[O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

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Drogato_ di_porno
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#871 Messaggio da Drogato_ di_porno »

zio ha scritto:Dire che quella terra non è la loro terra significa non conoscere la storia.
Semplicemente.
Perchè non riprenderci Londra e Parigi fondate dai Romani?
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
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Bola
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#872 Messaggio da Bola »

La questione è un pò più complicata di un semplice "c'ero prima io!" "No io!"

In linea teorica entrambe le popolazioni hanno le loro motivazioni a voler restare li, giuste o meno condivisibili. Il problema è che a questo punto è difficile una convivenza pacifica.

Alcuni pensano che l'unica soluzione perseguibile sono 2 stati ben distinti e ben separati, magari da un cuscinetto di territorio neutro, ma come si fa senza spargimenti di sangue? Chi sposta quella gente? Chi si prende cosa? E poi si dimenticheranno tutto d'un botto delle beghe passate con un bicchiere di vino e dei tarallucci? C'è di mezzo anche la religione, e questo peggiora le cose.

Dispiace dirlo, ma prima o poi finirà con un conflitto, dove allo stato attuale delle cose si sa già il vincitore.

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Drogato_ di_porno
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#873 Messaggio da Drogato_ di_porno »

Oppure i pellerossa potrebbero uscire dalle riserve e pilotando gli F-16 (fornitigli dalla Cina o dall'Iran) riprendersi previo bombardamento i 27 stati americani che hanno nomi indiani: Nebraska, Kansas, Kentucky, Massachusetts, Connecticut, Missouri, Iowa, Wisconsin, Illinois, Minnesota, Nord Dakota e Sud Dakota, Mississippi, Missouri, Texas, Utah, Ohio, Michigan, Oklahoma, Alabama, Tennessee, Alaska, e altri.

Hawaii no, è un nome polinesiano.

Scavando sotto New York qualche pietra scheggiata dei pellerossa dovrebbe trovarsi.
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anxxur
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#874 Messaggio da anxxur »

donegal ha scritto:Qualcuno degli appassionati e studiosi di storia sa dirmi qualcosa sulla "terra promessa argentina" che avrebbe potuto cambiare la Storia?

Pare che nel 1946, alcuni ricchi uomini di affari americani di origini ebraiche avessero raggiunto l'accordo con l'Argentina per l'acquisto di una regione semiabbandonata del paese sudamericano in modo da stabilirvi qui la Terra Promessa e creare lo Stato d'Israele, facendo arrivare ebrei da tutto il mondo.

Israele in sudamerica avrebbe potuto contare su un territorio più vasto di quello attuale e senza nessuna popolazione da sfrattare, potenzialmente sarebbe potuta diventare una superpotenza economica mondiale potendo sfruttare risorse esclusivamente per la crescita e non per la difesa (e l'offesa)

Da quel poco che so, si decise di evitare questa soluzione meravigliosamente pratica ufficialmente per ragioni storiche e religiose (la terra dei padri aveva Gerusalemme come cuore) ma in realtà perchè qualcuno negli States temeva che lo stato di Israele nel continente sudamericano avrebbe potenzialmente potuto diffondere idee socialisteggianti nel continente (la politica dei kibbutz, il sionismo socialista, ecc..)
Di questa cosa non ho mai sentito parlare.
Ricordo invece di aver letto che a fine Ottocento, quando già c'era una certa immigrazione di ebrei in Argentina, si ipotizzò lo spostamento degli ebrei in Sud America o in Africa. Ma non mi pare che l'idea provenisse dagli ebrei, anzi.
Negli anni '40 (del Novecento) l'attenzione era tutta sul Medio Oriente e mi sembra strano che ci fossero progetti alternativi per il Sud America. Tanto più che già dalla fine della Prima Guerra mondiale, dopo la caduta dell'impero Ottomano, l'Inghilterra aveva puntato sulla Palestina per creare lo stato ebreo, così da ridurre l'egemonia araba. Infatti, negli anni '30 molti ebrei si erano trasferiti in Palestina.
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#875 Messaggio da Bola »

anxxur ha scritto:
donegal ha scritto:Qualcuno degli appassionati e studiosi di storia sa dirmi qualcosa sulla "terra promessa argentina" che avrebbe potuto cambiare la Storia?

Pare che nel 1946, alcuni ricchi uomini di affari americani di origini ebraiche avessero raggiunto l'accordo con l'Argentina per l'acquisto di una regione semiabbandonata del paese sudamericano in modo da stabilirvi qui la Terra Promessa e creare lo Stato d'Israele, facendo arrivare ebrei da tutto il mondo.

Israele in sudamerica avrebbe potuto contare su un territorio più vasto di quello attuale e senza nessuna popolazione da sfrattare, potenzialmente sarebbe potuta diventare una superpotenza economica mondiale potendo sfruttare risorse esclusivamente per la crescita e non per la difesa (e l'offesa)

Da quel poco che so, si decise di evitare questa soluzione meravigliosamente pratica ufficialmente per ragioni storiche e religiose (la terra dei padri aveva Gerusalemme come cuore) ma in realtà perchè qualcuno negli States temeva che lo stato di Israele nel continente sudamericano avrebbe potenzialmente potuto diffondere idee socialisteggianti nel continente (la politica dei kibbutz, il sionismo socialista, ecc..)
Di questa cosa non ho mai sentito parlare.
Ricordo invece di aver letto che a fine Ottocento, quando già c'era una certa immigrazione di ebrei in Argentina, si ipotizzò lo spostamento degli ebrei in Sud America o in Africa. Ma non mi pare che l'idea provenisse dagli ebrei, anzi.
Negli anni '40 (del Novecento) l'attenzione era tutta sul Medio Oriente e mi sembra strano che ci fossero progetti alternativi per il Sud America. Tanto più che già dalla fine della Prima Guerra mondiale, dopo la caduta dell'impero Ottomano, l'Inghilterra aveva puntato sulla Palestina per creare lo stato ebreo, così da ridurre l'egemonia araba. Infatti, negli anni '30 molti ebrei si erano trasferiti in Palestina.
Mi sembra di ricordare che si vociferava di qualcuno che aveva provato a creare una terra promessa per le vittime della diaspora, ho trovato qualcosa su wiki, sempre tenendo conto che è wikipedia
Gli albori del problema israelo-palestinese
Theodore Herzl, promotore del sionismo

Sul finire del XIX secolo il territorio palestinese faceva parte dei vilayet (governatorati) siriani dell'Impero Ottomano ed era a sua volta suddiviso in due Sangiaccati (province ottomane). Già nel 1887, Gerusalemme aveva ottenuto una forma di autonomia dall'Impero Ottomano, a dimostrazione della sua politica sovraetnica e sovraculturale. All'epoca gli Ebrei costituivano un'esigua minoranza (23.000 persone[senza fonte]), integrata con le altre comunità etnico-religiose e, più in generale, con la situazione culturale del luogo.

Intorno alla metà del secolo si era però messo in moto il progetto ebraico mirante a porre fine alla propria millenaria diaspora, frutto di innumerevoli persecuzioni, e a rifondare la nazione permettendo il suo ritorno alla "terra promessa", citata dalla Bibbia, dalla quale era stata espulsa dall'Imperatore romano Tito.

Tale progetto venne per la prima volta definito "Sionismo" nel 1890, dal nome del colle Sion dove sorgeva la rocca di David, metafora del nuovo Stato ebraico. Principale esponente e promotore di tale iniziativa fu Theodor Herzl che, allo scopo di creare un "rifugio" per tutti gli ebrei del mondo, avviò un'intensa attività diplomatica al fine di trovare appoggi finanziari e politici a quell'arduo progetto. Inizialmente come possibile sede di tale Stato fu presa in considerazione anche la vasta e spopolata pampa argentina e, più tardi, l'Ogaden in Kenya, che però non rispondevano al forte desiderio religioso dell'Ebraismo di tornare ad avere una propria nazione: per alcuni, questo luogo dovevano necessariamente essere i luoghi santi, lasciati ormai da diversi secoli (anche i nazisti, seppur per motivi razziali, pensarono inizialmente a un'operazione di trasferimento in una terra lontana: il Madagascar, così come i Sovietici avevano creato la remota Oblast' autonoma ebraica del Birobidžan per insediarvi i loro concittadini israeliti). Nell'ambito di questa volontà, parte del movimento sionista (soprattutto il sionismo cristiano), per giustificare l'esistenza di un futuro stato ebraico in loco, sovente si rifaceva allo slogan "A Land Without People for a People Without Land" ("Una terra senza popolo per un popolo senza terra"), frase coniata nella metà del XIX secolo da Lord Anthony Ashley Cooper, settimo Conte di Shaftesbury (politico inglese dell'era vittoriana), che venne però spesso interpretata non nell'accezione originale (secondo cui la Palestina, sotto il dominio ottomano, non aveva nessuna popolazione che mostrasse aspirazioni nazionali specifiche), ma come la negazione della presenza di una significativa popolazione preesistente all'arrivo dei primi coloni ebrei.[1][2][3]

Grazie all'appoggio della Gran Bretagna (che vedeva di buon occhio la possibilità di insediamenti nella zona di popolazioni provenienti dall'Europa) e alla grande disponibilità economica di cui godevano alcuni settori delle comunità ebraiche della diaspora (il popolo ebraico era stato costretto per secoli a specializzarsi nelle cosiddette "professioni liberali" e, quindi, a dedicarsi anche al commercio e alle attività economico-finanziarie, con l'occupazione non di rado di importanti cariche in istituti bancari e società d'intermediazione finanziaria), Herzl organizzò il primo convegno sionista mondiale a Basilea nel 1897 e in esso furono poste le basi per la graduale penetrazione ebraica in Palestina, grazie all'acquisto da parte dell'Agenzia Ebraica di terreni da assegnare a coloni ebrei originari dell'Europa e della Russia, per poter poi conseguire la necessaria maggioranza demografica e il sostanziale controllo dell'economia che potessero giustificare la rivendicazione del diritto a dar vita a un'entità statale ebraica.

A partire dall'inizio del '900 la popolazione arabo-palestinese, sentendosi minacciata dalla crescente immigrazione ebraica, dette vita intanto a movimenti nazionalistici che miravano a stroncare sul nascere quella che era considerata una vera e propria minaccia d'origine straniera.

La situazione si protrasse così, tra momenti di tensione e di distensione tra le due fazioni, fino al primo conflitto mondiale e alla conseguente caduta dell'Impero Ottomano.
http://it.wikipedia.org/wiki/Conflitti_arabo-israeliani

Qualcuno sa qualcosa di più sicuro e approfondito? Drogato?

EDIT Questo parla di quello che diceva anxxur, del 1946 non so nulla neanche io.. sono la stessa cosa?

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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#876 Messaggio da anxxur »

imamaniac ha scritto:si ma non è che ci possono tornare nel 1946 e fare come cazzo gli pare
Vorrei ricordare che gli ebrei in Palestina (che è il nome che i Romani diedero al territorio della provincia in Terra d'Israele) ci sono sempre stati.
Tel Aviv fu fondata ai primi del '900, quindi sotto l'Impero Ottomano.
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Fatina
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#877 Messaggio da Fatina »

Ripensando al medio oriente, è riduttivo parlare solo di un fattore geografico, soprattutto se si amplia la lettura del conflitto con gli stati confinano.
Nella disputa c’è da tenere conto di:
Religione: lo stato di Israele è di religione ebraica, lo stato Palestinese e gli altri stati confinanti sono di religione mussulmana, in quella terra entrambi hanno importanti edifici di culto e riferimenti religiosi.
Politici: lo stato di Israele durante la guerra fredda ha avuto il sostegno dagli Stati Uniti, gli stati Arabi avevano sostegno dell’ Unione Sovietica, anche se in maniera ridotta questi equilibri si mantengono ancora oggi.
Sociale: Israele è uno stato ricco, fondato da un popolo che negli anni della diaspora benché diviso ha saputo mantenere una identità collettiva e ad accumulare ricchezze e maestranze. Gli stati Arabi sono più più poveri rispetto a loro, anche dove c’è il petrolio come in Iran, il Tenore di vita del cittadino medio non si avvicina minimamente a quello Israeliano.

Nelle motivazioni che poi riguardano il Territorio:
Israele sostiene che, quella era la terra dei loro padri, delle sacre scritture e che hanno dovuto abbandonare dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme da parte dei Romani e il divieto di risiedere in quella terre dopo la terza guerra Giudaica, quindi dopo secoli di esilio nel mondo e persecuzioni da parte di altri popoli la reclamano.
I Palestinesi o meglio i mussulmani, il discorso è più semplice, occupano quella terra da 1400 anni, hanno combattuto numerose guerre, dalle crociate agli scontri contro l’occupazione Inglese, e li hanno sempre risieduto, dalla loro nascita.
Il grande nemico della verità molto spesso non è la menzogna: deliberata, creata ad arte e disonesta; quanto il mito: persistente, persuasivo ed irrealistico.

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nik978
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#878 Messaggio da nik978 »

E' la vecchia guardia e i suoi interventi sul darkside sono imprescindibili, affronta il lato oscuro del sesso estremo con l'approccio dostojeschiano dell'uomo che soffre, mitizza e somatizza.UN DEMONE
Now I lay me down to sleep,Pray the lord my soul to keep.And if I die before I wake pray the lord my soul to take.

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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#879 Messaggio da Defender »

zio ha scritto:Dire che quella terra non è la loro terra significa non conoscere la storia.
Cosa serve continuare a morire per poter tenere il culo su delle rocce su cui stava il mio trisnonno?

La situazione mediorientale è solo la manifestazione dell'odio umano verso il diverso.

Stati arabi, Iran e compagnia bella tengono il fuoco acceso, dei poveracci invece si beccano delle bombe in testa per legittima difesa.

Ripeto, se Hamas paradossalmente domani non avesse più armi o razzi le brutalità finirebbero. Se lo facesse Israele assisteremmo ad un macello che neanche fossimo in uno scannatoio. E questo tralasciando le mille colpe che può avere una parte piuttosto che l'altra nelle vicende avvenute in passato.

Morire per un pezzo di terra o per Dio rimarrà sempre l'espressione più pregevole dell'idiozia che spesso intacca la mente umana.

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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#880 Messaggio da anxxur »

Bola ha scritto:
anxxur ha scritto:
donegal ha scritto:Qualcuno degli appassionati e studiosi di storia sa dirmi qualcosa sulla "terra promessa argentina" che avrebbe potuto cambiare la Storia?

Pare che nel 1946, alcuni ricchi uomini di affari americani di origini ebraiche avessero raggiunto l'accordo con l'Argentina per l'acquisto di una regione semiabbandonata del paese sudamericano in modo da stabilirvi qui la Terra Promessa e creare lo Stato d'Israele, facendo arrivare ebrei da tutto il mondo.

Israele in sudamerica avrebbe potuto contare su un territorio più vasto di quello attuale e senza nessuna popolazione da sfrattare, potenzialmente sarebbe potuta diventare una superpotenza economica mondiale potendo sfruttare risorse esclusivamente per la crescita e non per la difesa (e l'offesa)

Da quel poco che so, si decise di evitare questa soluzione meravigliosamente pratica ufficialmente per ragioni storiche e religiose (la terra dei padri aveva Gerusalemme come cuore) ma in realtà perchè qualcuno negli States temeva che lo stato di Israele nel continente sudamericano avrebbe potenzialmente potuto diffondere idee socialisteggianti nel continente (la politica dei kibbutz, il sionismo socialista, ecc..)
Di questa cosa non ho mai sentito parlare.
Ricordo invece di aver letto che a fine Ottocento, quando già c'era una certa immigrazione di ebrei in Argentina, si ipotizzò lo spostamento degli ebrei in Sud America o in Africa. Ma non mi pare che l'idea provenisse dagli ebrei, anzi.
Negli anni '40 (del Novecento) l'attenzione era tutta sul Medio Oriente e mi sembra strano che ci fossero progetti alternativi per il Sud America. Tanto più che già dalla fine della Prima Guerra mondiale, dopo la caduta dell'impero Ottomano, l'Inghilterra aveva puntato sulla Palestina per creare lo stato ebreo, così da ridurre l'egemonia araba. Infatti, negli anni '30 molti ebrei si erano trasferiti in Palestina.
Mi sembra di ricordare che si vociferava di qualcuno che aveva provato a creare una terra promessa per le vittime della diaspora, ho trovato qualcosa su wiki, sempre tenendo conto che è wikipedia
Gli albori del problema israelo-palestinese
Theodore Herzl, promotore del sionismo

Sul finire del XIX secolo il territorio palestinese faceva parte dei vilayet (governatorati) siriani dell'Impero Ottomano ed era a sua volta suddiviso in due Sangiaccati (province ottomane). Già nel 1887, Gerusalemme aveva ottenuto una forma di autonomia dall'Impero Ottomano, a dimostrazione della sua politica sovraetnica e sovraculturale. All'epoca gli Ebrei costituivano un'esigua minoranza (23.000 persone[senza fonte]), integrata con le altre comunità etnico-religiose e, più in generale, con la situazione culturale del luogo.

Intorno alla metà del secolo si era però messo in moto il progetto ebraico mirante a porre fine alla propria millenaria diaspora, frutto di innumerevoli persecuzioni, e a rifondare la nazione permettendo il suo ritorno alla "terra promessa", citata dalla Bibbia, dalla quale era stata espulsa dall'Imperatore romano Tito.

Tale progetto venne per la prima volta definito "Sionismo" nel 1890, dal nome del colle Sion dove sorgeva la rocca di David, metafora del nuovo Stato ebraico. Principale esponente e promotore di tale iniziativa fu Theodor Herzl che, allo scopo di creare un "rifugio" per tutti gli ebrei del mondo, avviò un'intensa attività diplomatica al fine di trovare appoggi finanziari e politici a quell'arduo progetto. Inizialmente come possibile sede di tale Stato fu presa in considerazione anche la vasta e spopolata pampa argentina e, più tardi, l'Ogaden in Kenya, che però non rispondevano al forte desiderio religioso dell'Ebraismo di tornare ad avere una propria nazione: per alcuni, questo luogo dovevano necessariamente essere i luoghi santi, lasciati ormai da diversi secoli (anche i nazisti, seppur per motivi razziali, pensarono inizialmente a un'operazione di trasferimento in una terra lontana: il Madagascar, così come i Sovietici avevano creato la remota Oblast' autonoma ebraica del Birobidžan per insediarvi i loro concittadini israeliti). Nell'ambito di questa volontà, parte del movimento sionista (soprattutto il sionismo cristiano), per giustificare l'esistenza di un futuro stato ebraico in loco, sovente si rifaceva allo slogan "A Land Without People for a People Without Land" ("Una terra senza popolo per un popolo senza terra"), frase coniata nella metà del XIX secolo da Lord Anthony Ashley Cooper, settimo Conte di Shaftesbury (politico inglese dell'era vittoriana), che venne però spesso interpretata non nell'accezione originale (secondo cui la Palestina, sotto il dominio ottomano, non aveva nessuna popolazione che mostrasse aspirazioni nazionali specifiche), ma come la negazione della presenza di una significativa popolazione preesistente all'arrivo dei primi coloni ebrei.[1][2][3]

Grazie all'appoggio della Gran Bretagna (che vedeva di buon occhio la possibilità di insediamenti nella zona di popolazioni provenienti dall'Europa) e alla grande disponibilità economica di cui godevano alcuni settori delle comunità ebraiche della diaspora (il popolo ebraico era stato costretto per secoli a specializzarsi nelle cosiddette "professioni liberali" e, quindi, a dedicarsi anche al commercio e alle attività economico-finanziarie, con l'occupazione non di rado di importanti cariche in istituti bancari e società d'intermediazione finanziaria), Herzl organizzò il primo convegno sionista mondiale a Basilea nel 1897 e in esso furono poste le basi per la graduale penetrazione ebraica in Palestina, grazie all'acquisto da parte dell'Agenzia Ebraica di terreni da assegnare a coloni ebrei originari dell'Europa e della Russia, per poter poi conseguire la necessaria maggioranza demografica e il sostanziale controllo dell'economia che potessero giustificare la rivendicazione del diritto a dar vita a un'entità statale ebraica.

A partire dall'inizio del '900 la popolazione arabo-palestinese, sentendosi minacciata dalla crescente immigrazione ebraica, dette vita intanto a movimenti nazionalistici che miravano a stroncare sul nascere quella che era considerata una vera e propria minaccia d'origine straniera.

La situazione si protrasse così, tra momenti di tensione e di distensione tra le due fazioni, fino al primo conflitto mondiale e alla conseguente caduta dell'Impero Ottomano.
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Qualcuno sa qualcosa di più sicuro e approfondito? Drogato?

EDIT Questo parla di quello che diceva anxxur, del 1946 non so nulla neanche io.. sono la stessa cosa?
Sì, è più o meno quello che ho detto io.
Negli anni '30 in Palestina vi furono più rivolte arabe contro gli inglesi, accusati di favorire l'insediamento di ebrei nel loro territorio. Ciò significa che il progetto di trasferimento in altri territori (mai gradito agli ebrei) era già naufragato da tempo e che gli stessi ebrei puntavano solo sulla Palestina.
Dopo il Libro Bianco, con il quale gli inglesi fecero dietro front dichiarando illegale l'immigrazione ebrea in Palestina (nel frattempo si erano verificati parecchi scontri), gli ebrei diedero il via ad una vera e propria guerriglia contro gli stessi inglesi, cioè contro coloro che in un primo tempo li avevano fortemente voluti.
Celebre fu l'attentato del 1946 all'Hotel King David, sede del quartier generale britannico.
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#881 Messaggio da anxxur »

Defender ha scritto:
zio ha scritto:Dire che quella terra non è la loro terra significa non conoscere la storia.
Cosa serve continuare a morire per poter tenere il culo su delle rocce su cui stava il mio trisnonno?

La situazione mediorientale è solo la manifestazione dell'odio umano verso il diverso.

Stati arabi, Iran e compagnia bella tengono il fuoco acceso, dei poveracci invece si beccano delle bombe in testa per legittima difesa.

Ripeto, se Hamas paradossalmente domani non avesse più armi o razzi le brutalità finirebbero. Se lo facesse Israele assisteremmo ad un macello che neanche fossimo in uno scannatoio. E questo tralasciando le mille colpe che può avere una parte piuttosto che l'altra nelle vicende avvenute in passato.

Morire per un pezzo di terra o per Dio rimarrà sempre l'espressione più pregevole dell'idiozia che spesso intacca la mente umana.
E' tutta questione d'intenti.
Andai in Israele alla fine degli anni '90 e la situazione era tranquilla: si viveva benissimo e non vi erano frontiere né controlli. C'era il cosiddetto stato Palestinese "a macchia di leopardo". Gerico, a un passo da Gerusalemme (così come Betlemme), era palestinese.
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#882 Messaggio da Bola »

Il problema più grande è il valore del territorio e degli edifici sacri in esso.
Dall'inizio del conflitto in poi anche l'odio crescente per l'altro.

Israele non pialla i palestinesi solo perchè non può, altro che non succederebbe niente.
Forse non succederebbe niente se i palestinesi si rinchiudessero in un ministato gulag, ma non sono molto convinto neanche di questo.

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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#883 Messaggio da Drogato_ di_porno »

Bola ha scritto:Forse non succederebbe niente se i palestinesi si rinchiudessero in un ministato gulag, ma non sono molto convinto neanche di questo.
di fatto lo sono già, e sempre più piccolo
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#884 Messaggio da Bola »

Drogato_ di_porno ha scritto:
Bola ha scritto:Forse non succederebbe niente se i palestinesi si rinchiudessero in un ministato gulag, ma non sono molto convinto neanche di questo.
di fatto lo sono già, e sempre più piccolo
Appunto, e questo non sembra risolvere la situazione. Da qui la mia perplessità.

Può finire solo in un conflitto, dove ad avere la peggio possono essere solo i palestinesi ora come ora. Iran permettendo...

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Re: [O.T.] Riflessioni sulla guerra in Medio Oriente

#885 Messaggio da superflowerpunkdiscopop »

Defender ha scritto:
zio ha scritto:Dire che quella terra non è la loro terra significa non conoscere la storia.
Cosa serve continuare a morire per poter tenere il culo su delle rocce su cui stava il mio trisnonno?

La situazione mediorientale è solo la manifestazione dell'odio umano verso il diverso.

Stati arabi, Iran e compagnia bella tengono il fuoco acceso, dei poveracci invece si beccano delle bombe in testa per legittima difesa.

Ripeto, se Hamas paradossalmente domani non avesse più armi o razzi le brutalità finirebbero. Se lo facesse Israele assisteremmo ad un macello che neanche fossimo in uno scannatoio. E questo tralasciando le mille colpe che può avere una parte piuttosto che l'altra nelle vicende avvenute in passato.

Morire per un pezzo di terra o per Dio rimarrà sempre l'espressione più pregevole dell'idiozia che spesso intacca la mente umana.
Dio è il male, il paravento usato dagli uomini per le loro ataviche paure, la causa prima della guerra in questo mondo.
Isarele ha portato la guerra di religione in una terra rubata a un popolo che è stato storicamente un baluardo di laicità, hamas è figlio dell'ingiustizia di Israele.
Fin quando si potrà sperare in un mondo più giusto, bisogna augurarsi che si ponga fine a questa ingiustizia, che l'olocausto dei palestinesi sia fermato in tutti i modi possibili, qualcuno si meraviglia anche di quanto sia facile lasciarsi andare a scene come quella del carosello di moto con l'infame portato in giro come trofeo, beh a me disgusta quasi per nulla, visto che ormai è diventata una cosa normale la sopraffazione da quelle parti e visto che, una volta che a te Palestinese ti hanno distrutto la casa, tolto l'acqua per i bisogni primari, così come la luce, ucciso i figli abituati a giocare sotto le bombe, recintato, rendendoti più simile a uno scarafaggio che ad un uomo e tutto questo per vedere un Ebreo che ti impone che in base alla propria religione è per natura più degno di te, che tutto ad un tratto è il proprietario di quelle terre dove hai sempre vissuto, lavorato, gioito e sofferto, costringendoti ad essere d'accordo pena la morte, il carcere, la schiavitù, il ricatto, bene allora io sono palestinese e se è del caso muoio facendomi saltare in aria in mezzo alla tua gente così che tu possa capire cosa significhi vivere nel terrore giorno per giorno.
Siam del popolo gli arditi contadini ed operai non c'è sbirro non c'è fascio che ci possa piegar mai.

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