Il gravissimo ritardo storico è secondo me principalmente dovuto al ventennio fascista, dopo la seconda guerra mondiale la sinistra italiana che aveva combattuto per liberare l'Italia dai nazi-fascisti è stata egemonizzata dal PCI. I legami con Mosca erano piu' che normali visto che gran parte della dirigenza comunista si è formata in esilio nell'URSS visto che in Italia per legge esisteva solo il PNF.Helmut ha scritto:Continui a girare intorno al nocciolo della questione. Allora ti faccio domande dirette, strettamente inerenti al topic.tiffany rayne ha scritto:Vedi tu continui a vedere nel PCI solo un satellite dell'URSS, un blocco monolitico che prendeva ordini solo da Mosca. C'era una parte del PCI che magari era come dici tu ma esisteva anche una parte del PCI che non amava affatto l'imperialismo sovietico e criticava l'involuzione della società socialista in URSS
Questo atteggiamento del PCI che citi, cui sono d'accordo, ha contribuito o no al gravissimo ritardo storico della "socialdemocratizzazione" della sinistra italiana?
Il legame, parziale o totale, con Mosca, ha influito sul processo di "socialdemocratizzazione" della sinistra italiana, o no?
Il perdurare di atteggiamenti massimalistici, frazionisti, ideologici all'interno della sinistra italiana, anche se minoritari, che ne impediscono l'unita' e la "socialdemocratizzazione", sono o non sono figli del legame PCI con Mosca?
Spero di essere stato chiaro.
Senza il ventennio fascista i socialisti avrebbero limitato di molto l'egemonia del PCI che ricordiamolo è nato da una scissione del PSI. In uno stato ancora democratico con un libero dibattito politico una socialdemocrazia italiana di stampo occidentale avrebbe potuto nascere e svilupparsi limitando molto l'influenza di un PCI ancorato strettamente all'Italia e che non avrebbe avuto bisogno di andare in esilio a Mosca.
Invece il ventennio fascista, la seconda guerra mondiale e quello che ne segui portò in Italia all'affermazione di un forte Partito Comunista che aveva solidi e inevitabili legami con Mosca.
Chiaro che il PCI ha le sue responsabilità storiche ma vista la sua genesi ha fatto molto meno danni di quelli che avrebbe potuto fare. Tu continui a dimenticare il contesto storico e non gli riconosci nulla di positivo nella storia italiana. Io invece penso che qualcosa di buono il PCI ha fatto per l'Italia.
Comunque lascio la parola a Pietro Nenni, trascrivo alcuni passi salienti di una sua intervista del febbraio del 1976. Si capisce come il PCI abbia certo creato problemi al socialismo italiano, ma si dovrebbe anche capire che per le condizioni storiche in cui si viveva ciò era inevitabile.
"Confesso con tutta franchezza che noi socialisti non siamo riusciti a fornire un modello di partito alternativo tra quello di tipo borghese e clientelare e quello di tipo leninista. Non ci siamo riusciti e la responsabilità di questo fallimento è in buona parte mia, che nell'ultimo secolo ho guidato il partito socialista per quarant'anni. Però so che questo è il problema. Se non si risolve, tutto il resto è vano...
la speranza di poter riassorbire le ragioni che motivarono la scissione del '21 e ricondurre socialisti e comunisti nella medesima casa, in un grande e unitario partito dei lavoratori, io ce l'ho ancora. Ma è un processo assai lungo e non è detto che ci si arrivi. Il punto è quello che ho detto prima: una diversa concezione del partito, sia loro che nostra. Ma può un fiume separarsi dalla sorgente? Temo di no. Comunque una cosa è certa. noi socialisti possiamo a volte essere avversari o amici dei comunisti, ma indifferenti mai. Oggi i nostri rapporti attraversano una fase migliore di qualche anno fa e questa è senza dubbio un fatto positivo per il paese e per la classe lavoratrice.
Noi, da quando ci fu la scissione di Livorno e nacque il partito comunista, abbiamo sempre avuto il problema di conquistare giorno per giorno il nostro spazio, difenderlo, allargarlo. Sempre. Chi non capisce che questo è da 45 anni il problema storico del socialismo italiano non capisce niente e da su di noi giudizi temerari...
Noi non possiamo operare e comportarci come una socialdemocrazia scandinava o tedesca che non ha al proprio fianco un partito comunista e che soprattutto opera in paesi le cui condizioni economiche sono totalmente diverse dal nostro. La principale diversità consiste nei ceti medi. I ceti medi nei paesi scandinavi sono quali li ha formati la socialdemocrazia. I nostri ceti medi sono quali li ha formati la Chiesa e il capitalismo. Basterebbe questo fatto, d'importanza capitale, per capire quanto sia difficile per i socialisti italiani fare politica concreta, dovendo tenere conto appunto della presenza del PCI, d'una tradizione classista che ha alle spalle una realtà e una cultura e al tempo stesso dell'instabilità psicologica, politica ed economica dei ceti medi. E del loro sostanziale parassitismo..."