Ifigonia in Culide, tragedia
Inviato: 10/12/2004, 15:35
IFIGONIA
Tragedia classica in tre atti
ovvero IN CULIDE
PERSONAGGI:
IL RE DI CORINTO
IFIGONIA, sua figlia
ALLAH BEN DUR, primo pretendente
DON PEDER ASTA, secondo pretendente
UCCELLONE, CONTE DI BELMANICO, terzo pretendente
KIRO HITO, SAMURAI, quarto pretendente
ENTER O'CLISMA, gran sacerdote
IN MAN LAH, gran cerimoniere
BEL PISTOLINO, elefante sacro
CORO, di nobili vergini e popolo
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ATTO PRIMO
Il dramma si svolge a Corinto nell'anno 69 d.c.
SCENA: Sala del Trono.
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Le porte sono spalancate per dare accesso al popolo.
Entra il Gran Cerimoniere.
GRAN CERIMONIERE: Popol bruto, su snuda il banano,
non vedi che giunge l'amato sovrano?
E' il sir di Corinto dal nobile augello
qual mai fu visto piu' duro e piu' bello;
il sir di Corinto dall'agile pene
terrore e ruina del fragile imene;
il sir di Corinto dal cazzo peloso
del cul rubicondo ognora goloso.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
le chiappe del culo porgiam riverenti.
Al nostro gentile ed amato sovrano
sia dono gradito il buco dell'ano.
(Entra il re seguito dalla Corte)
RE: La gioia che mi doni, o popolo, e' si grande
che piu' l'uccello regio non sta nelle mutande;
per mio real decreto da stamattina
distribuite ai poveri gratis la veselina.
Voglio sian compensati i sudditi fedeli:
In cul pigliatel pure, ma state attenti ai peli.
(Segni di manifesta gioia)
GRAN CERIMONIERE : Ed ora fuori tutti dai coglioni
per lasciar posto ai principi e baroni.
(Il popolo fa largo ed entrano i nobili che si dispongono ai lati del trono,
Ifigonia entra, seguita dalle vergini, e si butta piangente ai piedi del trono)
CORO DELLE VERGINI: Noi siamo le vergini dai candidi manti,
siam rotte di dietro ma sane davanti;
i nostri ditini son tutti escoriati
a furia di cazzi che abbiamo menati.
Nell'arte sovrana di fare i pompini
battiamo le troie di tutti i casini;
la lingua sapiente e l'agile mano
dan gioia e sollievo al duro banano.
IFIGONIA: Padre mio, padre mio, sono presa dal desio
ho gia' un dito che fa male per l'abuso del ditale,
ho la fica che mi tira come corda di una lira,
sto soffrendo atroci pene pel prurito dell'imene,
nella fica mi son messa la manopola del cesso,
mi ficcai nella vagina la piu' grossa colubrina,
mi son messa dentro il buso sino il cero di Caruso;
padre mio, si' forte e bello, ho bisogno di un uccello,
di un uccel di nobil schiatta che mi sbatta la ciabatta,
di una fava grossa e dura che mi spelli la natura.
Padre mio se non mi sposo, finiro' nel water closo.
RE: Giuste son le tue brame, o figlia beneamata,
se non ti fossi padre t'avrei gia' chiavata;
alla regal consorte, tua madre, la regina,
ne ho fatte diciassette soltanto stamattina.
E debbo alle mie brame io stesso porre freno,
se no ogni tre minuti il bandolo mi meno.
Or sento gia' un prurito nel fondo dei coglioni
vedendo tanti culi di principi e baroni.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
si rizzino i cazzi tuttora pendenti,
Madonna Ifigonia, soave e pudica,
gia' sente prurito nel'inclita fica;
che Giove possente, che Venere bella
le facciano dono di tale cappella
che il culo le rompa, le rompa l'imene
e in fine la tolga da tutte le pene.
Sia pago il desio della vergine cara
meniamoci il cazzo in nobile gara.
(Tutti eseguono)
IFIGONIA: Quanta fava, quanta fava, ma perche' nessun mi chiava?
Su ficcatemi l'uccello nella fica o nel budello;
nella fica o nel sedere ve lo chiedo per piacere.
Deh! Non fatemi soffrire, ve lo chiedo per tre lire.
RE: Udendo queste ataviche, oneste aspirazioni
d'orgoglio mi ribolle lo sperma nei coglioni,
con animo commosso vedo dai bianchi veli
spuntare lunghe e nere le punte dei tuoi peli.
Il sacerdote venga, si appresti al sacrificio
Enter O'Clisma tosto ne tragga lieto auspicio.
GRAN CERIMONIERE: S'avanzi Enter O'Clisma, il sacerdote,
dal culo piu' vezzoso delle gote.
(Entra il sacerdote)
GRAN SACERDOTE: Al sire di Corinto, signore degli Achei,
auguro cazzi in culo non men di centosei.
RE: Al gran sacerdote d'ogni rispetto degno.
si doni come omaggio un bel cazzo di legno.
GRAN SACERDOTE: Il tuo omaggio, o sire, mi rende il cuore gaio
pero' l'avrei piu' caro di ben temprato acciaio.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
prendiamo l'uccello ben stretto fra i denti;
al gran sacerdote quel cazzo d'acciaio
il culo riduca si' come un mortaio.
GRAN SACERDOTE: Son corso immantinente alla regal chiamata
lasciando cosi' a mezzo la settima chiavata.
Son pero' sicuro, se il ciel non me lo nega,
che mi compenserete con una bella sega.
Esprimi i tuoi voleri, o sire venerando,
in fretta, te ne prego, non vedi come bando?
RE: Alla mia figlia amata, la pallida Ifigonia,
da qualche tempo prude la lucida begonia.
Oh sacerdote eccelso, chiuditi in sacrestia,
prendi l'uccello in mano e fanne profezia.
GRAN SACERDOTE: Immantinente eseguo i tuoi voleri, o re!
nel regal cul t'auguro cazzi novantatre.
IFIGONIA: Santo Dio, santo Dio, questa volta l'avro' anch'io!
Sospirando quel bel lino, voglio farmi un ditalino,
ve lo chiedo con permesso, vo' a tirarmelo nel cesso.
(Fa per avviarsi)
RE (trattenendola): Rimanti, o sconsigliata; il tuo padre diletto
innanzi al popol tutto ti grattera' il grilletto,
mentre il cerimoniere, memore del mio impegno,
m'inculera' di dietro col suo cazzo di legno.
Se con le bianche mani mi tieni su i coglioni
vedrai nella mezz'ora quaranta polluzioni.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
il re ce l'ha duro in tutti i momenti;
seguiamo l'esempio del caro sovrano,
facciamoci forza , pigliamolo in mano!
GRAN SACERDOTE (entrando): Nel filtro del futuro apersi uno spiraglio,
mettendomi nel culo un mezzo spicchio d'aglio.
RE: I detti tuoi sapienti son rapidi e fatali
come fuor dall'ano i nodi emorroidali.
GRAN SACERDOTE: Seguendo il tuo consiglio, o re buono e sapiente,
misi l'uccello duro sopra un bracere ardente,
lessai il coglion sinistro, ne bevvi poscia il brodo,
grande e divino auspicio traendone in tal modo:
tra i principi del sangue dal ben tornito uccello
bandito sia il concorso con un indovinello;
che in fica di Ifigonia non si vada,
se pria non verra' sciolta almeno una sciarada!
(Cala rapida la tela sul primo atto)
Tra il primo e il secondo atto
è particolarmente indicata una visitina
dentro al sito dei culi rotti
ATTO SECONDO
SCENA: La stessa sala. Sono presenti i principi pretendenti di Ifigonia col loro seguito.
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ALLAH BEN DUR: Ho riempito un orinale col sudore delle bale!
DON PEDER ASTA: Ho riempito un gran mastello colla broda dell'uccello!
UCCELLONE: Ho riempito tre bidoni colla broda dei coglioni!
KIRO HITO: Ho riempito una caserma solamente con lo sperma!
ALLAH BEN DUR: Ho creato un nuovo lago col prodotto del mio mago!
GRAN CERIMONIERE (imponendo il silenzio): S'avanzino senz'altro i pretendenti;
GRAN CERIMONIERE (rivolto al popolo): voi fate largo, ed al culo state attenti.
ALLAH BEN DUR: Io sono Allah Ben Dur dal poderoso uccello
e vengo dall'Arabia a dorso di cammello;
il viaggio fu assai lungo e senza tappe
sicche' dal gran sudore mi bruciano le chiappe.
Raggiunta in fin la meta di si' tremendo viaggio
ho piedi, culo e fava che puzzan di formaggio.
Sul dorso di cammel so far mille esercizi,
infransi piu' di un culo all'ombra dei palmizi.
I miei coglion lucenti, senza badare al puzzo,
sembran per volume le uova di uno struzzo;
son bruno, ardito e forte, devoto mussulmano,
son dell'Arabia intera certo il miglior banano.
Ai vostri piè depongo il mio ferrato uccello
con l'aiuto di Allah sciorro' l'indovinello.
IFIGONIA: Avvenne un di' che un nobile prelato
lo mise tutto in culo a un capriolo;
un figlio dal connubio essendo nato,
si domanda: com'era tal figliolo?
(Allah da' segni di incertezza)
GRAN CERIMONIERE: Se non mi rispondi nella settimana
mi faccio del tuo scroto una sottana.
(Allah e' sempre piu' confuso)
ALLAH BEN DUR: Veramente ... quel prelato ...
dentro il cul del capriolo ...
non so dire ... avra' pigliato ...
perlomeno un po' di scolo ...
POPOLO (furente, facendo gli scongiuri): Noi siamo infelici, noi siamo scontenti,
ti secchino il cazzo i nostri accidenti!
Gli uccelli si affoscino in segno di duolo,
quel brutto vigliacco ci parla di scolo!
(Il principe e' trascinato via a viva forza)
GRAN CERIMONIERE: Il primo pretendente e' bell'e e fritto,
venga il secondo a cazzo ritto.
DON PEDER ASTA: Io son Don Peder Asta, gran nobile spagnuolo,
astuto oltre ogni dire; viaggio col protargolo
e sei preservativi per non subire l'onta
di prendermi lo scolo all'atto della monta.
IFIGONIA: Principe saggio, devi dire a me
da quanti giorni non fo' piu' il bide'!
DON PEDER ASTA: Fidandomi del senso dell'olfatto,
ti debbo dire che non l'hai mai fatto.
POPOLO (incazzatisimo) Lo sanno le troie, lo sanno i lenoni
i cazzi lo sanno, lo sanno i coglioni!
Nel di' di Giunonia, con mossa pudica
madonna Ifigonia lavossi la fica;
coi suoi venti chili di augusto formaggio
fu fatta una palla di un metro di raggio.
Al prence sia data la pena infamante
di prenderlo in culo dal sacro elefante!
RE: Voglio sian esauditi del popolo i voleri;
venga Bel Pistolino, coi suoi cento staffieri;
quaranta archibugieri, intanto, piano piano,
lo aiutino un pochino col palmo della mano;
e nel caso imprevisto che non gli venga duro,
lo sfreghino senz'altro contro il muro.
(S'avanza Bel Pistolino con evidenti segni di giubilo)
POPOLO (in delirio): Pompa, pompa come un molo
fagli tremare le chiappe del culo!
Daglielo molle, daglielo duro,
fagli tremare quel buco oscuro!
Daglielo duro, daglielo molle,
fagli tremare quel buco folle!.
GRAN SACERDOTE: A quanto sembra anche il secondo e' fritto,
ben venga il terzo a cazzo ritto!
UCCELLONE: Sono il nobile Uccellone sono conte e son barone;
la mattina, appena desto, me lo meno lesto lesto,
poi mi sparo a colazione, qualche rapido raspone;
quattro seghe a mezzogiorno non fan male per contorno;
alla sera, per divario, rompo qualche tafanario,
ed alterno con pompini, il culetto dei lecchini.
Sulla punta del mio pene, mille infransi fiche amene;
vedi? Bando come un mulo alla vista del tuo culo!
IFIGONIA: Sai tu dirmi il mistero della sfinge
la quale prima caga e poi spinge?
UCCELLONE: Mi colma, oh Ifigonia, la tua parola oscura
i corpi cavernosi di gelida paura!
Gia' sento roteare, con ratto alterno moto,
i possenti testicoli entro il peloso scroto;
ho nel profondo cuore una puntura sorda
quasi che una dozzina di piattole mi morda.
Oh nobile fanciulla, alle parole altere
sento che si rilascia persino lo sfintere.
RE: E brami, o tracontante, la mano di mia figlia?
Col culo pieno d'aglio farai la Mille Miglia!
GRAN SACERDOTE: Sia subito eseguito il sovrano volere
Si porti senza indugio, d'aglio un gran paniere.
(Uccellone di Belmanico scoppia in una fragorosa risata)
RE: E ridi, o sconsigliato, al pensier di gran travaglio
di far la Mille Miglia col culo pieno d'aglio?
UCCELLONE: Mi fate pena, oh poveri coglioni,
che' per riempirmi il culo ne occorron tre vagoni!
Pieno d'aglio il sedere come l'errante ebreo,
io battero' in volata la rossa Alfa Romeo!
(Si allontana baldanzoso)
IFIGONIA (nostalgica): Addio nobile Uccellone, mio prode Signore!
La tua robusta fava mi giunge fino al cuore.
Non hai colpa veruna se con l'uccello dritto,
giammai scandagliasti le Sfingi dell'Egitto,
se solo mille fiate alla tua chioma fulva
s'intrecciaron tenaci i peli della vulva.
RE: Non piangere Ifigonia, lustro dei peli miei,
sii paziente e devota ai detti degli Dei.
KIRO HITO: Io son Kiro Hito, son mandrillo;
lo metterei nel culo pure a un grillo.
Son figlio del Giappone, Kiro Hito,
ho un paio di coglioni di granito.
Ma facciam presto con le spiegazioni,
che temo di non star piu' nei pantaloni.
IFIGONIA: Stavasi un eremita in Poggibonsi
che non cacava e non faceva stronzi;
or dimmi: quando un rutto egli tirava,
ai suoi fedeli che impressione dava?
KIRO HITO: A simile domanda quando risposta sola:
avea quell'eremita il retto nella gola!
La storia gia ci narra del Principe Gargiulo,
il quale nella faccia rassomigliava a un culo,.
Ne son piu' che sicuro e dirlo posso lieto:
dell'eremita il rutto puzzava piu' di un peto!
(Il Gran Cerimoniere apre una pergamena e da' segni di approvazione)
RE: Un uomo siffatto che ha tanto cervello
ragiona certamente con l'uccello.
Eccoti dunque figlia bene amata,
la fava ritta, tanto sospirata!
Sii degna dell'uccello conquistato,
mai obliando i lustri del passato.
Ricorda Bertolina, tua germana,
ch'arrossiva sbucciando una banana,
ma che un di', presa da furor demente,
cacciossi nella fica un ferro ardente
perche' al Baron Carlo dei Baroni
furon tagliati il cazzo ed i coglioni;
mentre la Filiberta illustre e saggia
il culo s'incendio' di acqua raggia:
aveva scelto la morte al nero duolo
di curarsi lo scol col protargolo;
e la nobil Figonia, tua bisava,
sempre invitta nel gioco della fava,
mori' vetusta d'anni in un bordello,
cul cuore trapassato da un uccello.
IFIGONIA: Il sorriso della fica la mia gioia alfin ti dica,
son felice e son beata perche' al fin saro' chiavata.
Ma vi giuro sugli Dei di pensar ancor ai miei;
al re, come alla regina che mi lecca la mattina:
a lui dono un sospensorio come stemma provvisorio,
ed a lei l'originale di un bel cazzo artificiale.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
si rizzino di gioia i cazzi frementi;
l'uccello del prence di gioia ci inonda
mettiamoci tosto il culo di sponda.
VERGINI: Noi siamo le vergini dai candidi manti,
s'intreccin le danze, s'innalzino i canti:
lasciamo le seghe, lasciamo i pompini,
mettiamo da parte i bei ditalini!
E' giorno di festa: l'azzurra pervinca
mettiamo all'occhiello del muso di tinca!
GRAN CERIMONIERE: E risuoni nella reggia, perlomeno una scoreggia!
(esegue)
(cala rapida la tela sul secondo atto)
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ATTO TERZO
SCENA: la camera nuziale. A destra una porta che da' nell'appartamento del re.
In fondo a sinistra si nota un elegante water-closed con catena pendente.
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IFIGONIA: Mio Spiro Kito, prence Samurai,
il tempo passa e non mi chiavi mai!
SPIRO KITO: Desisti dalle inutili e vane petizioni:
non vedi che cominci a rompermi i coglioni?
IFIGONIA: Fammi vedere le palle di solido granito,
fammi toccar l'uccello almeno con un dito!
Dimmi che cosa brami, mio nobile signore:
ti bacio le palline o vuoi fare l'amore?
SPIRO KITO: Ascolta: c'e' una cosa che ancora non ti ho detto:
terribile e' il segreto che brucia nel mio petto!
IFIGONIA: Deh! parla Spiro Kito, mio divino!
T'ascolto col canal di Bartolino!
SPIRO KITO: Un giorno, or son quattr'anni; soffrendo per un callo,
stavo prendendo un bagno nel grande fiume Giallo,
e, come sempre in uso tra i nobili signori,
stavo rompendo il culo a paggi e valvassori,
quand'ecco di li' passa un bronzo di Visnu',
(allor mio caro amico, davammoci del tu)
il quale mi propose con sordido cinismo,
di fare nel suo culo un giro di turismo.
Di meglio io non bramavo, e, come ardente toro
soffiando, a testa bassa, m'infissi dentro il foro
Ma quel vigliacco aveva, di dentro il tafanario,
lungo, rapace, impavido, un verme solitario,
che, mentre mi godevo quel morbido budello,
pian piano mi sbafava la punta dell'uccello.
Eccoti svelato alfin tutto l'arcano:
il bruno Spiro Kito e' privo di banano!
Ed ora, mia diletta, quando voglio godere,
non trovo altra risorsa che il buco del sedere!
IFIGONIA: Ignobile fellone, infame traditore,
la misera Ifigonia piombo' nel disonore!
Fui vittima innocente di infame e vil tranello:
potea mangiarti, il verme, il cuore e non l'uccello!
Mi sento soffocare dal duolo che mi stringe
per poco non mi scoppia di rabbia la Salpinge!
SPIRO KITO: Tristissima giornata col resto dell'uccello
passavo sulla torre di sopra il mio castello:
e intanto, tutto avvolto in tristi e neri veli
strappavo singhiozzando i miei lucenti peli.
Alfine non rimane che un pelo sul coglione;
cosi', senza conforto, mi trassi dal balcone;
ma, appena giunto al suolo, disparve il mio tormento,
che' si muto' di nuovo in grande godimento.
Volle il cielo benigno che nel mio rotto giro
cadessi a culo nudo sul cazzo di un fachiro
che, da circa vent'anni, restava contro un muro
muto, scarno, impassibile, ma con l'uccello duro!
Cosi', da quel momento,
girai tutte le corti prendendone di dritti, di lunghi e di distorti.
IFIGONIA: Furie d'Averno, o, voi che, anguicrinite
chiavar vi fate in pose pervertite,
da quei ciclopi che hanno un occhio solo,
perche' non vi pigliate mai lo scolo?
E tu, Giunone, che sull'Elicona
ti fai leccar dal cane sulla mona,
perche' non rode un pezzo di grilletto
quel cucciolo tuo, fetente e prediletto?
Era scritto nel libro del destino
che fossi destinata a un culatino?
SPIRO KITO: Frena i tuoi detti alteri, o Ifigonia nefasta,
abbi rispetto almeno per l'arte pederasta!
La gioia non conosci che ascende l'intestino:
questo lo dice un vecchio, esperto culatino!
RE: (entrando con una scatoletta in mano) Ho sentito rumore dalla stanza vicina;
forse state cercando un po' di vaselina?
IFIGONIA: Anche la vaselina, duro scherno?
O, padre maledetto, va all'inferno!
(si getta sui coglioni paterni)
Ecco ti mangio il destro, e ancora insisto:
ed ora sta sicur, neppure Cristo
se pieta' si prendesse del tuo guaio,
ridar te ne potrebbe un altro paio!
Tu sei castrato, e, se vorrai godere,
godrai tu pure usando lo sfintere!
RE: Ahime', ahime', quale visione orrenda!
Dei miei coglioni mia figlia fa merenda!
(Si accascia piangendo)
GRAN CERIMONIERE: (entrando di corsa) Accorrete cortigiani, duchi, principi, baroni,
nobiluomini, esercenti dai ben nobili coglioni,
voi, pulzelle e maritate, nobildonne e castellane
che battete di gran lunga le piu' nobili puttane,
tralasciate le chiavate, tralasciate anche i pompini,
sospendete, sospendete i consueti ditalini!
Ifigonia, la sovrana, impazzita dal dolore,
si mangio' le grosse palle dell'augusto genitore!
(entrano i cortigiani e le cortigiane in costume adamitico)
RE: Addio mio prode cazzo! Piega da questa sera
la rossa, audace testa un giorno tanto fiera!
Finirono le giostre, le dolci tentazioni:
non val robusta fava se priva di coglioni!
Addio, vergini belle che lasciate l'imene
sopra la forte punta del mio robusto pene!
Addio, culi rosati di donne e di bambini,
addio, lingue sapienti, maestre di pompini!
Da oggi tu, negletto, starai nelle mutande,
ne' surgera' alle stelle il tuo robusto glande!
Meglio sarebbe stato perdere puranche il cazzo
ma perderlo da prode nel giuoco del rampazzo!
Perir tu ben dovevi ma in singolar tenzone:
invece, ahime', peristi da povero coglione!
GRAN SACERDOTE: (rivolgendosi ad Ifigonia) Io ti punisco col tormento duro
d'esser legata con la faccia al muro:
passera' tutto il popolo e, con l'ano,
farai da monumento vespasiano
IFIGONIA: (avanzando verso la ribalta come in estasi) Sognavo un cazzo forte da bambina
e supplicavo Giove ogni mattina,
affinche', come accadde on giorno ad Eunica
mi riuscisse di rompermi la fica.
Cosi' non fu! La provvidenza grande,
che di gioia e dolor la terra spande,
mi volle in sposa a te, che sei carino,
ma col difetto d'esser culatino.
Da prode moriro' come Raniere,
che non pote' inculare lo sparviere!
Addio mio Spiro Kito, un di' mio sposo,
e tira l'acqua poi del water closo!
(Attraversa la scena di corsa e si getta nel water closed).
Spiro Kito, impassibile, tira l'acqua. Il popolo si inginocchia e prega.
(Cala definitivamente la tela).
Tragedia classica in tre atti
ovvero IN CULIDE
PERSONAGGI:
IL RE DI CORINTO
IFIGONIA, sua figlia
ALLAH BEN DUR, primo pretendente
DON PEDER ASTA, secondo pretendente
UCCELLONE, CONTE DI BELMANICO, terzo pretendente
KIRO HITO, SAMURAI, quarto pretendente
ENTER O'CLISMA, gran sacerdote
IN MAN LAH, gran cerimoniere
BEL PISTOLINO, elefante sacro
CORO, di nobili vergini e popolo
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ATTO PRIMO
Il dramma si svolge a Corinto nell'anno 69 d.c.
SCENA: Sala del Trono.
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Le porte sono spalancate per dare accesso al popolo.
Entra il Gran Cerimoniere.
GRAN CERIMONIERE: Popol bruto, su snuda il banano,
non vedi che giunge l'amato sovrano?
E' il sir di Corinto dal nobile augello
qual mai fu visto piu' duro e piu' bello;
il sir di Corinto dall'agile pene
terrore e ruina del fragile imene;
il sir di Corinto dal cazzo peloso
del cul rubicondo ognora goloso.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
le chiappe del culo porgiam riverenti.
Al nostro gentile ed amato sovrano
sia dono gradito il buco dell'ano.
(Entra il re seguito dalla Corte)
RE: La gioia che mi doni, o popolo, e' si grande
che piu' l'uccello regio non sta nelle mutande;
per mio real decreto da stamattina
distribuite ai poveri gratis la veselina.
Voglio sian compensati i sudditi fedeli:
In cul pigliatel pure, ma state attenti ai peli.
(Segni di manifesta gioia)
GRAN CERIMONIERE : Ed ora fuori tutti dai coglioni
per lasciar posto ai principi e baroni.
(Il popolo fa largo ed entrano i nobili che si dispongono ai lati del trono,
Ifigonia entra, seguita dalle vergini, e si butta piangente ai piedi del trono)
CORO DELLE VERGINI: Noi siamo le vergini dai candidi manti,
siam rotte di dietro ma sane davanti;
i nostri ditini son tutti escoriati
a furia di cazzi che abbiamo menati.
Nell'arte sovrana di fare i pompini
battiamo le troie di tutti i casini;
la lingua sapiente e l'agile mano
dan gioia e sollievo al duro banano.
IFIGONIA: Padre mio, padre mio, sono presa dal desio
ho gia' un dito che fa male per l'abuso del ditale,
ho la fica che mi tira come corda di una lira,
sto soffrendo atroci pene pel prurito dell'imene,
nella fica mi son messa la manopola del cesso,
mi ficcai nella vagina la piu' grossa colubrina,
mi son messa dentro il buso sino il cero di Caruso;
padre mio, si' forte e bello, ho bisogno di un uccello,
di un uccel di nobil schiatta che mi sbatta la ciabatta,
di una fava grossa e dura che mi spelli la natura.
Padre mio se non mi sposo, finiro' nel water closo.
RE: Giuste son le tue brame, o figlia beneamata,
se non ti fossi padre t'avrei gia' chiavata;
alla regal consorte, tua madre, la regina,
ne ho fatte diciassette soltanto stamattina.
E debbo alle mie brame io stesso porre freno,
se no ogni tre minuti il bandolo mi meno.
Or sento gia' un prurito nel fondo dei coglioni
vedendo tanti culi di principi e baroni.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
si rizzino i cazzi tuttora pendenti,
Madonna Ifigonia, soave e pudica,
gia' sente prurito nel'inclita fica;
che Giove possente, che Venere bella
le facciano dono di tale cappella
che il culo le rompa, le rompa l'imene
e in fine la tolga da tutte le pene.
Sia pago il desio della vergine cara
meniamoci il cazzo in nobile gara.
(Tutti eseguono)
IFIGONIA: Quanta fava, quanta fava, ma perche' nessun mi chiava?
Su ficcatemi l'uccello nella fica o nel budello;
nella fica o nel sedere ve lo chiedo per piacere.
Deh! Non fatemi soffrire, ve lo chiedo per tre lire.
RE: Udendo queste ataviche, oneste aspirazioni
d'orgoglio mi ribolle lo sperma nei coglioni,
con animo commosso vedo dai bianchi veli
spuntare lunghe e nere le punte dei tuoi peli.
Il sacerdote venga, si appresti al sacrificio
Enter O'Clisma tosto ne tragga lieto auspicio.
GRAN CERIMONIERE: S'avanzi Enter O'Clisma, il sacerdote,
dal culo piu' vezzoso delle gote.
(Entra il sacerdote)
GRAN SACERDOTE: Al sire di Corinto, signore degli Achei,
auguro cazzi in culo non men di centosei.
RE: Al gran sacerdote d'ogni rispetto degno.
si doni come omaggio un bel cazzo di legno.
GRAN SACERDOTE: Il tuo omaggio, o sire, mi rende il cuore gaio
pero' l'avrei piu' caro di ben temprato acciaio.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
prendiamo l'uccello ben stretto fra i denti;
al gran sacerdote quel cazzo d'acciaio
il culo riduca si' come un mortaio.
GRAN SACERDOTE: Son corso immantinente alla regal chiamata
lasciando cosi' a mezzo la settima chiavata.
Son pero' sicuro, se il ciel non me lo nega,
che mi compenserete con una bella sega.
Esprimi i tuoi voleri, o sire venerando,
in fretta, te ne prego, non vedi come bando?
RE: Alla mia figlia amata, la pallida Ifigonia,
da qualche tempo prude la lucida begonia.
Oh sacerdote eccelso, chiuditi in sacrestia,
prendi l'uccello in mano e fanne profezia.
GRAN SACERDOTE: Immantinente eseguo i tuoi voleri, o re!
nel regal cul t'auguro cazzi novantatre.
IFIGONIA: Santo Dio, santo Dio, questa volta l'avro' anch'io!
Sospirando quel bel lino, voglio farmi un ditalino,
ve lo chiedo con permesso, vo' a tirarmelo nel cesso.
(Fa per avviarsi)
RE (trattenendola): Rimanti, o sconsigliata; il tuo padre diletto
innanzi al popol tutto ti grattera' il grilletto,
mentre il cerimoniere, memore del mio impegno,
m'inculera' di dietro col suo cazzo di legno.
Se con le bianche mani mi tieni su i coglioni
vedrai nella mezz'ora quaranta polluzioni.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
il re ce l'ha duro in tutti i momenti;
seguiamo l'esempio del caro sovrano,
facciamoci forza , pigliamolo in mano!
GRAN SACERDOTE (entrando): Nel filtro del futuro apersi uno spiraglio,
mettendomi nel culo un mezzo spicchio d'aglio.
RE: I detti tuoi sapienti son rapidi e fatali
come fuor dall'ano i nodi emorroidali.
GRAN SACERDOTE: Seguendo il tuo consiglio, o re buono e sapiente,
misi l'uccello duro sopra un bracere ardente,
lessai il coglion sinistro, ne bevvi poscia il brodo,
grande e divino auspicio traendone in tal modo:
tra i principi del sangue dal ben tornito uccello
bandito sia il concorso con un indovinello;
che in fica di Ifigonia non si vada,
se pria non verra' sciolta almeno una sciarada!
(Cala rapida la tela sul primo atto)
Tra il primo e il secondo atto
è particolarmente indicata una visitina
dentro al sito dei culi rotti
ATTO SECONDO
SCENA: La stessa sala. Sono presenti i principi pretendenti di Ifigonia col loro seguito.
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ALLAH BEN DUR: Ho riempito un orinale col sudore delle bale!
DON PEDER ASTA: Ho riempito un gran mastello colla broda dell'uccello!
UCCELLONE: Ho riempito tre bidoni colla broda dei coglioni!
KIRO HITO: Ho riempito una caserma solamente con lo sperma!
ALLAH BEN DUR: Ho creato un nuovo lago col prodotto del mio mago!
GRAN CERIMONIERE (imponendo il silenzio): S'avanzino senz'altro i pretendenti;
GRAN CERIMONIERE (rivolto al popolo): voi fate largo, ed al culo state attenti.
ALLAH BEN DUR: Io sono Allah Ben Dur dal poderoso uccello
e vengo dall'Arabia a dorso di cammello;
il viaggio fu assai lungo e senza tappe
sicche' dal gran sudore mi bruciano le chiappe.
Raggiunta in fin la meta di si' tremendo viaggio
ho piedi, culo e fava che puzzan di formaggio.
Sul dorso di cammel so far mille esercizi,
infransi piu' di un culo all'ombra dei palmizi.
I miei coglion lucenti, senza badare al puzzo,
sembran per volume le uova di uno struzzo;
son bruno, ardito e forte, devoto mussulmano,
son dell'Arabia intera certo il miglior banano.
Ai vostri piè depongo il mio ferrato uccello
con l'aiuto di Allah sciorro' l'indovinello.
IFIGONIA: Avvenne un di' che un nobile prelato
lo mise tutto in culo a un capriolo;
un figlio dal connubio essendo nato,
si domanda: com'era tal figliolo?
(Allah da' segni di incertezza)
GRAN CERIMONIERE: Se non mi rispondi nella settimana
mi faccio del tuo scroto una sottana.
(Allah e' sempre piu' confuso)
ALLAH BEN DUR: Veramente ... quel prelato ...
dentro il cul del capriolo ...
non so dire ... avra' pigliato ...
perlomeno un po' di scolo ...
POPOLO (furente, facendo gli scongiuri): Noi siamo infelici, noi siamo scontenti,
ti secchino il cazzo i nostri accidenti!
Gli uccelli si affoscino in segno di duolo,
quel brutto vigliacco ci parla di scolo!
(Il principe e' trascinato via a viva forza)
GRAN CERIMONIERE: Il primo pretendente e' bell'e e fritto,
venga il secondo a cazzo ritto.
DON PEDER ASTA: Io son Don Peder Asta, gran nobile spagnuolo,
astuto oltre ogni dire; viaggio col protargolo
e sei preservativi per non subire l'onta
di prendermi lo scolo all'atto della monta.
IFIGONIA: Principe saggio, devi dire a me
da quanti giorni non fo' piu' il bide'!
DON PEDER ASTA: Fidandomi del senso dell'olfatto,
ti debbo dire che non l'hai mai fatto.
POPOLO (incazzatisimo) Lo sanno le troie, lo sanno i lenoni
i cazzi lo sanno, lo sanno i coglioni!
Nel di' di Giunonia, con mossa pudica
madonna Ifigonia lavossi la fica;
coi suoi venti chili di augusto formaggio
fu fatta una palla di un metro di raggio.
Al prence sia data la pena infamante
di prenderlo in culo dal sacro elefante!
RE: Voglio sian esauditi del popolo i voleri;
venga Bel Pistolino, coi suoi cento staffieri;
quaranta archibugieri, intanto, piano piano,
lo aiutino un pochino col palmo della mano;
e nel caso imprevisto che non gli venga duro,
lo sfreghino senz'altro contro il muro.
(S'avanza Bel Pistolino con evidenti segni di giubilo)
POPOLO (in delirio): Pompa, pompa come un molo
fagli tremare le chiappe del culo!
Daglielo molle, daglielo duro,
fagli tremare quel buco oscuro!
Daglielo duro, daglielo molle,
fagli tremare quel buco folle!.
GRAN SACERDOTE: A quanto sembra anche il secondo e' fritto,
ben venga il terzo a cazzo ritto!
UCCELLONE: Sono il nobile Uccellone sono conte e son barone;
la mattina, appena desto, me lo meno lesto lesto,
poi mi sparo a colazione, qualche rapido raspone;
quattro seghe a mezzogiorno non fan male per contorno;
alla sera, per divario, rompo qualche tafanario,
ed alterno con pompini, il culetto dei lecchini.
Sulla punta del mio pene, mille infransi fiche amene;
vedi? Bando come un mulo alla vista del tuo culo!
IFIGONIA: Sai tu dirmi il mistero della sfinge
la quale prima caga e poi spinge?
UCCELLONE: Mi colma, oh Ifigonia, la tua parola oscura
i corpi cavernosi di gelida paura!
Gia' sento roteare, con ratto alterno moto,
i possenti testicoli entro il peloso scroto;
ho nel profondo cuore una puntura sorda
quasi che una dozzina di piattole mi morda.
Oh nobile fanciulla, alle parole altere
sento che si rilascia persino lo sfintere.
RE: E brami, o tracontante, la mano di mia figlia?
Col culo pieno d'aglio farai la Mille Miglia!
GRAN SACERDOTE: Sia subito eseguito il sovrano volere
Si porti senza indugio, d'aglio un gran paniere.
(Uccellone di Belmanico scoppia in una fragorosa risata)
RE: E ridi, o sconsigliato, al pensier di gran travaglio
di far la Mille Miglia col culo pieno d'aglio?
UCCELLONE: Mi fate pena, oh poveri coglioni,
che' per riempirmi il culo ne occorron tre vagoni!
Pieno d'aglio il sedere come l'errante ebreo,
io battero' in volata la rossa Alfa Romeo!
(Si allontana baldanzoso)
IFIGONIA (nostalgica): Addio nobile Uccellone, mio prode Signore!
La tua robusta fava mi giunge fino al cuore.
Non hai colpa veruna se con l'uccello dritto,
giammai scandagliasti le Sfingi dell'Egitto,
se solo mille fiate alla tua chioma fulva
s'intrecciaron tenaci i peli della vulva.
RE: Non piangere Ifigonia, lustro dei peli miei,
sii paziente e devota ai detti degli Dei.
KIRO HITO: Io son Kiro Hito, son mandrillo;
lo metterei nel culo pure a un grillo.
Son figlio del Giappone, Kiro Hito,
ho un paio di coglioni di granito.
Ma facciam presto con le spiegazioni,
che temo di non star piu' nei pantaloni.
IFIGONIA: Stavasi un eremita in Poggibonsi
che non cacava e non faceva stronzi;
or dimmi: quando un rutto egli tirava,
ai suoi fedeli che impressione dava?
KIRO HITO: A simile domanda quando risposta sola:
avea quell'eremita il retto nella gola!
La storia gia ci narra del Principe Gargiulo,
il quale nella faccia rassomigliava a un culo,.
Ne son piu' che sicuro e dirlo posso lieto:
dell'eremita il rutto puzzava piu' di un peto!
(Il Gran Cerimoniere apre una pergamena e da' segni di approvazione)
RE: Un uomo siffatto che ha tanto cervello
ragiona certamente con l'uccello.
Eccoti dunque figlia bene amata,
la fava ritta, tanto sospirata!
Sii degna dell'uccello conquistato,
mai obliando i lustri del passato.
Ricorda Bertolina, tua germana,
ch'arrossiva sbucciando una banana,
ma che un di', presa da furor demente,
cacciossi nella fica un ferro ardente
perche' al Baron Carlo dei Baroni
furon tagliati il cazzo ed i coglioni;
mentre la Filiberta illustre e saggia
il culo s'incendio' di acqua raggia:
aveva scelto la morte al nero duolo
di curarsi lo scol col protargolo;
e la nobil Figonia, tua bisava,
sempre invitta nel gioco della fava,
mori' vetusta d'anni in un bordello,
cul cuore trapassato da un uccello.
IFIGONIA: Il sorriso della fica la mia gioia alfin ti dica,
son felice e son beata perche' al fin saro' chiavata.
Ma vi giuro sugli Dei di pensar ancor ai miei;
al re, come alla regina che mi lecca la mattina:
a lui dono un sospensorio come stemma provvisorio,
ed a lei l'originale di un bel cazzo artificiale.
POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti,
si rizzino di gioia i cazzi frementi;
l'uccello del prence di gioia ci inonda
mettiamoci tosto il culo di sponda.
VERGINI: Noi siamo le vergini dai candidi manti,
s'intreccin le danze, s'innalzino i canti:
lasciamo le seghe, lasciamo i pompini,
mettiamo da parte i bei ditalini!
E' giorno di festa: l'azzurra pervinca
mettiamo all'occhiello del muso di tinca!
GRAN CERIMONIERE: E risuoni nella reggia, perlomeno una scoreggia!
(esegue)
(cala rapida la tela sul secondo atto)
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ATTO TERZO
SCENA: la camera nuziale. A destra una porta che da' nell'appartamento del re.
In fondo a sinistra si nota un elegante water-closed con catena pendente.
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IFIGONIA: Mio Spiro Kito, prence Samurai,
il tempo passa e non mi chiavi mai!
SPIRO KITO: Desisti dalle inutili e vane petizioni:
non vedi che cominci a rompermi i coglioni?
IFIGONIA: Fammi vedere le palle di solido granito,
fammi toccar l'uccello almeno con un dito!
Dimmi che cosa brami, mio nobile signore:
ti bacio le palline o vuoi fare l'amore?
SPIRO KITO: Ascolta: c'e' una cosa che ancora non ti ho detto:
terribile e' il segreto che brucia nel mio petto!
IFIGONIA: Deh! parla Spiro Kito, mio divino!
T'ascolto col canal di Bartolino!
SPIRO KITO: Un giorno, or son quattr'anni; soffrendo per un callo,
stavo prendendo un bagno nel grande fiume Giallo,
e, come sempre in uso tra i nobili signori,
stavo rompendo il culo a paggi e valvassori,
quand'ecco di li' passa un bronzo di Visnu',
(allor mio caro amico, davammoci del tu)
il quale mi propose con sordido cinismo,
di fare nel suo culo un giro di turismo.
Di meglio io non bramavo, e, come ardente toro
soffiando, a testa bassa, m'infissi dentro il foro
Ma quel vigliacco aveva, di dentro il tafanario,
lungo, rapace, impavido, un verme solitario,
che, mentre mi godevo quel morbido budello,
pian piano mi sbafava la punta dell'uccello.
Eccoti svelato alfin tutto l'arcano:
il bruno Spiro Kito e' privo di banano!
Ed ora, mia diletta, quando voglio godere,
non trovo altra risorsa che il buco del sedere!
IFIGONIA: Ignobile fellone, infame traditore,
la misera Ifigonia piombo' nel disonore!
Fui vittima innocente di infame e vil tranello:
potea mangiarti, il verme, il cuore e non l'uccello!
Mi sento soffocare dal duolo che mi stringe
per poco non mi scoppia di rabbia la Salpinge!
SPIRO KITO: Tristissima giornata col resto dell'uccello
passavo sulla torre di sopra il mio castello:
e intanto, tutto avvolto in tristi e neri veli
strappavo singhiozzando i miei lucenti peli.
Alfine non rimane che un pelo sul coglione;
cosi', senza conforto, mi trassi dal balcone;
ma, appena giunto al suolo, disparve il mio tormento,
che' si muto' di nuovo in grande godimento.
Volle il cielo benigno che nel mio rotto giro
cadessi a culo nudo sul cazzo di un fachiro
che, da circa vent'anni, restava contro un muro
muto, scarno, impassibile, ma con l'uccello duro!
Cosi', da quel momento,
girai tutte le corti prendendone di dritti, di lunghi e di distorti.
IFIGONIA: Furie d'Averno, o, voi che, anguicrinite
chiavar vi fate in pose pervertite,
da quei ciclopi che hanno un occhio solo,
perche' non vi pigliate mai lo scolo?
E tu, Giunone, che sull'Elicona
ti fai leccar dal cane sulla mona,
perche' non rode un pezzo di grilletto
quel cucciolo tuo, fetente e prediletto?
Era scritto nel libro del destino
che fossi destinata a un culatino?
SPIRO KITO: Frena i tuoi detti alteri, o Ifigonia nefasta,
abbi rispetto almeno per l'arte pederasta!
La gioia non conosci che ascende l'intestino:
questo lo dice un vecchio, esperto culatino!
RE: (entrando con una scatoletta in mano) Ho sentito rumore dalla stanza vicina;
forse state cercando un po' di vaselina?
IFIGONIA: Anche la vaselina, duro scherno?
O, padre maledetto, va all'inferno!
(si getta sui coglioni paterni)
Ecco ti mangio il destro, e ancora insisto:
ed ora sta sicur, neppure Cristo
se pieta' si prendesse del tuo guaio,
ridar te ne potrebbe un altro paio!
Tu sei castrato, e, se vorrai godere,
godrai tu pure usando lo sfintere!
RE: Ahime', ahime', quale visione orrenda!
Dei miei coglioni mia figlia fa merenda!
(Si accascia piangendo)
GRAN CERIMONIERE: (entrando di corsa) Accorrete cortigiani, duchi, principi, baroni,
nobiluomini, esercenti dai ben nobili coglioni,
voi, pulzelle e maritate, nobildonne e castellane
che battete di gran lunga le piu' nobili puttane,
tralasciate le chiavate, tralasciate anche i pompini,
sospendete, sospendete i consueti ditalini!
Ifigonia, la sovrana, impazzita dal dolore,
si mangio' le grosse palle dell'augusto genitore!
(entrano i cortigiani e le cortigiane in costume adamitico)
RE: Addio mio prode cazzo! Piega da questa sera
la rossa, audace testa un giorno tanto fiera!
Finirono le giostre, le dolci tentazioni:
non val robusta fava se priva di coglioni!
Addio, vergini belle che lasciate l'imene
sopra la forte punta del mio robusto pene!
Addio, culi rosati di donne e di bambini,
addio, lingue sapienti, maestre di pompini!
Da oggi tu, negletto, starai nelle mutande,
ne' surgera' alle stelle il tuo robusto glande!
Meglio sarebbe stato perdere puranche il cazzo
ma perderlo da prode nel giuoco del rampazzo!
Perir tu ben dovevi ma in singolar tenzone:
invece, ahime', peristi da povero coglione!
GRAN SACERDOTE: (rivolgendosi ad Ifigonia) Io ti punisco col tormento duro
d'esser legata con la faccia al muro:
passera' tutto il popolo e, con l'ano,
farai da monumento vespasiano
IFIGONIA: (avanzando verso la ribalta come in estasi) Sognavo un cazzo forte da bambina
e supplicavo Giove ogni mattina,
affinche', come accadde on giorno ad Eunica
mi riuscisse di rompermi la fica.
Cosi' non fu! La provvidenza grande,
che di gioia e dolor la terra spande,
mi volle in sposa a te, che sei carino,
ma col difetto d'esser culatino.
Da prode moriro' come Raniere,
che non pote' inculare lo sparviere!
Addio mio Spiro Kito, un di' mio sposo,
e tira l'acqua poi del water closo!
(Attraversa la scena di corsa e si getta nel water closed).
Spiro Kito, impassibile, tira l'acqua. Il popolo si inginocchia e prega.
(Cala definitivamente la tela).