Helmut ha scritto:repeat ha scritto:Non vorrei sbagliarmi
Era in percentuale nettamente inferiore all'Occidente, ma era rilevante e concentrata sopratutto a Mosca e S.Pietroburgo.
Ovviamente per ragioni geografiche (la vastità del territorio russo) non poteva essere diffusa e la principale risorsa delle province era l'agricoltura (che anche quella necessitava di capitali per l'ammordernamento)
Quindi si trattava essenzialmente di una grande nazione agricola, culturalmente e socialmente molto arretrata. Poi, sì, c'era qualche industria fra Mosca e S.Pietroburgo, ma il grosso della nazione traeva sostentamento dall'agricoltura e campava di quello.
Non stupisce che Lenin sia ricorso ai capitali esteri per "industrializzare" e ammodernare il paese. E' quello che ancora oggi facciamo con le nazioni "povere", no? Gli prestiamo i soldi affinchè abbiano dei capitali da investire nella loro economia. Poi, lascia stare che spesso questi soldi finiscono nelle tasche sbagliate, ma il concetto è quello. Il Capitale serve. Poi si tratta di mettersi d'accordo su chi, eventualmente, debba possederlo. O su quanto ne debba possedere.
La Cina di oggi è una società capitalistica a tutti gli effetti, dove però il livello di statalizzazione dell'industria e della produzione di beni e servizi è largamente superiore a quello delle società occidentali. La socializzazione dei mezzi di produzione e un modello di società che contempli una distribuzione più equa della ricchezza non impedisce, come vedi, nè di essere "competitivi" nè di fare affari anche con il resto del mondo, arrivando addirittura a prestare trilioni di dollari alla società capitalistica per eccellenza: gli USA.
Non era il "comunismo" ad essere sbagliato; così come non è il "liberismo" in sè ad esserlo. Sono i modi in cui sia il primo sia il secondo si sono realizzati. Il fatto che non ci sia, ogni giorno, una martellante propaganda che ti spieghi quanto il liberismo sia folle, sbagliato e socialmente pericoloso, non vuol dire che non lo sia davvero. Del "comunismo" si è detto peste e corna. Ma vogliamo parlare anche dei mali di questo modello?
Ad esempio, è giusto ed accettabile che qualcuno guadagni milioni di euro al mese o accumuli, spesso standosene comodamente seduto nel suo ufficio, patrimoni miliardari, che poi lascerà ai figli e ai nipoti (che nulla hanno fatto per meritarselo), e qualcun altro (meno fortunato o meno dotato) sia costretto a vivere con pochi dollari al giorno, e quando muore non ha neppure i soldi per pagarsi il funerale o la bara?
E' "comunismo", questo... oppure è solo l'esigenza di avere una società più giusta e meno diseguale?
A volte mi chiedo se siamo davvero così stupidi o impotenti da non vedere i problemi o da non poterli risolvere. Che qualcuno (chi sta nella parte più alta della società... quell'1% che detiene il 40% del patrimonio mondiale) non voglia nè vedere nè risolvere questi problemi posso capirlo. Ma gli altri?
Il dogma del "profitto" e della "proprietà privata": possiamo discuterne? Non per abolirli, ma per modularli meglio.
Possiamo parlare, ad esempio, di quel livello minimo di sussistenza che una società che voglia dirsi davvero civile deve saper garantire a tutti?
Se io non ho lavoro e nemmeno riesco a trovarlo... cosa si fa? Mi si lascia morir di fame oppure mi si garantisce comunque un accesso minimo ai beni di consumo?
Se non ho una casa o non ho neppure i soldi per potermela affittare... cosa si fa? Mi si lascia morir di freddo sotto ad un ponte oppure mi si dà un tetto sotto il quale dormire?
Se io mi ammalo - e spesso ci si ammala come effetto collaterale del "profitto" e dell'industria inquinante - e non ho i soldi per curarmi... cosa si fa? Mi si lascia morire di malattia o si tenta di curarmi e di salvarmi?
Tu mi dirai: ma questo già si fa con lo stato sociale! Ed io ti rispondo: non è vero, si fa solo in parte e si fa male o di malavoglia, quasi fosse un'elemosina o un fastidio. Non è la "missione" delle nostre società. Gli ultimi sono un peso... un "costo" per la società, non un problema da risolvere o su cui intervenire "senza se e senza ma". Non si capisce, cioè, che il bene di ognuno passa anche dal bene di tutti. A mio avviso, ci sono ampi spazi di manovra per coniugare meglio
libertà individuale (che nessuno vuole nè abolire nè negare) e
bene comune. Le due cose non sono affatto in conflitto, come tentano di spiegarci con la loro propaganda.
Su queste e su tante altre cose (energia, consumo, produzione, salute, democrazia, libertà, guerra & pace nel mondo) che diamo per scontate - non si capisce perché! - sarebbe bene aprire qualche grossa crepa in questo muro di certezze assolute e rivelate.

La ripresa non si vede, ma è dentro di noi.
Il governo ha aggravato la crisi per favorire la crescita.