[O.T.] Aria di fascismo

Scatta il fluido erotico...

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dostum
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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1426 Messaggio da dostum »

Il fascismo è il canto del contadino quando torna a casa a piedi al tramonto dopo una giornata di lavoro.

(Benito Mussolini)

Umberto Eco nel riflettere sul fascismo quale categoria dello spirito (Eco, Il fascismo eterno) si dimostra non solo hegeliano-crociano ma pure evoliano. Ma come, l'alfiere più prestigioso e più recente dell'Illuminismo quale scelta di vita appare vicino al più radicale filosofo e intellettuale del Fascismo? Questo paradosso accade proprio per un errore di analisi dato dall'ossessione antifascista di Eco. L'antifascismo quale mania, quale atteggiamento ideologico, vede il fascismo ovunque e questo il senso del libello dello scrittore dove sostiene, irrazionalmente, che ogni ritenuta primazia di qualsiasi concetto di tradizione cela in se stessa germi perenni di fascismo.

Eco risale nei secoli individuando il modello archetipale fascista nel mito di Ur quale prima radice della civiltà occidentale. Un vero e proprio delirio (anche i migliori talvolta vaneggiano!) anche perché Abramo viene da Ur dei Caldei e quindi si potrebbe sostenere, nel seguire Eco, che Abramo sia in realtà un protofascista e, con lui, l'intera nazione di Israele, con il suo spirito militante, eroico, guerresco. Non sono Davide e Salomone i modelli di ogni re guerriero e di ogni re sacrale?

Il fascismo non si può vedere quale laicizzazione di un'idea regale-aristocratica di élite spirituale connessa organicamente con un'idea mistica (già mazziniana, già romana) di popolo? Eco alfiere indiretto delle mitologie indoeuropee che bene conosceva? Così facendo l'ossessione antifascista di Eco trasla un'idea politica sconfitta militarmente nel 1945 e impensabile senza il mito patriottico della Grande Guerra e la delusione sociale del dopoguerra sul piano del puro spirito, delle dimensioni dell'anima, degli stati religiosi e mistici, avvicinandosi proprio al pensiero di Evola, per il quale il fascismo fu una prova, un tentativo, una forma storica ibrida rispetto all'eterna tradizione solare-eroica indoeuropea. Come Evola Eco, connettendo la dottrina del 1919-1943 a Ur quale mito eroico-iniziatico-aristocratico, concorda con Evola sull'immortalità di un nucleo spirituale proprio della tradizione che carsicamente emerge e si occulta tra le pieghe della storia: Sufi, Zen, i Veda della Bhagavadgītā, il Bushido, lo Stoicismo, i culti propri di Alessandro Magno, l'arte alchemica, la magia naturale rinascimentale, il mito neoimperiale dei Rosacroce, le ritualità cavalleresche e ghibelline, l'eterno sogno di una Repubblica dei migliori, insomma tutti i “mondi e retromondi altri” cantati da Battiato e allusi da Roberto Calasso.

L'esoterismo, quindi, si dividerebbe in due blocchi: quello non ebraico che passa per le forche caudine nicciane e per il quale si può ancora creare e inventare miti ed eroi, e quello ebraico, da cui viene Eco, che scommette invece sul Linguaggio e sull'Interpretazione (kabala significa: interpretazione). Chi vuole mutare il mondo agendo con il Logos e chi vuole reinventarlo tramite il Mithos. Entrambi concordano sull'insopportabilità di questo mondo “solo liberale”, sordo alle essenze e alle profondità.

Se fai del Fascismo una “terza via” non solo politica ma anche totale nella spiritualità poi non devi sorprenderti che sia ancora suggestivo oggi, quale “metafisica dell'inattualità”. Ciò che appare attuale, di moda, cioè “già accolto”, si rivela già “non visto”, subito vecchio. È l'inattuale che s'irradia quale classico, senza tempo, sempre nuovo e fresco. Carmelo Bene accolse la definizione di Calasso: “Classico è ciò che appare sia barbarico che neoclassico”. Giusto: ogni secolo ha avuto il suo “tempo nuovo”, la sua rinascita e non a caso si è sempre trattato di una rinascita tramite ripresa di un'idea di Antico: l'epoca carolingia, ottoniana, federiciana, dantesca, neoplatonica, il neotemplarismo dei Gesuiti, il teatro barocco quale enciclopedismo aristotelico, il Settecento ripresa del Mito di Roma e di Atene (Rivoluzione Francese inclusa), l'Ottocento quale riscoperta dei Presocratici e il Novecento cos'è se non il ritorno al mito di Sparta? In questa definizione il fascino culturale oggi (incredibilmente) ancora presente del Fascismo. Fascino che risiede non in una dottrina o ideologia politica ma nelle sue neomitologie rituali, nel “inconscio collettivo”, nel suo tentativo di andare oltre romanticismo e modernità con l'assumerli totalmente, volontaristicamente, specie nelle loro radici classiche greco-romane.

Per questo il Fascismo appare simbolicamente attuale: perché è stato l'ultimo esperimento vivo che ha cercato di uscire dalle gabbie e dai fallimenti della modernità senza rifiutarla in toto. La prima praxis già post-moderna anche se di una post-modernità per via “ultramoderna”. Non a caso si è trattato dell'ideologia meno ideologica. Nessun Marx, nessun Adam Smith ha avuto il fascismo. Nessun dogma e invece molte anime radunate per la prima volta insieme: spirito risorgimentale, pensiero sociale (preso dal sindacalismo rivoluzionario francese), futurismo nell'esigenza di modernizzazione tecnologica, corporativismo (preso dal pensiero cattolico medioevale), idea imperiale romana, esoterismo dannunziano.

Il fascismo ambiva a porsi quale sintesi totale. Appare in parte non del tutto evaporato e ritornante in quanto la società di massa contemporanea deve al fascismo la sua prima instaurazione. L'opera di americanizzazione consumistica e massificante è stata più facile in Italia perché c'è stato il Fascismo. Se oggi l'Italia appare una massa di telebeoti lo dobbiamo all'uso commerciale e sistematico di strumenti testati con successo dallo Stato fascista. La società attuale è assolutamente fascista nella sua totalità liberistica e reificante. Un fascismo però non idealista e gerarchico ma orizzontale e materialistico. Non è un caso che il Codice Penale sia oggi ancora il Codice Penale del Fascismo: il diritto penale si rivela sempre la prima filosofia sociale.

I fondamentali dell'Italia non sono mutati: affetto per le antiche tradizioni mescolato con il desiderio di innovare e sperimentare. La forza specifica del suo fascismo fu la sua originalità e la sua inclusività (da Gandi a Marconi, dal Papa ai nativi americani), il suo unire l'istanza di una modernizzazione da avanzare e completare con la parallela e simmetrica istanza di un ritorno alla terra, all'Antico, alla società organica e mitica. Il fascismo fu il sogno giovanile, in gran parte inconscio, di un equilibrio dinamico tra pre-modernità postmodernità e modernità. Questo anche perché fu la realizzazione dei reduci della Prima guerra mondiale, ecatombe che seppellì il primo liberalismo.

Oggi il “fascismo spirituale e democratico” di Alexandr Dugin, e non poteva esserci che la Russia quale ultimo vivo laboratorio culturale al mondo, appare non a caso, e coerentemente, l'ideale più partecipativo e più popolare che sia mai stato concepito in quanto riprende questo ponte ideale e inclusivo tra pre-moderno e post-moderno, generando una visione del mondo organica e viva, totale e libera, sciamanica e proiettiva, costruttiva e unitiva, selezionando e unendo hegelianamente quanto di vivo e di migliore e si cela nelle grandi idee novecentesche.

Un nuovo hegelismo. Lo potrebbe chiamare “hegelismo di centro”. L'autogoal ermeneutico di Eco rischia quindi di divenire una profezia che si autoavvera se non fosse che manca al mondo oggi la presenza di due fattori che sono assolutamente necessari per la riemersione di qualsiasi idea (vera o artificiale) di fascismo: il culto della volontà e il suo esercizio (oggi la società televisiva è una società abulica e dispersiva) e la percezione della radicalità eroica di una situazione socio-economica tragica e collassata. Puoi anche vivere nel fallimento economico (come i 70 anni dell'URSS) ma se non percepisci socialmente la gravità della situazione allora nessuna decisione interiore può maturare.

Non sussistono quindi né le condizioni soggettive (la società liquida opera potente contro l'emergere di individualità reali) né quelle oggettive (il senso dello Stato e della Nazione) affinché possa riemergere un nuovo fascismo. Quindi stiano tranquilli i mediocri epigoni di Umberto Eco, che ne scimmiottano i vizi e ne dimenticano le molte virtù: il ritorno culturale del Fascismo non è l'epifania o la conseguenza del sovranismo, non è il segno di un ritorno di un culto dell'identità eroica ma assomiglia di più ad un “interesse compensativo” proprio di un corpo sociale ormai quasi privo di senso dell'identità e di coscienza sociale.

Come un malato terminale che voglia assaggiare un tamarindo o una cedrata con spuma, perché suo nonno o bisnonno ne era appassionato e ne parlava. Comprendere il fascino del fascismo significa superarlo evitando il doppio rischio di demonizzarlo come di sacralizzarlo.

Il Fascismo fu l'ideologia più creativa del Novecento non solo perché fu latina, italica, mediterranea ma pure perché sorse quando già le altre ideologie, liberalismo e socialismo-comunismo, dimostravano l'impalcatura fallimentare e antipopolare delle proprie cerebrali costruzioni.

In una cosa Eco ha visto giusto: nel considerare Ur, nome che in sanscrito significa “fuoco” la radice mitica dell'Occidente greco-romano. Ur dei Caldei, popolo di Maghi, di sacerdoti-astronomi, di costruttori di altari e torri ciclopiche. L'errore illiberale di Eco dimostra come anche la critica alle ideologie non debba mutuarne le rigidità e i fanatismi a pena di rinnovarne la forza. Se si vede ogni tradizione quale nemica del liberalismo questo accade perché si accoglie una visione ideologica e totalitaria del liberalismo, che non lo differenzia a sufficienza dagli avversari combattendo i quali si autoidentifica. Siccome anche il liberalismo a suo modo è una tradizione, che viene dal protestantesimo e dall'Illuminismo, allora negare il concetto e il valore della tradizione si rivela pure autocontraddittorio e suicida.

Se ne faccia una ragione Umberto Eco: non si può scindere la società di massa dall'esigenza di riti collettivi e non a caso i riti di oggi, lo sport, il ritorno delle sagre paesane e delle feste medioevali, la rievocazione di tradizioni locali, ebbero la propria nuova vita moderna, iniziarono il loro riemergere proprio durante il Ventennio fascista.

Giacomo Maria Prati

P.S.
Non condivido in tutto i giudizi dell'autore ma trovo interessante l'articolo nel complesso

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bellavista
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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1427 Messaggio da bellavista »

bellavista ha scritto:
29/06/2020, 17:39
Salieri D'Amato ha scritto:
29/06/2020, 15:20
Il bella dice: ....come quando gli anti fascisti volevano far perquisire le case e arrestare chi aveva l'immaginetta del duce a casa, ebbene io non direi che gli antifascisti volevano fare .... ma che una ben precisa, ma ridotta, manica di coglioni, autonominatosi crociati dell'antifascismo, aveva proposto anche questo.


Il problema è che però questa manica di coglioni non è stata additata unanimamente come tale da tutta la scena politica.

Cosa che invece si sarebbe fatto fosse stato un caso di coglione di destra e non antifà

Io ricordo che il coglione di turno girava le trasmissioni tv facendo un sereno dibattito sulla sua idea di mandare la polizia a perquisire le case e arrestare chi aveva immaginette duce.

Ora immaginiamo una proposta analoga su qualunque altro simbolo. Se uno avesse proposto perquisiamo le case dei mussulmani e arrestiamo chi ha un'immaginetta di bin laden?

Ve lo immaginate un politico che girava le trasmissioni con questa proposta che fine faceva? :)

Mentre evidentemente gli antifa in italia sono autorizzati a fare proposte per leggi palesemente fasciste in tutta tranquillità. Questo è lo stato delle cose :)
E ovviamente l’italiotto che legge questo post, la prima cosa che pensa sarà: ah cazzo allora bellavista ha la casa piena di busti del mascellone e aveva paura di farsi arrestare :lol:
l’idea che uno contesti qualcosa anche se non lo tocca minimamente, anzi a me le foto di benito a testa in giù divertono un casino, è sempre difficile
Qui habet, dabitur ei. E comunque: Stikazzi

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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1428 Messaggio da Gargarozzo »

Bella quando ti sarai ti stufato di divertirti nei Buoni e i Cattivi, il coltello e la forchetta, ti considererò un interlocutore.
Nel frattempo buon divertimento e buon pro ti faccia
Amicus Plato,
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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1429 Messaggio da GeishaBalls »

OSCAR VENEZIA ha scritto:
28/06/2020, 6:10
Chi e’stato marxista negli anni in cui tutti erano marxisti e’ stato spesso anche fascista
Napolitano, Scalfari, Moravia, Dario Fo...
Questi evidentemente non riescono a non stare dalla parte della maggioranza.
Se negli anni ‘40 avevi 18 anni eri succube della prosopopea del regime fascista, poco da fare. Se la parola succube non piace possiamo dire che eri stato educato ed informato sotto il regime, non potevi leggere giornali critici, non potevi ascoltare voci dissidenti.

Pochi si accorsero delle vuote vanterie fasciste, che fino alla guerra potevano reggersi sulla propaganda. Non mi meraviglia che intellettuali italiani e tedeschi fossero infatuati dal regime, salvo poi aprire gli occhi e farsi opinioni proprie

Meraviglia di più che ci siano oggi persone infatuate dal fascismo (ogni riferimento a fatti o persone è casuale)

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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1430 Messaggio da Blif »

E' un effetto dell'assenza generalizzata della figura materna.


Le madri sono generalmente fasciste (Flaiano)
Ille ego, Blif, ductus Minervæ sorte sacerdos (ბლუფ)

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CanellaBruneri
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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1431 Messaggio da CanellaBruneri »

GeishaBalls ha scritto:
29/06/2020, 19:07
OSCAR VENEZIA ha scritto:
28/06/2020, 6:10
Chi e’stato marxista negli anni in cui tutti erano marxisti e’ stato spesso anche fascista
Napolitano, Scalfari, Moravia, Dario Fo...
Questi evidentemente non riescono a non stare dalla parte della maggioranza.
Se negli anni ‘40 avevi 18 anni eri succube della prosopopea del regime fascista, poco da fare. Se la parola succube non piace possiamo dire che eri stato educato ed informato sotto il regime, non potevi leggere giornali critici, non potevi ascoltare voci dissidenti.

Pochi si accorsero delle vuote vanterie fasciste, che fino alla guerra potevano reggersi sulla propaganda. Non mi meraviglia che intellettuali italiani e tedeschi fossero infatuati dal regime, salvo poi aprire gli occhi e farsi opinioni proprie

Meraviglia di più che ci siano oggi persone infatuate dal fascismo (ogni riferimento a fatti o persone è casuale)
Su questa concezione autoassolutoria non sono affatto d'accordo. Il volto del regime si manifesta nel '24 dopo l'omicidio Matteotti (e lì bastava davvero un soffio per mandarlo a casa) con le conseguenti leggi fascistissime.L'accordo con Hitler è del '36, le leggi razziali sono del '38. Capisco che l'opinione pubblica nulla potesse sapere delle atrocità in Africa nel '36 eseguite dal criminale Graziani ( amnistiato da Togliatti), ma gli elementi c'erano tutti

comprendo che la narrazione comunista del fascismo e dell'antifascismo non regga più, meglio così
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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1432 Messaggio da gaston »

:) :) ,si può dire che fece presa su certe fasce della società ,soprattutto la nascente piccola borghesia urbana,che cadde con entrambi i piedi nella propaganda , altri ceti erano decisamente più scettici e rimasero passivi ,sia in alto che in basso, anche perché conveniva tenere un profilo basso per evitare problemi ,ricordiamoci che stiamo parlando di una dittatura con tanto di censura e polizia politica (ovra)

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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1433 Messaggio da CanellaBruneri »

gaston ha scritto:
29/06/2020, 20:16
:) :) ,si può dire che fece presa su certe fasce della società ,soprattutto la nascente piccola borghesia urbana,che cadde con entrambi i piedi nella propaganda , altri ceti erano decisamente più scettici e rimasero passivi ,sia in alto che in basso, anche perché conveniva tenere un profilo basso per evitare problemi ,ricordiamoci che stiamo parlando di una dittatura con tanto di censura e polizia politica (ovra)
Verissimo anche questo. Aggiungo che l'apparato poliziesco non fu riformato dalla Repubblica: troppo bravi, evidentemente
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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1434 Messaggio da gaston »

è questo il problema , non ci fu un vero distacco dalla struttura precedente, e questo rende tutto molto ambiguo ricordiamo che il codice di procedura penale di alfredo rocco del 1930 rimase in vigore, variamente emendato fino al 1989!!!! sul codice penale sempre dello stesso autore ,stesso anno è emblematica la pagina wikihttps://it.wikipedia.org/wiki/Codice_penale_italiano :roll: :roll: :roll:

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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1435 Messaggio da CanellaBruneri »

gaston ha scritto:
29/06/2020, 20:37
è questo il problema , non ci fu un vero distacco dalla struttura precedente, e questo rende tutto molto ambiguo ricordiamo che il codice di procedura penale di alfredo rocco del 1930 rimase in vigore, variamente emendato fino al 1989!!!! sul codice penale sempre dello stesso autore ,stesso anno è emblematica la pagina wikihttps://it.wikipedia.org/wiki/Codice_penale_italiano :roll: :roll: :roll:

verissimo anche questo... insomma alla fine la domanda è sempre quella: il fascismo è una fase storica conclusa o sempre immanente nella società?

Non parlo solo di italia
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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1436 Messaggio da gaston »

su questo mi sento di sostenere una posizione chiara ,no è un problema nostro e di pochi altri,ad es il Giappone . Noi abbiamo risposto al trauma della sconfitta in guerra ,che è stato un evento epocale , abbiamo ad es subito amputazioni territoriali per più di 9000 km2 , con un gigantesco meccanismo di rimozione per cui il fascismo non è più riconosciuto come fatto storico frutto di precisi eventi e di chiare logiche, ma come uno strano oggetto calato dall' alto che in realtà non ci appartiene .Certo se poi tu vuoi dare una connotazione metastorica ,e renderlo una categoria dello spirito alla dostum ,beh allora qualunque governo nel mondo ha fatto le sue porcate ed è quindi cattivo.Ma così trascuri il fatto che la politica ha sempre un prezzo da pagare e che per essere giudicata richiede dei canoni morali a sè stanti.Deve essere chiaro che il bene comune ,che dovrebbe essere lo scopo della politica non è il bene di tutti ,si parte da qui per discutere seriamente di politica.P.S il rischio di dostum è che vedendo fascisti dappertutto poi faccia il conseguente passo ,se tutti sono in qualche modo fascisti allora è come se non lo fosse nessuno , secondo il calco dell ' apoftegma se tutti sono colpevoli allora nessuno è colpevole e quindi di che stiamo parlando?

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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1437 Messaggio da CanellaBruneri »

gaston ha scritto:
29/06/2020, 21:02
su questo mi sento di sostenere una posizione chiara ,no è un problema nostro e di pochi altri,ad es il Giappone . Noi abbiamo risposto al trauma della sconfitta in guerra ,che è stato un evento epocale , abbiamo ad es subito amputazioni territoriali per più di 9000 km2 , con un gigantesco meccanismo di rimozione per cui il fascismo non è più riconosciuto come fatto storico frutto di precisi eventi e di chiare logiche, ma come uno strano oggetto calato dall' alto che in realtà non ci appartiene .Certo se poi tu vuoi dare una connotazione metastorica ,e renderlo una categoria dello spirito alla dostum ,beh allora qualunque governo nel mondo ha fatto le sue porcate ed è quindi cattivo.Ma così trascuri il fatto che la politica ha sempre un prezzo da pagare e che per essere giudicata richiede dei canoni morali a sè stanti.Deve essere chiaro che il bene comune ,che dovrebbe essere lo scopo della politica non è il bene di tutti ,si parte da qui per discutere seriamente di politica.P.S il rischio di dostum è che vedendo fascisti dappertutto poi faccia il conseguente passo ,se tutti sono in qualche modo fascisti allora è come se non lo fosse nessuno , secondo il calco dell ' apoftegma se tutti sono colpevoli allora nessuno è colpevole e quindi di che stiamo parlando?

Abbi pazienza, lascia stare Dostum che gioca e si diverte (o, perlomeno me lo auguro), se usi le sue scherzose argomentazioni è una mezza furbata.

Partiamo da un fatto: il termine "fascista" esiste in tutte le lingue, da cui si deduce che il lemma ha valore universale, e, come sai, nel tempo il significante tende a riempirsi di significato. Il fascismo è un prodotto dell'età contemporanea, come tante manifestazioni di reazione alla Rivoluzione Francese.nel rispetto di tutti, ritengo il fascismo ancora "moderno", più del comunismo (e qui non giudico, constato).

Molto semplicemente, sto da un altra parte, tuttavia considero il fascismo un fenomeno complesso, non statico. che cosa è una "democrazia illiberale"? Io la trovo una genialata (anche qui nasce da paesi ex comunisti e di nuovo il cerchio si chiude), ma non mi si può chiedere di essere indulgente
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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1438 Messaggio da OSCAR VENEZIA »

Non e’ vero che Dostum gioca. O meglio gioca con elementi ben determinati.
E’ stato detto che l’inno di Mameli e’ fascista , il Risorgimento e’ fascista , Dante Alighieri e’ fascista. ... io credo che non sia l’unico a fare questo giochino demenziale. Se tutte queste cose sono fasciste che ci rimane ? L’antifascismo basato su una definizione di fascismo allargata a dismisura e’ un terribile freno a mano tirato ormai fuori tempo massimo.
Viene da pensare che il fascismo e la sua dilatazione di comodo siano stati un colossale affare per la sinistra del dopoguerra che nel ruolo di potenza che ha perso la guerra ci sta come un topo nel formaggio. Come avrebbe fatto a governare un paese uscito vincitore dalla seconda guerra mondiale con tutte le sue prerogative statuali intatte ?( e quindi fascista manco a parlarne). Che cosa e’ l’Eurooeismo smodato del PD se non l’imbarazzo e l’incapacità di concepire l’Italia e gli Italiani come un entita’ degna di rispetto ? Quasi sempre definita “ il paese” pure il nome e’ fascista.
Ultima modifica di OSCAR VENEZIA il 30/06/2020, 0:29, modificato 1 volta in totale.

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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1439 Messaggio da CanellaBruneri »

OSCAR VENEZIA ha scritto:
30/06/2020, 0:21
Non e’ vero che Dostum gioca. O meglio gioca con elementi ben determinati.
E’ stato detto che l’inno di Mameli e’ fascista , il Risorgimento e’ fascista , Dante Alighieri e’ fascista. ... io credo che non sia l’unico a fare questo giochino demenziale. Se tutte queste cose sono fasciste che ci rimane ? L’antifascismo basato su una definizione di fascismo allargata a dismisura e’ un terribile freno a mano tirato ormai fuori tempo massimo.
Viene da pensare che il fascismo e la sua dilatazione di comodo siano stati un colossale affare per la sinistra del dopoguerra che nel ruolo di potenza che ha perso la guerra ci sta come un topo nel formaggio. Come avrebbe fatto a governare un paese uscito vincitore dalla seconda guerra mondiale con tutte le sue prerogative statuali intatte ( e quindi fascista manco a parlarne). Che cosa e’ l’Eurooeismo smodato del PD se non l’imbarazzo e l’incapacità di concepire l’Italia e gli Italiani come un entita’ degna di rispetto ? Quasi sempre definita “ il paese” pure il nome e’ fascista.
ma dai, son cazzate fotoniche. Se ci crede, fatti suoi
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Re: [O.T.] Aria di fascismo

#1440 Messaggio da dostum »

Allora le BR ................................... Questo spiega la connivenza coi generali bombaroli e golpisti Miceli e De Lorenzo



Il Ma torniamo ad Aldo Moro, alla sua biografia giovanile quindi. Perché molto, anzi troppo, si è scritto, si è narrato, si è detto in questi mesi, a quarant’anni da “via Fani” e dalla sua uccisione, tanto da spingere la discussione nella nebbiosa palude della dietrologia e nel complottismo, naturalmente tutti ex post, con i soliti quesiti: chi c’era davvero dietro le Brigate Rosse? Chi era e per chi agiva Mario Moretti? Perché lasciarono morire Aldo Moro? Ed ancora la seduta spiritica che evocò il nome di “Gradoli”, presenti Romano Prodi (e Mario Baldassarri) e la storia del lago della Duchessa, ed il covo mai trovato ecc. Ci piace invece qui ricordare, proprio partendo da quella partecipazione al funerale di Bottai, un passato, quello giovanile, di Aldo Moro e cogliere se Bottai, o meglio il fascismo, abbiano lasciato una qualche impronta nella formazione culturale del politico pugliese, il quale, si badi, fu il principale protagonista della politica italiana negli anni che vanno dal 1955 al 1978. Pochi o nessuno hanno fatto cenno a quel passato giovanile e, a scanso di equivoci, commetteremmo un errore ad evidenziare quel passato secondo il modello ed i fini con cui il passato “fascista” di tantissimi antifascisti ed italiani veniva periodicamente rispolverato fino agli inizi degli anni Settanta. Vi fu, ai tempi dei primi tentativi morotei di creare il “centrosinistra” un’accesa campagna condotta dall’allora Msi, campagna diretta a qualificare Moro come ex fascista, al quale la Dc rispose con una falsa negazione dei rapporti fra il politico e il fascismo o con la solita giustificazione della “paura” o della coazione. Ma qui non si tratta di imputare polemicamente e sarcasticamente un passato fascista ad Aldo Moro, denunciandolo come “volltagabbana”. Qui il discorso va diversamente orientato: occorre far capire se quel passato fascista ha formato Aldo Moro, ne ha rappresentato comunque un dato insopprimibile e determinante della sua originaria matrice politica e di pensiero.
Aldo Moro, classe 1916, viene inserito nella storia della politica nazionale, ovviamente, con la sua partecipazione all’Assemblea Costituente del 1946. Prima, è considerato solo al più un rifondatore, tra il tardo 1943 ed il 1945, di un partito cattolico che si sarebbe poi chiamato Democrazia Cristiana. Ai tempi del fascismo era giovane, si sa. Non giovanissimo, tuttavia, non certo adolescente, come tale era ed è tuttora un uomo ben sopra i vent’anni. Certamente Aldo Moro fu sempre cattolico fervente fin dalla sua gioventù al liceo classico “Archita” di Taranto. Ma è altrettanto certo che egli ebbe a che fare, e non poco, non alla leggera, con l’Università fascista, dove studiò con brillantissimi risultati e dove poté affermarsi sia come leader degli universitari cattolici italiani, sia come assistente e giovane professore di filosofia del diritto, di diritto e procedura penale, di storia delle dottrine politiche e di politica coloniale. Tutti corsi per i quali l’insegnamento accademico, in particolare in un regime descritto in seguito come illiberale, autoritario quando non totalitario, non poteva certo non essere pervaso da influenze del potere pubblico e politico, cioè del fascismo stesso. Aldo Moro entra all’Università di Bari come studente nel 1934, e nello stesso anno entra nella Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani (Fuci) di cui diventa referente barese nel 1937 e presidente nazionale nel 1939 (gli sarebbe succeduto nel 1941 Giulio Andreotti). Bari è una città molto importante per la politica fascista, che la individua come fulcro economico e culturale per la geopolitica adriatica, balcanica o volta verso il Mediterraneo orientale. Araldo di Crollalanza, che ne è stato podestà, diventa ministro dei Lavori pubblici dal 1930 al 1935 (sua sorella è esponente di spicco dell’Azione Cattolica, referente vescovile delle donne cattoliche), ridisegna l’impianto urbanistico della città, risanandola e modernizzandola. Nel 1925 era stata inaugurata l’Università dell’Adriatico, di seguito intitolata a Mussolini, il quale nel 1930 avrebbe istituito la “Fiera del Levante” (in occasione dell’inaugurazione del 1934 il Duce avrebbe pronunciato un discorso fortemente antihitleriano e contrario alla politica della razza).
Ma Aldo Moro non si limita a studiare ed a organizzare gli studenti cattolici. Egli partecipa volontariamente, essendo fra i migliori studenti dell’Università, alle massime manifestazioni culturali del mondo studentesco di allora, ovvero i famosi “Littoriali dello sport, della cultura, dell’arte e del lavoro”, gestiti perifericamente dalle federazioni provinciali del Partito Nazionale Fascista (Pnf), tramite i nuclei universitari dei Giovani Universitari Fascisti (Guf), al centro dalla segreteria del Pnf di concerto peraltro con la “Scuola di Mistica Fascista”. I Littoriali si sviluppavano sia attraverso convegni, con relazioni e dibattiti tematici su svariati temi, sia in concorsi, mediante competizioni sulla base di studi o relazioni scritte. Avvenivano preselezioni nelle varie università, poi tutto confluiva in una fase finale. Al termine il premio era rappresentato da un’ambita e fulgida “M” rossa, oltre le citazioni e gli onori per il “littore” (studente assurto nominalmente al rango dell’antico ed inflessibile esecutore degli ordini del console nella Roma repubblicana, portando materialmente il fascio con le verghe, armato in circostanze particolari con la scure). Aldo Moro già nel 1935 partecipa ad una preselezione. Ma è nel 1937, ai Littoriali la cui fase finale si tiene a Napoli, in cui l’opera di Moro inizia a farsi segnalare, poiché partecipa, prescelto dall’Università di Bari, al concorso che ha un titolo inequivocabile: Dottrina del Fascismo. Il suo elaborato, oggi scomparso, reca un titolo altrettanto inequivocabile: La possibilità di sviluppo offerta dalla società fascista alla personalità individuale nella organizzazione collettiva. Peraltro tale titolo evidenzia un concetto cardine del pensiero politico di Aldo Moro e che lo avrebbe accompagnato tutta la vita: come integrare la libertà individuale, o meglio la moralità (cristiana) dell’individuo nel necessario momento collettivo imposto dallo Stato, nel suo agire e nelle sue necessità storiche. E il fascismo, a quanto pare, si presenta a Moro come il miglior sistema politico atto a garantire tale integrazione politica, civile e morale, ovvero “cristiana”. Ma un anno dopo il contributo dell’universitario (ormai prossimo alla laurea con tutti 30) Aldo Moro non viene nuovamente a mancare, e ciò in occasione dei Littoriali di Palermo. Questa volta partecipa al convegno su “Principi e valori universali del Fascismo” con una discussione. Di tali partecipazioni resta comunque traccia in alcuni articoli comparsi sul giornale della Fuci, “Azione Fucina”.
Laureatosi nel novembre del 1938 con una tesi in diritto penale (La capacità giuridica penale), Aldo Moro, come quasi tutta la Fuci, non è contrario alla guerra civile spagnola e soprattutto all’esito di questa: e non è contrario neppure alla guerra che scoppia il 10 giugno 1940, pur assertore nei mesi precedenti della “non belligeranza” con la convinta speranza che l’Italia possa contribuire, come nazione cattolica, alla nuova pace europea e alla ristrutturazione politica del continente unitamente ad altre nazioni cattoliche, quali la Spagna di Franco, il Portogallo di Salazar, la Slovacchia di Tiso. Una ristrutturazione politica che, senza la Germania nazionalsocialista di Adolf Hitler, non era neppure pensabile. E quando scoppia la guerra, non è assolutamente contrario alla stessa, risultando invece propugnatore di un forte lealismo all’impresa bellica che si augura, sinceramente e con fede, vittoriosa: diversamente non si spiegherebbero altri suoi contributi giornalistici e redazionali; diversamente non si spiegherebbero l’uso da parte dell’organo di stampa fucino (egli è divenuto Presidente nazionale della Fuci) di parole, spesso anche in suoi articoli, quali “ora decisiva per l’Italia” (termine analogo a quella usata da Mussolini nel celebre discorso annunciante la guerra a Francia ed Inghilterra); “vittoria fascista” e “fare il proprio dovere” o “il dovere dell’ora”. Nel luglio 1941, divenuto professore di filosofia del diritto, è chiamato alle armi nel 48° reggimento di Fanteria; risulta sergente presso il Tribunale militare di Bari, occupandosi di alcune istruttorie giudiziarie a carico di imputati militari. Diventerà poi, in forza di una legge che conferisce i gradi di ufficiali ai professori universitari arruolati, capitano dell’Aeronautica Militare. Scrive espressamente su Azione Fucina: «Possiamo dire che servire la Patria in armi è un grande momento di vita». Agli inizi del novembre 1942, mentre tuonano i cannoni ad El Alamein, assume l’incarico, sempre sotto le armi, di professore di storia delle dottrine politiche. È lecito presumere che il fascismo non potesse certo tollerare il conferimento di un tale incarico ad un giovane professore suo oppositore, in particolare in un momento in cui tanti coetanei di quel professore stanno morendo in divisa, chi in Russia, chi nei Balcani, chi in Africa Settentrionale, chi nel Mediterraneo o nei campi di prigionia.
Ed è in questa fase che Aldo Moro lascia anche l’eredità culturale del suo pensiero di allora (ma anche di dopo) in un’opera dal titolo emblematico: Lo Stato: corso di lezioni di filosofia del diritto tenute presso l’Università di Bari nell’anno accademico 1942-43. Sono i suoi appunti, ben redatti, per le lezioni che ha tenuto per l’anno 1942-1943 agli studenti di Bari: da questi emerge una concezione dello Stato politica e giuridica, chiaramente etica; si parla di elementi costitutivi dello stesso, nella sua concreta “storicità”, quali la lingua, il popolo, la nazione e, più volte espressamente, la razza. C’è anche qui da chiedersi come durante il fascismo potesse condursi in università un corso sulla concezione dello Stato non in linea con la concezione politica fascista dello stesso, in particolare in periodo di guerra. Tanto che gli appunti, ricompresi in un testo alla fine del corso, saranno pubblicati… in piena Repubblica Sociale Italiana dalla Cedam, a Padova, nel dicembre 1943. Tuttora tale testo è disponibile in alcune biblioteche universitarie italiane, qui e là, a Padova, Ferrara e Bologna; sarebbe stato tuttavia sostituito da un testo “emendato”, ovvero politicamente corretto, e più volte ripubblicato anche in tempi recenti, il quale fa tuttavia riferimento al corso del 1943-1944, tenutosi sempre a Bari a fascismo ormai caduto.

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