Ebbene sì, lo confesso... è una fottuta operazione di marketing
Foto già postata, lo so, ma spero che a qualcuno venga voglia di leggersi anche la sineddoche del racconto sottostante (è un anal...)
(cosa tocca fare per sdoganare un po' di CULtura letteraria, e non solo visiva!)
EFFIMERO POSSESSO
Ho goduto dentro di te, schiacciandoti sotto il peso del mio corpo. Ti ho domata, ti sei lasciata domare... Ho voluto che mi sentissi sopra, che ti sentissi bloccata, prigioniera, mentre il mio cazzo scavava nelle profondità delle tue viscere. Si era guadagnato questo premio inestimabile per averti fatto provare, in un cadenzato movimento di entrata e uscita, quanto desiderio si era accumulato nei suoi corpi cavernosi. E il tuo buchino che sa di miele d'acacia e di castagne si era dischiuso senza protestare, grato anche lui per l'omaggio che la mia lingua gli aveva reso poco prima. Il dono della mia saliva come pegno di altri umori.
Puntellandomi sulle braccia mi sollevo da te e ti guardo, come se ti vedessi nuovamente distinta da me dopo la fusione dei corpi surriscaldati. Sei bella ed elegante come sempre. Come sei anche quando rispondi, in un'oscena litania, alle mie reiterate domande di maschio infoiato. "Dillo che lo vuoi nel culo, troia". "Sì, mettimelo tutto nel culo". C'è una sovrana libertà in quell'accettare di essere troia per l'uomo che in quel momento ti ama e ti vuole, che rende regale il tuo linguaggio sboccato, la tua posa da puttana di strada, il tuo sguardo da bianca pollastra in calore... E questo aumenta la mia eccitazione, come quando la plebe in rivolta dilaga finalmente nei palazzi dei nobili e devasta, saccheggia, profana.
Ti guardo, dunque. E dal tuo viso appagato per il piacere ricevuto e soprattutto per quello offerto, i miei occhi scendono lungo la schiena fino all'umida sella tra le tue natiche ora rilassate. Lo vedo, il mio seme, lo vedo che esce dal tuo ano calmo ed arreso. Lo vedo e quel debordare - testimone liquido e fuggevole di un possesso tanto profondo quanto effimero - mi trasmette l'immagine del tuo corpo saturo di me, così pieno del mio sperma da espellerlo per sovrabbondanza. Astinenza di giorni, voluta e segreta, per riempire la mia faretra. E poi l'orgasmo, come lo scatto della corda dell'arco che libera la sua energia e la disperde nella corsa, all'inizio tesa e veloce, poi sempre più morbida e lenta, della freccia scagliata lontano.
Scende, il mio seme, come attratto da quell'altro vaso cui per natura sarebbe destinato. Lo ferma la tua mano, con un gesto aggraziato e deciso allo stesso tempo. Ho l'impressione - non so se sia vero, ma voglio pensarlo - che tu lo faccia anche per sentirne al tatto la consistenza vischiosa, per toccare con mano, appunto, il mio piacere che fuoriesce dal tuo corpo dopo averlo inondato.
Ti guardo e ti vedo mia. So bene che di lì a poco ti perderò, per riaverti quando? Ma come una stella resta tale anche se è solo una tra i miliardi e miliardi di astri che illuminano il firmamento, così l'averti avuta per un pugno di ore non sarà mai privo di senso. Per la mia esistenza e, oso sperarlo, anche per la tua.
