POPOLI. La sua missione è divulgare la pace e la parola di Dio attraverso azioni di carità e di sostegno per la parrocchia di Popoli. E da qualche tempo lo fa anche imbracciando il fucile. Si chiama Emilio Salvati e, oltre a essere priore dell’arciconfraternita della Santissima Trinità di Popoli, è un soldato del 9° reggimento alpini dell’Aquila nel quale presta servizio dall’aprile del 2009 come caporale maggiore.
Dalla fine di agosto, Salvati che è sposato ed è padre di due gemelli, si trova nella provincia di Farah nella parte occidentale dell’Afghanistan per una nuova missione di pace. Una storia davvero particolare quella del priore con l’elmetto: «Questa è la mia quarta missione in Afghanistan», afferma Salvati, «una missione di pace molto importante per fare fronte alle necessità di questo Paese tanto diverso dal nostro negli usi e nei costumi. Sono tante le difficoltà di questo popolo ed essere partecipe in prima persona per donare loro un futuro migliore, mi dà tante soddisfazioni». Le stesse soddisfazioni che riceve dal suo impegno per la chiesa.
Quando torna a Popoli, Salvati toglie la divisa da alpino e indossa il saio rosso dell’arciconfraternita che guida ormai da tre anni. Le origini dell’arciconfraternita risalgono al 1500 mentre è del 1603 l’affiliazione alla primaria di Roma. «Guidare una pia associazione è per me oltre che una soddisfazione personale, un grande onore», prosegue Salvati, «colgo l’occasione per mandare un saluto affettuoso al vescovo della nostra diocesi di Sulmona Valva, monsignor Angelo Spina e al nostro caro parroco don Panfilo Vecchiarelli e augurare a tutti i confratelli e alle consorelle dell’ arciconfraternita un felice 2013. Sono sempre nei miei pensieri e nelle mie preghiere».
Grazie ai collegamenti telefonici e all’utilizzo dei social network, Salvati riesce a sopperire ai problemi di lontananza dalla famiglia e dal suo paese: «Il mio pensiero è sempre rivolto a mia moglie Doina e ai miei due gemelli Andrea e Saverio», afferma ancora Salvati, «mi mancano molto, un vuoto che riesco parzialmente a colmare grazie ai miei colleghi d’ufficio (Nicola, Daniele Ciro e Cristian), che sono per me una seconda famiglia». Lo spirito di gruppo in una zona ad alto rischio vale tanto: «Siamo un’ ottima squadra e ci aiutiamo a vicenda, una cosa molto importante», racconta Salvati, «per affrontare un periodo così lungo lontano da casa. Vorrei, infine, mandare i più cari saluti ai miei genitori, papà Saverio e mamma Franca, e ringraziarli per avermi cresciuto con sani valori, che spero di riuscire a tramandare ai miei figli».
Funerali Melato, Bonino: ''Non ho potuto parlare in chiesa''
L'ultimo saluto a Mariangela Melato è stato affidato alla radicale Emma Bonino ma la sua orazione è avvenuta fuori dalla chiesa, su richiesta del sacerdote. ''Non so perché, non sono esperta di cerimonie religiose, ma la cosa ha stupito tutti'', ha detto la vicepresidente del Senato
Questo mi ricorda un aneddoto.
Un mio amico che si sposava ebbe da dire qualcosa col prete riguardo l'organizzazione della cerimonia.
Il prete troncò la discussione dicendo: Questa è la mia chiesa.
Lui, per far dello spirito (Spirito?), gli disse: Credevo che fosse la Chiesa del Signore.
E l'altro: No, no: è la mia chiesa.
Ille ego, Blif, ductus Minervæ sorte sacerdos (ბლუფ)
Blif ha scritto:Questo mi ricorda un aneddoto.
Un mio amico che si sposava ebbe da dire qualcosa col prete riguardo l'organizzazione della cerimonia.
Il prete troncò la discussione dicendo: Questa è la mia chiesa.
Lui, per far dello spirito (Spirito?), gli disse: Credevo che fosse la Chiesa del Signore.
E l'altro: No, no: è la mia chiesa.
Ma infatti ha ragione Oscar, ed ha ragione anche il prete che cita Blif, e non fa polemica nemmeno la Bonino, che semplicemente risponde ad una domanda.
È casa sua, del prete, e fa come crede. Non mi disturba, non mi meraviglia.
Mi meraviglia che qualcuno li stia ad ascoltare quando parlano di compassione, di pietà, di dialogo.
[...]Ma a me premeva commentare quello che è successo ieri a Piazza San Pietro. La protesta della quattro ragazze (due ucraine e due francesi) è stata interrotta da un paio di carabinieri che, per nascondere al popolo accorso devotamente alle parole del santo pastore, omofobo e protettore dei preti pedofili, le vergognose tettine, si sono sacrificati per coprire le stesse pubende con mani guantate, soffermatesi con sospetta solerzia. E' poi intervenuta una megera che pareva uscita da una canzone di De Andrè (quella che non poteva più dare cattivo esempio) che si è presa la briga di colpire una delle ragazze con un mezzo ombrello (comunque più alto di lei).
Questa è la cronaca.
Mi è sembrato di vedere uno di quegli episodio descritti da Giordano Bruno, che, arrivato a Roma, era rimasto sgomento nell'osservare le prostitute punite e costrette a camminare svestite per strada, accompagnate da una schiera di pretacci che le malmenavano e le toccavano voluttuosamente. Era il 1500. Ieri era invece il 14 gennaio 2013. Temi mutati, costumi immobili.