Il Malamore
di Remo A. Borzini
Le prime pagine
I - Anche il meretricio ha una sua storia
Non esageriamo. Che il meretricio, in senso lato, sia una delle professioni più antiche, se non la più antica in assoluto, è cosa certa e risaputa, ma voler far coincidere la sua data di nascita con quella del peccato originale è solo un luogo comune. Un'affermazione del genere, tra l'altro, confonde la causa con gli effetti.
Sarebbe poi dimostrato, accettando la premessa, che noi tutti, nessuno escluso, discendiamo da una prostituta; e fin qui nulla di male, trattandosi di una tara troppo stagionata per scandalizzare i moralisti contemporanei, anche i più intransigenti. Rinfacciarci a vicenda la non gradita discendenza potrebbe, d'altro canto, essere assai ridicolo. Ma c'è un'ultima cosa da dire: il meretricio, da noi moderni, è considerato in una moderna accezione, cucita a doppio filo a un concetto di venalità , la venalità dell'operazione-amore. Sarebbe quindi desolante la revisione, alla luce di un presunto tornaconto materiale, di una colpa che tale fu e tale rimane, ma che, per noi posteri, fruisce almeno delle attenuanti della passionalità .
è pur vero che la nostra progenitrice e prima peccatrice non finirebbe poi tanto in basso nella stima comune, se si volesse tener conto che, ai primordi, la prostituzione non andò disgiunta dall'adorazione deistica e che solamente la cultura giudeo-cristiana impose una separazione netta, precisa, tra l'amore sacro e l'amore profano. Ma è altrettanto vero che, a distanza di tempo (e quale distanza) una visione attendibile dell'Eden e delle sue seduzioni risulta del tutto impossibile. è quindi meglio non approfondire, per non rischiare conclusioni equivoche.
Se proprio non è nato con il peccato originale, il meretricio è comunque di origine antichissima e non guasta il ripeterlo. Tanto antica che si perde nella notte dei tempi.
Erodoto c'informa di una scandalosa usanza che avevano i Babilonesi. Le donne dovevano onorare Melitta, dea dell'amore, accoppiandosi con uno sconosciuto. Ciò, stando ai comandamenti, doveva avvenire almeno una volta nella vita, ma pare che le più zelanti, invase da sacro fervore, non si stancassero di ripetere il sacrificio. Il rituale aveva luogo nel tempio e la scelta da parte dell'uomo avveniva con il lancio di una moneta in grembo all'eletta, la quale doveva giacere con lui e considerarsi fortunata. Si pensi a quali lunghe, estenuanti e vergognosissime soste dovessero assoggettarsi, nel sacro recinto, le femmine brutte, prima di trovare un qualunque amatore che le mettesse in stato di grazia. Rito analogo a Eliopoli, in Siria, dove le vergini dovevano subire la deflorazione prematrimoniale da parte di uno straniero. Le donne degli Amoriti erano tenute a fornicare per sette giorni consecutivi prima di sposarsi. La cerimonia avveniva "presso il cancello" per non lasciar dubbi che il vantaggio della situazione era tratto esclusivamente dai passanti, non certo dal futuro sposo. Gli antichi Armeni consacravano alla dea dell'amore le loro giovanissime figlie e la prostituzione templare era talvolta a lunga scadenza. Le puledre dovevano essere molto gentili, generose e premurose verso i loro amanti, ma, a differenza delle Babilonesi, era a esse riservato il diritto di scelta.
A Cipro fu re Cinira a istituire la prostituzione sacra. Nei riti in onore di Afrodite, l'iniziato all'arte della fornicazione doveva portare alla dea una moneta. Riceveva in cambio, dalle sacerdotesse, una focaccia e un fallo. Si trattava di simboli, naturalmente, ma già si delinea il ricorso alla moneta in contropartita dell'amore.
In Siria, e precisamente a Biblo (la Siria l'abbiamo già ricordata per le deflorazioni di Eliopoli) ogni anno, in un giorno fisso, si commemorava Adone, ucciso dal cinghiale e, in segno di lutto, gli abitanti si rasavano la testa. Le donne che non volevano sottoporsi alla tonsura erano costrette a prostituirsi in onore del dio. Anche in questo caso, che tende a farcela apparire come un atto di espiazione, si tratta di prostituzione sacra. Non indaghiamo, perché sarebbe maligno farlo, sulla possibilità che il rifiuto alla tonsura fosse determinato, per certe donne, proprio dal desiderio di subire la pena.
Ma in realtà è sempre assai labile il diaframma tra il sacro e il profano, tra il sacrificio religioso e il fine lucrativo. Incerte, perfino ambigue, le testimonianze degli storici e specie di quelli cristiani che, logicamente, non potevano interamente sottrarsi a una morale che, diventando punto di osservazione, sfocava la visione degli avvenimenti e delle immagini. Giustino ci dice chiaramente che i Ciprioti mandavano le figlie sulla riva del mare per un determinato numero di giorni, prima del matrimonio, affinché si procurassero, con la prostituzione, la dote necessaria. Un metodo poco pulito, ma assai pratico, con il quale il rito di Afrodite ha in comune quelle spume da cui la dea-sgualdrina era nata e nelle quali è sperabile che le spose promesse, tra un sacrificio e l'altro, facessero almeno qualche semicupio.
L'usanza di ricorrere al meretricio per far fronte alle prime spese matrimoniali fu, in passato, abbastanza comune. Fu praticata anche dopo l'avvento del cristianesimo, né si limitò alle terre bagnate dal Mediterraneo. In Giappone, c'informa Tei-ziro, le fanciulle si prostituivano fin dall'età più tenera e pubblicamente. Ciò avvenne fino al secolo scorso e si trattava anche in questo caso di prostituzione dotale. Tutto il mondo è paese, da sempre e indipendentemente dalle religioni, dai meridiani e dai paralleli.
Ma ritorniamo un pochino indietro e cioè al concetto di prostituzione sacra e, prescindendo dalle deformazioni storiche o moralistiche, tentiamo, con il solo ausilio del buon senso, di capirne le origini. Forse non è poi tanto difficile, se si tien conto che le varie dee dell'amore simboleggiavano, in definitiva, la natura e che ogni offerta dei fedeli tendeva a dare un senso e uno stimolo all'accoppiamento, premessa della proliferazione. Così come la natura stessa dava un senso tacito e una significazione spontanea a tutti i fenomeni della continuità della vita, dalla fertilità vegetale, alla riproduzione animale. E perfino al perpetuarsi del tempo sull'arco inestinguibile delle notti e dei giorni. Che poi a queste finalità , confuse con la sacralità e probabilmente dovute a sole forze istintive, si accoppiassero altre credenze o addirittura dei tabù, non è escluso. Un tabù è certamente legato al sangue della deflorazione, che molti popoli primitivi consideravano velenoso e pericoloso. Come era nato questo pregiudizio? Non si sa, ma risulta, per contro, che c'era chi ne traeva profitto. Presso gli Indiani Veda la deflorazione era privilegio di un re o di un prete. In ultima analisi di un ospite. Se ciò non era possibile, (e forse non lo era solo per le ragazze brutte) l'operazione veniva compiuta con le mani o con particolari strumenti. I Nasamoni e gli Augili, antichi popoli libici, ricorrevano a un sistema anche più spiccio, facendo giacere la sposa, la prima notte di matrimonio, con tutti gli ospiti maschi, a turno. In tal modo il pericolo della deflorazione, se c'era, veniva amichevolmente ripartito. L'unione fa la forza ed elimina i rischi personali. Deflorazioni praticate collegialmente avvengono, del resto, ancora ai tempi nostri in tribù australiane, peruviane, presso alcuni popoli dell'Africa Orientale, nelle Indie Occidentali e altrove. Nel Tibet, ai tempi in cui vi capitò Marco Polo, una moglie, per essere una buona moglie, doveva accoppiarsi con molti uomini. I viaggiatori non potevano esimersi dal prodigarsi virilmente e siamo certi che, trovandosi con ragazze carine, lo avranno fatto senza troppi sforzi o complimenti. Marco Polo, dal canto suo, assicura essere il Tibet un simpaticissimo Paese e noi, a distanza di tempo, gli crediamo sulla parola.
Nell'antica Grecia le prostitute erano addirittura al servizio del dio o della dea, quindi specie di sacerdotesse, ma probabilmente questo tipo di meretricio aveva radici lontane, cioè era originario dell'Asia Occidentale, dove le religioni erano basate sul culto della fertilità . Sembra comunque accertato che il meretricio religioso, sviluppatosi enormemente a Efeso, Sparta e Corinto, generò, o degenerò, ben presto nella prostituzione comune. Se è lecito fare un passo indietro, converrà anche aggiungere che la storia non manca di riferimenti a prostitute-maschi in servizio templare. Un meretricio di ripiego per gli dei-sodomiti? O, nel loro nome e con il loro avallo, per utilizzazioni meno liturgiche? Sorvoliamo.
Qual è, infine, il movente della prostituzione, quando questa si stacca definitivamente dal tempio e, quindi, dall'equivoco? Indubbiamente un interesse pecuniario, il quale può andare benissimo d'accordo con gli aspetti sessuali. In molti casi, e non solo in questo tempo, è proprio la vocazione che indirizza l'ambizione. Le condizioni che favoriscono il fenomeno del meretricio nel suo affermarsi e nel successivo suo dilagare sono tante da formare un vero vivaio. Non ultima, specie nella Grecia classica, la malintesa funzione del matrimonio declassato a livello di una fredda e amicale collaborazione tra coniugi per far figli e rafforzare una condizione sociale. Collaborazione senza amore e, di conseguenza, senza quella carica di desiderio erotico che il marito, dal canto suo, pensa bene di deporre fuori casa, in uno dei tanti bordelli. è a questo punto che la citazione di uno dei più illustri legislatori ateniesi, Solone, diviene d'obbligo. Non è lui che li ha inventati i bordelli, ma è lui che li ha organizzati e disciplinati, anticipando in certo qual senso e di ben ventitré secoli, o giù di li, quanto farà poi Crispi in Italia. La legge-solone (antitesi della legge-merlin) dà alle case una fisionomia giuridica, se così si può dire. Le eleva a enti morali e quest'ultima parola non cade qui a sproposito, per solo gusto o paradosso, perché in effetti la provvidenziale istituzione veniva indirettamente a funzionare come valvola di sfogo alla dilagante omosessualità e a un libertinaggio molto più scandaloso. Inoltre, e qui ritroviamo il concetto democratico di ogni provvedimento solonico, dava anche ai meno abbienti la possibilità , con modica spesa, di giacere con una puledra di Venere. L'amore comincia a diventare un genere di consumo. A partecipazione statale, visto che i bordelli (detti dicteria) erano amministrati dallo Stato, come ora, da noi, il monopolio dei tabacchi. E, contemporaneamente, ha origine quell'ipocrisia che sarà destinata a durare nei millenni: considerare la prostituta, alla quale viene chiesta una fetta, piccola o grande che sia, di paradiso, (terrestre) la creatura socialmente disprezzabile, inferiore. E continuamente sotto accusa. Il caso di Frine lo dimostra anche se Iperide, avvocato di grande eloquenza e di indubbia sensibilità erotica, riuscì a capovolgere la situazione in cui la sua cliente era venuta a trovarsi.
Atene è la città dove le prostitute nidificano in maggior numero. I lupanari del Pireo sono famosi. Tutto il Pireo è un lupanare. Le dicteriadi si presentano nude agli utenti perché la nudità , da che mondo è mondo, è sincera e non crea illusioni o, quel che è peggio, disillusioni. Molte case di piacere disponevano di annesse scuole di avviamento. Alle novizie ivi veniva insegnato il mestiere. L'arte l'avrebbero appresa dopo, per loro conto, se ne avevano la stoffa. Sparta, a giudicare dal minor numero dei bordelli, potrebbe sembrare meno licenziosa di Atene. Ma è solo un aspetto. Licurgo è riuscito a demolire i tabù della gelosia, del possesso esclusivo del coniuge. Quindi anche i tabù delle corna. I figli debbono essere forti, perché appartengono allo Stato. Il fine giustifica i mezzi. Se un marito è in malo arnese, si faccia da parte e lasci via libera a un altro maschio, più efficiente. è ovvio che in una società così organizzata, la prostituzione pubblica, cioè extra familiare, non trovava certo condizioni ambientali favorevoli per prosperare.
Oltre alle meretrici accasermate nei bordelli, erano disponibili nella Grecia di allora, come in tutte o quasi le Nazioni moderne, le sgualdrine stradali, dette anche lupae.
E a Roma? I primi secoli della Roma repubblicana hanno una impronta contadina. Culto della famiglia, quindi. è vero che questo culto veniva richiesto più alla moglie che al marito, per il quale una certa tolleranza era in voga anche allora. Ma in sostanza le origini rurali sopravvivevano in una sanità morale che, se non era assoluta, era almeno relativa. I rapporti sessuali erano esaltati. Potrà essere sufficiente ricordare i riti osceni della deductio, processione che seguiva il matrimonio. Gli sposi, con gli amici, si avviavano verso casa tra lazzi, scherzi pesanti, canzoni licenziose e danze allusive. Nella camera nuziale la liturgia erotica raggiungeva il suo acme, con le preghiere rivolte a Giunone e a Cintia, con lo scioglimento, da parte dello sposo, della cintura della sposa, la quale, ormai nuda, va a sedersi sul fallo di pietra della statua di Mutuno Tutuno, presente in camera perché dio della fecondità . La generosa intenzione è quella di evitare al marito la prima fatica coniugale.
Con l'impero cominciò, come si sa, il rilassamento dei costumi. Le conquiste di Roma, la sua espansione nel mondo, un certo boom economico, non potevano avere che conseguenze tali da modificare sostanzialmente le concezioni morali. Emancipazione della donna, la quale se ne vale subito e spesso esageratamente, come avviene per ogni libertà raggiunta di colpo. Il fiorire della prostituzione andò di pari passo con la dissolutezza, in prevalenza di marca patrizia. Siamo alla lascivia. Le pitture oscene, le statue in positure eccitanti non decorano soltanto le case di piacere, ma trovano collocazione nelle ville e perfino nei templi e nelle strade. La copula è esaltata anche dalla letteratura. Il fallo diviene il simbolo nazionale. I bagni pubblici e privati sono un complemento del postribolo. Per gli uomini è ammessa, nei recinti termali, la nudità adamitica, per le donne è prescritto un esiguo bikini che ha la funzione di eccitare, non certo quella di nascondere. Il personale di servizio è scelto tra prostitute e omosessuali. Quando, negli avvisi economici dei nostri quotidiani d'oggi, leggiamo: - ...esperta massaggiatrice, giovane, bella presenza offresi... - con quel che segue, ci sorge il dubbio che il mondo altro non sia che una continua, noiosa ripetizione delle stesse cose, le quali ci sembrano, però, sempre nuove.
Il rapporto erotico, spesso innaturale, trascendeva ormai dai suoi valori comuni e pur sempre umani, per ricorrere, attraverso un rituale ora orgiastico e ora misterioso, a significazioni o addirittura a giustificazioni divine, che mettevano in funzione, oltre agli stimoli della carne, anche quelli, più sottili e più esasperanti, dello spirito. I baccanali descritti da Tito Livio, l'adorazione di Cibele celebrata da eunuchi, almeno inizialmente, il culto di Iside, le cui sacerdotesse, secondo Giovenale, erano delle comuni mezzane, tradivano l'ispirazione religiosa per un fanatismo della sessualità .
L'imperatore Augusto, come in Grecia Solone, cercò di mettere un po' d'ordine nell'artigianato della prostituzione e le dedicò leggi regolamentatrici. Il fatto che venisse disciplinata, dimostra chiaramente che la prostituzione pubblica già esisteva. Infatti le puttane di allora disponevano perfino di una patrona, Flora, che a sua volta era stata sgualdrina della più bella specie. Risale a Roma il primo schedario ufficiale delle prostitute. Alle quali era concessa l'adozione di uno pseudonimo. La storia non ci dice quali furono i nomi d'arte che anticiparono quelli moderni di Wanda, Ivonne, Lola, Marilù eccetera. Sulla scheda era indicata anche la tariffa. Le schedate, nella loro maggioranza, erano costituite da ex schiave. Così come nel casino moderno di bassa tacca, lo erano le ex domestiche. Alle donne del patriziato era inibita l'attività retribuita. Ciò non le privava del diritto all'attività stessa, del quale si valevano largamente, anche se clandestinamente.
I lupanari erano soggetti al controllo dell'oedile una sorta di ispettore al soldo dello Stato. Le pensionanti, per legge, dovevano indossare una divisa e tingersi i capelli in blu o in giallo. Da un censimento ordinato da Traiano, risultò che nella sola Roma le prostitute schedate superavano le trentamila unità . Le non registrate venivano chiamate postribulae e la categoria si divideva in alcune sottospecie: le delcatae e le famosae rappresentavano la élite e sfioravano la rispettabilità . Le doris facevano una grande economia, a giudicare dagli indumenti, che evitavano anche quando non erano in servizio. Le lupae richiamavano i clienti facendo il verso del lupo, in piena notte. Avevano dimora nei pubblici giardini. Nei cimiteri risiedevano, invece, le bustuariae e tra i sepolcri svolgevano la loro attività . Amore e orrore si esaltavano a vicenda. Di giorno le bustuariae, per arrotondare il bilancio, seguivano i funerali. Naturalmente a pagamento. E l'elenco può continuare. Dalle ambulatrices notilucae, alle blitidae, alle gallinae. Le fororiae si potevano incontrare lungo le strade periferiche e avere per pochi sesterzi. Ma la categoria infima era costituita dalle quadrantariae, povere peccatrici per peccatori poveri.
Come si vede, mancavano allora, rispetto alla gerarchia puttaniera di adesso, le motorizzate o volanti, cioè adescatrici in fuoriserie. La ragione è fin troppo evidente, non prestandosi la biga a un traffico del genere.
A Roma, il quartiere malfamato, la Suburra, era posto tra il Celio e l'Esquilino, ma i lupanari erano un po' ovunque. All'esterno erano contrassegnati da segni simbolici, spesso il fallo. Non mancavano le case da appuntamenti. Ma andava molto di moda, specie per i giovani meno abbienti, l'amore all'aria aperta. La statua di Marsia, circondata da un vasto giardino, era riferimento sicuro per chi volesse reperire non una, ma sciami di prostitute. Secondo quella malalingua di Seneca, vi si recava, a sfogare le sue voglie di ninfomane, Giulia, moglie di Tiberio. Anche i templi, con la loro ombra generosa, coprivano illecite e frettolose fornicazioni. Da tutto ciò appare abbastanza chiaro che i costumi dei Romani non erano, in fatto di moralità , del tutto ineccepibili. L'esempio veniva dall'alto. Abbiamo già detto di Marsia, ma non possiamo tacere di Valeria Messalina, figlia di Valerio Messale Barbuto e sposa di Claudio... cornuto. Ella conobbe gli eccessi più scandalosi, più osceni. I suoi amanti furono legioni, sia nel palazzo imperiale che fuori. Si prostituiva nei bordelli più infimi e perfino nelle pubbliche strade. Eliogabalo passò alla storia (non certo quella dei libri di testo) per le sue intemperanze di maniaco sessuale, alle quali amava dare il fasto dello spettacolo, e per essere stato assassinato dalla Guardia pretoriana in una pubblica latrina. Commodo, comodamente bisessuale, riunì a palazzo trecento sgualdrine e trecento invertiti. Una corte di eccezione, con la quale l'imperatore era in orge continue. Della compagnia faceva parte un favorito, di cui la storia non ci tramanda il nome, ma ci dice che era virilmente così dotato da potersi considerare un vero fenomeno da baraccone. Favorito dalla natura, quindi, prima ancora che dall'imperatore.
La immoralità e la lascivia imperiale collezionano altri nomi illustri: Caligola, Ottone, Tito, Domiziano... ma quanti altri personaggi si sottraggono al tardivo appello, non tanto per non aver commesso il fatto, quanto per mancanza di prove? Forse i loro peccati, per furbizia o per scarso istrionismo, non certo per pudicizia, furono meno spettacolari.
Stupirci perché il cristianesimo, all'inizio, non abbia avuto che scarsa influenza sui costumi, equivale a commettere un errore di prospettiva. Cioè vedere con gli occhi di oggi una situazione la cui realtà remota è certamente inafferrabile per la nostra sensibilità moderna. Intanto non va dimenticato che nel primo cristianesimo ritroviamo, ed è naturale, tutte quelle sedimentazioni pagane che la nuova dottrina e la nuova morale non potevano eliminare di colpo. Anche perché gli uomini erano sempre quelli e le conversioni, non per scarso zelo, ma per pigrizia mentale, non consentivano quasi mai un recupero totale e immediato. è evidente che, in tale clima, anche la prostituzione, seppure condannata, trovasse ancora delle possibilità di vita. Possibilità che spesso furono incrementate proprio dai rigori, eccessivi e sproporzionati, adottati per il risanamento della piaga. Non mancarono neppure gli equivoci, come non mancano oggi per chi voglia, come detto sopra, misurare una situazione già allora contraddittoria, con strumenti di nuovo conio. Già il fatto che tra le sante del calendario cristiano figurino ex prostitute, come Santa Pelagia e Santa Venera, e che una di esse, Santa Afra, abbia gestito in Amburgo un lupanare e alla conversione sia giunta per lo zelo degli ecclesiasti che il lupanare frequentavano assiduamente, potrebbe lasciare molti dubbi sulla intransigenza morale dei pastori. E, di conseguenza, generarne altri più preoccupanti sulla condotta del gregge. Dubbi che troverebbero una valida conferma, almeno in apparenza, sapendo che, quando re Enrico II d'Inghilterra promulgò leggi severe sulla gestione dei bordelli (e non siamo agli albori del cristianesimo, si noti, ma nel 1161), la diocesi di Winchester, per collaborare meglio e meglio controllare l'applicazione delle norme, assume in proprio l'esercizio di ben diciotto casini nella sola città di Southwark.
IMHO è curioso che la Dea dell'Amore babilonese si chiamasse Melitta..................
Malamore (prostit. nella storia)
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Re: Malamore (prostit. nella storia)
Cercando altre cose ho trovato questo spunto interessante di Dostum.
Anche solo per chi volesse leggere, up!
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Guarda attentamente, poichè ciò che stai per vedere non è più ciò che hai appena visto.
Ho vissuto per molto tempo nell'oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio.
Ho vissuto per molto tempo nell'oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio.
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Re: Malamore (prostit. nella storia)
ho il sospetto che purtroppo non era tutto cosi' rose e fiori...
se la prostituzione sacra era fatta per avere una dote per sposarsi
poi nessun marito avrebbe voluto tenere il primo figlio o figlia, perche' probabilmente non erano suoi...
di qui l'usanza fenicia e cartaginese di sacrificare a Moloch dei neonati
se la prostituzione sacra era fatta per avere una dote per sposarsi
poi nessun marito avrebbe voluto tenere il primo figlio o figlia, perche' probabilmente non erano suoi...
di qui l'usanza fenicia e cartaginese di sacrificare a Moloch dei neonati

1) l'ignoranza crea, la cultura rimastica.
2) dopo cena non è mai stupro.
3) "Cosa farebbe Kennedy? Lo sai che se la farebbe!"
4) le donne vogliono essere irrigate, non ignorate
2) dopo cena non è mai stupro.
3) "Cosa farebbe Kennedy? Lo sai che se la farebbe!"
4) le donne vogliono essere irrigate, non ignorate