Re: (OT) Metaverso, droidi e varie porcherie futuristiche
Inviato: 12/01/2024, 2:37
SEX ROBOT: L’AMORE AL TEMPO DELLE MACCHINE
di Maurizio Balistreri
28 Nov 2023
Viviamo in un mondo in cui gli avanzamenti tecnologici sono all’ordine del giorno. Si potrebbe obiettare che è sempre stato così, e che il progresso e la spinta a superare i propri limiti siano due elementi intrinsechi della natura umana. Ma è innegabile che negli ultimi decenni il ritmo sia accelerato, basti pensare ai cellulari: negli anni ’80 non erano altro che ingombranti cornette con tanto di antenna estraibile per fare e ricevere chiamate, eppure non ci hanno messo molto a evolvere negli smartphone che oggi possediamo tutt* e che ci danno la sensazione di avere il mondo in tasca. Non solo: abbiamo anche TV interattive, dispositivi che accendono e spengono le luci di casa con un solo comando vocale e macchine che si guidano da sole, per non parlare poi dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale.
Non deve stupire, quindi, che la presenza sempre più massiccia delle nuove tecnologie arrivi a toccare anche gli ambiti della vita finora considerati puramente “umani”: quelli più intimi e personali. È quanto racconta Maurizio Balistreri nel suo saggio “Sex robot: l’amore al tempo delle macchine” (Fandango Libri, 2018), in cui esplora la possibile evoluzione dei cosiddetti sexbot (robot dalle sembianze umane pensati per il piacere sessuale) e le loro implicazioni dal punto di vista sociale.
L’utilizzo di apparecchi tecnologici nel sesso non è una novità, data l’esistenza di sex toys come vibratori o anelli, ma anche di dispositivi teledildonici, che traducono input digitali remoti in sensazioni fisiche, permettendo alle persone di avere rapporti a distanza attraverso un computer (cybersesso).
Eppure, l’idea di robot umanoidi pensati per soddisfare qualunque fantasia a molt* risulta respingente, forse proprio per la somiglianza con esseri umani reali (nonostante i prototipi siano ancora grezzi) e la tendenza a giudicare istintivamente in maniera negativa chi fa uso di certi supporti. La sensazione di repulsione aumenta, poi, quando si apprende che esistono sexbot programmati per opporre resistenza alle avances, o altri con le sembianze di bambin*. È ovvio che davanti a certe proposte il dibattito si incendi: sex robot di questo tipo potrebbero normalizzare atti orribili e criminali come lo stupro o gli abusi su minori, diminuendo la capacità dei loro possessori (ancora in prevalenza maschi) a distinguere tra ciò che è accettabile e ciò che non lo è. Senza arrivare a questi eccessi, anche un sexbot “classico” potrebbe rafforzare la convinzione che le donne siano alla stregua di oggetti inanimati a cui si può fare tutto in qualunque momento.
Balistreri però prende in considerazione anche l’altra faccia della medaglia: questi robot potrebbero essere una forma di protezione per le categorie più fragili che a prima vista sembrano vittimizzare? Alcuni studi stanno cercando di valutare se il loro utilizzo possa avere finalità terapeutiche e riabilitative per autori di reati sessuali o addirittura pedofili, che in questo modo avrebbero l’occasione di sfogare i propri impulsi nocivi su figure umane incapaci di soffrire, in modo da non arrecare danni a persone reali.
I sexbot potrebbero rappresentare un’alternativa al sesso a pagamento (ad esempio, in alcune città come Barcellona i bordelli di sole sex doll sono già una realtà) e, secondo alcuni, questo potrebbe avere un impatto positivo laddove la prostituzione non è una libera scelta, anche se, di contro, molt sex worker rischierebbero di ritrovarsi senza lavoro. In ultimo, i “robot del sesso” potrebbero offrire uno strumento per le persone disabili, i cui bisogni sessuali spesso vengono soffocati e ignorati. Al di là dei dubbi e degli entusiasmi, che troveranno conferma o smentita soltanto quando e se i sexbot cominceranno a diffondersi in maniera omogenea, resta una domanda a cui trovare risposta: ma davvero in futuro ci sembrerà allettante fare sesso con un robot?
di Maurizio Balistreri
28 Nov 2023
Viviamo in un mondo in cui gli avanzamenti tecnologici sono all’ordine del giorno. Si potrebbe obiettare che è sempre stato così, e che il progresso e la spinta a superare i propri limiti siano due elementi intrinsechi della natura umana. Ma è innegabile che negli ultimi decenni il ritmo sia accelerato, basti pensare ai cellulari: negli anni ’80 non erano altro che ingombranti cornette con tanto di antenna estraibile per fare e ricevere chiamate, eppure non ci hanno messo molto a evolvere negli smartphone che oggi possediamo tutt* e che ci danno la sensazione di avere il mondo in tasca. Non solo: abbiamo anche TV interattive, dispositivi che accendono e spengono le luci di casa con un solo comando vocale e macchine che si guidano da sole, per non parlare poi dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale.
Non deve stupire, quindi, che la presenza sempre più massiccia delle nuove tecnologie arrivi a toccare anche gli ambiti della vita finora considerati puramente “umani”: quelli più intimi e personali. È quanto racconta Maurizio Balistreri nel suo saggio “Sex robot: l’amore al tempo delle macchine” (Fandango Libri, 2018), in cui esplora la possibile evoluzione dei cosiddetti sexbot (robot dalle sembianze umane pensati per il piacere sessuale) e le loro implicazioni dal punto di vista sociale.
L’utilizzo di apparecchi tecnologici nel sesso non è una novità, data l’esistenza di sex toys come vibratori o anelli, ma anche di dispositivi teledildonici, che traducono input digitali remoti in sensazioni fisiche, permettendo alle persone di avere rapporti a distanza attraverso un computer (cybersesso).
Eppure, l’idea di robot umanoidi pensati per soddisfare qualunque fantasia a molt* risulta respingente, forse proprio per la somiglianza con esseri umani reali (nonostante i prototipi siano ancora grezzi) e la tendenza a giudicare istintivamente in maniera negativa chi fa uso di certi supporti. La sensazione di repulsione aumenta, poi, quando si apprende che esistono sexbot programmati per opporre resistenza alle avances, o altri con le sembianze di bambin*. È ovvio che davanti a certe proposte il dibattito si incendi: sex robot di questo tipo potrebbero normalizzare atti orribili e criminali come lo stupro o gli abusi su minori, diminuendo la capacità dei loro possessori (ancora in prevalenza maschi) a distinguere tra ciò che è accettabile e ciò che non lo è. Senza arrivare a questi eccessi, anche un sexbot “classico” potrebbe rafforzare la convinzione che le donne siano alla stregua di oggetti inanimati a cui si può fare tutto in qualunque momento.
Balistreri però prende in considerazione anche l’altra faccia della medaglia: questi robot potrebbero essere una forma di protezione per le categorie più fragili che a prima vista sembrano vittimizzare? Alcuni studi stanno cercando di valutare se il loro utilizzo possa avere finalità terapeutiche e riabilitative per autori di reati sessuali o addirittura pedofili, che in questo modo avrebbero l’occasione di sfogare i propri impulsi nocivi su figure umane incapaci di soffrire, in modo da non arrecare danni a persone reali.
I sexbot potrebbero rappresentare un’alternativa al sesso a pagamento (ad esempio, in alcune città come Barcellona i bordelli di sole sex doll sono già una realtà) e, secondo alcuni, questo potrebbe avere un impatto positivo laddove la prostituzione non è una libera scelta, anche se, di contro, molt sex worker rischierebbero di ritrovarsi senza lavoro. In ultimo, i “robot del sesso” potrebbero offrire uno strumento per le persone disabili, i cui bisogni sessuali spesso vengono soffocati e ignorati. Al di là dei dubbi e degli entusiasmi, che troveranno conferma o smentita soltanto quando e se i sexbot cominceranno a diffondersi in maniera omogenea, resta una domanda a cui trovare risposta: ma davvero in futuro ci sembrerà allettante fare sesso con un robot?