anxxur ha scritto:Rispetto, ma non condivido. Per me FMJ è un capolavoro anche nella seconda parte. Avete presente quando Joker intervista i commilitoni?
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O quando il plotone marcia cantando "Viva Topolin"?
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Solo questo vale un film (ma si capisce perché Kubrick abbia avuto così pochi riconoscimenti...)
Il cacciatore e Apocalypse Now sono molto più meditativi, li trovo difficilmente confrontabili con FMJ.
FMJ è un calcio in faccia.
Sì, anx, grandi
trovate (ma, non c'è bisogno di dirlo, stiamo parlando di un bellissimo film!).
Quello che non mi convince è il fatto che dopo una prima parte in cui il regista magistralmente ci prepara (noi spettatori, che pendiamo dalle labbra del sergente Hartman e che troviamo conforto solo nell'apparente leggerezza di Joker, nel suo sguardo demistificatorio) ad un destino che grandiosamente e ineluttabilmente si materializzerà. Perché non c'è alternativa: la sofferenza del soldato Palla di Lardo e del resto della truppa - che antropomorfizza il proprio fucile e gli dà un nome; che ama lo stesso quanto il proprio fallo; che marcia e s'inerpica, scivola nel fango; che ripete come un mantra le parole del rigore e della disciplina, dell’odio e dello scherno per il nemico; che impara che "il fegato è tutto" (è per questo che un "senza dio" come Joker diventa il nuovo caposquadra) - deve trovare uno scopo, una finalizzazione.
E dunque, dopo siffatta premessa, incollati alla poltrona, ci apprestiamo a calarci nell'Inferno.
E, invece, cosa accade?
Quello che scrive Blif.
Nulla.
Il precisissimo Blif giustamente ci dice che questo "è un film di guerra senza scene di guerra".
Allora, posso certo apprezzare tutto ciò che Kubrick filma – lui è unico – ma rimango comunque insoddisfatto. Le scelte estetiche sono una cosa (che mi entusiasma, non lo nego), il... plot narrativo un'altra. Entrambe contribuiscono alla buona (ottima, in questo caso, ma non
da capolavoro) riuscita di un film.
"Apocalypse now", per esempio, si dipana attraverso una narrazione che, fin dall'inizio, c'introduce alla figura di Kurtz (il colonnello interpretato dall'ineffabile Brando, per quel pugno di sfortunati che non l'avessero ancora visto). Tutto ruota attorno a questo personaggio. Ai suoi indubbi meriti, al suo genio militare, alla sua presunta pazzia e alterità. E, dopo tanta attesa (e qui, semplificando enormemente, sta la differenza tra i due film), Kurtz è lì, finalmente, con la propria granitica personalità, con il carisma di un re in esilio. A dirci cose che non ci deludono, tutt'altro. Kurtz il santone, il filosofo, mormora parole che arrivano dritte allo stomaco. E staremo ad ascoltarlo chissà per quanto ancora, se solo ce lo permettesse.
Faccio per spaccare il capello in quattro. Ripeto, siamo davanti ad un
quasi capolavoro.
