Somigliava a Brigitte Bardot. Si chiamava Isabella, era abile con la spada e con l'amore. Quando apparve, nell'aprile del '66, cambió per sempre il fumetto. Da allora le storie a disegni, un po' peccaminosi, cominciarono a solleticare gli adulti. E sempre in odore di peccato, di clandestinità , di vergogna, raccontarono per vent'anni i costumi degli italiani, le variazioni nella morale, i rapporti tra i sessi. Non erano certo letture da farsi in pantofole mentre la moglie sfaccendava con i bigodini in testa, nè nelle pubbliche biblioteche, e per questo dopo aver invaso le edicole in milioni di esemplari sono diventati carta da macero. Ora i fumetti per adulti alimentano un collezionismo vorace e vengono completamente riabilitati. Non è un caso, quindi, che due libri escano quasi contemporaneamente. Maledette vi ameró (Neri Pozza), curato da Sergio Rossi, e Vietato ai minori (Rizzoli), con un saggio di Graziano Origa. Entrambi ristampano alcune avventure integrali di eroine sexy d'antan offrendo così la possibilità di scoprire quei quadernetti a chi non li ha mai compulsati.
I pocket promettevano passione, duelli, violenza. Ma di erotismo spinto, nelle tavole, ce n'era ancora pochissimo. I corpi nudi non erano più discinti di un Botticelli. E le signorine curvilinee, indomite, capaci di tenere testa a maschi imbelli e arrapati, nell'anima erano in realtà ancora caste. Avventuriere o vampire che fossero, professavano spesso fedeltà ad un unico amore puro e assoluto. La piratessa Jolanda de Almaviva, per esempio, riusciva nell'aporia di difendere la verginità , per il proprio amato, pur girando nuda nelle peggiori galere del globo e nelle più sordide stive di marinai.
Il fumetto in Italia, negli Anni 60, era ancora prevalentemente roba per bambini. Corriere dei piccoli e così via. Gli editori del settore si regolavano con una severa autocensura. Il fumetto porcellone infranse beffardo ogni regola per conquistare una nuova fetta di mercato, quello adulto. Sulle copertine recava la scritta ben chiara «vietato ai minori» e i giornalai giuravano di non vendere quella merce scabrosa a chi non era autorizzato a comprarla. Ma, clandestinamente, i fascicoletti arrivavano anche ai ragazzini, costituendo il più grande veicolo di educazione sessuale e di disincanto sul mondo. Mentre i genitori arrossivano col rapporto Kinsey, i piccoli negli oratori e nei cortili scoprivano l'anatomia intima attraverso Lucrezia, Vartan, Valalla. E il Diabolik delle sorelle Giussani dimostrava in ogni numero che si poteva rubare e uccidere per puro gusto, e che era bello gabbare la legge.
Pur di spogliare fanciulle, immaginare accoppiamenti, svelare sadismi, gli autori ghermivano ogni pretesto. Campavano su parodie e citazioni. Parlavano di west e pirati, di antica Roma e Rinascimento. Dalla dissoluta Messalina, all'intrigante Lucrezia, all'imperatrice Teodora, alla nazista Hessa, fedele al Fà¼hrer (in appendice alle storie venivano pubblicati estratti del Mein Kampf), non c'era angolo del passato turbolento che non offrisse spunti. Quando il gotico tornó di moda, grazie al cinema Hammer, i fumetti si riempirono di vampire come Zora o Sukia, o Belzeba, figlia ermafrodita del diavolo. Arrivarono protagoniste di fiabe surreali e boccaccesche e scienziate necrofile, come Frieda Boher (creata dalla giornalista milanese Mirka Martini) che si costruiva un'insaziabile frankenstein personale, disegnata da Magnus, uno degli autori più geniali e irriducibili del comic italiano, demiurgo del primo organo maschile in tavola, nel 1975. Nell'epoca d'oro delle soap opera c'erano le versioni porno I Dallas, Telefilm proibiti, Telenovela privata. Starsky e Hutch diventarono Quei due della luce rossa. C'era la cronaca brutale, come Attualità nera, Mafia, Golscandalo. Ogni tipo di professione, dal Tromba, ambientato nelle caserme, al Camionista, alla Poliziotta. Dato che l'incubo dell'italiano maschio era sempre il tradimento, esisteva un ridanciano Corna Vissute. E negli anni dell'Italia esuberante Dottoressa, Miliardaria, Top model, che raccontavano storie di sesso, carriera, miliardi. Fino alle pornostar, come Cicciolina, Selen, o Ramba, che si esibivano nei fumetti, in parallelo a film, cassette, riviste. Ma ormai, negli anni 80, il fenomeno del fumetto sporcaccione era al tramonto. Gli autori più geniali, ormai sdoganati, potevano ambire ad attività meno clandestine.
Il fumetto per adulti non è stato l'unico ad affrontare l'eros e a svelare fanciulle bellissime. La veterana Isabella, per esempio, era stata preceduta di un anno dalla Valentina di Crepax, più erotica e scandalosa perchè intellettuale. I pornofumetti underground che arrivavano dall'America, i kamasutra irriverenti di Minnie e Topolino o di Fritz il Gatto osavano assai di più. Così come il fumetto d'autore che raccontava gli anni 70. Ma quelle storie finivano su Linus o Frigidaire. Appartenevano alla cultura alta e snob, che si poteva ostentare e non nascondere sotto la branda. Il fumetto pecoreccio, più facile, più volgare, più kitsch, batteva consapevolmente altre strade. Come il cinema di serie B. Arrivava nelle caserme e nelle carceri, negli abitacoli dei camionisti e nelle tasche degli operai pendolari. Parlava il linguaggio del popolo. Usava le donne nude, e le parole dozzinali, per farsi leggere da chi non leggeva neanche la guida del telefono. E attraverso fantasie proibite contrabbandava nei trivi anche un po' di Salgari, Tacito, e Ariosto. Sembrava l'apoteosi della volgarità . Raccontava, invece, quel che stava diventando il Paese reale.
Oggi il fumetto di serie B è morto. Ma l'Italia di serie B, invece, è più viva che mai. Perchè è orgogliosa di esserlo e di rispecchiarsi nella sua televisione. Le intercettazioni di Vallettopoli sembrano un plagio. Era già tutto scritto nel Paparazzo.
