[O.T.] Devo entrare in analisi?

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pan
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#661 Messaggio da pan »

Barabino ha scritto:@Pan: di ricorrere alla mia parte scema me l'ha detto anche un'altra psicologa.

come esempio mi ha portato il film The Cube dove, in effetti, sopravvive solo quello scemo :-(

E' un pensiero cosi' umiliante che mi ha portato al motto "io stesso sono la mia malattia"
Non conosco il film, ma l'idea di ricorrere alla parte scema è un modo gioioso per dire di porsi sulla stessa lunghezza d'onda dell'interlocutore. Non dimentichiamo che la seduzione è anche un gioco. Sintonizzarsi sull'interlocutore, poi, risponde ad un requisito chiave della seduzione: quello di apparire molto neutri, come uno schermo dove l'altro possa proiettare e vedere riflessi i propri bisogni profondi.

Poi bisognerebbe intendersi sulle manifestazioni fenomeniche della scemenza, che talora sottendono tutt'altro.

Che noi stessi siamo la nostra malattia ha una sola alternativa: che lo siano gli altri. Ma questo non cambia nulla ai fini pratici: sono in ogni caso le nostre interazioni e relazioni ad essere più o meno sane.
Ultima modifica di pan il 15/01/2011, 12:09, modificato 2 volte in totale.
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) - fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) - ...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)

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Tigerman
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#662 Messaggio da Tigerman »

Minchia pan quante ne sai! E' interessante leggerti!
C'è, nelle cose umane, una marea che colta nel flusso conduce alla fortuna ma perduta, l'intero viaggio della nostra vita si arena su fondali di miseria. Ora noi navighiamo in un mare aperto dobbiamo dunque prendere la corrente finchè è a favore
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Paperinik
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#663 Messaggio da Paperinik »

Torno un attimo sul tema della tizia suicidatasi in mezzo allo scherno degli amiconi di Facebukkake, se ne parlava nel topic omonimo.
Francamente se ne hanno pieni i coglioni della storia dell'autoconservazione della vita, del suicidio come strada sbagliata perché la vita è piena di scelte e blablabla.
Il suicidio non lo vedo tanto come negazione di vita ma come punto di arrivo della vita, oltre al quale non c'è niente di nuovo e non val la pena proseguire oltre.
Facciamoci la fatidica domanda, un po' alla base di tutto: il senso della vita, qual'è? Ognuno ha il suo, io ho il mio. il senso è una categoria salvifica, l'uomo da sempre si muove in un orizzonte di senso e quando esso cessa di esistere, andare avanti è solo un andare spaesato, un vivere per inerzia in mezzo a rotture di coglioni, dove la passione è sopraffatta dal solito tran tran che ci rende tutti tristi, uguali e senza sbalzi emotivi per poter fare il nostro destino, poiché è risaputo che non potremmo fare niente senza una spinta passionale, annullata dal fatto che oggi le cose sono già a disposizione ancor prima di desiderarle. E allora che cosa si può desiderare? Ciò che non si può avere, ma oggi è proibito sognare poiché la realtà non è fatta per realizzare sogni. Giusto i ragazzini possono sognare, poi si cresce e il mondo diventa non più un luogo da contemplare ma un mezzo da dominare e da sfruttare con la tecnica e le scienze, e quindi un luogo arido, vuoto, spento. Che l'uomo, per esempio, debba sfruttare le risorse della terra è la solita stronzata di stampo giudaico-cristiana che dice che il mondo è opera di Dio, donato agli uomini affinché abbia dominio su di esso e i suoi esseri viventi.
Ma a parte tutto, cos'è la vita per me? La vita è una meccanica sequenza di atti che tutti facciamo, indistintamente. Nasciamo, cresciamo, studiamo, lavoriamo, ci fidanziamo, mettiamo un reddito da parte (cosa sempre più difficile, facciamo figli, costruiamo case, ci sposiamo e alla vecchiaia muoriamo. Tutto qua. Il fine ultimo di un individuo in sintesi è essere forza bruta lavoro, trovare il proprio riconoscimento individuale attraverso un ruolo sociale, si potrebbe dire che un curriculum è l'odierna carta d'identità..diciamo che per me la vita, se già fa schifo ad eseguirla in quel filotto di esecuzioni elencato, fa pure un effetto peggiore se penso che la riduco a nascita, crescita, qualche anno di studio e poi lavoro fino alla morte. Non è un ragionevole motivo per uccidersi? Ognuno è un semplice funzionario sociale, la vita è un immenso luogo di lavoro e se ci "licenziassimo" con il suicidio, saremmo subito rimpiazzati, siamo tutti superflui, un nome da cancellare all'anagrafe.

Poi io...27 anni, non ho amici da 10, nessuna donna entra nella mia vita da anni, sono incapace di ritagliarmi un posto al mondo, nel mondo nel lavoro non valgo un cazzo, e quindi non valgo un cazzo nella vita, la mia prospettiva è o di farmi buttar fuori di casa e vivere sotto i ponti o di trovare qualche posto di merda dove verrò sfruttato con soldi a nero e trattenuti in busta paga...che altro dire...boh, io quella di Feisbukkake posso capirla, ci son più motivi per ammazzarsi che per campare, ed io a 27 anni ne ho a manciate di primi e nulla di secondi; campo giusto per dovere morale, se non avessi frequentato chiese e suore alle elementari, probabilmente sarei sotto terra da anni, oltre a farmi il fatto di aver coscienza di recar dolore..questo altruismo del cazzo mi sta creando danno, dovrei cominciare a pensare a me stesso e farmi fuori...
Si parla di scelte, ma quali scelte? Io non ne vedo molte. La cosa che mi par sorprendente, è che pare che ormai non ho neanche più interesse di farmi curare, se ne avessi bisogno. Mi pare superfluo pure quello, oltre a tutto lo sbattimento e tutte le cazzate sul darsi da fare nell'era moderna.
Francamente la vita mi pare insopportabile. Ogni giorno è la copia di quello prima, il sole che nasce all'alba è lo stesso che è morto al tramonto del giorno prima e in questo eterno ripetersi di un giorno uguale a sé stesso, poiché non c'è realmente giorno diverso dall'altro, l'unica fine la si ha con la morte della vita. Presto mi auguro che arriverà il mio tramonto fisico, visto che quello emotivo e umano è successo da anni ed è inutile trascinare un involucro, buono neanche per trombare.
"E' impossibile", disse il cervello.
"Provaci!", sussurrò il cuore.
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#664 Messaggio da Alexander Supertramp »

Qualcuno di voi è mai stato in terapia per problematiche legate alla dipendenza affettiva?
Il sesso senza amore è un'esperienza vuota, ma tra le esperienze vuote è una delle migliori. (W. Allen)

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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#665 Messaggio da Barabino »

pan ha scritto:Sintonizzarsi sull'interlocutore, poi, risponde ad un requisito chiave della seduzione: quello di apparire molto neutri, come uno schermo dove l'altro possa proiettare e vedere riflessi i propri bisogni profondi.
Questo essere accuratamente vaghi e' un gioco che non sono in grado di reggere per molto.

Se lascio che una ragazza si faccia un'idea sbagliata di me, saro' scoperto molto presto!

Non resisto alla tentazione di effettuare qualche piccolo crash test per vedere se mi sopporta come sono veramente.

O forse e' solo ostilita' e sono un bastian contrario! :-(

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Tigerman
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#666 Messaggio da Tigerman »

Mi sa che ci assomigliamo Barabino!
C'è, nelle cose umane, una marea che colta nel flusso conduce alla fortuna ma perduta, l'intero viaggio della nostra vita si arena su fondali di miseria. Ora noi navighiamo in un mare aperto dobbiamo dunque prendere la corrente finchè è a favore
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#667 Messaggio da Silente »

Paperinik ha scritto:Il suicidio non lo vedo tanto come negazione di vita ma come punto di arrivo della vita, oltre al quale non c'è niente di nuovo e non val la pena proseguire oltre.
Non so da che parte iniziare a risponderti.
Alcune delle tue frasi sono allarmanti, per esempio: "Francamente la vita mi pare insopportabile." ed anche "La cosa che mi par sorprendente, è che pare che ormai non ho neanche più interesse di farmi curare".
Però, leggendo ancora una volta tutto il tuo messaggio, ci si domanderebbe perché dovresti volerti far curare, visto che questa è la tua visione della vita.
Voglio dire... Tu sembri credere che il problema non sia dentro di te, ma fuori di te, e dunque perché mai dovresti voler guarire te stesso quando il male è fuori?
Io posso dirti, con semplicità, che sono una che ha sofferto per anni, del non riuscire a trovare una via. Una via che mi appartenesse, della quale io potessi gioire.
Credo che sia una condizione comune a molti, sai.
Tu hai espresso, in altri thread, il desiderio di andare a vivere per tuo conto.
Perché no? Non si tratta di un obiettivo fuori dalla tua portata, visto che lavori.
E il fatto di non avere più quel contatto costante con i tuoi ti consentirebbe, anzi, VI, consentirebbe di avere rapporti più sereni.
Quindi, almeno una fonte di infelicità sarebbe scomparsa.
Poi, il pensiero di cambiare, tuffarti in una cosa nuova: ma diamine, provaci, invece di stare a rimunginare su tutti i lati negativi di ogni cosa.
Non ti dico che non ce ne siano, ma ce ne sono anche di positivi, e tu sembri concentrarti solo su quelli che non lo sono.
Questo atteggiamento ti serve a qualcosa?
Casomai ti fa solo stare peggio...
Dai, comincia con il prendere una decisione, UNA.
Vuoi andartene o restare?

(Scusate, avevo sbagliato il quote.)
Scrivo per vivere,
scrivo per sognare,
scrivo per vivere quello che ora posso solo sognare,
ed anche ciò che un giorno tornerò a vivere.

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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#668 Messaggio da Barabino »

Tigerman ha scritto:Mi sa che ci assomigliamo Barabino!
E' vero 8) anche tu non le mandi a dire :lol:
1) l'ignoranza crea, la cultura rimastica.
2) dopo cena non è mai stupro.
3) "Cosa farebbe Kennedy? Lo sai che se la farebbe!"
4) le donne vogliono essere irrigate, non ignorate

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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#669 Messaggio da Tigerman »

Eheh! Però i complimenti a Silente devo farli.. sa rispondere senza cadere troppo nel retorico ed esprimendo opinioni che non cascano nel facile territorio del giudizio.

Leggendo il papero tante volte mi viene voglia di rispondere, ma poi mi fermo perché leggendo le sue risposte sembra che ci sia una sorta di muro, una sorta di ostinazione nel voler permanere nella condizione di cui si lamenta ma per cui non riesce a voler trovare la forza per cambiarla, per cui mi pare un po' inutile allo stato attuale.
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#670 Messaggio da Barabino »

E' logico, il papero si lamenta per avere da noi attenzioni, non consigli :awww:

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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#671 Messaggio da Paperinik »

Sono una pozzanghera. Se fossi nato 50 anni fà sarei finito dentro a un forno..
Comunque non lavoro :roll:
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#672 Messaggio da Rodomonte »

e quando cazzo ti metti a lavorare???? :):)
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Che fu sì altiera al mondo e sì orgogliosa »
Ariosto "Orlando furioso"
Morte Rodomonte.

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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#673 Messaggio da Paperinik »

Lavoro come lo intendo io, anche domani. Comunque mia zia mi ha fatto sapere che conosce uno che cerca giovani per uno scatolificio vicino a me, la cosa mi interessa e aspetto mi dia l'indirizzo...
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#674 Messaggio da pan »

Antonchik ha scritto:Pan mi parleresti dell'individuazione di Jung? :awww:

dimmi di si ti prego :D

Certo, tovarish, attraverso le parole del maggior esperto junghiano che il nostro paese abbia avuto: il Maestro Aldo Carotenuto. Nessuno potrebbe aver fatto una sintesi altrettanto precisa.

"Il "processo di individuazione" potrebbe essere proprio lo specifico della psicologia junghiana e della sua terapia. Per illustrare questo concetto posso ricorrere all'esempio del linguaggio. Noi parliamo con un linguaggio che abbiamo mutuato dalla nostra famiglia, dal nostro ambiente, dalla nostra città. Questo linguaggio ha una sua musicalità, ha una sua melodia, per cui è possibile - non bisogna neanche essere molto esperti - comprendere subito, non appena una persona apre bocca, se questa persona proviene dalla Campania, dalla Sicilia o dal Veneto. Ora la domanda, così importante, che ci dobbiamo fare è questa: quelle persone che parlano con accento veneto oppure siciliano o di un'altra regione, non hanno fatto nessuno sforzo per apprendere questa musicalità. Per il semplice fatto di vivere lì, loro non possono che parlare con la musicalità veneta o siciliana. E questo è molto evidente. Ma è meno evidente invece un altro fatto: che noi, come abbiamo assorbito questa musica del linguaggio, abbiamo poi assorbito altre cose, per esempio gli atteggiamenti, i valori psicologici della situazione che vivevamo in quella famiglia, in quella città, in quella nazione.

La domanda di Jung è questa: ma è proprio vero che questi valori, che io ho assunti, sono i miei, legati alla mia vita, oppure sono delle cose false, di cui io mi sono appropriato, così come mi sono appropriato, ripeto, della musicalità della mia lingua? Alla luce di quanto ho detto, si può capire che cos'è il "processo di individuazione". E' praticamente un allontanamento, una differenziazione da valori esterni - che Jung chiamerà "valori collettivi" - appartenenti un po' a tutti. Tale processo consente di ritrovare dei valori molto più autentici, veri, e soprattutto fondamentali per la mia vita, che Jung chiama appunto "valori individuali". Tutti hanno dei "valori individuali"; ma quante sono le persone che fanno questo sforzo di riconoscere come sia necessario liberarsi dai "valori collettivi" che ci sommergono? Quando, per esempio, io parlo con un mio paziente, molte volte mi chiedo: "ma chi sta parlando"? Per me è infatti palese che quello che sta dicendo non gli appartiene, perché risulta, come dire, stonato. Allora chi parla al suo posto è magari il padre, la madre o comunque un'altra persona. Poiché naturalmente ha dovuto, come dire, assimilare queste cose senza saperlo, mi propone una serie di valori che non gli appartengono. Quello che è interessante è che lentamente, molto lentamente, tutto lo sforzo del nostro lavoro va proprio verso un processo che permetta all'individuo, che fino a quel momento era stato in un certo senso "diviso", diventare unico - perché individuo significa esattamente "non diviso", unico - e trasformarlo in una persona con una coerenza interna, che gli permetta di essere finalmente padrone delle sue motivazioni, dei suoi valori e, soprattutto, responsabile della sua vita. Perché in effetti il problema sta nel fatto noi viviamo un'esistenza che è condizionata dagli altri. Ora, molte volte il condizionamento degli altri può essere anche positivo, perché la nostra vita è una vita di individui che hanno rapporti e non possiamo e non dobbiamo fare a meno del resto del mondo. Ma noi intanto possiamo essere quelli che siamo se ci diamo questa differenziazione che per molti aspetti ci fa paura. A me piace sempre ricordare che le grandi persone, che hanno lasciato un'impronta nella nostra vita, molte volte hanno pagato duramente questa forza e questa dimensione di unicità. Pensiamo a Socrate, che è uno di quei rappresentanti della storia del pensiero che ha pagato con la propria vita la sua dimensione originale. Ma pensiamo, più recentemente, agli scienziati, pensiamo a Galileo, che seguendo una sua strada, capisce che il mondo può essere compreso in termini completamente diversi da come si voleva imporlo, e, per questo, rischia il rogo e la tortura. Non c'è scienziato, non c'è artista - si pensi a Picasso o a Joyce - e più in generale persona che abbia portato nella vita una dimensione di novità che non abbia dovuto pagare un prezzo molto alto per la sua coerenza."
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Re: [O.T.] Devo entrare in analisi?

#675 Messaggio da Antonchik »

Serata un pò di merda! Non riesco più a lamentarmi di me stesso, è una cosa sicuramente buona, però se mi impegno qualcosa sicuramente riesco a fare sotto questo punto di vista. :)

La fase di buio totale è passata ed in questi mesi sono riuscito ad analizzarmi a fondo e capire molto di me stesso, si può dire che mi conosca per bene. So chi sono, dove sono i miei limiti e dove sono i miei pregi, grandi e piccoli. Ho sradicato alcune mie convinzioni, altre le ho attutite, alcune, per forza di cose, si sono evidenziate, altre che non sapevo di avere sono uscite fuori.

Il mio grande difetto, quello "disumano" è di avere un algoritmo d'azione fallimentare. In pratica non riesco ad andare da un punto A ad un punto B, c'è qualcosa che non mi è chiaro. Spesso dimostro una paura che mi blocca totalmente, altre volte nonostante la paura riesco ad andare avanti e visualizzare i miei obiettivi, portandoli a termine e lasciandomi uno spazio, per me assolutamente vitale ed imprescindibile, di improvvisazione e creatività. E' lì che mi diverto.

Purtroppo non è soltanto la paura, quella che mi svuota la mente, a bloccarmi. Quando l'algoritmo fallisce semplicemente nutro un totale disinteresse per l'obiettivo, come se non mi appartenesse, come se davvero in quel momento pensassi di poter imparare più facilmente a separare l'oceano in due con un gesto piuttosto di poter fare un'azione semplicissima come continuare a leggere un libro, prendermi cura del mio corpo a piccoli passi, fare due esercizi banali per l'apprendimento di una lingua (andiamo.. che cazzo ci vuole ad imparare una lingua se si ha un pò di interesse, diligenza e costanza?)... Insomma non vedo le cose in modo positivo ora, non vedo una possibile evoluzione, a meno di correggere questo difetto "meccanico" che impedisce alla mia potente macchina di funzionare. Procrastinazione, perfezionismo, disinteresse, discernimento dalla realtà, paura del distacco, narcisismo, sono co-fattori ma ancora non capisco il punto centrale, oppure l'ho capito e la mia mente, ancora una volta, si svuota. Oppure non c'è un punto centrale e mi appiglio sul nulla perchè non voglio accettare la mia natura (questo è un altro punto, non ricordo un periodo della mia vita in cui non ho pensato di dover cambiare, sempre ad immaginare e sognare un me diverso da quel che ero).

Insomma vivo sempre di contraddizioni... I momenti in cui mi stimo e vedo che riesco in quel che faccio, i momenti in cui mi odio per il fatto di avercela fatta perchè alimento i casi positivi, quelli che poi mi fanno pensare "ma l'altra volta ci sei riuscito, perchè ora no?" e allora mi dò ascolto e ci riprovo ma mi rendo conto che l'impegno, la dedizione, la costanza per il concretizzarsi dei progetti sono macchine prive di alimentazione, come se la mia anima non riuscisse a compenetrare gli ingranaggi di queste macchine, dare vita alle stesse. Non è vero che non ho voglia di fare un cazzo, sto lavorando, faccio anche i turni di notte e non è un bel lavoro, persino sottopagato. Quindi è una tesi che non fila troppo. Forse dovrei essere costretto a "fare le cose"? E chi mi costringe? La fame? e quindi riuscirò ad avere un lavoro che mi garantisca la sufficienza economica, parlerò solo l'italiano, non avrò mai risorse sufficienti per vedere qualcosa del mondo, non avrò mai un miglioramento estetico che mi permetta di piacermi sul serio e non "quanto basta"? Non è una vita che mi interessa vivere, però c'è un punto ribelle in me che fa sì che sia questa la vita manifestantesi nella realtà.

Fossi un nobile... un ereditiero... un fortunato vincitore del superenalotto, potrei dedicarmi ad una vita di contemplazione, autocoscienza, meditazione eremitica, ma non è così. E allora devo vivere la mia vita pensando che questo punto ribelle debba essere scoperto e rieducato perchè io spicchi il volo, ed è questo che posso e voglio fare. E poi sia fatta la volontà di D10.

Bene, dato il topic in cui ho postato non vuole essere uno sfogo ma un punto di partenza per delle idee da parte vostra. E, sì, vuole essere anche uno sfogo.

Parliamone.
Guarda attentamente, poichè ciò che stai per vedere non è più ciò che hai appena visto.

Ho vissuto per molto tempo nell'oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio.

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