El Miron y La Exhibicionista

Interviste e Articoli Prima, Durante e Dopo il Porno

Moderatori: Super Zeta, AlexSmith, Alec Empire

Rispondi
Messaggio
Autore
Avatar utente
Alec Empire
Impulsi superiori
Impulsi superiori
Messaggi: 2415
Iscritto il: 03/10/2002, 2:00
Località: Zabriskie Point
Contatta:

El Miron y La Exhibicionista

#1 Messaggio da Alec Empire »

Nell’arco della sua lunga carriera di regista, Jesus Franco Manera si è affermato agli occhi dei più per numerose pellicole thriller, horror, action e sexploitation - quasi 150 film in circa 35 anni, per limitarsi all’aggiornamento dello scrittore Carlos Aguilar risalente al 1999 - tanto da essere considerato un cineasta di culto soprattutto per certi tratti stilistici che lo hanno reso riconoscibile e ben distinguibile dalla moltitudine dei suoi colleghi. Come molti sanno, Jess Franco s’è adoperato altresì in una copiosa produzione di film porno veri e propri con altrettanta originalità. Facendo spesso di necessitò virtù - vuoi per budget e cast risicati, vuoi per location minimali - la qualità della pornografia del nostro è stata proprio quella di rendere indistinguibile la separazione tra il barcamenarsi in condizioni low budget e il lampo di genio tipico di colui che mastica cinema a 360 gradi. Il risultato è un’eredità di pellicole che, se peccano in (eccessiva) quantità rasentando in certi casi l’anonimato, non mancano talvolta di elevarsi, proponendo una trattazione del porno attentamente ponderata e lontana dalla banalità del consumo usa e getta.
Esempio di porno ‘autoriale’ si rivela ‘El Miron y La Exhibicionista’, film del 1986 con cui Franco svolge un trattato su quell’oscuro oggetto del desiderio che è la donna, tanto più cercata e voluta quanto più osservata, venerata e mai, dico mai, posseduta. Abbiamo dunque Lina Romay, vero e proprio feticcio emotivo e professionale di Franco, calata nell’identità di una disinibita signora che trascorre le serate nel proprio appartamento facendo cose banali: ascoltare musica, farsi il bidet, esercitare una sessualità libera con amiche e amici. Dall’altro alto della strada, avvolto nell’oscurità di un locale mai pienamente svelato, un uomo osserva lei e tutto ciò che la riguarda. Tramite un cannocchiale, questo signore rimane in penombra accarezzando con lo sguardo le pareti della stanza di lei, soffermandosi sui poster appesi, sul mangianastri sopra il letto, fino ad incontrare il corpo della donna nel déshabillé della sera. Un vero e proprio guardone insomma, che stipula con Lina un rapporto basato sul puro compiacimento voyeuristico nel vederla fare sesso con altri: da quel momento, ogni gesto di lei viene sapientemente fatto ad uso e consumo dell’ammiratore (non più) segreto. Eccola allora masturbarsi con voluttà e compiaciuta lentezza, intrattenersi in un amplesso saffico con un’amica al rientro da una notte brava, spassarsela infine con un uomo. Tutto questo cercando ripetutamente lo sguardo dell’uomo che guarda, in quello che diventa un tacito gioco di seduzione.
La stanza da letto della donna è, a tutti gli effetti, il set della pellicola: è qui che lo spettatore del palazzo di fronte dedica la propria attenzione attraverso soggettive di esplorazione che gli permettono - e a noi con lui - di ‘gustarsi il film’. Un film che in realtà non ha niente di cinematografico, presentandosi anzi come tediosa osservazione d’una quotidianità qualunque, capace poi di farsi piccante e pornografica quando diventa consapevole di essere osservata. Un paradigma della vita, ci verrebbe da dire: la noia della solitudine che si trasforma nell’ebbrezza della sessualità condivisa ed esperita direttamente e tramite lo sguardo di terzi.

Immagine

Chi è dunque il guardato, e chi l’osservatore? Le due identità vanno via via confondendosi col passare dei minuti, quando all’esibizione di autoerotismo della donna segue un cunnilingus tutto al femminile, per approdare poi ad un pompino che Lina somministra di fatto al partner facendolo eiaculare nello stesso istante in cui il guardone viene copiosamente sul vetro della finestra da cui osserva la scena di sesso. E’ in questo frammento di ‘magia spermatica in contemporanea’ che si concretizza l’unità di intenti dei due protagonisti del film: darsi piacere ‘a distanza’, utilizzando i corpi di altre persone come semplici tramiti.
La dichiarazione d’impotenza del miron diventa dunque affermazione della potenza della visione: il desiderio si realizza nel suo (non) farsi, trovando soddisfazione nell’assistere ad uno spettacolo sessuale in separata sede. Esattamente come fa lo spettatore di fronte ad un film, insomma.

Immagine

‘E’ un po’ come un racconto di Simenon con un’atmosfera molto disturbante’ ha dichiarato Franco riguardo a questo film nel volume ‘Obsession’ a lui dedicato. Ed in effetti il morboso pedinamento oculare sul corpo di Lina messo in atto dallo sguardo della macchina da presa segue la logica dell’indagine degna di un giallo. A questo si aggiunge l’arrangiamento minimale impresso dal regista, all’insegna di un mutismo pressoché integrale e di rumori lontani, relegati sullo sfondo di una vicenda ripresa in maniera scarna, essenziale, tesa e silenziosa. ‘Fu un’idea di Lina - aggiunge il regista - mise per iscritto due pagine e ci creammo su l’unico romantic X movie’ per citare le esatte parole di Jesus. Va detto che il regista non parla mai ‘tanto per’, dunque il chiamare in causa un certo romanticismo per ‘El Miron’ è concetto suggestivo che apre un’ulteriore chiave di lettura del film come rappresentazione grottesca (o, se volete, parodia) di una pornografia feticista che trova sfogo solo nella ‘mimesis’ di una realtà volutamente negata a se stessi (vale a dire la rinuncia alla soddisfazione sessuale diretta, realtà a cui viene preferita la masturbazione dell’imitazione e la messa in scena).

Immagine

A completamento dei corsi e ricorsi cinematografici, impossibile non trovare un solido tratto di congiunzione tra l’esercizio di spionaggio di ‘El Miron’ con l’hitchcockiano ‘La Finestra sul Cortile’, vero e proprio manifesto del guardonismo filmato. Anche in questo caso sfugge la sottile linea che separa soggetto attivo da passivo osservatore, con l’unica differenza che è la consapevolezza di essere guardati a scatenare l’attitudine narcisistica ed esibizionista del personaggio femminile. All’uomo non rimane che assistere con fare compiaciuto ma sterile, chiamandosi fuori dal gioco di seduzione eppure fruendo ugualmente di esso.

Immagine

Se è vero, come pare, che il soggetto di quest’opera si deve a Lina Romay (accreditata qui e non solo come Lulù Laverne), aggiungiamo senz’ambra di dubbio che la mora e formosa Rosa Maria Almirall - vero nome della Romay - ha dato altrove massima prova della sua carica ‘primitiva’, come la definisce Aguilar nel libro ‘Bizarre Sinema - Jess Franco, el Sexo del Horror’. Questa musa della seconda parte di carriera di Jess Franco (arriva nel mondo poetico del cineasta spagnolo dopo la sublime e perversa Soledad Miranda) è testimone di un ‘decennio di decadenza estetica che non avrebbe conosciuto inversioni di rotta’ nella produzione del regista. Crediamo che questo giudizio un po’ impietoso di Carlos Aguilar sia riferito agli anni ’80, epoca in cui Franco girava film più per esigenza compulsiva che non per oggettiva fonte d’ispirazione (senza tacere del disastro economico dovuto alla seconda chiusura della casa di produzione Manacoa, di sua proprietà): ecco dunque i numerosi hard realizzati in modo pressoché coevo nella stagione 1985-86, tra cui una menzione va fatta per ‘El Ojete de Lulù’, in cui Lina si esibisce in suggestive evoluzioni con una statuetta degli Oscar. Ad ogni modo, chi scrive ritiene che la pornografia ‘franchista’ ha dato il suo meglio quando, lontana dai dettami di clichès puramente carnali (si vedano a tal proposito ‘Las Chuponas’ e ‘Bragueta Historia’) si è spinta in territori più cerebrali e sperimentali (come nel caso del film qui esaminato o nel più recente ‘Paula-Paula’, uno degli ultimi film del nostro prima della dipartita datata 2013).

Immagine
Non parlo con le pedine (Kyrie Irving)
Io mi limito a giocare a basket e lascio che Dio faccia il resto (Michael Beasley)
In rete c’è troppo di tutto ed è meglio “spegnere” ogni tanto (Fabban)

Avatar utente
Salieri D'Amato
Storico dell'impulso
Storico dell'impulso
Messaggi: 23835
Iscritto il: 17/12/2013, 11:34

Re: El Miron y La Exhibicionista

#2 Messaggio da Salieri D'Amato »

Bella disamina. Tra l'altro non conosco i porno di Jess Franco; immaginando che un cinema visionario come il suo, quasi sempre con sceneggiature abbozzate e poco più, pensavo che nel porno avesse messo in scena semplici sarabande di corpi, non avevo mai approfondito o cercato.
Ma evidentemente sbagliavo, vedrò di recuperare qualcosa.

A proposito Alec, qualche aneddoto, intervista o altro articolo sul cinema di Franco sarebbe molto gradito. Talento molto poco valorizzato dal cinema, con budget appena appena decenti e troupe professionali avrebbe probabilmente lasciato tracce importanti nel cinema, perlomeno nelle nicchie di genere. A conferma di questo, il suo Dracula, uno dei pochissimi film con budget e cast di un certo livello, a mio modesto avviso, è uno dei migliori, se non il migliore, di sempre.
La via più breve tra due cuori è il pene

Avatar utente
Alec Empire
Impulsi superiori
Impulsi superiori
Messaggi: 2415
Iscritto il: 03/10/2002, 2:00
Località: Zabriskie Point
Contatta:

Re: El Miron y La Exhibicionista

#3 Messaggio da Alec Empire »

Salieri D'Amato ha scritto:
08/12/2020, 23:43
Bella disamina. Tra l'altro non conosco i porno di Jess Franco; immaginando che un cinema visionario come il suo, quasi sempre con sceneggiature abbozzate e poco più, pensavo che nel porno avesse messo in scena semplici sarabande di corpi, non avevo mai approfondito o cercato.
Ma evidentemente sbagliavo, vedrò di recuperare qualcosa.
Per contestualizzare e spiegare anche solo per vie generali la produzione porno di Jess Franco bisogna tener presente un nome fondamentale, spesso trascurato a questo riguardo: Pilar Mirò. Questa signora - a sua volta regista censurata dal regime di Francisco Franco - fu nominata Direttrice Generale della Cinematografia Spagnola a partire dal 1982. In pratica, dopo la dittatura militare le veniva dato il compito di riorganizzare il settore del cinema in un momento di totale rinnovamento e rinascita per il Paese. Cosa che lei fece energicamente, puntando al modello francese: incoraggiare e finanziare ‘film di qualità’ che fossero una buona vetrina per I festival nazionali e internazionali, al fine di promuovere la nuova Spagna. Se da un lato questa decisione spingeva per la rinascita di un settore che sul finire dei ‘70 era alla frutta, dall’altro comportava scelte radicali quali, ad esempio, limitare gli aiuti ai film puramente erotici considerati evidentemente non idonei a questo piano di rinascita qualitativa. Jess Franco si trovò dunque in una situazione in cui molte sue pellicole precedenti venivano classificate come X anche se concretamente non lo erano. Non solo: in base alle nuove leggi non poteva praticamente ottenere finanziamenti per eventuali nuovi lavori, neppure per le sceneggiature più ambiziose. Ragion per cui decise di dare un taglio netto: se già vengo etichettato come regista hard, allora lo faccio appieno e mi butto in questo sottogenere. Questa non fu una scelta ma nemmeno una forzatura, come spesso ha sottolineato: si trattò piuttosto di una vera e propria rottura con la sua produzione precedente che, per quanto spinta in certi casi, non prevedeva di abbracciare in toto i dettami dell’hard. E neppure le tempistiche: Franco era un regista di genere, in questa nuova veste si trovava a girare tanti film all’anno, alcuni buoni, altri senza la benché minima attenzione formale (certe pellicole era la stessa Lina Romay a girarle).
Va detto che stando a quel mercato che nella seconda parte degli anni ‘70 vedeva l’abitudine di insertare film soft rendendoli porno Jess Franco aveva già firmato degli hard - o meglio: lui non li aveva girati, ma la coppia Damiano-D’Amato lì aveva resi tali - sta di fatto che il cervello di Franco non era ‘portato’ per questa deriva totalmente esplicita.
Da qui deriva il suo modo di essere pornografo molto particolare: certe sue cose hard hanno delle velleità più o meno riuscite ma spesso interessanti, altre sono deliberatamente pauperistiche, destinate ad una fetta di mercato che prediligeva (e ancora lo fa, nonostante sia cambiato il contesto) la quantità alla qualità. L’esatto opposto, insomma, del cinema secondo Pilar Mirò, che invece prevedeva meno pellicole e maggior qualità per invertire la rotta. In questo senso, vedi come un Almodovar abbia saputo mediare in modo furbo e intelligente certi progressivi richiami erotici nel suo cinema, cosa che credo Franco non abbia mai neppure provato a fare: altro regista, altra generazione, altro modo di vedere. E dire che la stessa Mirò, ai tempi della dittatura, s’era trovata contro il governo in diverse occasioni a causa del suo cinema non convenzionale: una volta per una scena spinta, un’altra per la denuncia di torture da parte della Guardia Civile in ‘El Crimen de Cuenca’, film che le era costato una condanna penale...
Non parlo con le pedine (Kyrie Irving)
Io mi limito a giocare a basket e lascio che Dio faccia il resto (Michael Beasley)
In rete c’è troppo di tutto ed è meglio “spegnere” ogni tanto (Fabban)

Avatar utente
Salieri D'Amato
Storico dell'impulso
Storico dell'impulso
Messaggi: 23835
Iscritto il: 17/12/2013, 11:34

Re: El Miron y La Exhibicionista

#4 Messaggio da Salieri D'Amato »

Interessante, non conoscevo le vicende della cinematografia spagnola dopo il regime di Franco. Quindi finita la censura, vi fu comunque un ostracismo ad un certo tipo di cinema, sia pur funzionale ad una rinascita complessiva.
In questa maniera immagino che si sia perso anche molto mordente di alcuni registi, che approcciando le proprie tematiche in maniera più soft o con un linguaggio meno spinto, non si siano espressi compiutamente. Ma immagino fosse un dazio da pagare inevitabilmente.

Sarebbe bello che tu ampliassi questo discorso sulla cinematografia spagnola, di cui sempre poco ho sentito parlare complessivamente. Mi sono infatti sempre chiesto come è possibile che una cultura che ha sfornato registi eccelsi come Bonuel e Almodovar, non abbia dietro tutta una serie di validi registi che si siano imposti in campo mondiale. Capisco un Jodorowsky, surreale e di difficile interpretazione, relegato come autore di nicchia, ma altri?
Vero che posso leggermi qualche libro o trattato, ma la tua sintesi e il tuo perfetto tratteggio degli argomenti sono impareggiabili e maggiormente fruibili, anche da ignoranti come me.
La via più breve tra due cuori è il pene

gaston
Veterano dell'impulso
Veterano dell'impulso
Messaggi: 2746
Iscritto il: 08/11/2013, 17:39
Località: milano

Re: El Miron y La Exhibicionista

#5 Messaggio da gaston »

mi aggrego e sottoscrivo la richiesta del buon Salieri , anch'io so poco della cinematografia spagnola

Avatar utente
Alec Empire
Impulsi superiori
Impulsi superiori
Messaggi: 2415
Iscritto il: 03/10/2002, 2:00
Località: Zabriskie Point
Contatta:

Re: El Miron y La Exhibicionista

#6 Messaggio da Alec Empire »

Salieri D'Amato ha scritto:
12/12/2020, 11:55
Sarebbe bello che tu ampliassi questo discorso sulla cinematografia spagnola, di cui sempre poco ho sentito parlare complessivamente. Mi sono infatti sempre chiesto come è possibile che una cultura che ha sfornato registi eccelsi come Bonuel e Almodovar, non abbia dietro tutta una serie di validi registi che si siano imposti in campo mondiale. Capisco un Jodorowsky, surreale e di difficile interpretazione, relegato come autore di nicchia, ma altri?
Vero che posso leggermi qualche libro o trattato, ma la tua sintesi e il tuo perfetto tratteggio degli argomenti sono impareggiabili e maggiormente fruibili, anche da ignoranti come me.
gaston ha scritto:
18/12/2020, 11:24
mi aggrego e sottoscrivo la richiesta del buon Salieri , anch'io so poco della cinematografia spagnola
Proviamoci. In realtà dal punto di vista storico il cinema spagnolo è stato spesso vittima delle agitazioni politiche del Paese, questo fin dai primi decenni del Novecento. Forse per questo non si ricordano autori capaci di lasciare un segno forte prima di Bunuel che è, in effetti, il primo grande nome essendosi mosso sia sul versante organizzativo - i primi cineclub - che su quello registico. Anche lì però va considerato che ‘Un chien andalou’ è di produzione francese, e va ad inaugurare una produzione che ha portato il regista spesso e volentieri fuori dalla Spagna. Forse il fatto che questo corto girato e sceneggiato con Salvador Dali e il successivo ‘L’Age d’Or’ risentono dell’estetica di un’avanguardia, quella surrealista, crea un po’ di fatica a collocarli come ‘cinema tout court’, nel senso che in molti casi la loro importanza viene comunque ricondotta alla logica di un movimento sperimentale di breve durata, invece questi filmati hanno lasciato una traccia profonda nella testa di vari registi, anche italiani, che negli anni Sessanta hanno ripreso a modo loro a far cinema indipendente forti dell’esempio delle avanguardie pittorico-filmiche degli anni Venti (questo tra parentesi è un argomento che studio e verso cui ho forte interesse). Tornando a Bunuel, di certo non poteva fare cinema liberamente in Spagna, visto che il suo primo documentario, di taglio neorealista prima del neorealismo direi, venne prontamente caricato di significati politici antifranchisti. Ecco perchè i suoi maggiori successi lì ha creati come sappiamo altrove (penso a Messico e Francia) considerando che quel ‘Viridiana’ premiato a Cannes nel 1961 venne praticamente bandito in Spagna come blasfemo.
Di solito si sente parlare di ‘nuovo cinema spagnolo’ riferendosi a quello dei primi anni Sessanta, quando effettivamente un cambio della direzione generale portò i cineasti ad una maggiore libertà espressiva e a poter contare su un margine di finanziamenti, ma sinceramente non credo che questo contesto abbia generato film indimenticabili. Anche perché comunque la libertà espressiva era pur sempre vincolata a soggetti che non dessero fastidio al potere, quindi se vogliamo il cinema restava solo una forma di disimpegno scisso dal reale. Forse l’unico film che mi ha interessato di questo periodo è ‘El extrano viaje’ di Fernando Gomez, perchè con un apparente registro di commedia nera trae ispirazione da un fattaccio di cronaca tirandone fuori un thriller d’autore. È un titolo del 1964 se non erro, e per ironia della sorte vi appare anche Jesus Franco tra gli attori. Il problema però è che questo, come la pressoché totalità della cinematografia di Gomez, non è mai arrivato in Italia: ecco perchè il suo nome dice poco. Più famoso di lui Carlos Saura, che comincia ad operare sempre in quel periodo. Non è un caso che i suoi film, dal drammatico alla commedia, abbiano ricevuto molti riconoscimenti internazionali: forse Saura è stato il più esportabile dei talenti spagnoli, adatto a palati fini ma anche a chi vuol solo godersi una trama. Non è un cineasta nazional popolare, assolutamente, però i suoi lavori hanno un equilibrio formale che non li relega ad arte per pochi, almeno io la vedo così. E ‘Frappé alla Menta’ ne è un ottimo esempio: un po’ patetico, un po’ grottesco, molto psicologico...al di là del titolo, gran film. Come anche il successivo ‘Lo stress è tre - tre’, ambientato tutto nell’arco ci una sola giornata. Ad ogni modo da qui - siamo al ‘68 - un po’ tutti i suoi lavori sono da vedere. Ad esempio ‘Nozze di sangue’ (no, non è un horror) è spassoso eppure fortemente drammatico, mantenendo l’unità spazio-temporale tipica del teatro.
Se però dovessi dire che il cinema di Saura è stato uno sprone per il cinema spagnolo direi una bugia. Il suo è un caso unico, dovuto anche ad una buona dose di fortuna (un amico produttore che gli dava carta bianca sui soggetti, senza tralasciare la sua musa ispiratrice Geraldine Chaplin). Dietro di lui, fino agli anni Ottanta, il nulla o quasi. Oddio, c’è un Manuel Summers per fare un nome interessante, almeno per un film dei primissimi anni Settanta dal soggetto irriverente...mi sfugge il titolo mentre scrivo, ma è davvero un film uno.
Chiaro che con la caduta della dittatura si è avuta una impennata di qualità, però anche qui attenzione, i nomi portanti restano pochi - almeno, pochi rispetto a quanti se ne vedono in altre aree geografiche. Detto di Almodovar, a me piace molto Alex De La Iglesia, che trovo irriverente e sempre creativo. Aggiungerei anche Alejandro Amenabar, anche se cileno di nascita (il suo ‘Tesis’ mi piace tutt’ora). Si, d’accordo, ma poi? chiederebbe Califano. Poi ci sono casi isolati di buoni film, thriller in prevalenza, e qualche serie tv nei calderoni Netflix e Amazon (Netflix soprattutto). Non è un caso poi che tra un cinema di qualità medio alta e il porno spagnolo sia venuto totalmente a mancare il cinema di genere ed un cinema per così dire popolare. E non parlo solamente degli ultimi vent’anni, ma allargo la questione anche agli anni Ottanta: in pratica, tutto quello che da noi e non solo ha rappresentato il cinema cosiddetto ‘bis’ in Spagna non esiste. Ecco perchè Jess Franco è una gigantesca mosca bianca ed ecco perchè non c’è stato spazio per film dichiaratamente erotici con Bigas Luna come una delle pochissime eccezioni (da notare che Luna era catalano, e la Spagna si aperta linguisticamente alla Catalogna solo dopo la fine della dittatura, che prevedeva la necessità dell’uso del castigliano nell’audio come nei doppiaggi). Ad onor del vero andrebbero citati dei mediocri esempi di coproduzioni Italo-spagnole di thriller avvicinabili ai nostri, sul finire degli anni Sessanta e primi Settanta: ti butto lì ‘La volpe dalla coda di velluto’ con Jeans Sorel, alcuni magari carini ma imitazioni delle nostre pellicole e comunque destinati al nostro mercato.

In tutto questo Jododowsky, nativo cileno e operante per lo più in Messico, è un caso a parte vista anche la sua commistione di pensatore totale. Lo dovremmo, credo, separare da un contesto puramente spagnolo...

Resto disponibile se volete suggerimenti di film da vedere dei registi citati :wink:

Ma, Bunuel a parte, in Spagna la cosa cinematograficamente più lontana dalla dittatura successa in piena dittatura la si deve ad un regista italiano, il mai troppo compianto Marco Ferreri. Le circostanze hanno voluto che i suoi esordi siano avvenuti proprio là, nel 1958...questa come si dice è un’altra storia :-D
Non parlo con le pedine (Kyrie Irving)
Io mi limito a giocare a basket e lascio che Dio faccia il resto (Michael Beasley)
In rete c’è troppo di tutto ed è meglio “spegnere” ogni tanto (Fabban)

Avatar utente
Salieri D'Amato
Storico dell'impulso
Storico dell'impulso
Messaggi: 23835
Iscritto il: 17/12/2013, 11:34

Re: El Miron y La Exhibicionista

#7 Messaggio da Salieri D'Amato »

Grazie, un escursus veramente chiaro e coinciso.

Soffermandosi sul cinema bis, che a me interessa particolarmente, effettivamente ho sempre trovato poca roba spagnola, quasi sempre imitativa, anche se poi tendo a confondere registi spagnoli con quelli sudamericani. Non conoscevo La volpe dalla coda di velluto da te citata (il filone giallo animalesco inagurato da Argento ci ha lasciato dei titoli memorabili :-D ), mentre tra i pochi visti ricordo De Ossorio (ciclo dei templari ciechi), Aguirre (Il mostro dell'obitorio) e Grau (Non si deve profanare il sonno dei morti) effettivamente "poveri" nella realizzazione, seppur con un certo fascino per i "malati" come me. Però non so se ti è sfuggito o non lo reputi degno di menzione, Ibáñez Serrador, che ha fatto 2 film (forse solo quelli) a mio avviso notevolissimi, Gli orrori del liceo femminile e Ma come si può uccidere un bambino?, sorprendente soprattutto quest'ultimo.

Se poi hai qualche titolo da suggerire ben venga, orizzontarsi tra centinaia di ciofeche per trovare qualche perla o perlina è difficile per me, anche se spesso, soprattutto per i film di genere, vale il detto "talmente brutto da essere bello!"
La via più breve tra due cuori è il pene

Avatar utente
Alec Empire
Impulsi superiori
Impulsi superiori
Messaggi: 2415
Iscritto il: 03/10/2002, 2:00
Località: Zabriskie Point
Contatta:

Re: El Miron y La Exhibicionista

#8 Messaggio da Alec Empire »

Salieri D'Amato ha scritto:
18/12/2020, 15:10
Grazie, un escursus veramente chiaro e coinciso.

Soffermandosi sul cinema bis, che a me interessa particolarmente, effettivamente ho sempre trovato poca roba spagnola, quasi sempre imitativa, anche se poi tendo a confondere registi spagnoli con quelli sudamericani. Non conoscevo La volpe dalla coda di velluto da te citata (il filone giallo animalesco inagurato da Argento ci ha lasciato dei titoli memorabili :-D ), mentre tra i pochi visti ricordo De Ossorio (ciclo dei templari ciechi), Aguirre (Il mostro dell'obitorio) e Grau (Non si deve profanare il sonno dei morti) effettivamente "poveri" nella realizzazione, seppur con un certo fascino per i "malati" come me. Però non so se ti è sfuggito o non lo reputi degno di menzione, Ibáñez Serrador, che ha fatto 2 film (forse solo quelli) a mio avviso notevolissimi, Gli orrori del liceo femminile e Ma come si può uccidere un bambino?, sorprendente soprattutto quest'ultimo.
Dici bene, i film di Serrador sono solo quei due, e devo dire che hanno un loro perchè grazie a delle trovate narrative suggestive e oggettivamente inquietanti. Non l’ho nominato perchè lui è nativo di Montevideo, quindi a rigore non spagnolo, però ha sempre lavorato in Spagna ed i soli film girati sono di produzione spagnola quindi si, può starci.
Percorso opposto per Fernando Arrabal che, spagnolo, ha realizzato tra i tanti dei cult movies in realtà notissimi di produzione italo/francese (‘L’albero di Guernica’) e franco/tunisina (‘Viva la Muerte’). La figura di Arrabal in realtà è notevole per l’impegno politico e anche per la sua identità di artista totale, proveniente dalle avanguardie e cimentatosi in varie discipline.
Non parlo con le pedine (Kyrie Irving)
Io mi limito a giocare a basket e lascio che Dio faccia il resto (Michael Beasley)
In rete c’è troppo di tutto ed è meglio “spegnere” ogni tanto (Fabban)

Rispondi

Torna a “Pornucopia”