O.T. Il giorno del ricordo

Scatta il fluido erotico...

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memory
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O.T. Il giorno del ricordo

#1 Messaggio da memory »

Oggi è il "Giorno del ricordo" in memoria delle vittime dell Foibe e degli avvenimenti accaduti nel confine orientale.

Spero che questo post non si trasformi in una battaglia politica, il mio intento è solo quello di ricordare un triste avvenimento che per troppi anni è stato ignorato dalla classe politica e dai mezzi di comunicazione.

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Squirto
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#2 Messaggio da Squirto »

il rettore dell'università  di roma3 si è rifiutato di far esporre una mostra sulle foibe nella facoltà  di economia, per "«foto troppo crude»" :-?

e il filosofo marramao ha detto: «Giusto ricordare le vittime dell’orrore. Ma, se organizzata da studenti, una mostra congiunta su foibe, gulag e campi di concentramento sarebbe stata più opportuna»

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cron ... cola.shtml

ora, io non capisco perchè le mostre sui soli campi nazisti si possono fare, e invece le mostre sulle foibe e i crimini comunisti vanno unite a tutto il resto...

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Floppy Disk
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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#3 Messaggio da Floppy Disk »

pan ha scritto:
29/07/2022, 2:09
[Scopri]Spoiler
Floppy Disk ha scritto:
27/07/2022, 19:18
cazzaniga90 ha scritto:
27/07/2022, 16:44
A scuola a me nessuno mi ha parlato dei delle foibe, i gulag sovietici solo accennati.
Ho dovuto scoprire e imparare da solo determinate cose.
Sei stato sfortunato, a me è stato insegnato tutto. È anche vero che la mia professoressa di Storia e Filosofia odiava ferocemente i comunisti, e questo ha aiutato.
Il problema è quale verità ti è stata insegnata. Scommetto che la prof nulla sapeva delle pesanti responsabilità di Alcide De Gasperi nella vicenda delle foibe.
Mi hai incuriosito. A che ti riferisci?
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pan
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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#4 Messaggio da pan »

Floppy Disk ha scritto:
29/07/2022, 19:08
pan ha scritto:
29/07/2022, 2:09
[Scopri]Spoiler
Floppy Disk ha scritto:
27/07/2022, 19:18
cazzaniga90 ha scritto:
27/07/2022, 16:44
A scuola a me nessuno mi ha parlato dei delle foibe, i gulag sovietici solo accennati.
Ho dovuto scoprire e imparare da solo determinate cose.
Sei stato sfortunato, a me è stato insegnato tutto. È anche vero che la mia professoressa di Storia e Filosofia odiava ferocemente i comunisti, e questo ha aiutato.
Il problema è quale verità ti è stata insegnata. Scommetto che la prof nulla sapeva delle pesanti responsabilità di Alcide De Gasperi nella vicenda delle foibe.
Mi hai incuriosito. A che ti riferisci?
A quella (verità?) che mi raccontarono in Istria diverse persone anziane nel 1993, la più loquace delle quali era un parroco di Pola, tale don Marin all'epoca 93enne.
Questi erno stati testimoni diretti di quella storia e sostenevano che De Gasperi, dovendo scegliere in tempi rapidi se cedere il suo Sud Tirolo o Istria e Dalmazia, preferì mollare questi territori omettendo di avvisare le popolazioni che avrebbero potuto mettersi in salvo. Quelle ed altre persone avevano anche redatto un documento inviato alla Santa Sede per bloccare le procedure di canonizzazione di De Gasperi stesso, attribuendogli una parte essenziale di responsabilità, nonché il fenomeno successivo del terrorismo sud tirolese, causato dal fatto che quella popolazione, al contrario di quella istriana, era a minoranza italiana.
Devo dire che questo Don Marin era un ultranazionalista cattolico italiano, al punto di affermare tranquillamente che l'uccisione di un ortodosso non era peccato e quella di un musulmano era un merito di fronte a Dio.
Questi erano i balcani negli anni 90.
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) - fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) - ...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)

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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#5 Messaggio da Floppy Disk »

Storia affascinante, pan. Ammetto di aver cercato quanto tu mi hai detto sul conto di De Gasperi su Internet perché una cosa del genere mi risultava davvero nuova ma in effetti non ho trovato nulla, anzi addirittura versioni ben diverse. Non so che giudizio farmi su quanto ti ha raccontato questo parroco: molto spesso certe verità non finiscono sui libri di Storia per vari motivi, ma da quanto dici questa persona era anche un narratore abbastanza inaffidabile. La tua chiosa finale sui Balcani ovviamente ci sta tutta.
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Desmond
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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#6 Messaggio da Desmond »

[Scopri]Spoiler
pan ha scritto:
30/07/2022, 3:30
Floppy Disk ha scritto:
29/07/2022, 19:08
pan ha scritto:
29/07/2022, 2:09
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Floppy Disk ha scritto:
27/07/2022, 19:18


Sei stato sfortunato, a me è stato insegnato tutto. È anche vero che la mia professoressa di Storia e Filosofia odiava ferocemente i comunisti, e questo ha aiutato.
Il problema è quale verità ti è stata insegnata. Scommetto che la prof nulla sapeva delle pesanti responsabilità di Alcide De Gasperi nella vicenda delle foibe.
Mi hai incuriosito. A che ti riferisci?
A quella (verità?) che mi raccontarono in Istria diverse persone anziane nel 1993, la più loquace delle quali era un parroco di Pola, tale don Marin all'epoca 93enne.
Questi erno stati testimoni diretti di quella storia e sostenevano che De Gasperi, dovendo scegliere in tempi rapidi se cedere il suo Sud Tirolo o Istria e Dalmazia, preferì mollare questi territori omettendo di avvisare le popolazioni che avrebbero potuto mettersi in salvo. Quelle ed altre persone avevano anche redatto un documento inviato alla Santa Sede per bloccare le procedure di canonizzazione di De Gasperi stesso, attribuendogli una parte essenziale di responsabilità, nonché il fenomeno successivo del terrorismo sud tirolese, causato dal fatto che quella popolazione, al contrario di quella istriana, era a minoranza italiana.
Devo dire che questo Don Marin era un ultranazionalista cattolico italiano, al punto di affermare tranquillamente che l'uccisione di un ortodosso non era peccato e quella di un musulmano era un merito di fronte a Dio.
Questi erano i balcani negli anni 90.
Bravo Pan. Conosco la stessa storia. De Gasperi (nato in Trentino) decise di tenersi il Sud Tirolo "austriaco" sacrificando Istria e Dalmazia e gli italiani che vi vivevano. In fretta e furia, in perfetto stile "Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi".

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pan
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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#7 Messaggio da pan »

Floppy Disk ha scritto:
30/07/2022, 9:04
Storia affascinante, pan. Ammetto di aver cercato quanto tu mi hai detto sul conto di De Gasperi su Internet perché una cosa del genere mi risultava davvero nuova ma in effetti non ho trovato nulla, anzi addirittura versioni ben diverse. Non so che giudizio farmi su quanto ti ha raccontato questo parroco: molto spesso certe verità non finiscono sui libri di Storia per vari motivi, ma da quanto dici questa persona era anche un narratore abbastanza inaffidabile. La tua chiosa finale sui Balcani ovviamente ci sta tutta.
Lo so, anch'io ho cercato per anni invano e neppure due prelati che hanno accesso a molte carte in Vaticano mi hanno mai riportato nulla che non fosse una promessa di ricerche; però, vedi che anche Desmond conosce la stessa storia, mentre Il poeta Valentino Zeichen, profugo istriano, pur senza negarla, le attribuiva un ruolo secondario nella successione degli eventi che portarono alle foibe.
La storia ufficiale, la sola che copre eventi storicamente vicinissimi, è pur sempre quella scritta dai prevalenti: nei primi decenni non se ne parlava a causa della forte presenza social-comunista in Italia, poi se ne è parlato in senso unidirezionale opposto, omettendo di ricordare che molti degli istriano-dalmati erano a tutti gli effetti occupanti, con relativi soprusi e violenze sulle popolazioni slave. Ma tutto questo s'inserisce sul dato incontrovertibile che l'Italia, a differenza della Germania, non ha mai fatto i conti tutti interi con la sua storia fascista e anche prefascista, includendovi le campagne d'Africa di fine 800 e del 1911 in Libia.
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OSCAR VENEZIA
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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#8 Messaggio da OSCAR VENEZIA »

pan ha scritto:
31/07/2022, 3:52


l'Italia, a differenza della Germania, non ha mai fatto i conti tutti interi con la sua storia fascista e anche prefascista, includendovi le campagne d'Africa di fine 800 e del 1911 in Libia.
E che cosa avremmo dovuto fare relativamente all’Italia prefascista ?
Sulle campagne d’Africa perché questo parallelo con la Germania ? Mi risulta che le campagne d’Africa le hanno fatte anche i Portoghesi, gli Inglesi, gli Olandesi, i Belgi , i Francesi e poi i Cinesi e gli Americani.
La Germania non ha molti rapporti con la sponda sud del mediterraneo e connl’Africa per questioni di mentalità.
Se gli chiedi del mediterraneo ti rispondono che lo prendono in considerazione solo per le vacanze.
Avremmo dovuto forse tirarci fuori dall’estrazione petrolifera lasciandola agli altri che avevano fatto peggio di noi?
Proposte autolesioniste di questo genere sono tipiche del mondo comunista e dintorni, negli anni 70 facevano parte di un piano , sempreverde, di disinformazione russa: grande enfasi sul colonialismo ma silenzio sui regimi filosovietici poi crollati tutti contemporaneamente nel 1990/1991

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cicciuzzo
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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#9 Messaggio da cicciuzzo »

Di sicuro a Oscar Venezia il fascismo è sempre piaciuto ma si vergogna a dirlo
Il sentimento più sincero rimane sempre l'erezione

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Floppy Disk
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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#10 Messaggio da Floppy Disk »

Credo che sia una caratteristica comune a milioni di italiani, anzi di europei.
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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#11 Messaggio da cazzaniga90 »

http://www.enciclopediadelledonne.it/bi ... -cossetto/

Norma Cossetto
Santa Domenica di Visinada (Labinci) 1920 - Antignana (Tinjan) 1943


Norma Cossetto, studentessa universitaria istriana, torturata, violentata e gettata in una foiba. È stata uccisa dai partigiani di Josip Broz, meglio conosciuto come Maresciallo Tito, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943. Le foibe sono voragini rocciose a forma di imbuto rovesciato, create dall’erosione di corsi d’acqua, tipiche della zona carsica.
La sua storia è emblematica dei drammi e delle sofferenze delle donne dell’Istria e della Venezia Giulia negli anni dal 1943 al 1945. Colpevoli spesso di essere mogli, madri, sorelle o figlie di persone ritenute condannabili dal regime, molte donne in quegli anni vennero catturate al posto dei loro congiunti, usate come ostaggi o per scontare vendette personali.
Norma nasce a Santa Domenica di Visinada (Labinci), piccolo borgo agricolo dell’entroterra istriano, non lontano da Parenzo, o Poreč, territorio ora appartenente alla Croazia. I suoi genitori, Giuseppe e Margherita, sono possidenti terrieri non facoltosi ma benestanti secondo gli standard dell’epoca. Norma frequenta al suo paese la scuola materna e quella elementare fino alla classe quarta, e poi si trasferisce a Gorizia, dove frequenta il liceo classico conseguendo nel 1939 la maturità con ottimi voti.
Alla fine dell’estate si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia, all’Università di Padova, superando brillantemente tutti gli esami. Nell’ottobre del 1941 ottiene una supplenza come insegnante di lettere al liceo Gian Rinaldo Carli di Pisino e l’anno seguente consegue un nuovo incarico presso l’Istituto Magistrale Regina Margerita di Parenzo. Riesce ad ottenere anche brevi docenze a Spalato ed Albona, coronando così il suo sogno di intraprendere la professione di educatrice.
I suoi contemporanei la ricordano come una giovane ragazza dedita allo sport, molto portata per gli studi e le lingue straniere. Parla bene il francese e il tedesco. Si dedica anche allo studio del pianoforte, ama il canto e la pittura.
Fidanzata con un incursore dei mezzi d’assalto della Regia Marina, Norma è una ragazza ben inserita nel contesto sociale in cui vive. Suo padre è un proprietario terriero molto stimato a Santa Domenica di Visinada avendo contribuito allo sviluppo della vita agricola e sociale del paese quale Commissario Governativo delle Casse Rurali per l’Istria, una carica questa che gli ha permesso di aiutare gli indigenti del luogo. Podestà di Visinada per molti anni e segretario del Fascio locale prima della guerra, il padre di Norma diventa in seguito Capo Manipolo della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
Nell’estate del 1943, Norma gira in bicicletta per i comuni dell’Istria raccogliendo materiale per la sua tesi di laurea, intitolata L’Istria rossa e dedicata allo studio del territorio istriano ricco di bauxite. Nello stesso periodo, la famiglia Cossetto si vede costretta a lasciare Visinada perché, all’arrivo dei partigiani titini in paese, iniziano le minacce dirette verso i vari componenti della famiglia. Il padre Giuseppe è costretto pertanto a trasferirsi per un breve periodo a Trieste. Gli zii Giovanni ed Emanuele, fratelli del padre, vengono arrestati rispettivamente il 16 e il 24 settembre e subito condotti a Pisino.
Il 25 settembre un gruppo di partigiani titini irrompe in casa Cossetto razziando ogni cosa. Il giorno successivo prelevano Norma che viene portata nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i partigiani la tormentano, promettendole libertà e mansioni direttive, se avesse accettato di collaborare con il Movimento Popolare di Liberazione. Al netto rifiuto, viene rinchiusa con altri parenti, conoscenti ed amici nella ex caserma della Guardia di Finanza a Parenzo. La mattina seguente alcuni membri della famiglia Cossetto cercano di farle visita portando cibo e vestiario di ricambio ma vengono allontanati con la scusa che l’indomani tutti gli arrestati sarebbero ritornati alle proprie abitazioni. È il 30 settembre e la mattina seguente invece della liberazione giunge un nuovo ed inaspettato trasferimento. I tedeschi sono in procinto di arrivare a Parenzo e uno degli ultimi autocarri a lasciare la città prima della colonna germanica è quello dei prigionieri che il Comitato Popolare di Liberazione manda ad Antignana, dove vengono rinchiusi, prima nella ex caserma dei Carabinieri, ed in seguito nell’edificio della locale scuola. La situazione repentinamente precipita perché i componenti del presidio partigiano iniziano a torturare e malmenare tutti i detenuti. Tutte le donne vengono violentate e seviziate. Norma, che continua a rifiutare ogni collaborazione con il Movimento Popolare di Liberazione, viene portata in una stanza a parte dell’edificio, spogliata e legata ad un tavolo. Qui è ripetutamente violentata da diciassette aguzzini, e dopo giorni di sevizie viene gettata nuda nella foiba di Villa Surani, sita alle pendici del Monte Croce, vicino alla strada che da Antignana porta al villaggio agricolo di Montreo. È la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943.
Il 13 ottobre 1943 i tedeschi ritornano in paese e, a seguito della cattura di alcuni partigiani titini, riescono a fornire informazioni attendibili a Licia, sorella di Norma, sul destino del padre e della sorella, confermando l’esecuzione di entrambi. Il 10 dicembre 1943 i Vigili del Fuoco di Pola, al comando del maresciallo Arnaldo Harzarich, recuperano la salma di Norma: rinvenuta supina, nuda, con le braccia legate con il filo di ferro, su un cumulo di altri cadaveri aggrovigliati; aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate, un pezzo di legno conficcato nei genitali.
La salma di Norma viene composta nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Castellerier. Dei suoi diciassette torturatori, sei vengono arrestati e obbligati a passare l’ultima notte della loro vita nella cappella mortuaria del locale cimitero per vegliare la salma della giovane donna, prima di venire fucilati dai tedeschi il mattino seguente.
Ai funerali di Norma, che verrà tumulata nella tomba di famiglia a Santa Domenica di Visinada assieme al padre, partecipa un grande numero di persone.
Nel dopoguerra, l’8 maggio 1949, il Rettore dell’Università di Padova, Aldo Ferrabino, su proposta di Concetto Marchesi e del Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia, le conferisce la laurea ad honorem, specificando che Norma è caduta per la difesa della libertà.
L’8 febbraio 2005 l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi concede alla giovane istriana la medaglia d’oro al merito civile.
Il 10 febbraio 2011 l’Università degli Studi di Padova e il Comune di Padova, nell’ambito delle celebrazioni per la Giornata del Ricordo in memoria delle vittime delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, scoprono nel Cortile Littorio del Palazzo del Bo’ una targa commemorativa.
Il Comune di Limena (Padova) nell’aprile 2011 dedica a Norma la Biblioteca Comunale. Diverse città italiane le dedicano una via come ad esempio, il Comune di Narni (Terni) nel luglio 2011, e il Comune di Bolzano nell’ottobre 2012.
La vita e soprattutto la morte di Norma – o meglio le ragioni delle violenze subite e della sua uccisione – continuano tuttavia a essere oggetto di interpretazione politica, in particolare il suo presunto legame diretto con il fascismo. Ricerche d’archivio avvalorano di contro la tesi che Norma ha sempre dimostrato un totale disinteresse per la politica. Norma, come molte altre centinaia di donne e uomini infoibati, è stata uccisa perché colpevole di abitare un’area geografica oggi divisa tra Italia, Slovenia e Croazia. In questo senso, la figura di Norma e la sua rilevanza storica si devono leggere storicamente e politicamente perché questa giovane donna è una delle tante vittime dell’etnicidio che nel 1943 e nel 1945 ha sconvolto queste aree di confine.
Immagine

Film sulla storia di Norma Cossetto

https://it.wikipedia.org/wiki/Red_Land_(Rosso_Istria)

Immagine

Disponibile su Raiplay.
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#12 Messaggio da cazzaniga90 »

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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#13 Messaggio da Desmond »

Noto comunque ancora molti scrupoli e eccessiva cautela nel definire le foibe per quello che furono: pulizia etnica. Una pulizia etnica nei confronti della parte sconfitta della guerra o popolazioni comunque riconducibili o ricollegabili al regime fascista italiano. Ma pulizia etnica fu.

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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#14 Messaggio da cazzaniga90 »

Esatto.

Fonte:
https://www.museodelcomunismo.it/le-foi ... imenticata

Le foibe: una "pulizia etnica" dimenticata
La fine della guerra e una «pulizia etnica» dimenticata: le foibe. Il 15 maggio 1943, la direzione sovietica decide di sciogliere il Comintern. La decisione di rinunciare ufficialmente a «esportare» la rivoluzione mira a rassicurare gli alleati e a migliorare i rapporti con loro. Favorisce altresì l’emergere di una definizione della «via nazionale» al comunismo, propria di ciascun paese.
Lascio l'articolo a chi interessa.

Nel caso dell’Italia, Togliatti eredita anche la lezione di Gramsci, il quale aveva sostenuto che la classe operaia doveva in qualche modo «nazionalizzarsi» per divenire la forza egemonica di un processo rivoluzionario. Togliatti lascia Mosca il 4 marzo 1944. Al termine di un lungo viaggio con scali a Baku, Teheran, Il Cairo e Algeri, il 27 marzo sbarca a Napoli. Stalin ha deciso di riconoscere il governo Badoglio, costituitosi dall’8 settembre 1943, che amministra con gli Alleati il Meridione, il riconoscimento ufficiale ha tuttavia luogo il 14 marzo, ovvero durante il viaggio di Togliatti, il quale affermerà di non avere saputo nulla della decisione presa da Stalin.

Quella che, dal nome della città in cui aveva sede il governo Badoglio, verrà chiamata «la svolta di Salerno», ovvero il ribaltamento della linea politica fino a quel momento seguita dalle forze antifasciste - in sostanza, il passaggio dall’opposizione alla collaborazione con la monarchia - è stata presentata dalla storiografia comunista come «una graduale ma inesorabile liberazione dall’influenza sovietica». Il carattere autentico ditale «originalità italiana» è stato tuttavia contestato da altri specialisti di storia del PCI, in particolare da Sergio Bertelli.

In ogni caso, la tragica questione dei territori italiani del Nord-Est (la Venezia Giulia e l’Istria) o a forte presenza italiana (la Dalmazia) ha chiaramente dimostrato che, anche quando l’«italianità» era minacciata di vero e proprio sterminio fisico, la direzione del PCI, Togliatti in testa — tranne alcuni quadri e ancor meno la base — rimaneva fedele all’internazionalismo più rigoroso e all’odio di classe più inestinguibile.

Il leader comunista Togliatti
Il leader comunista Togliatti
A questo proposito si rende necessaria una breve contestualizzazione storica. Appartenute dall’830 al 1797 alla Repubblica di Venezia, quindi, dal 1797 al 1918, all’Impero austro-ungarico, le regioni in questione hanno tradizionalmente fatto da spartiacque tra la cultura latino-veneziana e la civiltà slava. Nel XIX secolo, segnato in questi territori dall’irredentismo italiano, si rilevava già un considerevole scarto sociale e culturale tra la comunità italiana e quella slava, rappresentata dagli sloveni e dai croati. All’inizio del Novecento, mentre la prima era assai prospera, contando fra i suoi membri molti commercianti e armatori, medici, magistrati, insegnanti e funzionari, gli slavi, spesso semplici contadini, erano contraddistinti da un alto tasso di analfabetismo.

Secondo il censimento austriaco del 1900, la popolazione di queste zone era composta per il 42,8 per cento da italiani e per il 48,1 per cento da slavi, cui si aggiungeva una piccola percentuale di «altri», ovvero persone nate nel regno d’Italia e trasferitesi in questi territori. Un censimento italiano del 1921 dava invece dati molto diversi: secondo le sue stime, la popolazione italiana avrebbe rappresentato il 58,2 per cento degli abitanti, mentre gli slavi sarebbero stati solo il 37,6 per cento. All’indomani della Grande guerra, il trattato di Versailles restituì all’Italia il Trentino Alto Adige e, per la parte di storia che ci interessa, ratificò l’annessione della Venezia Giulia. Il trattato di Rapallo del 12 novembre 1920 aggiunse poi la città di Zara (Zadar), in Dalmazia, e quattro isole situate al largo della costa adriatica. Infine, il patto di Roma del 27 gennaio 1924 permise all’Italia di recuperare Fiume (Rijeka).
A tali differenze sociali e culturali, già di per sé gravide di conflitti, si aggiunse il cambio di amministrazione che ebbe luogo a partire dal 1918. Ben presto, sotto l’amministrazione italiana, che troppo spesso si dimostrò così confusionaria, inefficiente e corrotta, gli slavi rimpiansero l’amministrazione austriaca, efficiente, onesta e forte di una plurisecolare esperienza nel fare convivere popoli diversi.

Con l’instaurazione del regime fascista, si assistette a un’italianizzazione forzata dei toponimi, che risultò offensiva per gli slavi, e ad altre misure vessatorie nei loro confronti come quella di cancellarne usi e costumi. Fu così che, alla fine della guerra, dopo un bombardamento alleato sulla città di Muggia, vicino a Trieste, le autorità della Repubblica sociale italiana (RSI) vietarono alle famiglie delle vittime slave di intonare, durante la cerimonia religiosa, i canti in sloveno.

Ma nulla di tutto ciò può giustificare gli abominevoli massacri perpetrati dai partigiani titoisti, deliberatamente commessi per terrorizzare la popolazione italiana, provocarne l’esodo e condurre così a buon fine quella che merita di essere definita un’«epurazione etnica». Si tratta di una pagina di storia molto buia, sulla quale, nella stessa Italia, si è a lungo steso il velo del silenzio.

I comunisti hanno invece parlato di «fenomeni sporadici prodotti da un’esasperazione popolare in reazione a vent’anni di brutalità e di violenze fasciste». Vedremo quanto tale affermazione sia infondata.
Dopo la capitolazione e l’armistizio firmato da Badoglio l’8 settembre 1943, il Movimento per la liberazione della Jugoslavia diretto da Tito dichiarò l’annessione del «litorale sloveno» dell’Istria e del «litorale croato». Il 24 settembre 1943, Togliatti reagì, scrivendo a Dimitrov che la decisione di Tito e dei comunisti jugoslavi era «prematura». Dimitrov rispose solo nel marzo 1944, rimandando la soluzione del conflitto territoriale al dopoguerra. Si trattava di una decisione «puramente tattica, data la posizione favorevole alla revisione dei confini a favore della Jugoslavia, presa fin dall’inizio della guerra come misura punitiva contro l’Italia»

Ma "le speranze jugoslave apparvero fondate: durante l’incontro clandestino tra Togliatti e i dirigenti jugoslavi Kardelj, Gilas e Hebrang, svoltosi alla metà di ottobre 1944, il leader del PCI accettò di fatto la posizione jugoslava sul problema territoriale e l’inserimento delle formazioni partigiane italiane della Venezia Giulia nell’esercito di Tito, raccomandando soltanto agli jugoslavi di “condurre una politica nazionale in grado di soddisfare gli italiani”, cioè di non rendere noto il contenuto dell’accordo per evitare una reazione negativa."

In questa vicenda le date sono particolarmente significative. Abbiamo visto che Togliatti era rientrato in Italia il 27 marzo 1944 e che aveva accettato le rivendicazioni territoriali dei comunisti jugoslavi nell’ottobre dello stesso anno. Ma i primi massacri di italiani frontalieri ebbero luogo dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.

Per trentacinque giorni, quindi, Trieste e l’Istria rimasero in mano ai partigiani di Tito, i quali, secondo le stime più affidabili, uccisero tra i mille e i millecinquecento civili italiani, il che non poteva essere ignorato da Togliatti.

Questi massacri sono noti come i massacri delle foibe. Il termine «foiba» è una corruzione dialettale del latino «fovea», che significa «fossa».

Le foibe sono dei pozzi naturali, delle voragini a forma di imbuto rovesciato, formate dall’erosione, che possono raggiungere i trecento metri di profondità. Sono in qualche modo ciò che i geologi chiamano doline, delle depressioni, cioè, tipiche delle regioni a rilievo carsico. Ora l’Istria è, a detta dei geologi, un’ «enorme spugna pietrificata», costellata da numerosissime voragini. Proprio all’epoca di cui stiamo trattando è apparso in italiano il verbo «infoibare» per designare il metodo di eliminazione di un gruppo di persone consistente nel gettare le vittime in tali voragini, dopo averle giustiziate o meno con armi da fuoco.

Tutte le testimonianze relative a questi massacri — che, interrotti nel settembre-ottobre 1943 a causa dell’occupazione della regione da parte delle
truppe tedesche, ripresero a pieno ritmo, e su più vasta scala, dal primo maggio 1945 al 15 giugno — concordano sull’indicibile barbarie degli atti che furono commessi, i quali ricordano più le "imprese" dei serial killer che non le atrocità inevitabili in qualsiasi conflitto ideologico. Le vittime, essenzialmente membri dell’élite sociale e della classe media, venivano arrestate di notte. Si legavano loro le mani con il fil di ferro, quindi le si conduceva sull’orlo delle voragini, non senza averle sottoposte alle più ignobili sevizie. Prima di essere gettate nel baratro, le donne erano sistematicamente violentate, mentre gli uomini venivano talvolta svuotati delle viscere ed evirati.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le vittime, legate le une alle altre, erano uccise in questo modo: si spingeva la prima nel baratro che cadeva trascinandosi dietro le altre.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i fascisti non erano gli unici bersagli. Si è a conoscenza di parecchi casi in cui alcuni capi o combattenti partigiani italiani non comunisti furono giustiziati per avere comunicato il loro rifiuto della pura e semplice annessione delle province del Nord-est alla Jugoslavia. Fu così che il 7 febbraio 1945, a Porzùs, nella regione di Udine, uno dei principali carnefici, Toffanin, comandante dei gruppi partigiani per l’Alto Friuli e la provincia di Gorizia, uccise a colpi di arma da fuoco, insieme ai suoi uomini, ventidue combattenti della brigata Osoppo, composta da militanti di Giustizia e Libertà e partigiani cattolici, fra cui il fratello di Pier Paolo Pasolini. Condannato in contumacia nel 1957 all’ergastolo, il carnefice si nascose in Jugoslavia, quindi in Cecoslovacchia, per essere poi graziato nel 1978 dal presidente Sandro Pertini.

In Italia è stato stilato un elenco in cui, oltre a Toffanin, compaiono altri dieci criminali di guerra. Ma questi uomini sono morti tranquillamente dall’altra parte della frontiera o si godono ancora una tranquilla vita da pensionati sul litorale croato o in Slovenia.

A lungo occultati nella stessa Italia, nonostante il lavoro di informazione condotto dalle associazioni di rifugiati — 350.000 italiani della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia, pari al 90 per cento della popolazione interessata, scelsero l’esodo tra il 1945 e il 1947 — i massacri delle foibe e quelli, più «classici», perpetrati nelle stesse regioni furono ufficialmente riconosciuti, quantunque in modo prudente e ambiguo, solo nel 1982.

Due foibe, quella di Basovizza e quella di Monrupino, entrambe nei pressi di Trieste (le uniche a far ancora parte del territorio italiano) furono quindi dichiarate «monumenti di interesse nazionale». Si dovette attendere il 3 novembre 1991 per vedere il presidente della Repubblica Francesco Cossiga andare a inchinarsi di fronte alla voragine di Basovizza. Da alcuni anni, tuttavia, le cose hanno incominciato a cambiare, Dopo le opere dedicate ai massacri dalle associazioni di rifugiati, sempre tacciate di parzialità, le foibe sono state oggetto di veri e propri studi scientifici, due dei quali recentemente pubblicati.

Per quanto riguarda i massacri anti-italiani del 1945, lo studio più recente, quello di Gianni Oliva, propone le seguenti cifre: 994 spoglie esumate, 326 vittime accertate ma non rinvenute, 5643 vittime presunte in funzione delle segnalazioni locali o di altre fonti (anagrafe, ecc.), 3174 persone deportate, che hanno trovato la morte nei campi jugoslavi: ovvero, un totale di 10.137 vittime. In questi ultimi anni, in loro onore sono state affisse lapidi ed erette stele commemorative e, per esempio a Trieste, sono stati rinominati viali, strade e piazze per rendere omaggio ai suppliziati.
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Re: O.T. Il giorno del ricordo

#15 Messaggio da GeishaBalls »

OSCAR VENEZIA ha scritto:
31/07/2022, 5:40
pan ha scritto:
31/07/2022, 3:52


l'Italia, a differenza della Germania, non ha mai fatto i conti tutti interi con la sua storia fascista e anche prefascista, includendovi le campagne d'Africa di fine 800 e del 1911 in Libia.
E che cosa avremmo dovuto fare relativamente all’Italia prefascista ?
Sulle campagne d’Africa perché questo parallelo con la Germania ? Mi risulta che le campagne d’Africa le hanno fatte anche i Portoghesi, gli Inglesi, gli Olandesi, i Belgi , i Francesi e poi i Cinesi e gli Americani.
La Germania non ha molti rapporti con la sponda sud del mediterraneo e connl’Africa per questioni di mentalità.
Se gli chiedi del mediterraneo ti rispondono che lo prendono in considerazione solo per le vacanze.
Avremmo dovuto forse tirarci fuori dall’estrazione petrolifera lasciandola agli altri che avevano fatto peggio di noi?
Proposte autolesioniste di questo genere sono tipiche del mondo comunista e dintorni, negli anni 70 facevano parte di un piano , sempreverde, di disinformazione russa: grande enfasi sul colonialismo ma silenzio sui regimi filosovietici poi crollati tutti contemporaneamente nel 1990/1991
La Germania aveva iniziato ad affacciarsi all’Africa ad inizio 900, e con la sconfitta nella prima guerra mondiale ha dovuto abbandonare rapidamente. Aveva fatto in tempo a fare i suoi genocidi, come le altre brave “civiltà” europee (sono stato in Rwanda ed il memoriale del genocidio della capitale è bellissimo).

“Fare i conti” con il passato significa capire che essere italiani non significa difendere tutto quello che è successo nella Storia d’Italia. Ci sono pagine vergognose! che possiamo mettere a confronto con le vergogne degli altri popoli, ma smettiamola di raccontarci di essere brava gente innocente che andava ad aiutare

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