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Perché bisogna fare affari con il colonnello
di Livio Caputo
Grazie ai pattugliamenti congiunti delle frontiere gli sbarchi sono calati del 90%. I risarcimenti? Di fatto girati alle nostre imprese
Ogni qualvolta il colonnello Gheddafi viene in Italia e si abbandona alle sue strava ganze, abbiamo due tipi di reazioni. Da una parte ci so no quelle dei benpensanti, che si ricordano della caccia ta dei nostri connazionali dalla Libia nel 1969, dei mis sili di Lampedusa, dell’ap poggio di Tripoli al terrori smo internazionale e delle valanghe di insulti di cui ci ha rico perto in passato e si domandano se valeva proprio la pena stringere un patto di amici zia con un personaggio del genere e acco glierlo a Roma non solo con tutti gli onori, ma anche con licenza di fare i suoi comodi. La loro risposta - di norma- è che Gheddafi è un dittatore africano dei peggiori, ma che la Libia è la nostra maggiore fornitrice di idro carburi, che da quando abbiamo chiuso la controversia del colonialismo offre ottime occasioni di lavoro alle nostre imprese e che, almeno fino adesso, tiene fede al patto di bloccare la partenza dai suoi porti dei clan destini africani diretti a Lampedusa. Pertan to, pur mantenendo il giudizio negativo su Gheddafi e il suo regime, fanno buon viso a cattivo gioco e chiudono un occhio sulle sue mattane in nome della realpolitik.
Se il colonnello invita tutta l’Europa a con vertirsi all’islam, è solo wishful thinking , un suo sogno impossibile. Se gli piace spendere i suoi soldi per radunare cinquecento sciac quette per fargli lezioni di Corano e conver tirne qualcuna che spera di fare carriera nel la televisione libica, affari suoi. Certo, se fos se un po’ meno ingombrante, un po’ meno esibizionista e magari diradasse un po’ le sue visite, sarebbe meglio, ma è comunque preferibile quando fa i suoi show romani che quando ci ricattava e ci lanciava accuse un giorno sì e l’altro anche. Dall’altra, abbiamo le reazioni piene di ipocrisia cui si è abbandonata in queste ore l’op posizione, cui, più che prendersela con il co lonnello, interessa approfittare dell’occasio ne per mettere sotto accusa Berlusconi.
La visita serve a rilanciare la polemica sui re spingimenti degli immigrati, sui costi della chiusura del contenzioso con la Libia, sulle violazioni dei diritti umani commesse nella Jamarryia, su presunti quanto fantasiosi affa ri tra le aziende del premier e il regime tripoli no. Le sinistre dimenticano che il presidente del Consiglio è riuscito - a un costo inferiore a quello che avrebbero pagato loro - a portare a casa un trattato che sia Prodi, sia D’Alema avrebbero fatto moneta falsa per conclude re. Dimenticano che, nell’accettare il pattu gliamento congiunto delle sue frontiere ma rittime, la Libia ci ha consentito di ridurre di quasi il 90 per cento l’arrivo di clandestini dall’Africa. Dimenticano che la richiesta di un indennizzo per i danni - veri o presunti che siano - inflitti dal colonialismo italiano alla Libia risalgono ancora alla prima Repub blica e che almeno ora, con il trattato di ami cizia, abbiamo la ragionevole garanzia che i soldi versati torneranno in gran parte indie tro sotto forma di commesse a imprese italia ne.
Ma, soprattutto, dimenticano che, per quanto Gheddafi possa riuscirci antipatico e magari anche un po’ repellente,è pur sem pre un dittatore pentito, che ha finito da tem po di appoggiare il terrorismo, che pur facen do del proselitismo da operetta combatte se riamente i fondamentalisti e che ha rinunciato alle armi nucleari, biologiche e chimi che per riacquistare la rispettabilità interna zionale. È cioè meglio di tanti altri dittatori, presenti e anche passati, a cominciare da Fidel Ca stro, che le sinistre portano tuttora in palma di mano.