pan ha scritto:balkan wolf ha scritto:imho si fa ancora confusione tra depressione esistenziale e depressione clinica
ohh che mondo di merda me infelice è una cosa
opps. è 1 mese che non esco di casa e non parlo con nessuno è un altra
servirebbe un intervento coi controcazzi del doc canella per fare chiarezza
Provo velocemente a sostituirmi all'autorevole collega in questo momento impegnato.
I due casi esemplificati da bw( cui va un "bravissimo" in psichiatria, per la capacità più volte dimostrata di saper cogliere l'essenza della sue fenomenologie) sono i poli delle due situazioni.
Effettivamente la depressione è stata la prima grande sindrome clinica di cui sono state individuate le basi molecolari in un'alterazione nel metabolismo cerebrale di certi neuromediatori che non mi dilungo a descrivere.
Nella sua forma tipica insorge senza un collegamento con avvenimenti esterni luttuosi, e comunque slegata da esperienze di "perdita". Un tempo veniva chiamata depressione endogena, proprio per significarne l'apparente inspiegabilità .
Al contrario, quelle che insorgono dopo un'esperienza di perdita(lutti, abbandoni, malattie fisiche, tracolli economici ecc.ecc.) venivano etichettate col termine "esogene" o "reattive" per indicare l'esistenza di un nesso di causalità "comprensibile".
Tuttavia, come tutte le classificazioni, risentiva di uno schematismo più che altro didattico, essendo pressochè infinite le situazioni intermedie, proprio come nella scala dei grigi.
Infatti non tutti rispondono allo stesso modo al medesimo evento.
Anche in seguito alle nuove e vigenti classificazioni sono stati usati criteri convenzionali statistici quanto arbitrari.
Ad esempio la depressione che segue la perdita di una persona amata(per morte o abbandono) è considerata fino a determinati limiti fenomenologici e temporali "lutto non complicato", ma oltre questi diviene "lutto complicato" che prevede un'intervento terapeutico decisamente più incisivo.
Facile rendersi conto di quanto tutti questi strumenti presuntamente oggettivi siano molto più idonei a eliminare l'ansia e l'incertezza dell'operatore, che a inquadrare realmente la condizione di un dato paziente, perchè in psichiatria, più che in ogni altra branca, esiste il malato e non la malattia.
Concordo in toto con la mirabile descrizione del collega Pan.
Nell'evidenziare l'ultimo capoverso,ho voluto sottolineare con più enfasi la saggezza e la scienza che c'e' in un "vecchio arnese da corsia", quale pan è.
Purtroppo, le discipline psichiatriche, alla ricerca di una impervia legittimazione nel campo medico, hanno voluto, goffamente, darsi un certo tono con l'intoduzione del DSM IV (a breve la quinta versione).
Si tratta, in apparenza , di un normale libro,in cui purtroppo è nascosto il demonio: il suo scopo precipuo è infatti quello di ridurre qualsiasi esperienza umana (e sottolineo qualsiasi) a categoria patologica, con tutto un sistema di "assi", "diagrammi ad albero" ed altre amenità che in splendida concordia danno origini a sempre nuove Sindromi.
Personalmente trovo il DSMIV piuttosto utile oltre che umoristico: il vero problema è l'uso smodato che se ne fa,un uso che complica, produce e soprattutto allarga il campo semantico del patologico dilatandolo fino all'inverosimile, fino al paradosso per cui al bimbo birba si prescrive l'antidepressivo così sta buonino.
Insomma, una storia antica: la salute mentale corrisponde ad un modello statistico conformista e funzionale alle distopie che il Potere impone all'Uomo.