[O.T.] Crisi economica

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Blif
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1771 Messaggio da Blif »

Helmut ha scritto:Parliamo allora di costo del bene.

Esempio terra terra.

Un manufatto che, per la sua produzione, richiede una quantità di ore di lavoro maggiore di un altro, perchè costa di più...???

Perchè è maggiormente richiesto dal mercato...???

NOOO...!!!

Perchè contiene più tempo di lavoro. :o
Scusami, ma lo stuzzicadenti fatto a mano a partire dal troncio costa un casino,
perché ci lavora una famiglia per sei mesi, e a volte si rompe e bisogna ricominciare da capo.
Ma siccome non lo compra nessuno, il costo è puramente teorico: io te lo pago 10 centesimi,
e se non ti va bene non lo prendo.

C'è molto di lodevole dal punto di vista etico nel tentativo marxiano di legare il valore (mi va bene la tua definizione)
o il costo (va bene anche quella) al lavoro speso per produrre una cosa, ma è un concetto inutile, finché resta un numero teorico.

Ti faccio un esempio più vicino alla mia esperienza.
Una delle molte follie delle ultime riforme universitarie è il concetto di credito,
che esprime il lavoro speso dallo studente ad acquisire dei concetti.
E' un concetto totalmente astratto e assurdo: studenti diversi impiegano tempi diversi e fanno sforzi diversi per ottenere lo stesso risultato.
E' uguale il lavoro che hanno speso? No.
E' uguale il valore di ciò che hanno appreso? Sì.

Fortunatamente, nella pratica tutti lo ignorano: si fa finta che 1 credito siano 8 ore di lezione in aula e si ignora il tempo necessario
a capire e ricordare quanto spiegato in quelle 8 ore. Chi ci ha messo 8 ore e ha capito bene sarà contento,
chi ce ne ha messe 30 e non ha capito una mazza continuerà a scrivere sui fogli di valutazione che
"il carico didattico è sproporzionato al numero dei crediti del corso",
e chi ce ne ha messe 40 e ha capito tutto sarà stanco, ma almeno soddisfatto.

E' chiaro e sacrosanto che, se il mercato spinge verso lo sfruttamento abbassando il costo/valore del lavoro,
fortunatamente i lavoratori si organizzeranno e useranno la politica o le lotte sindacali per cambiare le cose,
ma questo non vuol dire che obbligheranno il padronato a riconoscere un costo/valore prima misconosciuto:
vuol solo dire che aumenteranno i costi alternativi di non riconoscere la "giusta" mercede al lavoratore.
Ille ego, Blif, ductus Minervæ sorte sacerdos (ბლუფ)

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Capitanvideo
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1772 Messaggio da Capitanvideo »

Helmut ha scritto:
Esempio terra terra.

Un manufatto che, per la sua produzione, richiede una quantità di ore di lavoro maggiore di un altro, perchè costa di più...???

Perchè è maggiormente richiesto dal mercato...???

NOOO...!!!

Perchè contiene più tempo di lavoro. :o
Ma non e' vero per niente.....
La quantità di ore di lavoro dedicate ad un oggetto non necessariamente influiscono sul suo costo.
Cioe', se vuoi puoi anche provarci a caricare sul prezzo, ma il costo dipende da ben altro che il tempo che hai impiegato.
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Giulio Tremonti
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1773 Messaggio da Giulio Tremonti »

L'Istat ha pubblicato i dati sull'occupazione in Italia. Tasso di disoccupazione 8.7%, sotto la media europea, migliore di quello di Germania, Spagna, Francia, UK, Usa. Possibile?
http://www.istat.it/salastampa/comunica ... 100702.pdf

Quello che non sentirete nei tg nazionali è che ciò si spiega considerando che il tasso di disoccupazione è il rapporto tra coloro che sono in cerca di lavoro e il totale degli occupati. Di conseguenza, in Italia non vengono considerati disoccupati i cassintegrati e le persone che, pur non lavorando, non cercano lavoro. Tenedo conto di questi, la disoccupazione italiana sarebbe quasi doppia.

Molto più interessante è il dato altissimo del 37.7% degli inattivi tra tra 15 e 64 anni (ad es. la Spagna sta a 25%). Praticamente, più di una persona su tre in età lavorativa non lavora.
...mostrando la medaglia appuntata al bavero: "Il Duce m'ha fatto l'onore di darmi questo grande titolo. E io me ne fregio". (Ettore Petrolini)

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nik978
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1774 Messaggio da nik978 »

Giulio Tremonti ha scritto:
Molto più interessante è il dato altissimo del 37.7% degli inattivi tra tra 15 e 64 anni (ad es. la Spagna sta a 25%). Praticamente, più di una persona su tre in età lavorativa lavora in nero
:)

(ok ho estremizzzato ovviamente..)
E' la vecchia guardia e i suoi interventi sul darkside sono imprescindibili, affronta il lato oscuro del sesso estremo con l'approccio dostojeschiano dell'uomo che soffre, mitizza e somatizza.UN DEMONE
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1775 Messaggio da Giulio Tremonti »

Sì, ma anche tenendo conto del nero, i confronti non variano molto. Primo, perchè anche in altri Paesi è molto alto, come Spagna e Grecia, poi, perchè il nero non si può eliminare, in nessun Paese è zero.
...mostrando la medaglia appuntata al bavero: "Il Duce m'ha fatto l'onore di darmi questo grande titolo. E io me ne fregio". (Ettore Petrolini)

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Helmut
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1776 Messaggio da Helmut »

Blif ha scritto: C'è molto di lodevole dal punto di vista etico nel tentativo marxiano di legare il valore (mi va bene la tua definizione)
o il costo (va bene anche quella) al lavoro speso per produrre una cosa, ma è un concetto inutile, finché resta un numero teorico.
Caro Blif, sei fuori strada. :blankstare:

Nessun tentativo "etico", nessun cuoricino che batte fervido per la classe operaia, e neppure alcun riferimento a Marx (che copiò di brutto la teoria del valore-lavoro da Smith)

Un semplice e freddo dato scientifico: più tempo di lavoro occorre per produrre un bene, più costerà e più alto sarà il suo prezzo finale di vendita.

Ed è un concetto tutt'altro che inutile, anzi importantissimo nel management industriale.

Non ho idea di quale sia la tua attività professionale, ma se affermi quanto sopra in un contesto di lavoro relativo a produzione industriale, sarai cacciato via con ignominia all'istante. :-D
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Husker_Du
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1777 Messaggio da Husker_Du »

Helmut ha scritto: Quanta fatica si fa... :blankstare:

...ciò che hai testè esposto LO ABBIAMO CAPITO TUTTI DA TEMPO...!!!

Proverò a cambiare tecnica di esposizione.

Parliamo allora di costo del bene.

Esempio terra terra.

Un manufatto che, per la sua produzione, richiede una quantità di ore di lavoro maggiore di un altro, perchè costa di più...???

Perchè è maggiormente richiesto dal mercato...???

NOOO...!!!

Perchè contiene più tempo di lavoro. :o
Helmut, si vede che hai studiato i classici, Smith, Marx, Ricardo e compagnia bella.
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Helmut
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1778 Messaggio da Helmut »

Husker_Du ha scritto: Helmut, si vede che hai studiato i classici, Smith, Marx, Ricardo e compagnia bella.
Veramente non ho studiato una mazza... :o




...questi concetti li ho sentiti al bar davanti a una birra...!!! :DDD
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1779 Messaggio da Drogato_ di_porno »

helmut non ha studiato un bel niente, la fabbrica di spilli di Smith l'ha provata a 15 anni sulla sua pelle durante le lunghe giornate in cantiere.
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Capitanvideo
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1780 Messaggio da Capitanvideo »

Helmut ha scritto: ...questi concetti li ho sentiti al bar davanti a una birra...!!! :DDD
Che fosse solo teoria e' palese.
“Il più bravo, anche se è il più bravo e ne si ammiri il talento, non può prendersi tutto”

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Husker_Du
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1781 Messaggio da Husker_Du »

Helmut ha scritto: Veramente non ho studiato una mazza... :o
Questo spiega molte cose.... :lol:
Helmut ha scritto: ...questi concetti li ho sentiti al bar davanti a una birra...!!! :DDD
Probabilmente da chi aveva studiato i classici, Smith, Marx, Ricardo e compagnia bella. :P
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Blif
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1782 Messaggio da Blif »

Da quanto dici, si vede bene che non hai letto interamente i miei post (né il primo, né il secondo).
Peccato.
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JoaoTinto
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1783 Messaggio da JoaoTinto »

Le ricette anti crisi di Keynes e Hayek nelle lettere inviate al Times nel 1932:

Gentile direttore,
il 10 ottobre avete dato risalto, sulle colonne del vostro giornale, a una lettera che invitava gli economisti a esprimere il loro parere sul problema della spesa privata. Gli economisti sono tanti nel nostro paese e nessuno può pretendere di parlare a nome di tutti loro. Tuttavia, i firmatari di questa lettera ragionano da molti anni sui problemi dell'economia, e riteniamo che pochi dei nostri colleghi sarebbero in disaccordo con quanto ci apprestiamo a dire.
Durante la guerra era un dovere patriottico per il privato cittadino ridurre nel limite della propria possibilità la spesa destinata all'acquisto di beni e servizi di consumo. Certe tipologie di economia privata infatti erano propizie più di altre all'interesse nazionale. Ma in una certa misura tutte le tipologie di economia misero gratuitamente a disposizione dello Stato, direttamente o indirettamente, risorse (manodopera, macchinari, trasporti) per la condotta della guerra. L'economia privata implicava la cessione di tali risorse per uno scopo nazionale di vitale importanza. Al momento attuale, le condizioni sono diversissime. Se una persona con un reddito di 1.000 sterline, che normalmente spenderebbe per intero, decide invece di risparmiarne 500, il lavoro e il capitale che essa libera non vanno a beneficio di un insaziabile apparato bellico. E nulla assicura nemmeno che vengano destinati a investimenti, costruendo capitali nuovi nell'interesse pubblico o privato. In certi casi, naturalmente, ciò avviene.
Un proprietario terriero che spende 500 sterline in meno del consueto in feste e ricevimenti e destina quei soldi alla costruzione di un fienile o di un cottage, o un imprenditore che rinuncia ai lussi per poter installare nuovi macchinari nel suo stabilimento, non sta facendo altro che trasferire risorse produttive da un impiego a un altro. Ma quando un uomo risparmia sui consumi e lascia che il frutto dei propri risparmi si ammassi nei bilanci delle banche, o anche nell'acquisto di titoli esistenti, le risorse reali immesse sul mercato non trovano una nuova destinazione pronta ad accoglierle. Nelle condizioni attuali, la possibilità che tali risorse vengano destinate a investimenti è preclusa dalla mancanza di fiducia. Inoltre, l'economia privata aggrava la situazione, poiché scoraggia ulteriormente tutte quelle forme di investimento – fabbriche, macchinari e così via – il cui scopo ultimo è produrre beni di consumo. Di conseguenza, nelle condizioni attuali, l'economia privata non trasferisce parte di un reddito nazionale invariato dai consumi agli investimenti. Al contrario, riduce il reddito nazionale quasi quanto riduce i consumi. Invece di liberare forza lavoro, macchinari e trasporti per altri impieghi più importanti, li rende inoperosi.
Il comportamento in campo economico, come in quasi tutti gli altri campi, è governato da un insieme di motivazioni. Alcune persone senza dubbio riducono i consumi perché il proprio reddito è diminuito e non sono più in grado di spendere come prima; altri lo fanno perché prevedono che il proprio reddito diminuirà e hanno timore di spendere. Non sta a noi giudicare che cosa sia nell'interesse privato del singolo individuo e quale importanza egli debba assegnare a tale interesse privato rispetto all'interesse pubblico, quando i due sono in conflitto. Ma una cosa è chiara, a nostro parere. L'interesse pubblico nella situazione attuale non va nel senso dell'economia privata: spendere meno denaro di quello che dovremmo voler spendere non è patriottico.
Inoltre, ciò che vale per gli individui che agiscono singolarmente vale anche per i gruppi di individui che agiscono attraverso le autorità locali. Se i cittadini di un piccolo centro voglio costruire una piscina, o una libreria, o un museo, non andranno nell'interesse più generale della nazione se si asterranno dal farlo. Saranno «martiri per sbaglio» e nel loro martirio arrecheranno danno anche agli altri oltre che a se stessi. Con le loro buone intenzioni mal rivolte spingeranno ancora più in alto l'onda crescente della disoccupazione.
I vostri devotissimi
D. H. MacGregor (professore di economia politica all'Università di Oxford)
A. C. Pigou (professore di economia politica all'Università di Cambridge)
J. M. Keynes
Walter Layton
Arthur Salter
J. C. Stamp

The Times, 17 ottobre 1932
(Traduzione di Fabio Galimberti)
http://www.ilsole24ore.com/art/economia ... d=AYEmBU5B

Gentile direttore,
la domanda se sia meglio risparmiare o meglio spendere, che è stata sollevata sulle colonne del vostro giornale, presenta alcuni aspetti ambigui. Essa implica tre questioni distinte: (1) se sia meglio usare il denaro o accumularlo; (2) se sia meglio spendere il denaro o investirlo; (3) se gli investimenti pubblici siano o meno equivalenti agli investimenti dei privati cittadini. Non vogliamo esagerare la natura delle nostre divergenze con quelli fra i nostri colleghi che già le hanno scritto al riguardo, ma su certi punti la diversità d'opinioni è sufficientemente accentuata da rendere auspicabile l'espressione di un punto di vista alternativo.
(1) Sul primo argomento (se sia meglio utilizzare il proprio denaro o ammassarlo) non ci sono divergenze significative fra di noi. Concordiamo sul fatto che accumulare il denaro, in liquidità o in saldi inattivi, produce effetti deflattivi. Nessuno pensa che la deflazione sia qualcosa di auspicabile.
(2) Sull'argomento se sia meglio spendere o investire, la nostra posizione è diversa da quella dei firmatari della lettera che è comparsa sulle pagine del vostro giornale lunedì. Costoro sembrano ritenere che sia indifferente, ai fini della ripresa economica, se i soldi vengono spesi in consumi o in investimenti reali. Noi, al contrario, siamo del parere che uno dei problemi principali che affliggono il mondo di questi tempi sia la carenza di investimenti, una depressione di quelle industrie che danno luogo a un accrescimento del capitale ecc., invece di quelle industrie che danno luogo direttamente a consumi. Per questo riteniamo che sia particolarmente auspicabile una ripresa degli investimenti. I firmatari della lettera a cui ci riferiamo, invece, sembrano deprecare l'acquisto di titoli già esistenti sulla base del fatto che non ci sarebbe nessuna certezza che il denaro venga destinato a investimenti reali. È un punto di vista che non possiamo sottoscrivere. Nelle condizioni moderne, i mercati mobiliari sono un elemento indispensabile del meccanismo degli investimenti. Un aumento del valore dei titoli già esistenti è prerequisito indispensabile alla quotazione di nuovi titoli. È chiaro che una ripresa delle quotazioni dei titoli già esistenti non dà subito luogo a una ripresa del resto dell'economia. Ma sarebbe un disastro o poco meno se i cittadini dovessero desumere da quello che è stato detto che l'acquisto di titoli esistenti e la collocazione di depositi in società di costruzione ecc. sia, nel momento attuale, contrario all'interesse pubblico, o che vendere i titoli o ritirare tali depositi possa favorire l'arrivo della ripresa. È estremamente pericoloso dire qualcosa suscettibile di indebolire ulteriormente la consuetudine al risparmio privato.
Ma forse è sulla terza questione – se questo sia il momento adatto per un incremento della spesa da parte dello Stato e delle amministrazioni locali – che le nostre divergenze con i firmatari della lettera sono più acute. Su questo punto concordiamo con il vostro editoriale di lunedì. Siamo dell'idea che molti dei problemi che ha il mondo in questo momento siano dovuti all'imprudenza delle autorità pubbliche nell'indebitarsi e nello spendere. Non è nostro desiderio assistere a un rilancio di tali pratiche. Nella migliore delle ipotesi, in questo modo si ipotecano i conti pubblici del futuro e si fa crescere tendenzialmente il tasso di interesse, un processo senza dubbio particolarmente poco auspicabile in questo frangente, quando è palese l'urgenza che l'industria privata torni ad avere disponibilità di capitale. La depressione ha largamente dimostrato che l'esistenza di un debito pubblico di grandi proporzioni impone frizioni e ostacoli al riaggiustamento molto maggiori di quelli imposti dall'esistenza del debito privato. Pertanto non possiamo concordare con i firmatari della lettera quando affermano che è il momento adatto per nuove piscine comunali ecc. semplicemente perché la gente «sente di volere» tali amenità.
Se lo Stato vuole aiutare la ripresa, il modo giusto di procedere non è tornare alle vecchie abitudini di prodigalità pubblica, ma abolire quelle restrizioni ai commerci e al libero movimento dei capitali (incluse le restrizioni sui titoli di nuova emissione) che attualmente impediscono anche solo l'avvio della ripresa.
I vostri devotissimi
T. E. Gregory, professore Cassel di economia
F. A. von Hayek, professore Tooke di scienza economica e statistica
Arnold Plant, professore Cassel di commercio
Lionel Robbins, professore di economia
Università di Londra, 18 ottobre

The Times, 19 ottobre 1932
(Traduzione di Fabio Galimberti)
http://www.ilsole24ore.com/art/economia ... 1732.shtml

Tratte da: ilsole24ore.com
Iudicio procede da savere, Cum scritta legge receve repulsa Ecceptuando 'l singular vedere. Per una vista iudicare 'l facto Sentenzia da vertute se resulta Erro e rasone se corrumpe 'l pacto. Non iudicare, se tu non vedi, E non serai ingannato se ciò credi.
[L’Acerba - Cecco d’Ascoli]

I criteri della morale e del diritto non hanno senso se applicati ai processi storici.
[Aleksandr Aleksandrovič Zinov’ev]

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Re: [O.T.] Crisi economica

#1784 Messaggio da Capitanvideo »

JoaoTinto ha scritto:Le ricette anti crisi di Keynes e Hayek nelle lettere inviate al Times nel 1932:

Gentile direttore,


SNIP

Sarei curioso di sapere cosa ne pensa Keynes dello sfascio della sua politica economica in atto in questo momento, e magari le ricette per venirne fuori.

Ah si, stampare dal nulla 750 miliardi di euro per salvare gli stati :lol:
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1785 Messaggio da Helmut »

Blif ha scritto:Da quanto dici, si vede bene che non hai letto interamente i miei post (né il primo, né il secondo).
Peccato.
Li ho letti fino in fondo, caro Blif.

E' probabile che tu non abbia letto i miei. :wink:
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