Ecco allora che non si può pretendere che lo spettatore arrivi a godere del video porno già con una bella erezione in dotazione, perché quell’erezione dovrà essere procurata dalla qualità del video stesso, dalla sua capacità di emozionare, di eccitare, di arrapare. E dove può stare l’arrapamento nel vedere un dettaglio di fessure colmate e stantuffate? Ci vuole di più, ci vuole il vedere come quelle fessure arrivano ad essere stantuffate. Ci vuole anche il ‘prima’, non solo il ‘durante’ e il ‘dopo’.
Una volta c’era un signore che tutto questo l’aveva capito, e che, pensate com’era avanti, si mise in testa di farci sopra un lungometraggio. Un documentario, cioè, che ‘rivelasse per la prima volta il backstage di un film porno, i problemi tecnici da risolvere e le reazioni degli attori-attrici impegnati’. No, non sto parlando di un mockumentary intellettualoide di qualche studentello idealista tirato su a pane e tv. Qui si parla di Storia, si parla del 1973 e di Lasse Braun, che col suo ‘Penetration/French Love’ fece proprio questo: mostrare a tutti come il ‘girare porno’ significasse ‘fare cinema’ a tutti gli effetti e sotto tutti i punti di vista, registico e attoriale. Nel film vediamo infatti come gli attori si preparino alla scena di sesso, aiutandosi e stimolandosi reciprocamente, sotto gli occhi di un Lasse attento, lucido e votato alla ricerca del dettaglio, del punto di vista migliore da cui riprendere, da professionista del sesso filmato qual’era. ‘French Blue’ è un documento straordinario perché è il miglior film ’sul’ porno che sia mai stato pensato e fatto. Un film che, lungi dall’essere pura teoria, esibisce un sesso didattico che spiega per la prima volta il confine tra penetrazione ‘recitata’ ed eccitazione ‘reale’, e mai testo cinematografico sarà a riguardo più chiaro ed esauriente di questo nei successivi 46 anni.



Ma c’è di più. Sempre citando le parole di Lasse, ‘La cosa, mai fatta prima, poteva essere interessante sotto il profilo culturale’. Apriti cielo: si parla di ‘esibizione dell’oggetto porno come ‘cultura’, tutto questo nel contesto di un mercato, non dimentichiamocelo, in cui fare porno equivaleva a muoversi in larga parte ancora tramite loop, formato ‘underground’ per eccellenza, dunque ’sovversivo’, ’sotterraneo’, ‘di nicchia’. Eppure Lasse, nella sua straordinaria capacità di vedere ‘oltre’, non si limita ad usare un termine velleitario quale ‘controcultura’, come a dire ’scusate se esisto anch’io, pornografo’. No, lui adotta, giustamente, il sostantivo ufficiale: ‘Cultura’, tant’è. Ecco la reale portata rivoluzionaria di ‘French Blue’, che può a buon diritto essere considerato a mio avviso come l’ ‘8 e Mezzo’ del cinema porno. Laddove Fellini illustrava tutte le problematiche tecniche e umane legate alla realizzazione di un film ’normale’, ecco Lasse Braun argomentare sul ‘come si fa il porno’, barcamenandosi tra l’emotività dell’attrice (la stupenda Brigitte Maier), la precarietà delle erezioni maschili di Willy Brack e Nico Tierlier, scelti – secondo le parole dello stesso regista – non perché belli o superdotati ma ‘di vena umoristica adatta al documentario’. Infatti non mancano note di alleggerimento, tra improbabili posizioni uomo-donna e momenti di puro divertimento per alleggerire la tensione creativa di cui il volto e la gestualità di Lasse sono splendida testimonianza (citiamo a tal proposito anche l’inserimento nel corpus del film di alcuni spassosi loop di Braun, tra cui il mitico ‘Cake Orgy’, una delle tante pietre dello scandalo dell’avventurosa vicenda professionale del regista).

E il sesso, direte voi: c’è o non c’è? Scopritelo voi stessi. Eppoi cari lettori, il sesso si fa anche prima di farlo. Il sesso è la risultante, non la premessa. E’ questo che, una volta, rendeva ‘cinema’ il porno. Già, una volta.