Miss Spring ha scritto:Se qualcosa non ci piace, si può - molto semplicemente - tacere. Assai più signorile.
La riserva. Questa frase di Miss è un esempio di quel comportamento che si oppone alla franchezza nell'Etica della ragion pratica, laddove Kant tenta di sciogliere il nodo se dire o non dire quello che si pensa veramente. E' più puro chi dice apertamente ciò che pensa o chi lo sottace per non ferire?
Siccome Barabino mi ha dato il nomignolo di gattocomunista, torno un attimo alle origini.
Alle origini, le prime comunità cristiane includevano tra quelle che poi furono chiamate virtù cardinali (fede, speranza, fortezza e temperanza) una quinta, chiamata parresia, consistente appunto nel dire sempre tutto ciò che si pensava. L'ultimo autore che usa questa parola è Giovanni Crisostomo nel V secolo, poi più nulla. Ora di questa che fu una virtù non sappiamo più niente, forse perché abbiamo perso la parola o forse perché a quella parola non corrispondeva più niente e nessuno.
C'è un film di Villaggio pre-Fantozzi dove lui fa il procuratore di una squadra di basket lombarda che va a comprare un campione nero negli U.S.A. che ben presto si dimostra uno stronzo immane, ma per correttezza lui non glielo fa mai notare. Sul finale, dopo una serie di vicissitudini, sbotta con qualcosa tipo : "Hai rotto il cazzo, stronzo di un negro di merda!" e il campione comprende che proprio in quel momento il lumbard ha rotto veramente con quel razzismo velato che gli impediva di dire la verità. I due si abbracciano e l'affare è fatto.
E' fuori dubbio che il papero ha esagerato con Beet per la gratuità dell'espressione, ma non è migliore chi fa finta di non guardarlo nella sua realtà, che non è un privilegio che lui solo può permettersi quando, sovente, scherza amabilmente sulla sua condizione a partire dall'avatar.