Per Axel Braun

Scatta il fluido erotico...

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pan
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Re: Per Axel Braun

#31 Messaggio da pan »

Molto bello.
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) - fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) - ...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)

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Sex&Zen
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Re: Per Axel Braun

#32 Messaggio da Sex&Zen »

Brividi...
Amore e sesso sono due cose distinte capaci di fondersi in un meraviglioso unico istante

Lexicool
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Re: Per Axel Braun

#33 Messaggio da Lexicool »

Ero li li per dire, ma tu guarda sto stronzo che non parla per niente del padre adottivo...E invece... :cry:

Crescere un figlio che non è il tuo, come fosse il tuo, è una cosa ancora più grande che esserne "naturalmente" padri.

Bello. Ma axel perchè non passa mai di qui?

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Salieri D'Amato
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Re: Per Axel Braun

#34 Messaggio da Salieri D'Amato »

Belllissimo, asciutto e scorrevole, con una nota lirica. Nel finale mi è quasi scesa la lacrimuccia. Complimenti ad Axel, che si dimostra una persona profonda, oltre che un buon scrittore e un abile regista.
La via più breve tra due cuori è il pene

JackRR
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Re: Per Axel Braun

#35 Messaggio da JackRR »

Grazie Axel

Questo racconto aumenta la grande stima che già avevo nei tuoi confronti

passa di qui ogni tanto, è un piacere leggerti ;)
"quando fate sesso, seguite il ritmo della colonna sonora di rocky"
Rocco Siffredi

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Galibier
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Re: Per Axel Braun

#36 Messaggio da Galibier »

Potrebbe essere il soggetto per una sceneggiatura...ovviamente di un film NON porno :)
"Ma s'io avessi previsto tutto questo... dati causa e pretesto,forse farei lo stesso"

manigliasferica
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Re: Per Axel Braun

#37 Messaggio da manigliasferica »

up a questo topic ora che è tornato BW

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danny_the_dog
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Re: Per Axel Braun

#38 Messaggio da danny_the_dog »

Axel Braun ha scritto:PADRI NOSTRI

La domenica, da ragazzino, andavo spesso al parco Forlanini con mia madre e il cane.
Non un cane qualsiasi, intendiamoci. Era costui un orrendo bastardino orecchiuto, probabile frutto di un frettoloso amplesso tra un pipistrello ed un coniglio, del quale (peraltro non senza ragione) mi vergognavo immensamente. Evidente quindi lo sforzo (corredato da minacce e repressioni d’ogni tipo) della Rosalba per costringermi ad apparire in pubblico con quello sgorbio. L’appuntamento settimanale prese una piega ben diversa quando mia madre comprò un motorino.
Non un motorino qualsiasi, intendiamoci. Trattavasi di un patetico Velo-Solex, un obbrobrio che lanciato al massimo della sua velocità riusciva a toccare punte di 25 Km/h. Ma non importava. Non avevo ancora dodici anni, e poter guidare un mezzo motorizzato era un’ebbrezza indescrivibile. Sì, perché ero riuscito a convincere la mamma del fatto che se non mi avesse insegnato lei a guidare un motorino avrei inevitabilmente provato quelli dei miei amici più grandi, mettendomi in grave pericolo di vita. Così non solo ogni domenica scorrazzavo beatamente per il parco sul Solex, ma soprattutto mi allontanavo dal cane. Purtroppo in capo a un anno già ciulavo la macchina a mio padre, quindi trascinarmi al parco di domenica mattina divenne sempre più difficile.
Già, mio padre. Lasse Braun? No, Dino.

Dino era un dirigente d’azienda alto un metro e novanta, una roccia con un cuore immenso ed un carattere meraviglioso. Credo di averlo visto alterato solo un paio di volte in tutta la vita (se conosceste mia madre capireste quanto difficile sia non farsi alterare…), e per merito suo sono stato in grado di avere un’infanzia splendida circondato dall’affetto di una famiglia pseudo-regolare. Pseudo. I litigi furibondi con mia madre, infatti, erano all’ordine del giorno, così come i casini (da me combinati) che facevano nascere i suddetti litigi. Con Dino, invece, andavo d’amore e d’accordo.
Ma torniamo al parco Forlanini.
Un bel giorno di primavera, mentre mia madre cerca di coinvolgermi nel lanciare al cane un frisbee grande il doppio di lui (ed io cerco di appartarmi a rollare una canna dietro un albero), si materializza al fianco della Rosalba una bizzarra figura maschile. Il tizio, sulla quarantina, ha i capelli lunghi fino a mezza schiena, un Rolexone d’oro massiccio al polso e veste un cappotto di pelle nera con dei pantaloni a zampa d’elefante su una stivalata di pitone dal tacco modello Prince dei tempi d’oro.
Mi avvicino.
-Guarda, che sorpresa...ti presento un vecchio amico che non vedo da anni...Alberto!”
Io e il tizio ci guardiamo negli occhi. Qualche attimo.
Lui innesta quello che in futuro imparerò a conoscere bene come il suo caratteristico charme, ovvero la capacità di intortare chiunque. E mi intorta. In senso positivo, intendiamoci. L’uomo è un pozzo di scienza, ed ha conoscenze incredibilmente approfondite su una quantità impressionante di soggetti. In più, cosa non comune per gli adulti, sembra molto interessato a quello che io penso e non ha il convenzionale approccio della serie “questo non si fa”, anzi...
Sembra di parlare con un pischello casinaro della mia età che però ha la cultura di un plurilaureato. Una figata.
Laureato in effetti lo è, in Giurisprudenza. Professione:regista. Residenza: Los Angeles.
E durante il pranzo luculliano da Savini, dove veniamo portati in macchina dal suo autista, il simpatico Alberto si lancia in esilaranti racconti (al limite della mitomania) sulle sue cene con Jack Nicholson a Malibu piuttosto che sulle sue trattative con David Bowie per fargli interpretare un film sulla vita sessuale di Gesú Cristo. La mamma cerca di deviare su tematiche più consone alla mia giovane età, ma ormai Alberto mi ha conquistato. Dopo pranzo (e svariate sue tappe in bagno, dalle quali torna sempre con un sospetto prurito alla narice destra...) ci salutiamo. Tornando a casa tempesto la mamma di domande, ma la Rosalba sminuisce definendolo un “simpatico mitomane inaffidabile e dongiovanni”. La sua definizione raggiunge (date le evidenti similitudini con il sottoscritto), l’effetto opposto a quello da lei desiderato. Alberto è il mio idolo.
Peccato che riparta il giorno dopo.

Qualche mese più tardi mi arriva una cartolina da New York, con scritto “Sto girando un film. Quando vieni a trovarmi sul set?”. Impazzisco:
-Mamma, mamma...posso andare in America da Alberto? Magari mi fa fare un film!!!-
A questo punto la povera donna cerca di dissuadermi, spiegandomi che quel signore fa film “assolutamente non adatti” a quelli della mia età, in quanto pieni di DONNE NUDE!
E anche stavolta la Rosalba raggiunge clamorosamente l’effetto opposto.
Comunque per un po’ di Alberto non si parla più. Fino ad un paio d’anni dopo, quando durante l’ennesima lite furibonda me ne esco con la frase “Perché non divorzi dal papà, così vado a vivere con lui?”. Ed è lì che la Rosalba crolla.
Una donna, è statisticamente provato, non è in grado di mantenere a lungo un segreto.
Ed il segreto in questione non era dei più leggeri.
-Dino non è tuo padre-
La frase è seguita da un pianto a dirotto (suo) ed un lungo silenzio (mio).
Mi chiudo in camera a fissare il soffitto. Poco dopo la mamma entra.
Sa di averla fatta parecchio grossa. Ed io so cosa mi vuole dire, quindi la anticipo:
-E’ Alberto, vero?-
Era vero. Dino e la Rosalba erano sposati da quando lei aveva diciotto anni, e mia madre aveva messo al mondo, un anno dopo il matrimonio, una bambina che purtroppo era morta pochi minuti dopo. Chi di voi ha un figlio può capire. Io stesso, fin quando non sono diventato padre, non ho mai veramente capito il significato di un trauma del genere per una donna. Negli anni successivi alla tragedia, nella quale anche la mamma rischiò la pelle, i tentativi di avere un altro bambino fallirono miseramente. Fino all’inevitabile diagnosi: mia madre non poteva più averne. Questo (e chissà quanti altri motivi) li portò in qualche tempo alla separazione. Erano sposati da sette anni.
Ed è durante quella separazione che la Rosalba incontra quest’uomo affascinante, che si veste solo dal sarto e guida una Jaguar targata “Corpo Diplomatico”.
Il suo nome? Alberto Ferro.

Alberto è brillante e la fa divertire, scialando con cene nei migliori ristoranti, vita notturna da favola e week-endini sul suo yacht. Il suo aspetto è ben diverso dalla specie di “Che Guevara dei ricchi” da me conosciuto, è un fighettino della Milano-bene sempre tirato e introdotto nei giri di quelli “che contano”. Ha studiato in un collegio svizzero, dove i suoi compagni di scuola si chiamavano Moratti, Caprotti, Vergani, e suo padre era stato dirigente dei Servizi Segreti in tempo di guerra, responsabile del carteggio tra Hitler, Churchill e Mussolini. La relazione dura tre mesi, fin quando Alberto decide di trasferirsi in Scandinavia. La mamma nel frattempo ha già imparato a conoscerlo, e sa bene che con un uomo del genere non c’è futuro, perciò decide di non seguirlo. Saggia decisione.
Piccolo particolare: è incinta.
La miracolosa notizia arriva pochi giorni prima dell’addio, e la Rosalba, in un impeto d’incoscienza, decide di non dire nulla. Terrà il bambino da sola. Una pazza furiosa.

Alberto parte per la Svezia, dove diventerà Lasse Braun, il padre riconosciuto della pornografia mondiale, e la mamma si ritrova sola a Milano con un bambino che, ancora prima di nascere, un padre invece non ce l’ha. E invece...Dino.
Dino viene a sapere la situazione da amici comuni, e non ci pensa due volte ad offrirle di tornare insieme e fare da padre a quello che è per lui il figlio che non erano riusciti ad avere. Non so se il miracolo sia stata la gravidanza impossibile o la decisione di quest’uomo stupendo, ma sette mesi dopo (avevo fretta) e con il cordone ombelicale attorcigliato al collo (le cose semplici non mi sono mai piaciute), eccomi qua.

Dopo la rivelazione sulla mia paternità biologica, la Rosalba chiama Lasse a Los Angeles e il “babbo” prende il primo aereo per Milano. Quello che segue è una settimana insieme in una suite all’Hotel Senato, durante la quale parliamo per ore, giochiamo a Poker e ordiniamo aragosta alle quattro del mattino. Scopriamo di avere moltissimo in comune: la passione per gli studi classici, l’insubordinazione alle autorità costituite, e soprattutto uno sconfinato amore per le donne. Il primo giorno, verso le cinque del pomeriggio, Lasse attacca con un discorso del tipo “Guarda che se vuoi andare a fare un giro...vedere i tuoi amici...magari la tua ragazza... guarda che non c’è problema...”.
Gli chiedo se è un modo per togliermi dai coglioni.
-Ma no, cos’hai capito...è che vedi...gli inglesi, ad esempio...loro alle cinque del pomeriggio si bevono un tè, no? Ecco, il tè è in realtà un eccitante...quindi in un certo senso una droga, giusto? Ma non è che gli inglesi sono dei drogati, è che per loro il tè delle cinque è un momento fisso della giornata...un modo per bilanciare la loro vita...-
Capisco dove vuole arrivare, ma è troppo divertente vederlo in quasi-imbarazzo, quindi lo lascio continuare fingendo di non capire:
-Come dire...non sono cose che un padre dovrebbe fare, credo...cioè, non che ci sia nulla di male, ma...insomma, vedi, io alle cinque di solito mi faccio...uno “spinellino”...-
Lo guardo in silenzio. Non sa cosa dire e ha paura di giocarsi il figlio appena ritrovato:
-Cioè, vedi, anche se tu sei molto giovane e non dovresti farlo...alla mia età si è più deboli, e qualche vizio in fondo ti fa sentire meglio. Cosa pensi? Ti ho deluso?-
-Ma no, figurati, fai pure...ho tanti amici più grandi che fumano canne...-
Sollevato, Lasse estrapola il suo armamentario:
1) Coltellino “Opinel”
2) Cartine “Rizla” rosse
3) Biglietti della Metropolitana (di New York)
4) Tabacco “Samson”
5) Scatoletta d’argento lavorato, contenente un MATTONE di “cioccolato”
Gli occhi mi escono dalle orbite alla vista di quel ben di Dio. In quel periodo, oltre a fumare hashish quasi ogni giorno, ne vendevo delle micro-stecchette ai miei compagni di scuola, racimolando un discreto gruzzolo. Quella mattonella era una visione celestiale.
-Cazzo, ho finito le cartine, porca puttana...bisogna che vada dal tabaccaio...-
-Tieni...-
E gli allungo le mie “Rizla”.
-Ah, grazie...ma...sono blu! Cazzo, compro sempre le rosse, come ho fatto a sbagliare?-
-Ma no, sono le mie...-
-Ah, ecco, volevo ben dire...COME...LE TUE???-
-Sì, cioè...-
-Vuoi dire che tu...-
-Beh...piú che altro vendo...-
-Ah.-
Pausa di silenzio.
- Cazzo, ma guarda che sei un po’ stronzetto...non potevi dirlo prima? Toh, rolla...-
Da quel giorno la suite dell’Hotel Senato fu costantemente annebbiata.
Alla fine della settimana Lasse mi fece la domanda cruciale:
-Cosa vuoi fare?-
La tentazione era forte, ma sapevo qual era la decisione giusta:
-Qui ho una famiglia a cui voglio bene, la scuola, gli amici...non sono pronto per fare lo zingaro di lusso come te. Ne parliamo tra qualche anno, ok?-

Con Lasse siamo rimasti in contatto, vedendoci in giro per il mondo durante le mie vacanze o ogni volta che lui passava abbastanza vicino all’Italia, fino a quando abbiamo cominciato a lavorare insieme e a condividere le gioie (molte) e i dolori (quasi nessuno, ma ci stava bene nella frase...) dello strano mondo del Porno. Oggi siamo uniti più che mai, dai tanti ricordi che abbiamo costruito insieme quanto dai progetti ai quali continuiamo a collaborare. Un rapporto forse non convenzionale, con tutte le pecche, gli screzi e le liti che ci possono essere tra due amici, ma con alla base un sincero affetto.

E Dino? Dino è sempre stato, e sarà sempre il mio papà. Non gli ho mai detto che sapevo di non essere suo figlio, per il timore di spezzargli il cuore. Lui, dall’altra parte, non ha mai saputo chi fosse il mio “vero” padre.
Non l’ha mai voluto sapere, per lui io ero solo e soltanto il suo bambino.

Dino è morto nel Gennaio del 1995, lasciando dentro di me un vuoto immenso che tutti i viaggi, tutti i divertimenti, tutte le donne del mondo non potranno mai colmare.
Neanche Lasse.
Bel racconto. :awww:
"la spaccherei come il frutto dell'Eden" (cit. Satana in autobus)

Esponente del "Salutoconiglismo (cit. fritz)"

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Re: Per Axel Braun

#39 Messaggio da balkan wolf »

Emmm veramente il topic sul più grande regista di porno vivente dovrebbe stare fisso in prima pagina a prescindere dal sottoscritto... Al solito mi date troppa importanza
“Quando il treno dei tuoi pensieri sferraglia verso il passato e le urla si fanno insopportabili, ricorda che c’è sempre la follia. La follia è l’uscita d’emergenza!”
Alan Moore the killing joke

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Re: Per Axel Braun

#40 Messaggio da manigliasferica »

no no. non è per questo.
è così almeno non scrivi sempre sul topic della Nappi :D

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Re: Per Axel Braun

#41 Messaggio da ABBA »

Ho saputo che Braun sta facendo un romanzo semi biografico..rizzoli.
Ha 60 anni ed l'ultima volta che l'ho visto ne aveva 30!
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Re: Per Axel Braun

#42 Messaggio da estdipendente »

altri tempi, altro mondo, altro porno.
migliore? si certo! (cit.)

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