De Sade a Verona...

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pazza poli
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De Sade a Verona...

#1 Messaggio da pazza poli »

Marchese De Sade sbarca a Verona
S/M al centro di "Schermi d'amore"


E' un'edizione particolare di "Schermi d'amore" quella che aprirà  i battenti a Verona il prossimo 15 aprile. Il festival cinematografico, dedicato al genere sentimentale e meló, propone quest'anno un percorso di corto/lungometraggi in chiave sado-maso. In concorso, come di consueto, 10 film d'amore - prodotti nell'ultimo biennio, provenienti da Europa, Asia e America - che siano inediti in Italia. Fino al 25 aprile
Una scena tratta da Secretary

Il Marchese De Sade fa il suo ingresso nella città  di Romeo e Giulietta, una notizia questa che non puó passare inosservata. Il sado-maso (tra cinema e video) sarà  infatti al centro del festival "Schermi d'amore", in programma a Verona dal 15 al 25 aprile. Tra le 10 pellicole in gara, il controverso "Horas de luz" dello spagnolo Manolo Matji' e "Le dernier Jour" di Rodolphe Marconi, con Nicole Garcia.

Tutti i film in concorso saranno esaminati da una giuria composta da Chiara Muti, Silvio Muccino, Giuseppe Piccioni e il critico Morando Morandini. "SM era una sigla una volta proibita che nascondeva - spiega in una nota Marco Morandini, curatore di questa parte del programma con Piera Detassis e Mario Sesti - due parole di solito rinchiuse nei dizionari medici fra le patologie: sadismo e masochismo, dal nome dei due loro padri letterari, il marchese De Sade e il cavalier Masoch". "Anche se oggi - continua il critico - vista la diffusa presenza dell' iconografia a base di abiti in latex, fruste e manette in cinema, pubblicità , videoclip e talk show, la sua nuova accezione sarebbe sentimenti moderni".
Banderas in Legami!

Si cercherà  di rispondere al quesito se cinematograficamente parlando sia nato prima il sadico o il masochista e lo si farà  con un convegno e il ciclo "Ti voglio tanto male". Un viaggio articolato in dieci titoli caldi (Secretary, Samaria, Legami!) e veri e propri classici del genere ("Il collezionista" di William Wyler, "Sadismo" di Roeg e Cammell, "Il servo" di Joseph Losey). A completare la sezione, l'omaggio-tributo a Marco Ferreri con "Quattro storie di ordinaria follia" (L'ape regina, La donna scimmia, Ciao maschio e Storie di ordinaria follia). Un divertente video di montaggio raccoglierà  le performance proibite di grandi attori, da Vittorio Gassman a Marcello Mastroianni, da Marlon Brando a Sophia Loren, con sorprese come quelle dell'Ispettore Derrick o i filmini segreti di Bettie Page e Dita Von Teese, la modella fidanzata con il rocker dannato, Marilyn Manson.

Nella sezione "Panorama" saranno presentate invece anteprime d'autore provenienti dai Festival di Cannes, Berlino e San Sebastian. Da "Inside deep Throat" documentario sul film porno diventato un cult, a "Les Temps qui changent" di Andre' Techine', che ha segnato il nuovo incontro sul grande schermo tra Catherine Deneuve e Gerard Depardieu. Uno sguardo agli autori iraniani che hanno reinventato il cinema d'amore nel loro Paese, sarà  offerto da "Iran Melo", a cura di Giuseppe Gariazzo. Tra le opere, tutte di difficile reperibilità  in Occidente, troviamo: Abjad (The first letter, 2003) di Abdolfazl Jalili; Ashk-e Sarma (The tear of the cold, 2004) di Azizollah Hamidnezhad; Leila (1997) di Dariush Mehrjui. A Paul Vecchiali, cineasta francese apprezzato da Pasolini, Moravia, Gianni Amelio, sarà  dedicata la retrospettiva omaggio "L@amour est a reinventer", che racconterà  la sua idea di cinema da "L'etrangleur'' (1972) a ''A vot' bon coeur'' (2004), presentato all'ultimo festival di Cannes. Infine, ''Occhi di donna - uno sguardo differente'', percorso trasversale nelle diverse rassegne di ''Schermi d'amore'' raccoglierà  i vari ritratti al femminile nei film di quest'anno, arricchiti dai capolavori fassbinderiani ''Martha'' e ''Veronika Voss''.
"colui che cita una città  slovacca rispondendo ad un' ungherese ha la fantasia di un gattino che si ingegna ad acchiappare il primo topolino della sua vita" (Donegal)

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#2 Messaggio da Squirto »

pazza...maialona! :DDD
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#3 Messaggio da pazza poli »

Squirto ha scritto:pazza...maialona! :DDD
sempre la tua... :lol: :lol: :lol: :lol: :blowkiss:
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#4 Messaggio da Despe1 »

Pazza, ti sei letta le 120 giornate di Sodoma ?

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#5 Messaggio da pazza poli »

Despe1 ha scritto:Pazza, ti sei letta le 120 giornate di Sodoma ?
hahahahaaaaaaa...curiosoneeeeeeeee.... :DDD :DDD :DDD :DDD

ho messo il topic perchè pensavo che qualcuno/a ci interessasse... :wink:
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Re: De Sade a Verona...

#6 Messaggio da Despe1 »

come no, io sono un fanatico della nouvelle vague iraniana...
pazza poli ha scritto:Uno sguardo agli autori iraniani che hanno reinventato il cinema d'amore nel loro Paese, sarà  offerto da "Iran Melo", a cura di Giuseppe Gariazzo. Tra le opere, tutte di difficile reperibilità  in Occidente, troviamo: Abjad (The first letter, 2003) di Abdolfazl Jalili; Ashk-e Sarma (The tear of the cold, 2004) di Azizollah Hamidnezhad; Leila (1997) di Dariush Mehrjui.
Anche se preferisco leggermente il Divin Marchese :P

P.S.: insomma, l'hai letto o no ? Dopo avere scritto che spendi ottanta euro al mese in libri, mi vorrai mica dare questa delusione...

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Re: De Sade a Verona...

#7 Messaggio da pazza poli »

Despe1 ha scritto:come no, io sono un fanatico della nouvelle vague iraniana...
pazza poli ha scritto:Uno sguardo agli autori iraniani che hanno reinventato il cinema d'amore nel loro Paese, sarà  offerto da "Iran Melo", a cura di Giuseppe Gariazzo. Tra le opere, tutte di difficile reperibilità  in Occidente, troviamo: Abjad (The first letter, 2003) di Abdolfazl Jalili; Ashk-e Sarma (The tear of the cold, 2004) di Azizollah Hamidnezhad; Leila (1997) di Dariush Mehrjui.
Anche se preferisco leggermente il Divin Marchese :P

P.S.: insomma, l'hai letto o no ? Dopo avere scritto che spendi ottanta euro al mese in libri, mi vorrai mica dare questa delusione...
si, l'ho letto...ho visto anche il film di Pasolini...
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#8 Messaggio da pazza poli »

Salò o le centoventi
giornate di Sodoma
1975.
.
.
Dal romanzo di De Sade Le centoventi giornate di Sodoma

[img:1274625adf]http://img128.echo.cx/img128/5519/salo139wq.jpg[/img:1274625adf]
Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini
Collaborazione alla sceneggiatura Sergio Citti e Pupi Avati
Fotografia Tonino Delli Colli; scenografia Dante Ferretti; costumi Danilo Donati; consulente musicale Ennio Morricone; montaggio Nino Baragli, Tatiana Casini Morigi; musiche a cura di Pier Paolo Pasolini; aiuto alla regia Umberto Angelucci; assistente alla regia Fiorella Infascelli.
Interpreti e personaggi Paolo Bonacelli (Il Duca Blangis); Uberto Paolo Quintavalle (il Presidente della Corte d'Appello); Giorgio Cataldi (il Vescovo, doppiato da Giorgio Caproni); Aldo Valletti (l Presidente Durcet, doppiato da Marco Bellocchio); Caterina Boratto (signora Castelli); Hélène Surgère (signora Vaccari, doppiata da Laura Betti); Elsa de' Giorgi (signora Maggi); Sonia Saviange (virtuosa dì pianoforte). E inoltre: Sergio Fascetti, Antonio Orlando, Claudio Cicchetti, Franco Merli, Bruno Musso, Umberto Chessari, Lamberto Book, Gaspare di Jenno, Giuliana Melis, Faridah Malik, Graziella Aniceto, Renata Moar, Dorit Henke, Antinisca Nemour, Benedetta Gaetani, Olga Andreis, Tatiana Mogilanskij, Susanna Radaelli, Giuliana Orlandi, Liana Acquaviva, Rinaldo Missaglia, Giuseppe Patruno, Guido Galletti, Efisio Erzi, Claudio Troccoli, Fabrizio Menichini, Maurizio Valaguzza, Ezio Manni, Anna Maria Dossena, Anna Recchimuzzi, Paola Pieracci, Carla Terlizzi, Ines Pellegrini. Produzione PEA (Roma) / Les Productions Artistes Associés (Parigi); produttore Alberto Grimaldi; pellicola Kodak Eastmancolor; formato 35 mm, colore; macchina da ripresa Arriflex; sviluppo e stampa Technicolor; sincronizzazione International Recording, Roma; missaggio Fausto Ancillai; distribuzione United Artists Europa.
Riprese marzo-maggio 1975, teatri di posa Cinecittà , esterni Salò, Mantova, Gardelletta (Emilia), Bologna; durata 116 minuti.
Prima proiezione I Festival di Parigi, 22 novembre 1975.

I commenti

Un commento a questo film richiede una premessa sia pure breve ma essenziale, poiché un elemento drammatico, dal quale non è possibile prescindere, ne segna il cammino: la tragica morte di Pasolini avvenuta prima che il montaggio fosse compiuto. è chiaro che tutte le critiche che si rovesciarono sul film non trovarono più il principale interlocutore. Sul film, però, nel corso della sua lavorazione, Pasolini ebbe modo di esprimersi in svariate circostanze. Saranno quindi in primo luogo i suoi scritti, le sue interviste o alcuni commenti di critici particolarmente acuti che ci permetteranno di comprendere più chiaramente i contenuti, i significati e i messaggi dell'ultimo film del regista. Occorre però tracciare, almeno per sommi capi, alcuni punti fondanti che presiedono alla realizzazione del film.
Dopo Il fiore delle Mille e una notte, Pasolini aveva in mente la realizzazione di alcuni altri progetti cinematografici, tra cui un film su San Paolo, che avrebbe dovuto intitolarsi Bestemmia:
[b:1274625adf]"Ho sempre fatto film col sole [...] adesso farò un film tutto di pioggia [...] Evidentemente, questa mia violenza contro la Chiesa è profondamente religiosa, in quanto accuso san Paolo di aver fondato una Chiesa anziché una religione. Io non rivivo il mito di san Paolo, lo distruggo". [/b:1274625adf]
Un altro progetto aveva come tema l'Ideologia:
"Una cometa (l'Ideologia) trascina dietro a sé un Re Magio [Pasolini prevedeva per questo ruolo l'interpretazione di Eduardo De Filippo], il quale, seguendola, viaggia a lungo, facendo dunque esperienza dell'intera realtà ".
Si veda a questo proposito la lettera sottoriportata del 24 settembre 1975 con la quale Pasolini - dopo aver girato Salò - propone a Eduardo di fare il film, che si sarebbe chiamato Porno-Teo-Kolossal.
.
Roma, 24 settembre 1975
Caro Eduardo,
eccoti finalmente per iscritto il film di cui ormai da anni ti parlo. In sostanza c'è tutto. Mancano i dialoghi, ancora provvisori, perché conto molto sulla tua collaborazione, anche magari improvvisata mentre giriamo. Epifanio lo affido completamente a te: aprioristicamente, per partito preso, per scelta. Epifanio sei tu. Il "tu" del sogno, apparentemente idealizzato, in effetti reale.
Ho detto che il testo è per iscritto. In realtà non è così. Infatti l'ho dettato al registratore (per la prima volta in vita mia). Resta perciò, almeno linguisticamente, orale. Ti accorgerai subito infatti, leggendo, di una certa sua aria un po' plumbea, ripetitiva, pedante. Passaci sopra. Mi era impossibile - per ragioni pratiche - fare altrimenti.
Io stesso l'ho letto per intero oggi - poco fa - per la prima volta. E sono rimasto traumatizzato: sconvolto per il suo impegno "ideologico", appunto, da "poema", e schiacciato dalla sua mole organizzativa.
Spero, con tutta la mia passione, non solo che il film ti piaccia e che tu accetti di farlo: ma che mi aiuti e m'incoraggi ad affrontare una simile impresa. Ti abbraccio con affetto,
tuo Pier Paolo
.
Nel 1974, dopo la vittoria (12 maggio) dei "no" al referendum sull'abrogazione del divorzio (un "no" che aveva ricevuto una tiepida adesione da parte del partito comunista italiano, preoccupato soprattutto che questa contesa sul divorzio potesse turbare i sentimenti religiosi degli italiani), Pasolini pubblica sul "Corriere della Sera" l'articolo "Gli italiani non sono più quelli" (ora in Scritti corsari [edito da Garzanti] con il titolo "10 giugno 1974. Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia", ampliato poi da un altro articolo dell'11 luglio 1974).
"L'ansia del consumo è un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perché questo è l'ordine che egli inconsciamente ha ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi 'diverso'. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo."
Rispetto a questo scritto vi fu una vivace reazione dei comunisti e si accese una dura polemica prima con Maurizio Ferrara, poi con Italo Calvino e Franco Ferrarotti; Pasolini inviò una lettera aperta a Calvino, pubblicata sul "Corriere della Sera", alla quale replicarono, oltre allo stesso Calvino, Alberto Moravia, Franco Fortini, Umberto Eco, Giorgio Bocca e Natalia Ginzburg.
.
Questi sono gli stati d'animo, questo il clima generale, questo il quadro che fanno da sfondo alla decisione di Pasolini di appropriarsi di un progetto che Sergio Citti stava esaminando. Citti pensava, infatti, di produrre una sceneggiatura dalle Centoventi giornate di Sodoma di De Sade. Pasolini fa proprio il progetto (Sergio Citti, con Pupi Avati, saranno poi collaboratori alla sceneggiatura), sviluppa l'idea che sorregge il romanzo di De Sade del "piacere" della violenza, delle sevizie, della perversione sessuale, e traspone l'originaria ambientazione settecentesca nella repubblica di Salò del 1944; questa una sua dichiarazione:
[b:1274625adf]"L'idea mi è venuta da Le centoventi giornate di Sodoma, questa specie di sacra rappresentazione mostruosa, al limite della legalità . Mi sono accorto tra l'altro che Sade, scrivendo pensava sicuramente a Dante. Così ho cominciato a ristrutturare il libro in tre bolge dantesche [in effetti il film sarà strutturato in un antinferno e tre gironi]. Ma l'idea di sacra rappresentazione peccava di estetismo, occorreva riempirla di immagini e contenuti. Quattro nazifascisti fanno dei rastrellamenti; il castello di Sade dove portano i prigionieri, è un piccolo campione di lager. Mi interessava vedere come agisce il potere dissociandosi dall'umanità e trasformandola in oggetto."[/b:1274625adf]

Occorre infine tener conto, nel formulare o nel proporre conclusioni sull'ultima opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini, di quella che è una filosofia di fondo, riferita al cinema, del pensiero pasoliniano:
"A mio parere, il cinema è sostanzialmente e naturalmente poetico [...] perché ha il carattere del sogno, perché è vicino ai sogni, perché una sequenza cinematografica è la sequenza cinematografica di un ricordo o di un sogno e non solo questo, ma le cose in se stesse sono profondamente poetiche: un albero fotografato è poetico, un volto umano fotografato è poetico, perché la fisicità è poetica in sé, perché è un'apparizione, piena di mistero, piena di ambiguità [...].
Il cinema di poesia è il cinema che adotta una particolare tecnica, proprio come un poeta adotta una particolare tecnica per scrivere versi. Se si apre un libro di poesie, si riconosce immediatamente lo stile, il modo di rimare e tutto il resto: si vede la lingua come strumento, si contano le sillabe di un verso. L'equivalente di quello che si vede in un testo poetico lo si ritrova in un testo cinematografico, attraverso gli stilemi, ossia attraverso i movimenti di macchina e il montaggio. Per cui fare un film è essere poeti."

A metà febbraio 1975 iniziano le riprese di Salò nelle campagne intorno a Mantova. Il 25 marzo, in una autointervista sul "Corriere della Sera" Pasolini tra l'altro scrive:
[b:1274625adf]"Il sesso in Salò è una rappresentazione, o metafora, di questa situazione: questa che viviamo in questi anni: il sesso come obbligo e bruttezza. [...]
Oltre che la metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto) che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni, tutto il sesso che c'è in Salò (e ce n'è in quantità enorme) è anche la metafora del rapporto del potere con coloro che gli sono sottoposti. In altre parole è la rappresentazione (magari onirica) di quella che Marx chiama la mercificazione dell'uomo: la riduzione del corpo a cosa (attraverso lo sfruttamento). Dunque il sesso è chiamato a svolgere nel mio film un ruolo metaforico orribile. [...]
[Le mie Centoventi giornate di Sodoma si svolgono a Salò nel 1944], e a Marzabotto. Ho preso a simbolo di quel potere che trasforma gli individui in oggetti [...] il potere fascista e nella fattispecie il potere repubblichino. Ma, appunto, si tratta di un simbolo. [...] In realtà lascio a tutto il film un ampio margine bianco, che dilata quel potere arcaico, preso a simbolo di tutto il potere, e abbordabili alla immaginazione tutte le sue possibili forme. [...]
Nel potere - in qualsiasi potere, legislativo e esecutivo - c'è qualcosa di belluino. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti, altro non si fa che sancire e rendere attualizzabile la più primordiale e cieca violenza dei forti contro i deboli: cioè, diciamolo ancora una volta, degli sfruttatori contro gli sfruttati. [...] I potenti di De Sade non fanno altro che scrivere Regolamenti e regolarmente applicarli".[/b:1274625adf]
Pasolini ha concepito questo film, dunque, in un momento storico in cui percepiva lucidamente, attraverso tutto ciò che stava accadendo attorno a lui (la violenza, la corruzione, la caduta verticale dei valori, l'imposizione di miti consumistici, l'omologazione sociale e culturale) il grado di sfacelo di un intero paese e il crimine di un potere "tritacoscienze" che agiva - e agisce - in nome di una democrazia solo nominalmente, formalmente tale, una situazione di cui una parte di noi italiani avrebbe cominciato a prendere coscienza solamente sul finire degli anni Ottanta.

è interessante osservare come alcuni intellettuali abbiano percepito e commentato i contenuti dell'ultima opera cinematografica pasoliniana.
Nell'esame di Enzo Siciliano, per esempio, vi sono due riflessioni particolarmente interessanti: quella sull'"estraneazione teatrale" di scuola brechtiana e quella di una serie di brutalità orrende - radicali e totali - che i nazifascisti della repubblica di Salò avrebbero potuto credibilmente compiere.
Torturare e uccidere, anche attraverso rivoltanti perversioni sessuali, era per i carnefici nazifascisti una possibilità concreta e non un frutto della "invenzione", o delle "fantasie distorte" di Pasolini . Ma vediamo ciò che dice tra l'altro Enzo Siciliano (Vita di Pasolini, Giunti 1995):
"Salò o le centoventi giornate di Sodoma è una sorta di saggio critico per immagini. Tema del saggio, nel quale il romanzo postumo di Sade viene assunto come provocazione intellettuale, è la mentalità concentrazionaria nazifascista, istigatrice di violenza. Ma i suoi temi sono anche la trasgressione e la morte. [...] Sade mette in bocca ai propri personaggi discorsi di incontinente verbosità e narrazioni di una programmatica astrattezza. Ebbene, tanto spreco di parole e discorsi ha un fine preciso: ridurre l'azione romanzesca a rito e a emblema.
In Salò, ritualismo e emblematicità sadiani filtrano interi. I personaggi di Les 120 journées de Sodome interpretano, sulla pagina scritta, le proprie azioni al modo degli attori, non coincidendo mai con esse. Si verifica così un calcolato scollamento fra ciò che dicono e ciò che fanno. Pasolini punta deliberatamente a questo scollamento, a questa 'estraneazione teatrale', di cui Brecht è stato il teorico.
Salò, film 'brechtiano', film 'critico', film ritualistico, si apre con immagini di campagna padana: i nazifascisti vi compiono razzia di giovani. [...] la cerimonia avrà inizio una volta che la razzia è accuratamente ultimata. [...]
Il potere è anarchia, dice Pasolini: il potere vuole abolire la storia e sopraffare la natura. Storia e natura possono essere abolite e sopraffatte attraverso il sesso.
La cronaca dei fatti umani suggerisce che durante la repubblica di Salò, col dominio dei nazisti, una tale sopraffazione, radicale e totale, avrebbe potuto compiersi. Ecco, quindi, nel film sotto il suggerimento di Sade, rendersi esplicita la metafora di quella apocalisse".

Il drammaturgo e critico Serafino Murri (Pier Paolo Pasolini, 1995), pone l'accento su diversi aspetti del film e su alcune traversie che ne hanno caratterizzato la lavorazione. E' una sua considerazione che, in particolare, ha richiamato la mia attenzione: "Ciò che è certo, è che Pasolini, pur mettendo in conto la sua morte, non aveva alcuna intenzione di fermarsi". è noto, infatti, che Pasolini era già stato oggetto di aggressioni, di minacce, e che era letteralmente "accerchiato" da una sorda ostilità : è possibile che in più d'una occasione abbia anche temuto per la sua vita. Ma a fronte di una persona che dice di se stessa, come egli fece, dopo Salò: "Un nuovo regista. Pronto per un mondo moderno", è priva di fondamento un'ipotesi che insinui che "sia andato volontariamente in cerca di qualcuno che lo suicidasse". Ed ecco uno stralcio delle riflessioni di Murri:
"Salò è di certo un film estremo, che risponde alla sfida della Tolleranza rappresentando tutto ciò che viene rimosso dall'immagine che la società dà di sé: la violenza e la perversione, reintegrate al finto candore televisivo di cui la nuova classe politica si fa scudo per imporre i suoi dettami, non possono che provocare indignazione e scandalo.
Il film fu girato con difficoltà , tra le frequenti ribellioni degli attori, che cercavano di rifiutarsi di eseguire i gesti osceni e di pronunciare le battute in maniera così cruda ed esplicita come li aveva immaginati il regista. Ma Pasolini, durante la lavorazione, non ha mai smussato alcuna di queste punte, e ha cercato di rappresentare consapevolmente 'il cuore della violenza' con una freddezza e una lucidità espressive quasi maniacali: 'Se uno deve cadere a terra morto, glielo faccio ripetere mille volte finché sembra proprio un corpo che cade morto. Insomma, un punto di perfezione formale che mi serve per chiudere in una specie di involucro le cose terribili di De Sade, del fascismo'.
Pasolini non fece in tempo a vedere, completo di montaggio, il suo film sul Potere. Quando Salò o le centoventi giornate di Sodoma fu proiettato in anteprima al Festival di Parigi, il 22 novembre del 1975, il regista era già morto da tre settimane.
Molti hanno interpretato la sua morte per assassinio come una sorta di 'suicidio per procura', un gesto volutamente provocato da un uomo stanco di vivere, che cercava il pericolo e l'autoannullamento. Altri, rifacendosi alla violenta escalation della sua polemica politica degli ultimi mesi (era giunto a sostenere che occorreva una nuova Norimberga per la Dc), hanno adombrato il sospetto di una morte 'non casuale', senza credere all'autonomia della colpevolezza di Giuseppe Pelosi, il ladruncolo minorenne che lo aveva ucciso. Ciò che è certo, è che Pasolini, pur mettendo in conto la sua morte, non aveva alcuna intenzione di fermarsi.
Che Salò potesse essere soggetto a traversie giudiziarie che vanno dall'imputazione per oscenità a quella di corruzione di minori, durate a fasi alterne fino al 1978, era prevedibile; e che le reazioni nell'opinione pubblica non avrebbero potuto essere di tacitante indifferenza, era l'aperta ambizione del regista: 'Questo film va talmente al di là dei limiti, che ciò che dicono sempre di me dovranno poi esprimerlo in altri termini. è un nuovo scatto. Un nuovo regista. Pronto per un mondo moderno', aveva detto Pasolini in una delle sue ultime interviste. Si preparava dunque, Pasolini, a dare battaglia all'indifferenza, a turbare l'inquietante 'sdrammatizzazione' operata dal Potere, in quel mondo oltre la fine del mondo dipinto con Salò?"

Pasolini, infine, in una intervista, dichiarò: [b:1274625adf]"Chi potrebbe dubitare della mia sincerità quando dico che il messaggio di Salò è la denuncia dell'anarchia del potere e dell'inesistenza della storia? Eppure così enunciato tale messaggio è sclerotico, menzognero, pretestuale, ipocrita, cioè logico della stessa logica che non trova affatto anarchico il potere, e che trova esistente la storia, anzi, pone ciò come un dovere. La parte del messaggio che pertiene al senso del film è immensamente più reale, perché include anche tutto ciò che l'autore non sa, cioè l'illimitatezza della sua stessa restrizione sociale storica. Ma tale parte del messaggio è imparlabile, non può che essere lasciata al silenzio e al testo". [/b:1274625adf]
.
Salò o le centoventi giornate di Sodoma è ispirato a Le 120 giornate di Sodoma di De Sade; è stato girato nel 1975 ed è l'ultimo film realizzato da Pasolini prima del suo assassinio all'idroscalo di Ostia.
In questa pellicola, a differenza delle precedenti, Pasolini aspira alla perfezione tecnica e stilistica. Se il "cinema di poesia" lo ha spinto a richiedere il non professionismo agli attori professionisti, e a preferire attori presi dalla strada, in Salò ricerca il massimo del perfezionismo.
E' un film, sostanzialmente, di scenografia, dove gli ambienti sono costituiti da stanze vuote, con pochissimi elementi, come per esempio la stanza del Cardinale, ove non c'è alcun quadro, alcun tappeto, nulla. Ciò che si ricava è un'ambientazione cupa, in un contesto freddissimo e raggelante. Il film è ambientato in una casale di campagna di Salò e il periodo e' quello della Rsi, ma alcuni elementi scenografici sono ripresi da anni precedenti (1925). Pasolini, ripercorrendo le intenzioni di De Sade, ha cercato di dare un carattere dantesco alla struttura del film dividendola in gironi proprio come il verticalismo teologico di Dante.
Con questo film Pasolini affronta il mondo moderno in una luce inedita rispetto alle esperienze del passato; c'è qui, una drammatica consapevolezza dell'orrore e dell'anarchia del potere, che egli si rifiuta di affrontare in modo realistico per rifuggire in una trasposizione metaforica. La metafora, quindi, rappresenta l'espediente grazie al quale il poeta-regista riesce a esprimere gli orrori perpetrati dal potere sul corpo umano: "la riduzione di questo a cosa, l'annullamento della personalità dell'uomo". Nulla, secondo la visione pasoliniana, è più anarchico del potere arbitrariamente spinto da esigenze puramente economiche che sfuggono ad un sentire comune.
"E' un potere che manipola i corpi in modo orribile e che non ha nulla da invidiare alla manipolazione fatta da Hitler: li manipola trasformando le coscienze, cioè nel modo peggiore; istituendo dei nuovi valori alienanti e falsi, che sono i valori del consumo; avviene quello che Marx definisce: il genocidio delle culture viventi, reali, precedenti". [Pier Paolo Pasolini]
Il potere, di per sé, è codificatore e rituale; la ripetitività del gesto sodomitico rappresenta, per la sua meccanicità , il paradigma che riassume questa terrificante imposizione del neocapitalismo.
Per il carnefice si pone, dunque, il problema della ripetitività dell'atto in riferimento alla morte, che lo porta a ricercare non una ma cento vittime, perché altrimenti non potrebbe ripetersi perdendo, in ultima analisi, il suo potere. Ma nel film c'è un'altra soluzione, ovvero fingere di ammazzare la vittima, ma in realtà non ucciderla affatto: "il ritorno alla vita diventerebbe una variante perversa, essendo ormai il rito della morte consumato".
I carnefici di Salò, attraverso la manipolazione dei corpi assumono la potenza di dei in terra, cioè il loro modello è sempre Dio.



http://www.pasolini.net/cinema_salo.htm
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#9 Messaggio da fiatAGRI »

mi leggeró il papiello con calma.
domanda : ma in vhs si trova Saló o le centoventi
giornate di Sodoma?

io ho letto justine, juliette e qualche racconto breve.
come scrittore de sade fa cagare.
come pornografo è un gigante.
come pensatore, lascio il piacere di commentarlo a squirto.
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Squirto
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#10 Messaggio da Squirto »

fiatAGRI ha scritto:come pensatore, lascio il piacere di commentarlo a squirto.
be', che dire? ovviamente non posso che ammirare il Marchese, il libertino e il pensatore, l'ateo e il materialista. La rivoluzione vera e totale era per lui quella dei costumi ("ancora uno sforzo" diceva ai francesi). Rimane per me il simbolo dell'uomo che insorge contro tutti i divieti e contro tutte le ipocrisie (si vede bene dalla sua biografia).
Come non rispettare chi proponeva una morale del vizio? :P

«Tutto è nella natura [...] Se la natura disapprovasse le nostre inclinazioni, non ce le ispirerebbe.»

c'è un testo di Roland Barthes in cui il semiologo francese accomuna Sade a Fourier e Loyola (filosofo utopista il primo e gesuita il secondo), perchè per lui l'eccesso è la scrittura, la vera forza di un testo si misura in quell'eccesso che ridiscute le filosofie, le ideologie, le regole sociali, non nell'impegno del contenuto, quanto nell'impeto della scrittura.

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e la nuova edizione:

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Autore Roland Barthes
Titolo Sade, Fourier, Loyola
Sottotitolo La scrittura come eccesso
Edizione Einaudi, Torino, 1977, Nuovo Politecnico 91
Originale Sade, Fourier, Loyola [1971]
Traduttore Lidia Lonzi
Classe scienze sociali , mass media


Indice

p.IX Prefazione
XVII Nota

Sade, Fourier, Loyola

3 Sade I

Loyola

29 1. La scrittura
30 2. Il testo multiplo
34 3. La mantica
38 4. L'immaginazione
4I 5. L'articolazione
45 6. L'albero
47 7. Topiche
49 8. Montaggi
51 9. Il fantasma
54 10. Ortodossia dell'immmagine
57 11. La contabilità 
60 12. La bilancia e la marca

Fourier

67 Partenze
70 Il calcolo del piacere
74 Il denaro fa la felicità 
76 Inventore, non scrittore
78 Il meta-libro
80 La ciabatta fiammeggiante
84 Il geroglifico
88 Liberale?
89 Passioni
89 L'albero della felicità 
91 Numeri
95 La nocepesca
97 Sistema/sà­stematico
99 Il party
104 Le composte
106 Il tempo che fa

Sade II

111 Nascondere la donna
112 Nutrimento
113 Il nastro trasportatore
114 La censura, l'invenzione
114 L'odio del pane
115 Il corpo illuminato
116 L'inondazione
118 Sociale
119 Cortesia
120 Figure di retorica
121 La crudezza
122 La "moà­re"
123 Impossibilia
125 Il fazzoletto
125 La famiglia
126 Gli specchi
127 Il conio
127 Rapsodia
128 L'arredo dell'orgia
129 La marca
130 Il casco
131 La divisione dei linguaggi
132 La confessione
133 La dissertazione, la scena
134 Lo spazio del linguaggio
136 L'ironia
137 Il viaggio
138 Sade precursore
138 Poetica del libertino
139 Le macchine
140 I colori
141 Scena, macchina, scrittura
144 Il linguaggio e il delitto
144 L'omonimia
145 Strip-tease
145 Il pornogramma
146 Il linguaggio di Agostino
147 Compiacenza della frase
147 Mettere ordine
149 Lo scambio
150 Il dettato
152 La catena
152 La grammatica
153 Il silenzio
153 Il fondo-pagina
154 Il rituale
154 Nomi propri
155 Il furto, la prostituzione
155 Sutura
156 Il filo rosso
156 Il desiderio di testa
157 Sadismo
157 Il principio di delicatezza

Vite

161 Vita di Sade
171 Vita di Fourier

173 Nota all'edizione italiana
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You are what you is (Frank Zappa)
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#11 Messaggio da balkan wolf »

le 120 journè è illeggibile ( mai finito ) un lunghissimo catalogo... le sventure della virtù più leggibile ma francamente ingenuo e infantile ( ad ogni pagina sembra voler dire "vedete che ho ragione" :-) )

mai amato come scrittore ( cmq. conosco poco )

quanto alle teorie sadiche porello era vittima del suo tempo e sosteneva che fosse tutta una questine meccanica ( nervi eccitati maggiormente )
nel 700 non avevano basi psicologiche :-)

ottima invece la critica dell'eccesso borghese fatta da pasolini nel film dove de sade il fascismo e tutto quanto sono solo simboli dell'arbitrio imbecille vuoto e solo apparentemente estetizzato degli ometti di tutti i tempi... capolavoro e salutarissimo "pugno nello stomaco" tuttoggi
“Quando il treno dei tuoi pensieri sferraglia verso il passato e le urla si fanno insopportabili, ricorda che c’è sempre la follia. La follia è l’uscita d’emergenza!”
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dada
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#12 Messaggio da dada »

Minnnchia! Pasolini... 'Sto topic me l'ero perso...

Per fiat:
se trova, se trova...

Saló non è il miglior film di Pasolini ma è da vedere, assolutamente... Polina poi ha recuperato contributi che mi fanno tornare indietro negli anni, a quando raccoglievo materiale per la tesi... Mi emoziono sempre a parlare del "corsaro".... Lacrimuccia!

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#13 Messaggio da Squirto »

dada ha scritto: a quando raccoglievo materiale per la tesi... Mi emoziono sempre a parlare del "corsaro".... Lacrimuccia!
su che hai fatto la tesi, dada?

se non vuoi qui, puoi rispondermi in privato...
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dada
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#14 Messaggio da dada »

Figurati... Nessun problema.
Titolo: "Dai 'Dialoghi' alle 'Lettere luterane': le polemiche pubbliche nel giornalismo di Pier Paolo Pasolini". Storia della critica letteraria.

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#15 Messaggio da balkan wolf »

film preferito dada?
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