Stai forse inconsciamente associando la figura di Lele Mora a quella, di ben altro spessore, di Waler Midolo, che rappresentò per Salieri quello che Jean-Pierre Léaud fu per Truffaut, Salvo Randone per Elio Petri o Carlo Verdone per Carlo Verdone.
Ma ciò che fa di Lele Mora una figura topica e direi quasi necessaria dell'universo berlusconiano, è il suo rappresentare un modello di viscidume che trascende la sfera umana. L'ambiente in cui vive è inaccessibile e perfino inimmaginabile per i comuni mortali; i suoi stessi bisogni fisiologici si pongono nel regno dell'arcano, perché se nelle foto lo vediamo tastare tette e culi con apparente allegria, con smarrimento siamo costretti ad osservare come in tutta evidenza quei gesti siano slegati da qualsivoglia forma di necessità, di desiderio: posso toccare perché non ne ho bisogno, posso mangiare perché non ho fame, posso vivere, infine, perché la vita non ha nessun valore.
Bel altrimenti invischiato con gli umani tormenti, al contrario, il Midolo, anti-eroe proletario, figura tragica di vittima decisa però a sopravvivere, e per le necessità del sopravvivere a farsi squallido aguzzino. Mancano a questo miserabile perfino le illusioni iniziali di un Raskol'nikov, l'abbaglio di un'umanità divisa fra esseri straordinari e comuni mortali, e il vagheggiamento di potere, con sovrumano sforzo, arrivare a considerarsi parte dei primi. No: il Midolo si fa interprete di un'antropologia negativa che nulla concede ai sogni, e che di umano lascia sopravvivere solo le animalesche passioni, e la malinconia sul volto di un uomo mediocre, consapevole della propria ignobile lotta per la sopravvivenza e conscio che per ogni desiderio inseguito, per ogni sete che avrà la folle e umana ambizione di voler placare, dovrà farsi carnefice, ed esser pronto a pagarne lo scotto.
