“Una” muscle car? Una
qualsiasi?? Madonna santa! Ma caro Pontellino, trattasi di una Chevrolet Corvette del 1963! Anno mitico nell’evoluzione del modello, il primo denominato “Stringray”, che inaugura la seconda generazione, abbandonando le linee tondeggianti “anni ‘50” per una linea affusolata, introduce i fari girevoli nascondibili (che diverranno un “marchio” del modello), e vantando motori di potenza fino a 270 kW (360 cavalli). Una bestia. E qui, pure nel raro allestimento decapottabile! Una Corvette del genere è stata venduta all’asta due anni fa sui 200.000 euro, altro che palle.
E su questo devo sollevare un’unica obbiezione alla scena qui offertaci (per il resto gradevolissima) con la simpatica e longilinea Arlette Colonna (aka Siegried Cellier):
Ma che cazzo ci fanno sdraiati sul cofano (rischiando di deformarlo) e arrampicandosi sul parabrezza?? Sacrilegio!
Beh, diciamo pure che il sacrilegio (sull'auto in questa scena) l’ha già commesso il minchione che sul cofano ha fatto incollare le lettere “USA”. E la striscia di colore contrastante??? Ma
pirla! Che burino provinciale!
Vabbé, mi calmo…
Concordo che in questo numero le pose (e postazioni luce) sembrano meno curate (e meno creative) di quello appena precedente (lo storico n. 3) ma regia e fotografia sono sempre dei soliti Willy Stuve e Henk Leenders. Lo so, lo so: probabilmente anche gli “credits” sono nomi inventati (come la spassosa fantomatica segretaria di produzione “Marie Therese Bligny”, un insieme di nomi delle vie milanesi della zona dove si trovava effettivamente l’ufficio di produzione di
Supersex e altre riviste).
Comunque il n. 4 mi è sempre rimasto a cuore per la prosa pur sempre surreale (“A noi due, cazzone mio!”), per quella burrosa infermiera, la lesbica “dark” con quel look gotico un po’ da “Morticia” della “Famiglia Addams”
e la presenza appunto della deliziosa Arlette Colonna, che rivedremo di nuovo (questa volta con Pontello) nel 7,
Il castello della morte, attrice che all’uscita di questo numero era già celebre, tra gli appassionati cineasti delle curatissime produzioni dell’hard francese, come una delle protagoniste (assieme a Karine Gambier, Erika Cool e Véronique Maugarski che abbiamo visto, le prime, rispettivamente nei nn, 2 e 3 di
Supersex, la terza, dopo, nel n. 5) del film
Les Hôtesses du sexe, uscito nelle sale alla fine del 1976.
Anche la bella biondina della scena finale (e dalla tecnica pompinaria mica male) ha un suo innegabile fascino.
A proposito di “uno dei molti anal finti” come giustamente osservi, mi sa che non solo quell’anal è simulato; anche la penetrazione alla pagina 111 è solo accennata, e temo che anch’essa sia solo simulata (che l’attrice fosse una delle tante alle quali accennava Brigitte Lahaie in una intervista del 1986, che si prestavano solo a fare fellatio oppure scene lesbiche?).
Sulla scelta (apparentemente curiosa) di Joel Chartier, protagonista maschile senza particolare distinzione, dal cazzetto normale (se non addirittura scarso), spesso mezzo moscio, ho già accennato una mia teoria (che tra l’altro riflette un’opinione espressa molti anni fa da un commentatore nella rivista
Adam Film World). Ossia l’uso di protagonisti che erano al massimo “normali”, o anche bruttini se non orrendi (pensate a tipi come Richard Bolla, Ron Jeremy, Sepp Gneissl, Frithjof Klausen): il concetto dei produttori era forse di offrire maschi nei quali i lettori potevano identificarsi, immaginando loro stessi a scopare donne splendide. Scordando che, psicologicamente, mentre una donna è ben conscia (o addirittura troppo critica) del proprio aspetto, un uomo invece (anche fosse di mezz’età, mezzo calvo, col cazzo scarso e sempre mezzo moscio) non ha problemi a immaginarsi d’essere Sean Connery o Brad Pitt. Accortosi (magari tramite l’impennata di vendite) dell’errore, ecco dunque i produttori a scegliere invece uno come Pontello, modello da catalogo di moda, cazzo di dimensioni e durezza di tutto riguardo, sborrate consistenti … esattamente come tutti noi lettori, appunto
Non mi resta che aggiungere
GRAZIE pontellino! Sei un mito...