Io ci ho visto questoLoris Batacchi ha scritto:ahah the tree of life era uno di quei "mattoni" che citavo prima. seconda serata di venerdì. 10 persone in sala, tranne noi tutti ultra cinquantenni. una coppia ha lasciato la sala a mezz'ora dalla fine. anche questo rivisto più volte su sky ha assunto più significato.
a me è piaciuto proprio il rapporto tra i due, quasi un legame di "sangue", una sorta di storia di amore a livello mentale. l'uno bisognoso dell'altro, il maestro e la cavia. insomma sostanzialmente la storia è povera di avvenimenti, si gioca tutto sul rapporto mentale tra i due (stellare per me il primo "esperimento", meno potente il dialogo con canzoncina di hoffman alla fine). mi è piaciuta molto amy adams, sempre in disparte ma sempre presente, ostile all'inverosimile al ritorno di freddie. ho apprezzato il lato prettamente tecnico, regia, fotografia e musica (del chitarrista dei radiohead). inoltre il finale "aperto"? ok, lui ha lasciato la "causa", però è guarito? non sembra. sta meglio? forse. ha trovato una donna che lo fa stare bene, prendendo anche per i fondelli il maestro mimando una seduta. non possiamo dirlo però. ma come l'ha rimorchiata? in un bar probabilmente di nuovo sbronzo. e l'ultima inquadratura accanto alla donna di sabbia non è certo un fattore che decreta la salute mentale di freddie. boh, io l'ho visto così.
Di Freddie sappiamo ovviamente ciò che il film ci dice: non sappiamo niente di suo padre, sua madreè in manicomio, ha avuto rapporti sessuali con la zia. E' un reduce di guerra, e nelle prime scene del film lo vediamo scacciato ovunque vada (eppure era pronto e desideroso di condividere il suo con gli altri: "mi ricordi mio padre", dice al vecchio cui continua a offrire il suo prezioso liquore, e la cui intossicazione sarà causa scatenante dell'ennesimo rifiuto, dell'ennesima fuga).
Le parole che Dodd gli rivolge sono, per quel che ne sappiamo, le prime parole d'amore che Freddie ha modo di udire. Le prime dopo quelle della troppo più giovane di lui Doris, e i flashback con lei ci restituiscono l'immagine di un amore quasi infantile, e come quelli dei bambini da lui mitizzato (attraverso le sedute col genero Dodd cerca forse di corroderne il mito, con cui è in competizione? Forse. E d'altro canto è per andare da lei che Freddie scapperà per la prima volta).
Dodd, dal canto suo, non è un moloch impassibile pronto a giocare il ruolo del cattivone di turno. E' umanissimo, i suoi bisogni e le sue fragilità vengono messe sapientemente in luce, e altrettanto chiaro è il suo bisogno di Freddie.
Ognuno ama a modo suo, e col suo linguaggio. Il modo di amare di Dodd è questo: essere un maestro. Un maestro e una mamma, che fino alla fine cercherà di non lasciare scappare il suo bambino (bellissimo nell'ultimo incontro il modo in cui Dodd fragilmente cerca di usare la sua poca influenza du Freddie per tenerlo a sé, in maniera quasi maldestra, e con quella specie di filastrocca/ninna nanna - proprio come una mamma).
Il finale è rivelatore. Freddie compie il passo che segna la maturità di ogni individuo, separandosi dalla mamma/maestro, e finalmente lo vediamo amare a sua volta. Come? Nell'unico modo che ha conosciuto, e con l'unico linguaggio dell'amore che ha imparato: quello di Dodd.
Un rapporto che a noi può apparire malato, ma che per Freddie è stato l'unico, ed è già qualcosa. E' stato un modello, un modello che gli ha fornito un linguaggio.
D'altronde anche nei rapporti "secondari" si descrivono forme diverse di (inter)dipendenza o di controllo. Basti pensare alla scena della masturbazione che vede protagonisti Dodd e la moglie. Qui è lei a parlargli come una mamma, a dirgli quelo che può e non può fare, ed è lui, nell'ascoltarla, ad ansimare come un bambino.