirei un poco del cous cous di ieri, mica ti è avanzato?
Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock stars. Ma non é cosi. E lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene. (Tyler Durden, Fight Club)

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Re: [O.T.] Parliamo di argomenti originali

#177 Messaggio da Gambo192 »

pan ha scritto:Sorry, post doppio.
Peccato, l'avrei riletto tutto volentieri :DDD
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Re: [O.T.] Parliamo di argomenti originali

#178 Messaggio da pan »

MauroG ha scritto:
pan ha scritto:Oggi vi segnalo un pensatore abruzzese: Valentino Ceneri. Dalle poche info che ho risulta che fu parroco per 15 anni a Moscufo(PE) dopodiché abbandonò l'abito talare e si sposò. Alla moglie resistette meno che a Santa Madre Chiesa e quindi divorziò. Il 13 agosto alle ore 18 a Moscufo presenterà il suo libro "Il Maestro d'ascia" che tratta essenzialmente della formazione psichica di Gesù.

Vi anticipo un paio di capitoli del lavoro dove ancora sono presenti piccoli refusi.



IL RUOLO EDUCATIVO DI S. GIUSEPPE
Secondo la Psicoanalisi
di Valentino Ceneri
(In occasione del 40° di sacerdozio di Don Giuseppe Natoli)

Nell’affrontare il tema che mi sono dato “Il ruolo educativo di S. Giuseppe secondo la psicoanalisi”, so di aver fatto una scelta non agiografica e devozionale ma di ricerca sui contenuti di base dell’esperienza di vita di S. Giuseppe, come risulta dalla narrazione dei Vangeli. Questo nell’intento di dare un mio contributo ad uno sviluppo delle conoscenze di frammenti di verità, perché la fede di ciascuno di noi le sintetizzi in una visione più approfondita ed impegnativa,
Con la mia formulazione intendo distinguere la semplice credenza dalla fede.

...

.......
Pan, lo sai che ti voglio bene, ma preferirei un poco del cous cous di ieri, mica ti è avanzato?
Purtroppo no, ma ne ho fatto uno allo zafferano per stasera. Ma non è un argomento originale quello che imperversa in ogni topic. :blowkiss:
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) - fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) - ...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)

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pan
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Re: [O.T.] Parliamo di argomenti originali

#179 Messaggio da pan »

Gambo192 ha scritto:
pan ha scritto:Sorry, post doppio.
Peccato, l'avrei riletto tutto volentieri :DDD
:DDD :DDD :DDD
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) - fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) - ...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)

marziano
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Re: [O.T.] Parliamo di argomenti originali

#180 Messaggio da marziano »

Forse finalmente qualcosa si intravede sul fronte della lotta alla cultura della magrezza e dell'anoressia.
Mangiate, bevete e godete. Basta modella anoressiche.
Si tratta comunque di una goccia nel mare ma almeno...

Belle Vere

http://www.vogue.it/magazine/cover-stor ... belle-vere
La verginità è un ottima cosa perché capisci meglio cosa è vero e cosa invece è falso.

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